N. 66 SENTENZA 12 - 21 marzo 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Incompatibilita' del giudice determinata da atti
 compiuti nel procedimento - Giudice che si sia pronunciato in  merito
 al sequestro preventivo di cose pertinenti al reato - Misura adottata
 in  qualita'  di  giudice  per  le indagini preliminari o conferma da
 parte di giudice componente del tribunale del riesame  -  Inesattezza
 dei  presupposti interpretativi da parte del giudice a quo - Profonde
 differenze tra la disciplina delle misure cautelari  reali  e  quella
 prevista  per  le  misure  cautelari  personali  -  Riferimento  alla
 sentenza della Corte n. 48/1994 e alle ordinanze nn. 176  e  229  del
 1994 - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34, comma primo o comma secondo).
 
 (Cost.,  artt. 3 o 3, primo comma, 24 o 24, primo e secondo comma, 25
 e 10).
 
(GU n.13 del 26-3-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34,  comma  1  o
 comma  2,  del  codice  di  procedura  penale, promossi con ordinanze
 emesse il 7 novembre 1995 dal tribunale di  Siena,  il  26  settembre
 1995  dal  pretore di Savona, sezione distaccata di Albenga, ed il 10
 giugno 1996 dalla Corte d'appello di Ancona, rispettivamente iscritte
 al  n.  922  del  registro  ordinanze  1995  ed  ai nn. 228 e 936 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica nn. 2, 12 e 40, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 27 novembre 1996 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un procedimento penale promosso con l'imputazione
 di bancarotta, il tribunale di  Siena,  con  ordinanza  emessa  il  7
 novembre  1995  (reg.  ord.  n.  922  del  1995),  ha  sollevato,  in
 riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 34, comma 1, cod. proc. pen.,
 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al  giudizio
 dibattimentale  il  giudice  del  riesame  che  si sia pronunciato in
 materia di misure cautelari reali.
    La  soluzione  del  dubbio  di  legittimita'   costituzionale   e'
 prospettata  come  rilevante  nel  giudizio  principale,  giacche' un
 componente del collegio giudicante aveva presieduto il tribunale che,
 in sede di riesame del provvedimento cautelare adottato  dal  giudice
 per le indagini preliminari, aveva confermato il sequestro preventivo
 di  un  immobile compreso tra i beni che, secondo l'accusa, sarebbero
 stati distratti dai falliti.
   Il tribunale sottolinea che la prova della  responsabilita'  penale
 dell'imputato  si  forma nel dibattimento, nel quale il giudice ha la
 piena cognizione dei fatti. Lo stesso giudice, se  ha  in  precedenza
 espresso   una  valutazione  di  merito  sulla  base  degli  elementi
 probatori di cui disponeva per decidere su di  una  misura  cautelare
 reale,  non  potrebbe  pronunciarsi nel dibattimento, perche' avrebbe
 gia' valutato la responsabilita' degli  allora  indagati,  quando  ha
 affermato  la  sussistenza  nei  loro  confronti  di  gravi indizi di
 colpevolezza.
   Ad avviso del giudice rimettente, nell'ipotesi di misure  cautelari
 reali si determinerebbe la stessa incompatibilita' per il giudizio di
 merito del giudice che ha adottato provvedimenti cautelari personali;
 incompatibilita'   la   cui  mancata  inclusione  tra  le  cause  che
 impediscono al giudice di partecipare al giudizio (art. 34 cod. proc.
 pen.)  e'  stata  gia'  dichiarata   costituzionalmente   illegittima
 (sentenza n.  432 del 1995).
   2.  -  Con  ordinanza emessa il 26 settembre 1995 (reg. ord. n. 228
 del 1996), nel corso di un procedimento penale nel quale,  prima  del
 dibattimento,   aveva   disposto,   quale  giudice  per  le  indagini
 preliminari,  il  sequestro  preventivo  di  una   imbarcazione   che
 costituiva  il provento del reato di truffa contestato agli imputati,
 il pretore di Savona - sezione distaccata di Albenga - ha  sollevato,
 in  riferimento  agli artt. 24 e 101 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod.  proc.  pen.,
 nella  parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio
 dibattimentale il giudice  per  le  indagini  preliminari  che  abbia
 applicato  nei  confronti  dell'imputato,  successivamente  citato  a
 giudizio, il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato.
   Il pretore ritiene che questa misura cautelare  reale  implichi  un
 giudizio   indiziario   sulla   plausibilita'   e   sulla  fondatezza
 dell'ipotesi accusatoria, analogo a quello che  viene  formulato  per
 disporre   misure   cautelari  personali.  L'adozione  del  sequestro
 preventivo richiederebbe, difatti, un apprezzamento di  merito  sulla
 responsabilita'  della  persona  nei  cui  confronti  viene emesso il
 provvedimento.  Se  ne  desume  che  la  valutazione   nel   giudizio
 dibattimentale  della responsabilita' dell'imputato potrebbe essere o
 apparire condizionata dalla naturale tendenza a mantenere un giudizio
 gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto dal  giudice  in  altri
 momenti decisionali dello stesso procedimento. Cio' determinerebbe un
 contrasto  con  i  principi  costituzionali  che  si  collegano  alla
 garanzia del giusto processo (artt. 24 e 101 della Costituzione).
   3. - Con ordinanza emessa il 10 giugno 1996 (reg. ord. n.  936  del
 1996),  anche  la  Corte  d'appello  di  Ancona  ha  sollevato  -  in
 riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e  secondo  comma,
 della   Costituzione   -  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 34, comma 2, cod.  proc.  pen.,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  l'incompatibilita'  per  il  giudizio del giudice che, quale
 componente del tribunale del riesame, si sia  pronunciato  su  di  un
 sequestro preventivo nei confronti dell'imputato.
   La  Corte  d'appello,  premesso  che  due  suoi  componenti avevano
 composto il collegio del tribunale  che  in  sede  di  riesame  aveva
 confermato la misura cautelare reale del sequestro preventivo, emessa
 nei  confronti  dell'imputato,  richiama i principi che hanno portato
 alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34 cod.
 proc. pen., nella parte in cui non prevedeva  l'incompatibilita'  per
 il  giudizio  del  giudice  che,  quale  componente del tribunale del
 riesame o di appello, si fosse pronunciato su di una misura cautelare
 personale nei confronti dell'indagato (sentenza n. 131 del 1996).  Ad
 avviso  del giudice rimettente, le stesse ragioni di incompatibilita'
 varrebbero per il giudice che si sia pronunciato su misure  cautelari
 reali,  quali  il sequestro preventivo, giacche' anche l'accertamento
 che si tratta di cosa pertinente al reato o di cui e'  consentita  la
 confisca  comporterebbe  una  valutazione  di  merito sulla probabile
 colpevolezza dell'imputato. L'omessa previsione dell'incompatibilita'
 per il giudizio del giudice che si e' pronunciato su misure cautelari
 reali violerebbe il principio  di  ragionevolezza  e  di  eguaglianza
 (art.  3,  primo  comma, della Costituzione), oltre che il diritto di
 difesa e la garanzia di un giusto processo affidato alla decisione di
 un  giudice  imparziale  (art.  24,  primo  e  secondo  comma,  della
 Costituzione). Il giudizio sulla responsabilita' penale dell'imputato
 potrebbe,  difatti, essere condizionato dalla tendenza a mantenere il
 giudizio gia' espresso in sede cautelare.
                         Considerato in diritto
   1. - Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  investono  la
 disciplina  dell'incompatibilita'  del  giudice  determinata  da atti
 compiuti nel procedimento, che non comprende tra i casi nei quali  il
 giudice  non puo' partecipare al giudizio, elencati nell'art. 34 cod.
 proc.  pen.,  anche  quello  del  giudice   il   quale,   prima   del
 dibattimento, si sia pronunciato in merito al sequestro preventivo di
 cose  pertinenti  al reato, adottando questa misura quale giudice per
 le  indagini  preliminari  o  confermandola  quale   componente   del
 tribunale del riesame.
   Il  pretore  di Savona, sezione distaccata di Albenga, per la prima
 di queste due ipotesi, il tribunale di Siena e la Corte d'appello  di
 Ancona,  per  la  seconda  di  esse,  ritengono che anche nel caso di
 sequestro preventivo  -  previsto  quando  vi  sia  pericolo  che  la
 disponibilita'  di  una  cosa  pertinente al reato possa aggravarne o
 protrarne  le  conseguenze  ovvero  agevolare la commissione di altri
 reati, ed altresi' quando sia consentita la confisca (art.  321  cod.
 proc.  pen.)  -  il  giudice  che  adotta o conferma il provvedimento
 cautelare reale esprima una valutazione di merito  analoga  a  quella
 che   viene  formulata  quando  sono  adottate  o  confermate  misure
 cautelari personali. In  entrambi  i  casi  sussisterebbe  un  eguale
 rischio  che,  nel  giudicare  del  merito, il giudice possa apparire
 condizionato da valutazioni in precedenza espresse,  con  pregiudizio
 dell'imparzialita'  ed obiettivita' della decisione. Se ne desume che
 verrebbero lesi i  principi  costituzionali  che  si  collegano  alla
 garanzia  del giusto processo e del diritto di difesa (artt. 24, 25 e
 101  della  Costituzione).  Inoltre  non   sarebbe   ragionevole,   e
 contrasterebbe  con  l'art.  3  della  Costituzione,  una  disciplina
 differenziata delle incompatibilita', a seconda che il giudice  abbia
 in   precedenza  adottato  una  misura  cautelare  reale  o,  invece,
 personale.
   2. - Le questioni di legittimita'  costituzionale,  tutte  relative
 alla disciplina dell'incompatibilita' del giudice determinata da atti
 compiuti  nel  procedimento,  sono connesse e possono essere definite
 con unica pronuncia.
   3. - Le questioni non sono fondate.
   Il presupposto dal quale prendono le mosse i dubbi di  legittimita'
 costituzionale  consiste  nella  ritenuta piena assimilabilita' della
 disciplina delle misure cautelari reali  a  quella  prevista  per  le
 misure    cautelari    personali.   Tale   assimilazione   si   fonda
 sull'affermazione che in entrambi i  casi  verrebbero  formulati  dal
 giudice  che  adotta  o  che  conferma  la  misura cautelare, reale o
 personale, un eguale  giudizio  sulla  fondatezza  dell'accusa  e  la
 medesima valutazione prognostica sulla responsabilita' dell'imputato.
   Questo  presupposto  interpretativo  e'  inesatto, giacche', pur in
 presenza di elementi comuni,  sussistono  profonde  differenze  nella
 disciplina dei due tipi di misura cautelare.
   Per  quelle  reali, la Corte ha gia' ha avuto occasione di rilevare
 (sentenza n. 48 del 1994) che il nuovo codice di rito  ha  omesso  di
 operare  un  rinvio  alle  disposizioni generali relative alle misure
 cautelari  personali,  tra  le  quali  sono  comprese  le  condizioni
 generali  per  l'adozione  dei provvedimenti che limitano la liberta'
 della persona e che richiedono la sussistenza  di  "gravi  indizi  di
 colpevolezza",  oltre  che  l'assenza di cause di giustificazione, di
 non punibilita' o di estinzione del reato o della pena (art. 273 cod.
 proc. pen.).
   Al contrario, le  misure  cautelari  reali  sono  per  loro  natura
 attinenti   a  beni  o  cose  pertinenti  al  reato,  la  cui  libera
 disponibilita' puo' costituire  situazione  di  pericolo;  le  stesse
 possono,  pertanto,  prescindere da qualsiasi profilo di colpevolezza
 (sentenza n. 48 del 1994; ordinanze nn. 176 e 229 del 1994).
   Manca,  dunque,  nell'adozione  o  nella  conferma   delle   misure
 cautelari   reali,  quella  incisiva  valutazione  prognostica  sulla
 responsabilita'   dell'imputato,   basata   sui   gravi   indizi   di
 colpevolezza,  che  potrebbe rendere, o far apparire, condizionato il
 successivo giudizio di merito da parte dello stesso giudice, cosi' da
 violare  le  garanzie  che  si  collegano  al  principio  del  giusto
 processo.
   Ne'  vi e', per le due diverse misure cautelari, personali o reali,
 una identita' di presupposti in ordine alla  valutazione  rimessa  al
 giudice   tale   da   comportare   una   identica  disciplina  quanto
 all'incompatibilita' del giudice.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non   fondate   le   questioni   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 34,   comma 1 o comma 2, cod.
 proc. pen., sollevate, in riferimento agli artt. 3 o 3, primo  comma,
 24  o  24,  primo  e  secondo comma, 25 e 101 della Costituzione, dal
 tribunale di Siena, dal pretore  di  Savona,  sezione  distaccata  di
 Albenga,  e dalla Corte d'appello di Ancona con le ordinanze indicate
 in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 21 marzo 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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