N. 851 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 luglio 1995

                                N. 851
 Ordinanza emessa il 5 luglio 1995 dalla Corte di  appello  di  Torino
 sull'istanza proposta da Meloni Maria
 Processo penale - Diritto ad equa riparazione per ingiusta detenzione
    subita  in  esecuzione  di  ordine  di  carcerazione illegittimo -
    Omessa  previsione  -  Irragionevole  disparita'  di   trattamento
    rispetto  all'analoga  ipotesi  di  detenzione subita a seguito di
    applicazione di  custodia  cautelare  -  Lesione  del  diritto  di
    difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 314).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.51 del 13-12-1995 )
                            LA CORTE D'APPELLO
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza contro Meloni Maria, nata a
 Valledoria il 23 giugno 1961 res. Moncalieri, strada De Valle n.  93.
                           Premesso in fatto
     Che il  20 gennaio 1995 Meloni Maria presentava istanza  di  equa
 riparazione  ex  art. 314 c.p.p. in misura non inferiore a 50 milioni
 per "ingiustizia detenzione" assumendo di avere erroneamente scontato
 la pena (in custodia cautelare) dal 16 aprile 1991 al 7 maggio 1991 e
 in  esecuzione  di  ordine  di  carcerazione  della   Procura   della
 Repubblica  presso  il tribunale di Pinerolo dall'11 aprile 1994 al 7
 ottobre 1994 e cio' in ordine all'imputazione di concorso in illegale
 detenzione di grammi 0,55 di eroina (circa 3 dosi medie giornaliere).
 Spiegava e documentava la Meloni che avverso  la  sentenza  della  IV
 sezione  Corte  appello Torino 9 dicembre 1992 confermativa della sua
 condanna a mesi 8 recl. e L.  3.500.000  di  multa,  essendole  stato
 riconosciuto  il  fatto  di lieve entita', era ricorso in Cassazione,
 che con sentenza 4 ottobre 1993 aveva annullato con rinvio  ad  altra
 sezione della Corte di Torino la sentenza di condanna di 2 grado;
     che  la  Corte di appello di Torino, quale giudice di rinvio, con
 sentenza  14  novembre  1994  l'aveva  assolta  dall'imputazione   di
 detenzione  della  modesta quantita' di eroina per non essere piu' il
 fatto previsto dalla legge come reato;
     che nelle more del processo (prima che si concludesse  con  piena
 assoluzione)  il  procuratore della Repubblica presso il tribunale di
 Pinerolo (sull'erroneo presupposto che si fosse formato il  giudicato
 nei  suoi  confronti) aveva emesso il provvedimento n. 38/1993 RES di
 determinazione  pene  concorrenti,  contenente  altresi'  ordine   di
 carcerazione eseguito l'11 aprile 1994;
     che per l'udienza 5 luglio 1995, tenutasi in camera di consiglio,
 compariva  la Meloni assistita dal suo difensore avv.to Pergo, mentre
 l'Avvocatura dello Stato presentava per conto del Tesoro memorie e il
 p.g. eccepiva l'inammissibilita' del ricorso siccome presentato fuori
 dei casi consentiti dalla legge e piu' specificatamente  dagli  artt.
 314  c.p.p.  e  643  seguenti  cp.p..  Eccepiva  il p.g., pur dopo la
 rinunzia della Meloni a vedersi riconoscere  la  riparazione  per  il
 periodo  di ingiusta detenzione dal  14 aprile 1991 al 7 maggio 1991,
 che l'ingiusta  detenzione  non  trovava  causa  ne'  nella  custodia
 cautelare  ne'  in  un  proscioglimento in sede di revisione, tal che
 l'istante avrebbe potuto pretendere solo un  risarcimento  del  danno
 nei confronti del magistrato che erroneamente aveva spiccato l'ordine
 di carcerazione.
   Tutto  cio'  premesso  che  opina  questa  Corte di dover sollevare
 d'ufficio ex art. 23 della legge 11 marzo 1953 n.  87,  questione  di
 legittimita' costituzionale del predetto art. 314 c.p.p. nella misura
 in cui sembra limitare la possibilita' di ottenere la riparazione per
 l'ingiustizia  dentezione  esclusivamente in relazione "alla custodia
 cautelare" eventualmente sofferta dagli istanti "ingiustamente" e non
 anche  all'ipotesi,  tutt'altro   che   peregrina   e   concretamente
 verificatesi nel caso di specie, di istante che abbia subito ingiusta
 detenzione in esecuzione di ordine di carcerazione illegittimo, cioe'
 in  esecuzione  di  pena  erroneamente  inflitta.  In  tutti  i commi
 dell'art. 314 c.p.p.  si parla esclusivamente di custodia  cautelare.
 Ne'  l'istanza  potrebbe  essere  presa  in considerazione nella piu'
 generica dizione della riparazione dell'errore giudiziario (anche  se
 di  questo sostanzialmente si tratta) posto che l'art. 643 c.p.p., se
 da  un  lato  sembra  riferirsi  all'ingiusta  espiazione   di   pena
 definitiva,   dall'altro  presuppone  necessariamente  un  successivo
 giudizio di revisione che sicuramente e' mancato.
   Il sistema escogitato dal legislatore sembra quindi  lacunoso,  non
 consentendo  la  riparazione  di tutti i casi di ingiusta detenzione,
 con una  disparita'  di  trattamento  assolutamente  irragionevole  e
 comunque  in  contrasto  con  gli  artt.  3  e 24 della Costituzione.
 Quest'ultimo  articolo   rinvia   alla   legge   ordinaria   per   la
 determinazione  delle  condizioni e dei modi per la riparazione degli
 errori giudiziari.    La  legge  ordinaria,  finalmente  emanata,  in
 attuazione  dell'art. 5 punto 5 della Convenzione per la salvaguardia
 dei diritti dell'uomo e della liberta' fondamentali,  ratificata  con
 legge  4  agosto  1955,  n. 848, e' appunto contenuta negli artt. 314
 c.p.p. e segg. e 643 e segg. c.p.p., a nulla rilevando  l'entrata  in
 vigore  della  legge  13  aprile  1988 n. 117 (risarcimento dei danni
 cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita'
 civile  dei  magistrati).    All'art.    14  della   predetta   legge
 espressamente  si  prevede  che la legge sulla responsabilita' civile
 dei magistrati non pregiudica ed assorbe il diritto alla  riparazione
 a favore delle vittime di errori giudiziari e di ingiusta detenzione.
 Contrasta quindi col principio di eguaglianza di fronte alla legge la
 situazione  del cittadino che si vede pregiudicata la possibilita' di
 chiedere la  riparazione  per  ingiusta  detenzione  sul  presupposto
 ingiustamente  formale,  che  la  detenzione  sia  conseguenza non di
 ingiusta custodia cautelare ma di ingiusto ordine di carcerazione per
 espiazione pena definitiva.
   Ne' l'inconveniente potrebbe  essere  risolto  facendo  riferimento
 alla  possibilita' che l'ordinamento da sempre appresta al condannato
 di opporsi (nella forma degli incidenti  di  esecuzione  art.  666  e
 segg. c.p.p.) all'ordine di carcerazione illegittimo.
   Tale  procedura,  se  tempestivamente  esperita,  consente  solo di
 ottenere la sospensione dell'esecuzione  della  pena,  ma  non  offre
 alcun   ristoro   per   quella  parte  della  pena  in  ipotesi  gia'
 ingiustamente subita.
    appena il caso di rimarcare che la questione  sollevata  d'ufficio
 da  questa Corte di merito non appare manifestamente infondata mentre
 e' certamente rilevante e, non  potendosi  scendere  nel  merito  del
 ricorso  della  Meloni  prima  che la Corte costituzionale sciolga la
 prospettata questione di costituzionalita'.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 1 e segg.  del
 d.l.l. 16 marzo 1956;
   Rimette gli atti alla  Corte  costituzionale  perche'  si  pronunzi
 sulla questione sollevata all'ufficio nei termini di cui in premessa;
   Dispone la sospensione del giudizio in corso;
   Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  l'ordinanza  de  qua  sia
 notificata a  tutte  le  parti  in  causa  (istante,  suo  difensore,
 amministrazione   del   Tesoro,  procuratore  generale),  nonche'  al
 Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  ai  Presidenti  delle  due
 Camere del Parlamento.
     Torino, addi' 5 luglio 1995
                        Il presidente: Nattero
                                            Il consigliere est.: Russo
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