N. 433 ORDINANZA 14 - 23 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Agricoltura  -  Produzione  dell'olio  di  oliva - Aiuti comunitari -
 Violazione della disciplina comunitaria -  Trattamento  sanzionatorio
 penale - Falso documentale e truffa - Riferimento alla sentenza della
 Corte n. 25/1994 - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge  23  dicembre  1986,  n.  898, art. 2 comma 1, come sostituito
 dall'art. 73, legge 19 febbraio 1992, n. 142).
 
 (Cost. art. 3).
 
(GU n.52 del 30-12-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
  dott. Cesare RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,    prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,
  prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,
  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto CAPOTOSTI,  prof.
 Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  1,
 della  legge  23  dicembre  1986,  n.  898 (Conversione in legge, con
 modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre  1986,  n.  701,  recante
 misure  urgenti  in  materia di controlli degli aiuti comunitari alla
 produzione dell'olio di oliva. Sanzioni amministrative  e  penali  in
 materia  di  aiuti  comunitari  al settore agricolo), come sostituito
 dall'art.  73  della  legge  19  febbraio  1992, n. 142, promosso con
 ordinanza emessa il 21 gennaio 1998 dalla  Corte  di  cassazione  nel
 procedimento penale a carico di Berardino Palazzo, iscritta al n. 235
 del  registro  ordinanze  1998  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 ottobre 1998 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto che la Corte di cassazione ha sollevato, con ordinanza del
 21 gennaio 1998, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 2,  comma  1,  della  legge  23 dicembre 1986, n. 898 (Conversione in
 legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre 1986, n.  701,
 recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari
 alla  produzione dell'olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali
 in materia di aiuti comunitari al settore agricolo), come  sostituito
 dall'art.  73  della legge 19 febbraio 1992, n. 142 (Disposizioni per
 l'adempimento di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
 alle   comunita'  europee  -  legge  comunitaria  per  il  1991),  in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione;
     che ad avviso della Corte  rimettente  la  norma  impugnata,  che
 prevede  la  reclusione  da  sei mesi a tre anni per il fatto di chi,
 mediante  l'esposizione   di   dati   o   notizie   falsi,   consegue
 indebitamente,  per  se'  o  per  altri,  aiuti,  premi,  indennita',
 restituzioni,  contributi  o  altre  erogazioni  a  carico  totale  o
 parziale  del  Fondo  europeo  agricolo  di  orientamento  e garanzia
 (FEOGA),  e  che  stabilisce  altresi'  che  il  medesimo  fatto  sia
 sanzionato  solo  a  titolo  di  illecito amministrativo allorche' la
 somma indebitamente percepita sia pari o inferiore a venti milioni di
 lire, suscita  dubbi  di  costituzionalita'  che  non  possono  dirsi
 risolti dalla sentenza n. 25 del 1994 della Corte costituzionale;
     che  infatti,  secondo la Corte di cassazione, benche' l'indicata
 sentenza e successivamente la giurisprudenza di legittimita'  abbiano
 configurato  il  rapporto tra la fattispecie in esame e il piu' grave
 reato di cui all'art. 640-bis del codice penale (Truffa aggravata per
 il conseguimento di erogazioni pubbliche)  commesso  in  danno  delle
 comunita'  europee, in termini di sussidiarieta' della prima rispetto
 al secondo, si verifica in realta' che la norma denunciata,  anziche'
 operare  come  strumento di estensione della tutela penale - cio' che
 dovrebbe   essere   alla   stregua   appunto   della   sua   ritenuta
 sussidiarieta' - si risolve in una restrizione della tutela medesima;
     che,  a  tale  riguardo,  sulla  premessa  che  anche il semplice
 mendacio e' da ritenere idoneo a integrare l'elemento  dell'artificio
 o  raggiro,  costitutivo  del  reato  di  truffa,  osserva  la  Corte
 rimettente che, nel settore delle erogazioni a carico delle comunita'
 europee, fatti che integrerebbero il reato previsto dall'art. 640-bis
 del codice penale vengono a questo sottratti, per  essere  sanzionati
 piu'  lievemente  -  e,  sotto  la  soglia  di venti milioni di lire,
 addirittura depenalizzati - in  applicazione  dell'impugnato  art.  2
 della legge n. 898 del 1986;
     che  tale  differenziazione  di  disciplina, a fronte di condotte
 identiche, appare alla Cassazione irragionevole e discriminatoria, in
 particolare in quanto  comporta  una  diminuita  tutela  di  un  solo
 specifico  settore,  quello  agricolo,  rispetto a ogni altro settore
 delle  erogazioni  comunitarie,  per le quali e' apprestata la tutela
 penale dell'art. 640-bis cod. pen.;
     che l'accennata  disparita'  -  secondo  il  giudice  rimettente,
 adombrata  anche  nella  richiamata sentenza n. 25 del 1994 di questa
 Corte - risulterebbe lesiva dell'invocato  parametro  costituzionale,
 sia  sul  piano  dell'uguaglianza che su quello della ragionevolezza,
 tanto piu' se si considerano l'evoluzione del quadro normativo -  con
 l'introduzione  di  norme  volte  a  rafforzare  la tutela penale nel
 settore delle erogazioni comunitarie, come  e'  l'art.  316-bis  cod.
 pen.,  introdotto dalla legge 26 aprile 1990, n. 86 - e la preminenza
 del  settore  agricolo  nell'ambito  del  processo  di   integrazione
 europea;
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che ha concluso per l'inammissibilita' o l'infondatezza della
 questione.
   Considerato   che   la   Corte   di   cassazione    dubita    della
 costituzionalita'  dell'art. 2, comma 1, della legge n. 898 del 1986,
 in quanto esso appresterebbe una tutela piu' debole - per  i  livelli
 edittali  della  sanzione  penale,  nonche'  per  il tramutamento del
 carattere del fatto, da reato a illecito amministrativo, al di  sotto
 dell'importo  gia' ricordato - relativamente alle erogazioni ottenute
 indebitamente a carico  del  (solo)  FEOGA,  rispetto  alle  analoghe
 condotte  realizzate a carico di ogni altro organismo delle comunita'
 europee,  condotte  alle  quali  e'  applicabile  la  piu'   rigorosa
 previsione  incriminatrice  dell'art.  640-bis  cod. pen., introdotta
 dalla legge 19 marzo 1990, n. 55;
     che la prospettata censura di irragionevole differenziazione  nel
 trattamento    di   due   fatti   analoghi   muove   dalla   premessa
 dell'assimilabilita' tra le condotte previste dalla norma  denunciata
 e da quella contenuta nell'art. 640-bis cod. pen., con la conseguenza
 che, eliminata la prima (che prevede una sanzione penale meno grave),
 si espanderebbe l'altra (che prevede una pena piu' grave);
     che,   in   senso   contrario,   alla   luce  della  ratio  della
 disposizione, quale desumibile  univocamente  dal  suo  testo  e  dai
 lavori  preparatori nonche' dall'ulteriore intervento del legislatore
 nel 1992 (attraverso l'inserimento della clausola  iniziale  "ove  il
 fatto  non  configuri  il  piu'  grave  reato  previsto dall'articolo
 640-bis"), questa Corte ha gia' affermato che il rapporto tra  l'art.
 2  impugnato  e  la  fattispecie codicistica e', sin dall'origine, di
 sussidiarieta', non di  specialita',  e  che  pertanto  l'area  degli
 illeciti  che  ricadono  nella previsione dell'art. 2 non sarebbe, in
 difetto di questo, coperta dall'applicazione  dell'art.  640-bis  del
 codice  penale,  come  in  effetti  non  lo  era,  anche  secondo  la
 giurisprudenza, prima della legge n. 898 del 1986, dall'art. 640 cod.
 pen.;
     che l'anzidetta ricostruzione del rapporto tra le due norme,  del
 resto  recepita  dalla  concorde  giurisprudenza  di legittimita', fa
 venire meno la validita' della  premessa  argomentativa  della  Corte
 rimettente,    e,    con    essa,    la    conseguente   censura   di
 incostituzionalita', basata su un  asserito  difetto  di  tutela  nei
 riguardi   del   solo   settore   delle   erogazioni  comunitarie  in
 agricoltura;
     che all'indicata interpretazione, idonea a dissipare il dubbio di
 costituzionalita',  non  puo'  opporsi  l'argomento  della  possibile
 identificazione tra il semplice mendacio documentale e l'artificio  o
 raggiro   che  costituisce  la  truffa,  poiche',  come  si  e'  gia'
 sottolineato nella sentenza n. 25 del 1994, la scelta legislativa per
 l'introduzione dell'art. 2 e' stata determinata proprio  dall'opposto
 orientamento  della  giurisprudenza,  resti'a  a  ricondurre le frodi
 puramente documentali al reato di truffa, e dunque  dall'esigenza  di
 colmare un vuoto di tutela, non di ridurne l'efficacia;
     che  neppure  puo' condurre a diversa soluzione l'argomentazione,
 addotta dal giudice a quo secondo cui la stessa sentenza  n.  25  del
 1994  di  questa  Corte avrebbe riconosciuto l'inidoneita' della sola
 variazione  del  soggetto  danneggiato  (FEOGA)  a  giustificare  una
 disciplina  sanzionatoria  attenuata;  un'osservazione,  questa,  che
 nella  richiamata  sentenza  costituisce  semplicemente  la  premessa
 dell'interpretazione  adeguatrice  in essa formulata, proprio al fine
 di superare tale possibile risultato, e non una valutazione circa gli
 effetti delle norme in questione;
     che, pertanto, non apportando  l'ordinanza  di  rinvio  argomenti
 tali  da condurre a conclusioni diverse da quelle gia' espresse nella
 citata sentenza n. 25 del 1994, la questione  sollevata  deve  essere
 dichiarata manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 23 dicembre 1986, n.
 898 (Conversione in legge, con modificazioni,  del  decreto-legge  27
 ottobre  1986, n. 701, recante misure urgenti in materia di controlli
 degli aiuti comunitari alla produzione dell'olio di  oliva.  Sanzioni
 amministrative  e  penali  in  materia di aiuti comunitari al settore
 agricolo), come sostituito dall'art. 73 della legge 19 febbraio 1992,
 n. 142, sollevata, in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,
 dalla Corte di cassazione con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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