N. 44 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 luglio 1997
N. 44 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 luglio 1997 (del presidente della regione siciliana) Finanza pubblica allargata - Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica - Interventi in materia di I.R.PE.F., di imposte sulle successioni, ipotecaria, catastale e sostitutiva dell'I.C.I. - Riserva allo Stato delle entrate tributarie derivanti da detti interventi - Lesione dell'autonomia finanziaria della regione siciliana - Incidenza sul principio di leale collaborazione, per mancata previsione circa la consultazione della regione. (D.-L. 28 marzo 1997, n. 79, artt. 14, 2, 9, comma 4, 9-bis, commi 1, 2, 6, 12 e seguenti; d.-l. 28 marzo 1997, n. 79, art. 11, comma 1, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140). (Statuto regione Sicilia, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2).(GU n.39 del 24-9-1997 )
Ricorso del presidente della regione siciliana pro-tempore on.le prof. Giuseppe Provenzano, autorizzato a ricorrere con deliberazione della Giunta regionale n. 256 del 23 giugno 1997, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, dall'avv. Francesco Castaldi e dall'avv. Francesco Torre ed elettivamente domiciliato nell'Ufficio della Regione in Roma, via Marghera 36, giusta procura a margine del presente atto, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica a Roma, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Palazzo Chigi e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione incostituzionalita' dell'articolo 14 in relazione ai precedenti articoli 2; 9 comma 4; 9-bis commi 1, 2, 6, 12 e ss.; 11 comma 1 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79 convertito con legge 28 maggio 1997, n. 140 recante "Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 1997. 1.1. - L'art. 14 della legge impugnata riserva all'erario "le entrate tributarie derivanti dal presente decreto" per finalita' di risanamento del bilancio statale e demanda ad un decreto del Ministro delle finanze, di concerto col Ministro del tesoro, l'emanazione, entro 90 giorni, delle modalita' di attuazione del presente articolo. I capi I e II del decreto-legge n. 79/1997, come modificato dalla legge n. 140/1997, contengono diverse norme in materia tributaria, che, seguendo un sistema di interventi gia' adottato con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 e con il d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669 convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, danno luogo ad incrementi di entrata non conseguenti ad atti impositivi nuovi o ad aumenti di aliquota, bensi' a semplici rimodulazioni delle basi imponibili di tribuitiesistenti e costituenti proventi della finanza regionale, all'istituzione di imposte in sostituzione di altre di riconosciuta spettanza regionale, alla previsione di nuove modalita' sia di accertamento di tipo presuntivo e forfettario che di riscossione, alla previsione di condoni fiscali comportanti il pagamento da parte del contribuente di somme che sono rappresentative di entrate di spettanza regionale. In particolare l'art. 2 del testo legislativo impugnato prevede l'anticipazione a carico di sostituti di imposta, a titolo di acconto, delle imposte dovute sui trattamenti di fine rapporto che, al pari della ritenuta sui normali trattamenti economici dei dipendenti, costituiscono cespite di riconosciuta spettanza regionale. Per quanto concerne il successivo art. 9 della legge impugnata, giova premettere che il comma 138 dell'art. 3 della legge n. 662/1996 prevede la soppressione di servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari (Uffici del Registro ed Uffici IVA) con il contemporaneo trasferimento dei compiti di riscossione, gia' svolti dai predetti uffici, al concessionario della riscossione il quale verra' cosi' ad assumere, relativamente ai tributi indiretti, non solo la riscossione coattiva, gia' attribuitagli dal d.P.R. n. 43/1988, ma anche la riscossione ordinaria di detti tributi. Ora l'art. 9 della legge 140/1997, per la massa di entrate che vengono ad essere trasferite dagli Uffici del registro al concessionario della riscossione, introduce, a somiglianza del sistema gia' previsto per la riscossione a mezzo ruolo affidata storicamente al concessionario medesimo, un obbligo di anticipazione nei limiti del 20% del carico della riscossione delle entrate che andra' a conseguire, in favore delle pubbliche casse, e cio' al fine di perseguire quello che e' stato, nella disciplina delle riscossioni, lo scopo proprio della imposizione dell'obbligo del non riscosso come riscosso: consentire al bilancio pubblico di acquisire comunque, per un ammontare certo e predeterminato, entrate tali da permettere agevolmente e sicuramente la gestione del conto di tesoreria. In particolare l'art. 9 succitato prevede che i concessionari della riscossione entro il 15 dicembre di ogni anno versino il 20% delle somme riscosse nell'anno precedente, a titolo di acconto sulle riscossioni, a decorrere dal 1 gennaio dell'anno successivo. Cio' naturalmente con riferimento circoscritto ai tributi precedentemente gia' affidati alla riscossione diretta degli uffici del registro. Il comma 4 dell'art. 9, ignorando del tutto le spettanze della Regione siciliana circa i tributi in parola, dispone testualmente: "Per il triennio 1997-1999 l'acconto di cui al comma 1 e' determinato... in modo che complessivamente garantisca maggiori entrate per il bilancio dello Stato pari a L. 3.000 miliardi per l'anno 1997 ed ulteriori 1.500 miliardi e 1.500 miliardi, rispettivamente, per gli anni 1998 e 1999". Non v'e' dubbio che la summenzionata disposizione della legge impugnata sottrae al bilancio della Regione siciliana il 20% delle somme riscosse nell'anno precedente dal concessionario al quale di tal guisa rimarrebbe da versare alla Regione soltanto l'80% delle somme medesime. L'art. 9-bis, comma 1, prevede che i soggetti residenti nello Stato che non abbiano dichiarato redditi di pensione di fonte estera possono versare le relative imposte nella misura del 25%, senza l'applicazione di interessi e sanzioni. Si e' in presenza, nella fattispecie, di una ipotesi di sanatoria per effetto della quale la somma da versare non costituisce di certo tributo nuovo, ma soltanto una frazione di quanto precedentemente dovuto a titolo di IRPEF, che, com'e' noto, e' di spettanza regionale. L'art. 9-bis, comma 2, prevede per le societa' di fatto agricole che vengono modificate in imprese agricole individuali che i tributi e i diritti relativi agli atti posti in essere ai fini delle modificazioni suddette sono tutti sostituiti da imposta sostitutiva di L. 500.000. Non v'e' dubbio che il gettito di tributi che hanno carattere sostitutivo di altre di spettanza della Regione siciliana e' di pertinenza dell'erario di quest'ultima. L'art. 9-bis, comma 6, prevede la definizione delle liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie alla data del 1 aprile 1996 mediante il pagamento di somme rapportate al valore della lite. Circa la spettanza regonale di tali somme si fa rinvio a quanto prima affermato in temadi condono, con l'aggiunta che, trattandosi nella specie di definizione di controversie, i relativi importi potrebbero gia' essere stati contabilizzati e risultare tra i residui attivi del bilancio regionale. Anche per l'art. 9-bis, commi 12 e ss., che prevedono la riapertura dei termini per l'accertamento con adesione, valgono le considerazioni gia' formulate per i precedenti commi 1 e 6 del medesimo articolo, avendosi riguardo, anche nella presente fattispecie, ad una forma di condono. Si e' gia' detto della riforma della riscossione delle imposte di successione e di quelle connesse (bollo, imposte ipotecarie e catastali) prevista dal conma 138 dell'art. 3 della legge n. 662/1996. L'art. 11 della legge impugnata provvede ad attuare la detta riforma con riguardo alle imposte ipotecarie e catastali, all'imposta di bollo, alle tasse di trascrizione, rinviando, evidentemente, ad un momento successivo l'adozione di analogo provvedimento per l'imposta sulle successioni. Orbene l'attuato diverso sistema di riscossione non puo' comportare l'appropriazione da parte dello Stato del gettito dei tributi in parola che sono di spettanza della Regione siciliana. 1.2. - Gli interventi disposti con le richiamate norme, pur essendo essenzialmente rivolti a procurare, in varie forme, maggiori entrate, non costituiscono, pero', "nuove entrate tributarie", che e' la condizione precisa che l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria, pone alla facolta' dello Stato di riservarsi le entrate spettanti alla regione. Invero, com'e' noto, secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte la "novita' dell'entrata", che costituisce, appunto, "requisito indefettibile" per la devoluzione allo Stato delle entrate tributarie riscosse nell'ambito territoriale regionale, caratterizza "le imposte di nuova istituzione" o "le entrate derivanti da un increfriento dell'importo delle aliquote di imposte preesistenti" (sent. 429/1996). Detto principio elaborato dalla Corte costituzionale trova esplicito recepimento nelle recenti norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale (d.lgs. 24 luglio 1996, n. 432), il cui art. 4, che sostituisce l'art. 1, comma 1, del d.lgvo 16 marzo 1992, n. 268, stabilisce, appunto, che puo' essere riservato allo Stato "il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi .. purche' risulti temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile". Nel caso di specie, non trattandosi di nuovo tributo ne' di elevazione di aliquota di tributi esistenti, la devoluzione allo Stato dei maggiori proventi disposta dalle norme impugnate si appalesa illegittima. Come osserva la Corte nella sentenza n. 61 del 1987 l'apposizione di "cautele" da parte dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074/1965 (in specie la "novita' dell'entrata") alla citata facolta' di riserva, del cui esercizio costituisce condizione, e' volta "a rendere possibile il controllo politico sull'esatto e corretto esercizio della deroga" contenuta nel richiamato art. 2 della normativa di attuazione. Detta cautela (novita' del provento) costituisce pertanto essenziale garanzia di legittimita' costituzionale della riserva operata dalle norme impugnate. Ma in queste ultime non v'e' indicazione alcuna dei criteri per la selezione del provento nuovo da quello che nuovo non e', di guisa che e' impedito alla regione e a codesta Corte in questa sede il controllo sull'esercizio della deroga. Le norme impugnate invero si limitano a rinviare ad un successivo decreto interministeriale la indicazione dei predetti criteri selettivi, impedendo quel controllo sul corretto esercizio della deroga sul punto della novita' del provento che, come detto, codesta Corte ha qualificato siccome statutaria cautela della regione siciliana. Vien meno in tal guisa la prevedibilita' delle decisioni che saranno adottate dagli organi ministeriali preposti all'applicazione delle norme impugnate con conseguente palese violazione del principio della certezza del diritto. Il grado di tutela dell'autonomia finanziaria di cui e' dotata statutariamente la regione siciliana risulta infatti direttamente proporzionale al grado di definizione della normativa. In altri termini, perche' si abbia effettivita' di tutela occorre che le norme che afferiscono alla materia finanziaria siano sufficientemente precise e dettagliate, nonche' ancorate a precisi indicatori quantitativi. Per le suesposte ragioni le norme impugnate violano l'art. 36 dello statuto siciliano e l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione in materia finanziaria. 1.3. - Non puo' infine non rilevarsi ancora una volta il vulnus al principio di leale cooperazione da parte delle norme impugnate per non avere le stesse previsto nessuna forma di partecipazione e consultazione della regione siciliana nella determinazione dei maggiori proventi derivanti dagli interventi in parola. A tal riguardo va osservato come in una materia "vitale" quale quella finanziaria, che costituisce uno dei cardini della speciale autonomia di cui e' dotata statutariamente la regione, quest'ultima, e' totalmente ignorata sia a monte che a valle del complesso procedimento, legislativo e amministrativo, che, senza il correttivo intervento di codesta Corte, portera' ancora una volta all'incameramento in favore dell'erario statale di qualsivoglia aumento delle entrate tributarie riscosse in Sicilia. A monte, per non avere il Presidente del Consiglio invitato il presidente della regione al Consiglio dei Ministri in cui veniva discussa ed approvata la normativa finanziaria de qua facendo venir meno il necessario coordinamento tra lo Stato e la regione cui e' mirato l'art. 21, terzo comma, dello Statuto; a valle, perche' il Ministro competente provvedera' in assoluta autonomia e senza alcuna interlocuzione regionale a determinare discrezionalmente il quantum dei maggiori proventi che affluiranno allo Stato con buona pace della speciale autonomia finanziaria della regione.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte dichiari l'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate per contrasto con l'art. 36 dello statuto siciliano e con le relative norme di attuazione in materia finanziaria. Con riserva di ulteriori deduzioni. Si depositano col presente atto: 1) Autorizzazione a ricorrere (Delibera Giunta regionale n. 256 del 23 giugno 1997); 2) copia del d.-l. 28 marzo 1997, n. 79, nel testo coordinato con la legge di conversione 28 maggio 1997, n. 140, pubblicato nella stessa Gazzetta Ufficiale (n. 123 del 29 maggio 1997) in cui e' pubblicata la legge di conversione. Palermo, addi' 26 giugno 1997 Avv. Francesco Castaldi - avv. Francesco Torre 97C0837