MINISTERO DELL'AMBIENTE

CIRCOLARE 8 ottobre 1996, n. 1532 

  Principi   e  criteri  di  massima  della  valutazione  di  impatto
ambientale.
(GU n.256 del 31-10-1996)
 
 Vigente al: 31-10-1996  
 

                                  A tutte  le  amministrazioni  dello
                                  Stato
                                  Alle regioni
                                  Alle province
                                  Ai comuni
                                  Ai commissari di Governo
                                     e, per conoscenza:
                                  Alla  Commissione  delle  Comunita'
                                  europee
  Per definire compiutamente il quadro logico,  tecnico  e  giuridico
nel   quale  si  colloca  la  procedura  di  valutazione  di  impatto
ambientale e, quindi, individuare i  principi  che  devono  guidarla,
occorre  muovere  dalla  constatazione  che  essa,  come risulta, del
resto,  espressamente  dal  preambolo  alla   direttiva   85/337/CEE,
costituisce  uno degli strumenti necessari per realizzare l'obiettivo
piu' generale della protezione dell'ambiente e della  qualita'  della
vita.
  Piu'  in particolare, e' stato sottolineato, a livello comunitario,
che  la  migliore  politica  ecologica  consiste   nell'evitare   fin
dall'inizio  i  guasti ambientali, tenendo conto, in tutti i processi
tecnici  di  programmazione   e   di   decisione,   delle   eventuali
ripercussioni  sull'ambiente,  attraverso l'adozione di procedure per
valutare queste ripercussioni.
  Coerentemente con tale obiettivo la V.I.A.,  per  sua  natura,  non
puo'  e  non  deve  essere  limitata  alla  compatibilita' o meno del
progetto, di volta in volta oggetto  di  esame,  con  l'ambiente  sul
quale esso viene specificamente ad incidere.
  Una  siffatta  restrittiva  configurazione dell'istituto appare del
tutto inadeguata alla responsabilita' che la CEE ha inteso  addossare
agli  Stati membri in materia di qualita' della vita, responsabilita'
che va riferita, evidentemente, al livello sovranazionale,  come  e',
del  resto,  confermato  dall'art.  7  della  direttiva, riguardante,
l'obbligo  di  circolarita'   delle   informazioni   concernenti   le
ripercussioni ambientali di progetti nazionali su altri Stati membri.
  Sussiste,   peraltro,  anche  in  sede  comunitaria,  una  evidente
incongruenza tra la funzione e  gli  scopi  della  V.I.A.  e  la  sua
collocazione   procedurale   a   livello  di  singola  progettazione,
ovverosia in un momento in cui un  insieme  di  scelte  di  principio
appare  gia' definito, laddove sarebbe stato piu' logico prevedere la
sua applicazione a monte, nella fase di piano  o  di  programma,  per
tenere  conto,  preventivamente,  di tutte le alternative attivabili,
come del resto, ora previsto dai decreti-legge n. 64, n. 149 e n. 422
attualmente all'esame del Senato.
  La circostanza, tuttavia, che la valutazione avvenga,  nell'attuale
quadro  normativo, sui singoli progetti non puo' certamente alterarne
il contenuto, che rimane quello di  stabilire  la  sostenibilita'  di
quel determinato progetto dall'ambiente.
  Tale  apprezzamento,  che presuppone anche la stima della capacita'
di carico ambientale, non puo' trascurare, da un  lato,  gli  impatti
cumulativi  e  sinergici  di piu' progetti, dall'altro, la ricerca di
altre soluzioni, non solo come individuazione  di  misure  mitigative
nell'ambito di quel determinato progetto, ma anche come alternativa a
quest'ultimo.
  E'  ben  vero  che  allo  stato attuale della normativa, in ragione
dell'infelice scelta di impostazione di cui si  e'  fatto  cenno,  il
giudizio  di  compatibilita'  ambientale non puo' avere ad oggetto ai
sensi dell'art. 3,  primo  comma,  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  Ministri  27 dicembre 1988, i contenuti degli atti di
pianificazione  e  programmazione,   ma   cio'   sembra   significare
esclusivamente  che  il  Ministero dell'ambiente non puo', in sede di
V.I.A.,   incidere   direttamente   su   tali   contenuti   imponendo
prescrizioni che vadano in contrasto con tali strumenti primari.
  Rientra,  invece, nell'ambito di valutazione, proprio della V.I.A.,
il giudizio circa la non  accettabilita'  dello  specifico  progetto,
sotto  il  profilo ambientale, ove siano ipotizzabili scelte diverse,
ancorche' la loro concreta realizzazione  richieda  un  intervento  a
monte sugli strumenti di piano e di programmazione in atto.
  In   questo   caso,   infatti,  il  Ministro  dell'ambiente  ha  il
potere-dovere di emettere un parere negativo sul progetto, posto  che
il  suo  giudizio  non  ha  ad  oggetto  i  contenuti  degli  atti di
pianificazione   e   programmazione,   bensi'    esclusivamente    la
sostenibilita'  per  l'ambiente  di  una determinata opera, ancorche'
conforme  a  tali  atti,  in   comparazione   con   altre   soluzioni
accettabili,  restando  rimessa  alla  sede competente ogni decisione
circa scelte diverse.
  Una volta  affermato  un  siffatto  principio,  va  da  se  che  la
valutazione  di  impatto ambientale debba avere ad oggetto non solo i
contenuti  tecnici,  ma,  altresi',  quelli  economici  del  progetto
esaminato,  essendo  di  tutta evidenza che, a parita', ad esempio di
ripercussioni ambientali, il parere  positivo  potra'  riguardare  il
progetto  meno  costoso,  ovvero,  a  parita' di costi, quello avente
minore impatto ambientale, attraverso comunque, una analisi dei costi
e dei benefici sociali in rapporto ai costi ambientali.
  Cio', del resto, si ricava non solo dalla  logica  complessiva  del
sistema,  quale  si  e'  sopra  delineata,  ma  anche dalla specifica
normativa tecnica di cui al decreto del Presidente del Consiglio  dei
Ministri  27  dicembre  1988,  che prevede l'acquisizione, in sede di
V.I.A. di una serie di elementi significativi.
  A tale scopo vanno richiamati, ad esempio:
   l'art. 4, comma 3, (illustrazione da  parte  del  committente  dei
risultati  dell'analisi  economica  dei  costi e benefici nonche' del
tasso di redditivita' interna dell'investimento);
   art. 4, comma 4, che in ottemperanza, del resto,  ad  una  precisa
indicazione  contenuta  nell'art.  2 dell'allegato III alla direttiva
CEE, impone la prospettazione delle principali alternative  prese  in
esame  dal  committente  con  l'indicazione  delle principali ragioni
delle scelte sotto il profilo dell'impatto ambientale;
   l'allegato III, il  quale,  con  riferimento  alle  infrastrutture
lineari  di trasporto, ovverosia alle opere che piu' delle altre sono
suscettibili di  soluzioni  alternative,  espressamente  prevede  che
nella descrizione del progetto debba essere giustificata la scelta di
tracciato,  non  solo  raffrontando  la  soluzione prevista con altre
alternative, ma evidenziando le motivazioni della scelta  in  base  a
parametri di carattere tecnico, economico e ambientale.
  Fattori  questi  che  danno ragione della pertinenza necessaria del
giudizio ambientale anche a questi elementi.
  Un  siffatto  quadro  ricostruttivo,  che  appare  coerente  con  i
principi informatori della V.I.A.  sia  a  livello  comunitario,  sia
sotto  il  profilo  concettuale  e  logico  dell'istituto, non appare
scalfito dalla circostanza che, in base all'art. 3, primo comma,  del
decreto  del  Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988,
gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale
"costituiscono  parametri  di  riferimento  per  la  costruzione  del
giudizio di compatibilita' ambientale".
  Tale previsione, infatti non puo' essere interpretata nel senso che
il  potere  di  valutazione  ambientale  sia  un  potere  preordinato
esclusivamente a muoversi  nell'ambito  degli  strumenti  primari,  e
debba   limitarsi,  quindi  alla  verifica  di  compatibilita'  delle
specifiche soluzioni progettuali con l'ambiente nel  quale,  in  base
alla pianificazione, l'opera sia comunque destinata a collocarsi, ove
coerente con detta pianificazione.
  Infatti   una   siffatta  riduttiva  visione  della  V.I.A.  appare
inconciliabile con  l'altra  previsione,  anch'essa  contenuta  nello
stesso art. 3, terzo comma, secondo la quale il quadro di riferimento
programmatico  deve descrivere "le eventuali disarmonie di previsioni
contenute in distinti strumenti programmatici".
  Tale indicazione, infatti, non avrebbe alcuna utilita' concreta  se
non  riguardata  alla  luce  del potere del Ministro dell'ambiente di
valutare, in sede di  V.I.A.,  le  possibili  soluzioni  alternative,
anche  svincolate dallo strumento di pianificazione nel quale l'opera
progettata si inserisce.
                                                  Il Ministro: RONCHI