N. 610 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 luglio 1995

                                N. 610
 Ordinanza  emessa  il  14  luglio  1995  dal tribunale di Catania nel
 procedimento civile  vertente  tra  l'I.N.P.S.  e  Santonocito  Maria
 Maddalena ed altri
 Previdenza e assistenza sociale - Trattamento di fine rapporto in
    caso di fallimento del datore di lavoro - Diritto dei lavoratori e
    loro  aventi causa al pagamento dello stesso a carico del fondo di
    garanzia INPS trascorsi quindici giorni dal deposito  dello  stato
    passivo  reso  esecutivo  ai  sensi dell'art. 97 del r.d. 16 marzo
    1942, n. 267, ovvero dopo la pubblicazione della sentenza  di  cui
    all'art.  99,  stesso  decreto  per  il  caso siano state proposte
    opposizioni e impugnazioni riguardanti  il  loro  credito,  ovvero
    dalla  pubblicazione della sentenza di omologazione del concordato
    preventivo - Mancata estensione di  detta  normativa  ai  soci  di
    cooperative  di  produzione  e  lavoro  per il difetto agli stessi
    della qualita' di lavoratori subordinati secondo la giurisprudenza
    - Incidenza sul diritto di difesa e sui principi della tutela  del
    lavoro e della cooperazione.
 (Legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 2).
 (Cost., art. 3).
(GU n.41 del 4-10-1995 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha  emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n.
 1434/1994 r.g., vertente tra  l'I.N.P.S.  (Istituto  nazionale  della
 previdenza  sociale),  appellante;  e  Santonocito  Maria  Maddalena,
 Scalia  Mario,  Musumeci  Francesco,   Bianchetti   Giuseppe,   Murgo
 Giuseppe, Di Stefano Antonino, Cali' Umberto, Caruso Giuseppe, Adagio
 Alessandro,  Scionti Carmela, Raffagnino Stefano, Garozzo Alfio, Aleo
 Alfio,  De  Felice  Silvestro,  Petralia  Giuseppe,  Lombardo   Rosa,
 Scibilia  Giuseppe,  D'Amico  Grazia, Di Domenico Salvatore, Belfiore
 Nicola,  Platania  Giuseppe,  Marletta  Santo,   Scalia   Sebastiano,
 Mirabella   Nunzio,   Catania  Salvatore,  Celano  Salvatore,  Biondi
 Carmelo, Papaserio Salvatore, Fiore Salvatore, Grande Carlo,  Valenti
 Giuseppe,   Crisafulli   Santo,  De  Luca  Giovanni,  Grasso  Teresa,
 Melarancio Salvatore, Bassetti  Pietro,  Longo  Agatino,  Scardavilli
 Vittorio, Rascuna' Giuseppe, Maniscalchi Filippo, Di Mauro Francesco,
 Sciacca  Francesco,  Spampinato  Francesco,  Mannino Carmelo, Cuffari
 Salvatore, Cultrera Ettore, Longo  Marco  Aurelio,  Cuffari  Carmelo,
 Scarpello   Filippo,   Raciti  Domenico,  Tudisco  Sebastiano,  Russo
 Francesco,  Tosto  Antonino,  Falsaperla  Davide,  Caputa   Giuseppe,
 Votadoro   Gaetano,   Caputa   Giovambattista,  Spampinato  Antonino,
 Ardizzone Salvatore, Torrisi Carmelo, Montagna Antonino,  Santonocito
 Mario,  Giuffrida  Angela, Foti Grazia, Caltabiano Giuseppe, Pistagno
 Nicola, Margarone Filippo, Manuli  Maria,  Manuli  Grazia,  Infantino
 Salvatore,   Giuffrida   Maurizio,  Ardito  Chiara,  Costanzo  Maria,
 Gelsomino  Salvatore,  Giuffrida  Giuseppe,   Guglielmino   Vincenzo,
 Condorelli  Orazio,  Di  Mariano Giuseppe, Grungo Santo, Impellizzeri
 Domenico, Merola Salvatore, Cavallaro Daniela  Maria,  Furia  Orazio,
 Scuto  Giovanni,  Zizzo  Anna  Maria,  Bondici Carlo, Rocca Vittorio,
 Manuli Sebastiano, Castrogiovanni  Antonino,  Saitta  Mario,  Sciacca
 Carmelo, Fichera Salvatore, Lombardo Giuseppe, La Rocca Francesco, Di
 Mauro  Giovanni,  Morace  Luigi, Ventimiglia Carmelo, Comis Domenico,
 Raciti  Antonino,  Borina  Sebastiano,  Scalia  Salvatore,  La  Magna
 Maurizio, Marletta Giuseppe, Iginio Salvatore,  Rizzotti  Sebastiano,
 Cuscani  Giovanni,  Bottino  Salvatore,  Valenti Salvatore, Mirabella
 Paolo, Rapisarda Rosario, Cannavo' Carmelo, Vespa Saverio,  Privitera
 Giuseppe,  Pulvirenti  Francesco,  Isaia  Sebastiano, Marchese Mario,
 Giannitto  Angelo,  Lombardo  Orazio,  Zappala'  Francesco,  Paladino
 Sebastiano,  Laudati Giuseppe, Lonero Michele, Aparo Paolo, Calafiore
 Paolo, Bongiorno Carmelo, Romeo Salvatore, Carbone Antonino, Rivituso
 Teodoro Marcello, Raciti Carmelo, Monreale Biagio, appellati.
                           RITENUTO IN FATTO
    I ricorrenti, tutti in epigrafe  indicati,  gia'  soci  lavoratori
 della  societa' cooperativa ISPA S.r.l., posta in liquidazione coatta
 amministrativa con decreto assessoriale del 7 luglio 1990, a  seguito
 di  rituale istanza di insinuazione, erano ammessi allo stato passivo
 della societa', quali  creditori  privilegiati,  sia  per  emolumenti
 retributivi non corrisposti che per il t.f.r., quest'ultimo riportato
 nei bilanci sociali e da sempre pacificamente corrisposto sia ai soci
 lavoratori che ai dipendenti subordinati che avessero cessato il loro
 rapporto  con  la cooperativa; successivamente chiedevano all'INPS il
 pagamento del t.f.r. a carico dell'apposito Fondo di garanzia di  cui
 all'art.  2  della  legge  n.  297/1982  precostituito  per  il  caso
 dell'insolvenza del datore, atteso anche il fatto che l'ISPA aveva da
 sempre  regolarmente   versato   all'INPS   i   relativi   prescritti
 contributi.
    L'Istituto rifiutava tuttavia il pagamento ritenendo incompatibile
 la  posizione  dei ricorrenti, quali soci lavoratori, con l'ambito di
 applicazione della disciplina del Fondo di garanzia in questione,  in
 quanto  riservata  dal  legislatore  a  beneficio dei soli lavoratori
 subordinati.
    I ricorrenti adivano in conseguenza  le  vie  giudiziarie  per  il
 riconoscimento del loro diritto, rilevando in particolare le evidenti
 analogie esistenti tra la posizione di lavoratore dipendente e quella
 di  socio  lavoratore  di  una cooperativa, tanto da potersi ritenere
 giustificabile l'estensione, in  via  di  interpretazione  analogica,
 della  sfera  di  applicazione  della  norma citata di cui all'art. 2
 della legge n. 297/1982 al lavoratore, cosi' inteso in senso lato, in
 nulla  rilevando  la  circostanza  che  lo  stesso  esplichi  la  sua
 attivita' con vincolo di subordinazione.
    Con  sentenza  del  27  gennaio  1994  il  pretore  di Catania, in
 funzione di giudice del  lavoro,  accoglieva  la  domanda,  ritenendo
 fondato l'assunto attoreo.
    Avverso  tale  sentenza presentava appello l'INPS, riproponendo le
 difese spiegate nel giudizio di primo grado.
    Si costituivano gli appellati chiedendo  il  rigetto  del  gravame
 siccome infondato.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    E' incontestabile, anche in base ad una semplice lettura del testo
 normativo, che il legislatore ha inteso riservare l'impiego del fondo
 di  garanzia  de  quo  ai  soli  lavoratori  subordinati, nel caso di
 avvenuta insolvenza del loro datore di lavoro.
    Va    peraltro    condiviso,    siccome    corretto,     l'assunto
 giurisprudenziale   del   tutto   dominante,   secondo   cui  non  e'
 configurabile un rapporto di lavoro subordinato allorche' l'attivita'
 del socio lavoratore si svolga, come nella fattispecie  concreta,  in
 prestazioni previste dal patto sociale e dirette al perseguimento dei
 fini   mutualistici,   costituendo   essa  semplice  adempimento  del
 contratto sociale.
    La societa' cooperativa  di  prestazione  e  lavoro  non  si  pone
 rispetto  ai  soci  lavoratori  nella  posizione tipica del datore di
 lavoro, non avendo, com'e' noto, finalita' di lucro; e cio' anche  se
 il  socio sia tenuto all'osservanza dell'orario di lavoro e dei turni
 di servizio, o percepisca un compenso commisurato  alle  giornate  di
 effettivo  lavoro  e  sia  soggetto  alle assicurazioni sociali (cfr.
 Cass. n. 4149/1988).
    Alla stregua di tali considerazioni la  domanda  attorea  dovrebbe
 essere rigettata, con conseguente riforma dell'impugnata sentenza.
    Rileva  tuttavia il Collegio che non puo' disconoscersi la copiosa
 legislazione vigente nel nostro ordinamento  che  tende  vieppiu'  ad
 equiparare  la  posizione  di lavoratore dipendente e quella di socio
 lavoratore, sia sotto il profilo assicurativo, sia sotto  quello  del
 sostanziale  riconoscimento  della  natura  retributiva  ai  compensi
 corrisposti periodicamente ai soci lavoratori.
    Si rammentino in proposito l'art. 2 del  r.d.  n.  1955  del  1923
 sull'orario  di  lavoro e l'art. 2 della legge n. 370/1984 in tema di
 riposo settimanale e domenicale, che estendono tale normativa ai soci
 lavoratori ove "godono una retribuzione fissa e periodica,  anche  se
 integrata  con  partecipazione  agli  utili  o  altre forme analoghe,
 oppure quando lavorino promiscuamente  con  operai  non  appartenenti
 alla   cooperativa";  cosi'  come  e'  eloquente  il  riferimento  al
 "salario" che si rinveniva gia' nell'art. 10  del  r.d.  n.  287/1911
 secondo  il  quale  "il  salario  degli  ausiliari  non (puo') essere
 inferiore a quello dei soci di corrispondente  categoria  e  in  ogni
 caso non inferiore al salario corrente".
    Non  meno  corposa  e'  peraltro  anche  la  prassi statutaria che
 conferma, come in ispecie, il riferimento ai contratti collettivi  di
 lavoro  quale  dato  costante  per la determinazione per compenso dei
 soci.
    Cio'  posto,  e  ritenute  comunque  assimilabili   le   posizioni
 sostanziali  dei  soci  lavoratori  e  dei lavoratori subordinati, in
 quanto entrambi economicamente deboli,  in  posizione  di  soggezione
 rispetto  alla  controparte;  considerata inoltre la prassi aziendale
 che in ispecie prevede la corresponsione pure ai soci lavoratori  del
 t.f.r., quale componente differita del salario, pare al Tribunale che
 la   ratio   dell'istituto  del  fondo  di  garanzia  (ovverossia  la
 socializzazione del rischio dell'insolvenza, a tutela del credito  di
 lavoro)  avrebbe  dovuto  condurre  il  legislatore  ad estenderne la
 disciplina ai soci lavoratori, le  cui  ragioni  di  credito  trovano
 parimenti   fondamento   nell'esecuzione   di   una  prestazione  che
 l'insolvenza della controparte, economicamente forte, pone a rischio.
    Sembra  pertanto   non   manifestamente   infondata,   oltre   che
 palesemente  rilevante  ai  fini  della  decisione,  la  questione di
 illegittimita' costituzionale,  per  contrarieta'  all'art.  3  della
 Costituzione  della  norma  citata  di  cui all'art. 2 della legge n.
 297/1982, nella parte in cui  in  modo  irrazionale  esclude  i  soci
 lavoratori  dalla  possibilita' di ricorrere al fondi di garanzia, in
 caso di insolvenza della cooperativa, riservandola al solo lavoratore
 subordinato e, in tal modo, applicando a  situazioni  sostanzialmente
 analoghe  una  disciplina  diversa;  cio'  tanto  piu' se, come nella
 fattispecie concreta, sono stati da sempre effettuati dalla  societa'
 cooperativa  i  versamenti  all'INPS dei relativi contributi, nonche'
 realizzati i conseguenti accantonamenti da parte dell'Istituto.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
 e 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della  legge n. 297/1982,
 nella parte in cui esclude i soci lavoratori  dalla  possibilita'  di
 ricorrere  al  fondo di garanzia in caso di insolvenza della societa'
 cooperativa,  riservandola  al  solo  lavoratore   subordinato,   per
 contrasto col disposto dell'art. 3 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso ed ordina trasmettersi gli atti alla
 Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia notificata a cura della
 cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Catania, addi' 14 luglio 1995
                         Il presidente: PAGANO
 
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