N. 57 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 1996

                                 N. 57
  Ordinanza  emessa  il  15  ottobre 1996 dalla commissione tributaria
 provinciale di Piacenza sul ricorso proposto dalla Banca di  Piacenza
 soc. coop. a r.l. contro l'Ufficio registro di Piacenza
 Catasto  -  Tariffe d'estimo - Determinazione - Criteri - Riferimento
    al  valore  unitario  di  mercato  ordinariamente   ritraibile   -
    Transitoria  applicabilita' di tali criteri fino al 1 gennaio 1997
    (nonostante  l'avvenuto  annullamento  in  sede  di  giurisdizione
    amministrativa   dei   decreti   ministeriali   che   li   avevano
    introdotti),  in  attesa  di  nuova  revisione  fondata  su   base
    reddituale   -   Asserita,   ulteriore   protrazione   del  regime
    transitorio - Lamentata violazione dei principi di  eguaglianza  e
    di capacita' contributiva - Incidenza sulla tutela giurisdizionale
    -  Irragionevolezza - Eccesso di potere, per ritenuto esercizio di
    funzione  amministrativa  da  parte  del  potere   legislativo   -
    Riferimento alla sentenza n. 263/1994.
 (D.-L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito, con modificazioni,
    nella  legge 24 marzo 1995, n. 75 (recte: 24 marzo 1993); legge 24
    marzo 1993, n. 75, art. 2, comma 1; d.-l. 28 giugno 1995, n.  250,
    art. 1, comma 5, convertito in legge 8 agosto 1995, n. 344).
 (Cost., artt. 3, 24, 53, 101, 102, 103 e 104).
(GU n.9 del 26-2-1997 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 4861/1992 r.g.r.
 presentato dalla Banca di Piacenza  soc.  coop.  a  r.l.  avverso  il
 mancato  rimborso  di INVIM straordinaria calcolata sui valori finali
 ottenuti applicando alle rendite catastali i  moltiplicatori  di  cui
 all'art.  1, comma 8, legge 18 novembre 1991 n. 365.
   Con  ricorso depositato il 2 marzo 1992, la Banca di Piacenza, soc.
 coop. a r.l., con sede in Piacenza via Mazzini  20,  in  persona  del
 presidente  del  consiglio  di  amministrazione  avv.  Corrado Sforza
 Fogliani esponeva di aver pagato in data 20 dicembre 1991,  a  titolo
 di   INVlM   straordinaria   in  relazione  ai  propri  immobili  non
 strumentali  posti  nei  comuni   di   Castelvetro,   Gropparello   e
 Rottofreno,  la  complessiva  somma  di  L. 15.464.000, calcolata sui
 valori finali riferiti al 31 ottobre 1991, ottenuti  applicando  alle
 rendite   catastali  determinate  a  seguito  di  revisione  generale
 (disposta con decreto del Ministero delle finanze  20  gennaio  1990,
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  31 del 7 febbraio 1990) i
 moltiplicatori di cui all'art. 1, comma 8, della  legge  18  novembre
 1991 n. 365.
   A parere della ricorrente il citato decreto ministeriale 20 gennaio
 1990  e  il  decreto  ministeriale  27 settembre 1991 n. 299 (decreto
 ministeriale  sull'INVIM  straordinaria  convertito  nella  legge  18
 novembre  1991  n.  363) erano illegittimi per violazione di legge ed
 eccesso  di  potere  e  di  conseguenza  il  valore   doveva   essere
 ricalcolato  in base al sistema precedentemente in vigore, applicando
 il quale l'imposta sarebbe stata di L. 4.800.000.
   Tanto   premesso,   la   ricorrente  deduceva  di  aver  presentato
 all'Ufficio del registro di Piacenza, istanza, pervenuta in  data  23
 gennaio  1992,  di  rimborso  della somma di L. 10.664.000, pari alla
 differenza tra l'imposta versata e quella dovuta; ed essendo  decorsi
 i  termini  di  cui all'art. 16, u.c., d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636,
 aveva ricorso chiedendo la  condanna  dell'Ufficio  del  registro  di
 Piacenza  al  rimborso  della anzidetta somma, previa declaratoria di
 disapplicazione, ex art. 16, quarto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972
 n. 632, dei decreti del Min. delle  finanze  20  gennaio  1990  e  27
 settembre 1991, in quanto illegittimi.
   Nelle  more  del  giudizio,  il T.A.R. del Lazio, (sez. II 6 maggio
 1992, n. 1184)  annullava  per  illegittimita'  i  precitati  decreti
 ministeriali; tuttavia il legislatore, con il decreto-legge n. 16/93,
 convertito  con  modificazioni, nella legge n. 75/93, sostanzialmente
 manteneva in vita il dettato dei decreti predetti, sui quali  si  era
 negativamente pronunciato il T.A.R. del Lazio.
   Alla  udienza 4 febbraio 1994, su istanza del difensore della parte
 ricorrente, il procedimento era sospeso, essendo pendente  avanti  la
 Corte  costituzionale  questione di legittimita' costituzionale della
 legge n. 75/93 sollevata da varie commissioni tributarie e dal T.A.R.
 Umbria in relazione agli artt. 2, 3, 24 e 53 della Costituzione.
   Con sentenza n. 263 del 24  giugno  1994  la  Corte  costituzionale
 disattendeva  le  eccezioni  di  incostituzionalita'  della legge; il
 procedimento, gia' sospeso, proseguiva con la fissazione dell'udienza
 di trattazione.
   Con memoria 19 settembre 1996 parte ricorrente sollevava nuovamente
 le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  nei  confronti   del
 predetto art. 2 della legge 75/93.
   Con  note  depositate il 9 settembre 1996 l'Ufficio del registro di
 Piacenza resisteva al ricorso della Banca di Piacenza e  ne  chiedeva
 il rigetto.
   Prima  di  passare  alle sollevate questioni di incostituzionalita'
 dell'art.  2   della   legge   n.   75/53,   occorre   rilevare   che
 "caratteristica  principale  dei  redditi  fondiari  e' che essi sono
 determinati sulla base di tariffe di estimo catastali disciplinate in
 modo da assicurarne, nella possibile misura,  l'aderenza  ai  redditi
 effettivi,  salvo  i  casi,  tassativamente  determinati,  in  cui le
 possibilita'  di  divergenza  e  le  caratteristiche  economiche  del
 reddito richiedono l'accertamento diretto".
   Il  d.P.R.  29  settembre  1973 n. 604, che disciplina la revisione
 degli estimi e del classamento del  catasto  terreni  e  del  catasto
 edilizio  urbano  stabilisce  la  portata e gli elementi economici di
 riferimento da tenere presenti ai  fini  della  determinazione  delle
 tariffe d'estimo.
   L'estimo catastale edilizio urbano e' ordinato per tariffe d'estimo
 nei  casi di unita' immobiliari urbane a destinazione ordinaria e per
 rendita catastale, ottenuta con stima diretta,  nei  casi  di  unita'
 immobiliari urbane a destinazione speciale o particolare.
   In  base  al  disposto dell'art. 7 del d.P.R. n. 604, la tariffa di
 estimo e' costituita, per unita' di riferimento,  dal  reddito  lordo
 medio   ordinario  da  essa  ritraibile,  diminuito  delle  spese  di
 riparazione e  manutenzione  e  di  ogni  altra  spesa  necessaria  a
 produrla.
   La  revisione  degli estimi subiva continui rinvii, fino alla legge
 30 dicembre 1989 n. 427, con la quale si  stabiliva  che  le  tariffe
 d'estimo,  revisionate entro l'anno 1990, sarebbero entrate in vigore
 dal 1 gennaio 1991 e che  la  revisione  del  classamento  del  nuovo
 catasto edilizio urbano, previsto dalla legge 17 febbraio 1985 n. 17,
 sarebbe  stata  ultimata entro il 1993 e i relativi effetti avrebbero
 avuto efficacia non oltre l'anno 1995.
   In attuazione delle citate disposizioni il Ministero delle  finanze
 emanava  il  decreto 20 gennaio 1990, con il quale veniva disposta la
 revisione e il decreto 27  settembre  1991,  con  il  quale  venivano
 determinate le tariffe d'estimo.
    Orbene,  con  il decreto 20 gennaio 1990 e' stato stabilito che le
 nuove tariffe sarebbero  state  determinate  sulla  base  del  valore
 unitario di mercato ordinariamente ritraibile.
   Questa  prescrizione  ha  dato  luogo  ad impugnativa del decreto e
 all'annullamento da parte del TAR del  Lazio;  l'aver  posto  a  base
 della   revisione   delle  tariffe  il  valore  unitario  di  mercato
 ordinariamente ritraibile e' stato ritenuto in violazione del  d.P.R.
 n.  1142 del 1949 il quale dettava diversi criteri per determinare le
 tariffe.
   Per porre rimedio a questa situazione, il governo ha legittimato la
 determinazione delle tariffe d'estimo sulla base del valore  unitario
 di  mercato ordinariamente ritraibile, attribuendo "forza e vigore di
 legge" ai criteri contenuti nel decreto ministeriale 20 gennaio 1990.
   Con sentenza 24 giugno 1994 n.  263,  la  Corte  costituzionale  ha
 disatteso le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del
 d.-l.  23  gennaio  1993 n. 16, in riferimento agli artt. 2 e 53 agli
 artt. 101, 102, 103 e 104 Cost.
   La Corte,  prima  di  passare  all'esame  del  merito  richiama  il
 contenuto  normativo e gli effetti derivanti dalla applicazione della
 legge:
   "Le tariffe d'estimo e le rendite modificate in conseguenza di tali
 ricorsi, nonche' quelle derivanti da ulteriori modificazioni al  fine
 di  mantenere  l'invarianza  del  gettito,  recepite  in  un apposito
 decreto legislativo, secondo quanto stabilito dall'art. 2 della legge
 24 marzo  1993  n.  75,  si  sarebbero  applicate  per  l'anno  1994.
 Peraltro,  ai  fini  delle imposte dirette (salve alcune esclusioni),
 l'applicazione sarebbe stata  anticipatata  al  1  gennaio  1992  ove
 fossero   risultate   inferiori   a   quelle  stabilite  col  decreto
 ministeriale 27 settembre 1991.
   Di cio' i contribuenti avrebbero tenuto conto  nella  dichiarazione
 dei  redditi  da  presentare  per  il  1993, secondo criteri indicati
 sempre dal predetto art. 2 del decreto legge 23 gennaio 1993  n.  16,
 peraltro modificati con d.-l. 31 maggio 1994 n. 330.
   E'   venuta   cosi'  a  determinarsi  una  articolata  e  complessa
 disciplina non priva di farraginosita', in spregio alla chiarezza dei
 rapporti fra fisco e contribuenti, per effetto della quale:
     a) dal 1995 dovrebbero entrare  in  vigore  i  nuovi  estimi,  in
 attuazione  della  prevista  revisione generale, che dovrebbero tener
 conto, ai fini della redditivita'  media  ordinariamente  ritraibile,
 dei valori del mercato degli immobili e delle locazioni;
     b)  per il 1992-1993 e' stata riconfermata l'applicabilita' delle
 tariffe stabilite con il decreto ministeriale 27 settembre 1991;
     c)  per  il  1994,  ma  con  eventuale retroattivita', in caso di
 maggior favore, si applicano le tariffe  eventualmente  modificate  -
 all'esito  dei  ricorsi  previsti  dai  commi  1-bis 1-ter e 1-quater
 dell'art.  2  del  decreto-legge  n.  16   del   1993   dall'apposito
 provvedimento  che  la legge di conversione aveva previsto e che, nel
 frattempo, risulta emanato, vale a dire il d.lgs. 28 dicembre 1993 n.
 568.
   Nel merito, la Corte autorevolmente afferma che la tassazione delle
 rendite immobiliari, basata sul valore di mercato del  bene  in  se',
 anziche'  sul  tradizionale  parametro del valore locativo, non e' in
 contrasto con il principio della  capacita'  patrimoniale  e  con  il
 principio di progressivita' purche' i criteri di determinazione delle
 tariffe  d'estimo e delle rendite catastali siano ispirate a principi
 di ragionevolezza e non portino al  risultato  di  rendite  catastali
 superiori alle rendite effettive.
   La   Corte,   osserva   infine,  che  "e'  importante  rilevare  la
 transitorieta' della disciplina  denunciata,  peraltro  ripetutamente
 sottolineata  anche  dalle  ordinanze  di  rimessione  e  superata, a
 partire dal 1995, dai nuovi criteri indicati dal legislatore, e cioe'
 il valore di mercato insieme al valore  locativo,  nei  quali  si  e'
 evidentemente  tenuto conto della piu' recente evoluzione legislativa
 che tende, come e' noto, a  superare  il  regime  vincolistico  delle
 locazioni".
   Parte  ricorrente  rileva che la revisione generale degli estimi da
 effettuarsi in base ai nuovi criteri indicati dalla legge n. 75/93 e'
 stata  prorogata  all'1  gennaio  1997  dall'art.  1,  quinto  comma,
 decreto-legge   n.   250/1995   e  che  anche  questo  termine  sara'
 ulteriormente prorogato, come si desume dalla legge  n.  549  del  28
 dicembre  1995  che attribuisce ai comuni a decorrere dal 1997 e fino
 alla  revisione  degli  estimi  e  del  classamento  la  facolta'  di
 stabilire,  ai  fini  ICI,  una  riduzione  o  un  aumento del valore
 imponibile delle unita' immobiliari.
   In effetti, anche nel disegno di legge collegato  alla  finanziaria
 1997  recante  "misure  di  razionalizzazione della finanza pubblica"
 (Atto della Camera  dei  deputati  n.  2372),  non  c'e'  traccia  di
 previsione di prossima revisione delle tariffe d'estimo; al contrario
 l'art.    79  n.  2  del predetto disegno di legge stabilisce che gli
 effetti dei  regolamenti  che  saranno  emanati  per  procedere  alla
 revisione  generale  delle  zone  censuarie,  delle tariffe d'estimo,
 della qualificazione,  classificazione  e  classamento  delle  unita'
 immobiliari   e  dei  relativi  criteri,  nonche'  delle  commissioni
 censuarie, decorreranno dall'1 gennaio 1999.
    Sul punto, la doglianza di parte ricorrente appare fondata.
   L'art. 2 della legge n. 75/93 e'  stato  salvato  dal  giudizio  di
 illegittimita', sul presupposto che l'operativita' della disposizione
 di  legge  sarebbe  stata  temporanea e che la transitorieta' sarebbe
 cessata con la revisione delle tariffe d'estimo,  da  attuarsi  entro
 l'1 gennaio 1995.
   L'inerzia  della  pubblica  amministrazione  autorizza a riproporre
 alla Corte la medesima questione  di  costituzionalita'  dell'art.  2
 della  legge  n.  75/93  per  contrasto  con  gli  artt. 3 e 53 della
 Costituzione, posto che il precetto legislativo  contenuto  nell'art.
 2,  comma  1,  decreto-legge  n.  16/93  con  il  quale si dispone di
 mantenere in vigore "fino alla revisione" tariffe d'estimo e  rendite
 determinate  in esecuzione del decreto del Ministero delle finanze 20
 gennaio  1990,  difformi  dal criterio che la legge stabilisce per la
 revisione degli estimi, appare irragionevole  e  potrebbe  dar  luogo
 alla  determinazione  e  alla  applicazione  di  redditi  superiori e
 comunque diversi da quelli voluti dal legislatore, con situazioni  di
 disparita' di trattamento, in violazione del principio di uguaglianza
 e a quello delle capacita' contributiva.
   Sotto   altro   profilo,   la   continua   dilatazione  del  regime
 "transitorio" di applicazione dei criteri dichiarati illegittimi  dal
 T.A.R.  Lazio  (e "legificati" in modo asseritamente temporaneo dalla
 predetta legge n. 75/93) impone un  riesame  anche  delle  questioni,
 gia'  esaminate  e  respinte  dalla Corte costituzionale nella citata
 sentenza n. 264/94, relative  al  contrasto  dell'art.  2,  comma  1,
 secondo periodo, della legge n. 75/93 e dell'art. 1 comma 1, d.-l. 28
 giugno  1995  n.  250,  convertito  con  modificazioni, dalla legge 8
 agosto 1995, n. 349, in relazione agli artt. 24, 101, 102, 103 e  104
 Cost.
   La  Corte,  infatti, ha respinto le predette censure negando che lo
 scopo della norma sottoposta al  vaglio  di  costituzionalita'  fosse
 quello   di   eludere   gli   effetti  della  pronuncia  del  giudice
 amministrativo (T.A.R. del Lazio), in quanto aveva  ritenuto  che  il
 Legislatore avesse unicamente voluto dare un fondamento legislativo a
 norme (quelle dei decreti ministeriali 20 gennaio 1990 e 27 settembre
 1991)  che  erano  state  dichiarate  illegittime  dalla magistratura
 amministrativa  solo   in   quanto   contrastanti   con   le   norme,
 sovraordinate,  della  vigente  legge  sul  catasto  e  del  relativo
 regolamento.
   Tuttavia,  rilevato  che  la   "transitorieta'"   della   descritta
 situazione e', in realta', destinata a protrarsi e che non si avverte
 una  soluzione  in  tempi brevi del problema, la Corte costituzionale
 dovra' valutare se il fine delle citate norme non fosse stato proprio
 quello di vanificare gli effetti della sentenza del T.A.R. del Lazio,
 con  conseguente  straripamento  del  potere  legislativo  in  quello
 giudiziario,  in violazione degli artt. 24, 101, 102, 103 e 104 della
 Carta costituzionale.
                                P. Q. M.
     Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 23 gennaio 1993, n.
 16, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1995 n.   75,
 nella  parte  in  cui  prevede  la permanenza in vigore delle tariffe
 d'estimo e delle rendite gia' determinate in esecuzione  del  decreto
 ministeriale  20  gennaio  1990,  per  contrasto con gli artt. 3 e 53
 della Costituzione;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  1, della legge n.
 75/93 e dell'art. 1 comma  5,  del  d.-l.  28  giugno  1995  n.  250,
 convertito  nella  legge 8 agosto 1995 n. 344 in relazione agli artt.
 24, 101, 102, 103 e 104 della Costituzione;
   Dispone la sospensione del giudizio e la  trasmissione  degli  atti
 alla Corte costituzionale;
   Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata, a cura della
 segreteria, alle parti ed al Presidente del Consiglio  dei  Ministri,
 nonche'  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera dei deputati e del
 Senato della Repubblica.
     Piacenza, addi' 15 ottobre 1996
                    Il presidente estensore: Grandi
 97C0129