N. 194 SENTENZA 17 - 24 giugno 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Regione  -  Regione Marche - Bilancio e contabilita' - Realizzazione
 di  programmi  comunitari  -  Deroghe  all'ordinamento  regionale   -
 Procedimento  di  controllo  nei  confronti  delle  leggi regionali -
 Riferimento alla giurisprudenza della Corte in materia  (v.  sentenze
 nn.  496/1993,  233 e 172 del 1994) - Omissione degli elementi minimi
 occorrenti per determinare con sufficiente chiarezza i termini  delle
 lamentate illegittimita' - Inammissibilita'.
 
 (Legge  regione  Marche riapprovata il 20 marzo 1996, artt. 2, 3, 4 e
 5).
 
 (Cost., artt. 97, 117 e 119;legge 19 maggio 1976, n.  335,  artt.  5,
 15, 16, 20 e 21).
 
(GU n.27 del 2-7-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
 NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della regione
 Marche, riapprovata il 20 marzo 1996,  recante:  "Norme  speciali  di
 semplificazione delle procedure contabili relative alla realizzazione
 di  programmi  comunitari",  promosso  con ricorso del Presidente del
 Consiglio dei Ministri, notificato il 5 aprile  1996,  depositato  in
 cancelleria  il  15  successivo  ed  iscritto  al  n. 17 del registro
 ricorsi 1996;
   Visto l'atto di costituzione della regione Marche;
   Udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1997 il giudice  relatore
 Massimo Vari;
   Uditi  l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il ricorrente,
 e l'avv. Antonio Cochetti per la regione  Marche.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Con ricorso depositato il 15 aprile 1996 (r. ric. n.  17  del
 1996),  il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri ha sollevato - in
 riferimento agli artt. 97, 117 e 119 della Costituzione  -  questione
 di  legittimita'  costituzionale  della  legge  della Regione Marche,
 recante "Norme speciali di semplificazione delle procedure  contabili
 relative alla realizzazione di programmi comunitari", approvata il 31
 ottobre 1995 e riapprovata, a maggioranza assoluta, il 20 marzo 1996.
   Secondo il ricorrente, la delibera legislativa impugnata, derogando
 espressamente  agli artt. 73, 66, 101 e 85 della l.r. 30 aprile 1980,
 n. 25,  recante  l'ordinamento  contabile  della  regione,  viola  le
 disposizioni  di  principio  della  legge  19  maggio  1976,  n.  335
 (Principi  fondamentali  e  norme  di  coordinamento  in  materia  di
 bilancio e di contabilita' delle regioni), attesa  la  corrispondenza
 fra i due testi legislativi menzionati.
    Ne'  il fine di migliorare l'efficienza dell'azione amministrativa
 connessa  all'attuazione  dei  programmi   cofinanziati   dall'Unione
 europea  puo'  indurre  a  reputare appropriato e proporzionato a tal
 fine lo sconvolgimento, nei suoi cardini, dell'apparato di bilancio e
 di contabilita'  della  regione,  trattandosi  di  esigenza  che  non
 potrebbe non essere rimessa al legislatore nazionale, "onde garantire
 un  quadro  unitario  nei  rapporti  con  la Comunita' europea ed una
 omogeneita'  di  condizioni  di  intervento   delle   regioni   nella
 attuazione dei programmi comunitari".
   2. - Vengono, percio', denunciati:
     l'art.  2 che, in contrasto con le disposizioni di cui agli artt.
 5, 15, 20 e 21 della predetta legge n.  335  del  1976,  prevede  una
 deroga  alla  disciplina  concernente  l'imputazione  delle spese che
 restano, infatti, riferite agli esercizi in cui sono  state  iscritte
 per   la   prima   volta,   anziche'   utilizzare  il  sistema  della
 "contabilizzazione tra le economie e la reiscrizione alla  competenza
 dell'esercizio successivo";
     l'art.  3 che, nel consentire di apportare variazioni al bilancio
 regionale con atto amministrativo, come pure di apportare  storni  da
 un  capitolo  all'altro, violerebbe le disposizioni di cui agli artt.
 15 e 16 della menzionata legge-quadro;
     l'art. 4 che, nel contemplare l'ipotesi del mantenimento di somme
 impegnate nel conto  dei  residui  passivi  fino  alla  scadenza  dei
 termini  previsti  per  la  realizzazione  delle  azioni cofinanziate
 dall'Unione europea, si porrebbe in contrasto non solo con l'art.  20
 della  medesima  legge,  che definisce la tipologia e le modalita' di
 conservazione dei residui, ma anche con  la  normativa  contabile  in
 materia di perenzione amministrativa;
     l'art.  5 che, nel derogare ai limiti di esecuzione degli impegni
 di spesa riferiti  alle  attivita'  o  agli  interventi  cofinanziati
 dall'Unione europea, colliderebbe con l'art. 15 della legge stessa.
   3.  -  Nel  costituirsi  in  giudizio  la  regione Marche eccepisce
 preliminarmente l'inammissibilita' del ricorso assumendo che i motivi
 posti a fondamento  dello  stesso,  eccedono  l'ambito  dell'atto  di
 rinvio, che, secondo la resistente, "non ha certamente posto in grado
 il  consiglio  regionale  di  individuare le censure dedotte cosi' da
 poterle eventualmente eliminare in sede di riesame".
   Nel merito la difesa  della  regione  Marche,  evidenziato  che  la
 delibera  legislativa  impugnata  ha come scopo di individuare misure
 idonee ad accelerare le procedure preordinate alla realizzazione  dei
 programmi  cofinanziati  dall'Unione  europea,  osserva che i rilievi
 mossi nel ricorso dalla Presidenza del Consiglio, circa la violazione
 dei principi contabili vigenti, dovrebbero essere apprezzati non solo
 con riferimento alle norme della legge cornice, ma anche distinguendo
 "criteri  direttivi  che  unitariamente  si  impongono  da  possibili
 deroghe"  che  trovino  riscontro  nell'ordinamento  nazionale per il
 perseguimento di finalita' di particolare interesse costituzionale.
   Sul punto vengono  indicati,  quali  esempi  di  norme  derogatorie
 relative  alle  variazioni  nel conto residui, l'art. 1, comma 7, del
 d.-l. 28 agosto 1995, n. 359, nel testo coordinato con  la  legge  di
 conversione 27 ottobre 1995, n. 436 e l'art. 4, comma 8, del d.-l. 23
 dicembre 1995, n. 546 (non convertito).
   Fatto  riferimento,  altresi',  alla circolare del 10 novembre 1995
 con  la  quale  il  Ministro  del  bilancio  e  della  programmazione
 economica  ha richiamato l'attenzione delle amministrazioni regionali
 sulla  esigenza  di   porre   in   essere   strumenti   idonei   alla
 "accelerazione   delle   procedure  di  esecuzione  degli  interventi
 cofinanziati", la regione rileva, infine, che il  presunto  contrasto
 dell'art. 5 della delibera impugnata con l'art. 15 della legge n. 335
 del  1976  non  ha costituito oggetto di rilievo fra quelli enunciati
 nel telegramma del commissario del Governo.
   Si  conclude,  pertanto,  per  l'inammissibilita'  e  comunque  per
 l'infondatezza del ricorso.
                         Considerato in diritto
   1.  -   Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei
 Ministri ha sollevato, in riferimento agli artt. 97, 117 e 119  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale della legge
 della regione Marche, riapprovata il 20 marzo  1996,  recante  "Norme
 speciali  di  semplificazione delle procedure contabili relative alla
 realizzazione di programmi comunitari".
   Secondo il ricorrente  la  legge  in  questione  introduce  deroghe
 all'ordinamento  del bilancio e della contabilita' della regione, che
 non possono trovare giustificazione nel  pur  condivisibile  fine  di
 migliorare  l'efficienza  dell'azione amministrativa per l'attuazione
 dei   programmi   cofinanziati   dall'Unione    europea,    spettando
 eventualmente     al    legislatore    nazionale    la    valutazione
 dell'opportunita' di adottare misure eccezionali in materia,  si'  da
 garantire un quadro unitario nei rapporti con la Comunita'.
    2.  -  Nel  rilevare  che  il  regime  derogatorio  investe  norme
 contabili generali della regione che corrispondono a disposizioni  di
 principio  della  legge  19  maggio  1976,  n. 335, recante "Principi
 fondamentali e norme di coordinamento in materia  di  bilancio  e  di
 contabilita' delle regioni", vengono in particolare denunciati:
     l'art.  2  che, nell'introdurre deroghe alla disciplina afferente
 l'imputazione delle spese che considera ancora riferite agli esercizi
 in cui sono state  iscritte  per  la  prima  volta,  si  porrebbe  in
 contrasto  con  gli  artt. 5, 15, 20 e 21 della predetta legge n. 335
 del 1976;
     l'art. 3 che, nel consentire di apportare  variazioni,  con  atto
 amministrativo,  al  bilancio  regionale  al di fuori dalle categorie
 consentite, prevedendo altresi' la facolta' di storni da un  capitolo
 all'altro  del  bilancio stesso, contrasterebbe con gli artt. 15 e 16
 della menzionata legge-quadro;
     l'art. 4 che, nel prevedere il mantenimento  di  somme  impegnate
 nel  conto  dei  residui  passivi,  fino  alla  scadenza  dei termini
 previsti per la realizzazione delle azioni  cofinanziate  dall'Unione
 europea, disattenderebbe l'art. 20 della medesima legge;
     l'art.  5  che,  nel  derogare  ai limiti temporali di assunzione
 degli impegni di spesa riferiti  alle  attivita'  o  agli  interventi
 cofinanziati  dall'Unione europea, confliggerebbe con l'art. 15 della
 stessa legge.
   3.   -   In   via   pregiudiziale,   la   regione   Marche   deduce
 l'inammissibilita'  delle  sollevate  questioni,  in  quanto i motivi
 posti a fondamento del ricorso eccederebbero  l'ambito  dell'atto  di
 rinvio,  la  cui  genericita'  non  avrebbe  consentito  al consiglio
 regionale   di   individuare  le  censure  dedotte,  si'  da  poterle
 eventualmente eliminare in sede di riesame.
   4. - Come questa Corte ha avuto piu' volte occasione  di  rilevare,
 il   procedimento   di   controllo   previsto   dall'art.  127  della
 Costituzione nei confronti delle leggi regionali si articola  in  due
 fasi  tra  loro  strettamente  collegate:  il  rinvio  governativo al
 consiglio regionale della  delibera  legislativa  ed,  eventualmente,
 l'impugnazione   della   stessa   innanzi  alla  Corte,  in  caso  di
 riapprovazione.  Si  tratta  di  due  momenti  che  devono  non  solo
 evidenziare  una  sostanziale  corrispondenza,  ma  soddisfare  anche
 l'esigenza che i motivi prospettati nel  ricorso  siano  prefigurati,
 quanto  meno  nelle  loro  linee essenziali o in forma sintetica, fin
 dall'atto di rinvio, ponendo, in tal modo, il consiglio regionale  in
 grado  di  conoscere  utilmente i dubbi di legittimita' sollevati dal
 Governo, si' da poterli  eliminare  in  sede  di  riesame  oppure  di
 contestarne la fondatezza riapprovando la legge.
   Analoga  esigenza  di  chiarezza  e specificazione investe anche la
 deliberazione che il Consiglio dei Ministri e' tenuto ad adottare  in
 previsione del ricorso di legittimita' costituzionale, per ragioni di
 natura   non  formale  bensi'  sostanziale,  connesse  all'importanza
 dell'atto di impugnativa  della  legge  ed  alla  gravita'  dei  suoi
 possibili  effetti  di  natura  costituzionale. Infatti, la decisione
 dell'organo  al   quale   spetta,   in   rappresentanza   dell'unita'
 dell'ordinamento,   il   potere   di  sollecitare  la  reintegrazione
 dell'ordine costituzionale, che si assume leso da una legge regionale
 (o provinciale), rientra fra quelle scelte di politica  istituzionale
 che  esigono  che  venga  prefigurata,  quanto  meno  nelle sue linee
 essenziali, la violazione ipotizzata, ed  al  tempo  stesso  che  sia
 delimitato,  con  sufficiente  chiarezza,  l'oggetto  della questione
 (sentenze nn. 496 del 1993 e 172 del 1994). Anche se non si  richiede
 che  le delibere di autorizzazione al ricorso in via principale siano
 complete  e  dettagliate,  gli  elementi  in  esse  contenuti  devono
 consentire  di  comprendere esattamente la portata della volonta' del
 Consiglio dei Ministri in ordine alla questione di  costituzionalita'
 che  esso  ha  inteso  sollevare, con specifico riferimento oltre che
 alla normativa impugnata, ai parametri  costituzionali  violati,  sia
 pure,  se del caso, attraverso l'integrazione della motivazione della
 delibera con quella contenuta nel precedente provvedimento di  rinvio
 al consiglio regionale (sentenza n. 233 del 1994).
   5.  -  Questi  criteri  non  appaiono  rispettati  ne' dall'atto di
 rinvio, ne' dalla successiva delibera del Consiglio dei Ministri, nei
 quali, in maniera  estremamente  concisa  e  con  formula  pressoche'
 identica,  ci  si  limita a rilevare soltanto che la legge regionale,
 attraverso le deroghe  in  essa  previste  (variazioni  dei  residui,
 conservazione  oltre  i  termini  previsti  delle somme non impegnate
 anziche'  reiscrizione  delle  economie,  ecc.),  "viola  i  principi
 contabili  vigenti". Si tratta dunque della mera enunciazione, per di
 piu' solo a carattere esemplificativo, di una serie di oggetti  senza
 indicazione  ne'  delle singole disposizioni cui essi si riferiscono,
 ne' dei parametri costituzionali invocati, ne' delle disposizioni  di
 legge  statale  contenenti  le  norme  interposte  da  cui  sarebbero
 desumibili i principi che si assumono violati. L'omissione negli atti
 menzionati degli  elementi  minimi  occorrenti  per  determinare  con
 sufficiente  chiarezza  i  termini  delle  lamentate  illegittimita',
 comporta, percio', l'inammissibilita' delle questioni  sollevate  con
 il ricorso in epigrafe.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
 degli artt. 2, 3, 4 e 5 della legge della regione Marche  riapprovata
 il  20  marzo  1996  recante "Norme speciali di semplificazione delle
 procedure  contabili  relative  alla   realizzazione   di   programmi
 comunitari", sollevate, in riferimento agli artt. 97, 117 e 119 della
 Costituzione  ed  agli artt. 5, 15, 16, 20 e 21 della legge 19 maggio
 1976, n. 335 (Principi  fondamentali  e  norme  di  coordinamento  in
 materia  di bilancio e di contabilita' delle regioni), dal Presidente
 del Consiglio dei Ministri con il ricorso in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1997.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 24 giugno 1997.
                       Il cancelliere: Fruscella
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