N. 432 ORDINANZA 14 - 23 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale - Richiesta del pubblico ministero di emissione del
 decreto penale di  condanna  -  Interrogatorio  dell'indagato  ovvero
 notifica   al   medesimo   dell'invito   a  presentarsi  per  rendere
 interrogatorio - Omessa previsione - Richiesta di sentenza additiva -
 Ragionevolezza - Sussistenza di ogni mezzo di difesa  con  la  stessa
 ampiezza  dei  procedimenti  ordinari  (vedi  sentenze  nn. 344/1991,
 27/1966  e  170/1963)  -  Discrezionalita'  legislativa  -  Manifesta
 infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 459).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.52 del 30-12-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
  dott.  Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,   prof. Gustavo
 ZAGREBELSKY,
  prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,
  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto CAPOTOSTI,  prof.
 Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 459 del  codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1998
 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano
 nel  procedimento penale a carico di Sergio Biella ed altro, iscritta
 al n. 207 del registro ordinanze 1998  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  14, prima serie speciale, dell'anno
 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 ottobre 1998 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto che il giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale  di  Milano ha sollevato con ordinanza del 21 gennaio 1998,
 in riferimento agli artt. 3 e 24  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  459  cod.  proc. pen., nella
 parte in cui  non  prescrive,  prima  della  richiesta  del  pubblico
 ministero    di   emissione   del   decreto   penale   di   condanna,
 l'interrogatorio  dell'indagato  ovvero  la  notifica,  al  medesimo,
 dell'invito a presentarsi per rendere interrogatorio;
     che  il  giudice  rimettente  muove  dalla  modifica  legislativa
 portata dall'art. 2 della legge 16 luglio 1997, n.  234,  alle  norme
 che  contengono  la disciplina della richiesta del pubblico ministero
 di rinvio a giudizio nel procedimento dinanzi  al  tribunale  o  alla
 corte  d'assise (art. 416, comma 1, cod. proc. pen.) e del decreto di
 citazione a giudizio emesso dal pubblico ministero  nel  procedimento
 davanti  al  pretore  (art.  555, comma 2, cod. proc. pen.), modifica
 consistente  nella  previsione,  a  pena  di  nullita',  dell'invito,
 rivolto alla persona sottoposta a indagini, a presentarsi per rendere
 l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375, comma 3, cod. proc. pen.;
     che ad avviso del giudice di merito il legislatore avrebbe in tal
 modo assimilato la disciplina del procedimento ordinario a quella del
 giudizio  immediato,  che  prevede, tra i propri presupposti, appunto
 l'interrogatorio ovvero l'invito a presentarsi (art.  453,  comma  1,
 cod. proc. pen.);
     che   in   tale   mutato   quadro   legislativo,   caratterizzato
 dall'intenzione del legislatore di impedire  l'esercizio  dell'azione
 penale  inaudita  altera parte, la mancata previsione dell'obbligo di
 effettuare l'interrogatorio, o di  notificare  l'invito  a  renderlo,
 anche  in  relazione  alla richiesta di emissione del decreto penale,
 risulterebbe  irragionevolmente  discriminatoria   e   lesiva   delle
 garanzie  difensive,  tanto  piu'  in  considerazione  del  contenuto
 sostanziale di condanna che e' proprio del decreto penale;
     che  l'irragionevolezza  dell'omissione   legislativa   censurata
 sarebbe   ulteriormente   sottolineata   dalla  considerazione  della
 attribuzione  alla  discrezionalita'  del  pubblico  ministero  della
 scelta  tra  un  rito "garantito" e il procedimento per decreto ("non
 garantito"), nonche' dall'inadeguatezza,  sul  piano  della  garanzia
 difensiva,  dello  strumento  dell'opposizione  al  decreto,  poiche'
 questo determina per  l'appunto,  secondo  la  normativa  in  vigore,
 l'obbligo  di  emissione  di  un  decreto  di  giudizio immediato che
 comunque non e' preceduto dall'interrogatorio dell'imputato;
     che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.
   Considerato  che  il giudice rimettente richiede a questa Corte una
 pronuncia che estenda alla disciplina del  procedimento  per  decreto
 penale a) sia la prescrizione dell'interrogatorio dell'indagato prima
 della  relativa  richiesta,  secondo  lo  schema posto dall'art. 453,
 comma 1, cod. proc. pen.,  per  il  giudizio  immediato,  b)  sia  la
 prescrizione della previa notificazione dell'invito a presentarsi per
 rendere  l'interrogatorio,  stabilita  dalle  norme  che  regolano il
 giudizio immediato (art. 453 citato) nonche', a seguito  della  legge
 16  luglio 1997, n. 234, dalle norme che disciplinano la richiesta di
 rinvio a giudizio (art. 416) e il decreto di citazione a giudizio nel
 procedimento pretorile (art. 555);
     che la prospettazione del giudice di rinvio, diretta a  omologare
 il  procedimento  per  decreto  agli  altri  schemi processuali sopra
 detti, e' in contrasto con la specificita' del primo, in  particolare
 sotto   il   profilo,   essenziale   e   caratterizzante,  della  sua
 configurazione quale rito a contraddittorio  eventuale  e  differito,
 improntato a criteri di economia processuale e speditezza (da ultimo,
 sentenza  n.  274  del  1997),  in  cui  l'accertamento contenuto nel
 provvedimento del giudice - non a caso denominato "decreto"  -  viene
 posto  nel  nulla,  attraverso la revoca del decreto stesso (art. 464
 cod.  proc.  pen.),  allorche'  l'interessato,   con   l'opposizione,
 manifesti di non prestare acquiescenza al provvedimento;
     che,  posta l'anzidetta struttura del procedimento monitorio, nel
 quale e' l'opposizione dell'interessato a dare ingresso al "giudizio"
 - nelle sue varie forme: dibattimento, tramite il giudizio immediato,
 o  giudizio  abbreviato,  o   patteggiamento,   secondo   le   scelte
 processuali   espresse   dall'opponente   -,  la  previsione  di  una
 anticipazione   del   contraddittorio,   nella   forma   del   previo
 interrogatorio  dell'indagato  o  in  quella  dell'invito a renderlo,
 cosi'  come  richiesta  dal  rimettente,  non  puo'  dirsi  soluzione
 costituzionalmente  imposta  alla  stregua del proposto raffronto con
 gli altri schemi processuali, che sono diversi e non comparabili;
     che    d'altra    parte    l'anzidetta    estensione    non    e'
 costituzionalmente  necessitata  neppure  alla luce della ratio della
 legge n. 234 del 1997, giacche' l'esigenza di garantire la conoscenza
 dell'indagine  per  chi  vi  sia  sottoposto  si  trasferisce,  nella
 particolarita'  del  disegno  del  procedimento monitorio, sulla fase
 processuale, conseguente all'esercizio dell'opposizione, operando  il
 decreto  solo  quale  mezzo  di  contestazione dell'accusa definitiva
 (sentenza n. 27  del  1966;  ordinanza  n.  195  del  1970),  che  e'
 essenziale  per  garantire il diritto di difesa (ordinanza n. 277 del
 1996);
     che  la  mancata  ricomprensione  del  procedimento  per  decreto
 nell'ambito delle modifiche processuali apportate dal legislatore nel
 1997 non puo' configurarsi pertanto come un'omissione irragionevole o
 discriminatoria;
     che,  relativamente al parametro dell'art. 24 della Costituzione,
 va ribadito che anche nella disciplina del nuovo  codice  il  decreto
 penale  costituisce una decisione preliminare soggetta a opposizione,
 cosicche' l'esperimento dei mezzi di difesa, con la  stessa  ampiezza
 dei procedimenti ordinari, si colloca nel vero e proprio giudizio che
 segue  all'opposizione  (sentenze  nn. 344 del 1991, 27 del 1966, 170
 del 1963), cio'  che  non  risulta  in  alcun  modo  intaccato  dalla
 denunciata scelta legislativa;
     che,  per  quanto  osservato,  la  questione di costituzionalita'
 prospettata dal rimettente risulta manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.   459  del  codice  di  procedura  penale,
 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  dal
 giudice  per  le  indagini preliminari presso il Tribunale di Milano,
 con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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