N. 511 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 agosto 1995
N. 511 Ordinanza emessa il 15 maggio 1997 dalla Corte dei conti, sezione di controllo per la regione siciliana di Palermo, atti relativi al decreto n. 2600 del 30 agosto 1995 della Direzione dei servizi di quiescenza del personale della regione siciliana. Pensioni - Regione siciliana - Sospensione dei pensionamenti anticipati - Proroghe disposte dalla normativa statale fino al 31 agosto 1995 - Mancata applicazione da parte della regione a partire dal 1 luglio 1995 - Lesione del principio di eguaglianza in relazione a "norma fondamentale di riforma economico-sociale" - Violazione del principio di unita' e indivisibilita' dello Stato - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale n. 296 e 497 del 1993, 40/1994, 153/1995. (Legge regione Sicilia 23 febbraio 1962, n. 2, art. 36; legge regione Sicilia 25 maggio 1995, n. 46, art. 1). (Cost., art. 3 e 5).(GU n.36 del 3-9-1997 )
LA CORTE DEI CONTI Visto il decreto n. 2600 del 30 agosto 1995 della Direzione dei servizi di quiescenza del personale della regione siciliana, concernente la liquidazione del trattamento di pensione al sig. Pietro Di Bella; Visto il foglio di osservazioni n. 152 del 24 aprile 1996 dell'Ufficio di controllo sugli atti del personale regionale, nonche' la risposta dell'Amministrazione, pervenuta al predetto ufficio in data 2 settembre 1996; Vista la relazione n. 577 del 10 dicembre 1996 del consigliere delegato al controllo sugli atti del personale regionale; Vista l'ordinanza in data 13 dicembre 1996, con la quale il presidente della sezione di controllo per la regione siciliana ha deferito alla sezione stessa la pronuncia sul visto e sulla registrazione del decreto suindicato, all'uopo convocandola per l'adunanza odierna; Vista la nota, di pari data, con cui la segreteria della sezione ha dato comunicazione di tale ordinanza alla presidenza della regione siciliana e all'assessorato regionale del bilancio e delle finanze; Visti l'art. 24 del testo unico approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, nel testo sostituito con l'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161, l'art. 2 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e l'art. 3, comma 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 210; Uditi, nell'odierna adunanza, il relatore, consigliere dott. Ignazio Faso, nonche' i rappresentanti della presidenza della regione e dell'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze. F a t t o Col provvedimento indicato in epigrafe la Direzione dei servizi di quiescenza del personale dipendente dalla regione siciliana determinava il trattamento di pensione in favore del sig. Pietro Di Bella, che, alla data del collocamento a riposo (1 luglio 1995), aveva maturato l'anzianita' di anni 31. Col foglio di osservazioni n. 152 del 24 aprile 1996, l'ufficio di controllo sugli atti del personale regionale rappresentava la necessita' che l'Amministrazione facesse conoscere i motivi in base ai quali non era stato applicato l'art. 3 del decreto-legge n. 262/1995, che ha prorogato la sospensione dei pensionamenti anticipati fino al 31 agosto 1995, in attesa del nuovo sistema pensionistico obbligatorio ("ai cui principi anche la regione dovra' uniformarsi"), considerato che tale sospensione "si collega a quella originaria disposta con il decreto-legge n. 654/1994, che codesta Amministrazione ha immediatamente applicato e che e' stata poi recepita con la legge regionale n. 46/1995". Nella risposta, la presidenza della regione mette in evidenza che, a decorrere dal 1 luglio 1995, la Direzione dei servizi di quiescenza ha consentito i pensionamenti anticipati nella convinzione che, essendo il 30 giugno 1995 scaduto il termine fissato dalla legge regionale n. 46/1995 per l'applicazione del "blocco" di tali pensionamenti, l'Amministrazione, "in mancanza di una (ulteriore) norma regionale, non potesse legittimamente negare il diritto al trattamento di quiescenza sulla base della sopravvenuta norma statale"; affermando poi che tale orientamento - "in passato" peraltro "piu' volte... condiviso e ribadito" dalla Corte dei conti - avrebbe il suo fondamento giuridico nella necessita' del "recepimento della norme statali al fine di conferire alle stesse vigore" nel territorio regionale (come risulterebbe dimostrato dal fatto che "la regione abbia, talvolta, legiferato, accogliendo, in toto o con modifiche, la normativa statale"). E le argomentazioni che precedono vengono poi supportate con riferimento alle sentenze della Corte costituzionale n. 219/1984 (in merito al fatto che "la natura di riforma economico-sociale di una normativa non puo' essere determinata dalla sola apodittica affermazione del legislatore statale") e n. 127/1996 (concernente la "discrezionalita' del legislatore regionale" nel dettare norme in materia di quiescenza). Nel corso della discussione orale, il direttore regionale dei servizi di quiescenza, nel confermare integralmente il contenuto della risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo e nel fare presente che l'Amministrazione, con i provvedimenti in esame, "ha inteso attenersi alle prescrizioni, indirizzi, rilievi della Corte dei conti in fattispecie analoghe", richiama la sentenza n. 21/1959 della Corte costituzionale circa il rapporto fra normativa regionale e normativa statale nelle materie in cui la regione siciliana ha competenza legislativa "esclusiva", concludendo poi nel senso che, in ogni caso, l'Amministrazione regionale "ha bisogno di certezze" e resta quindi in attesa della pronuncia della Corte dei conti. D i r i t t o La questione che la sezione e' chiamata a risolvere consiste nell'accertare se i provvedimenti legislativi (statali) di sospensione dei pensionamenti di anzianita' siano applicabili al personale dipendente dalla regione siciliana. E' ben noto che l'art. 14, lett. q), dello statuto speciale riconosce alla regione siciliana la competenza legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico dei propri impiegati e funzionari, "in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato", ma, essendo altrettanto noto che anche la competenza legislativa esclusiva delle regioni a statuto speciale trova un invalicabile limite giuridico nelle "norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica", la sezione e' chiamata a valutare se la predetta normativa abbia tale caratteristica. I riscontri giurisprudenziali circa i requisiti che deve possedere una norma per meritare la predetta connotazione sono cosi' copiosi nelle pronunce della Corte costituzionale da esimere il collegio da qualsiasi citazione di carattere generale, apparendo sufficiente segnalare che - secondo le affermazioni piu' recenti (sentenze n. 296/1993 e n. 153/1995, le quali, peraltro, richiamano numerosi precedenti) - tali requisiti vanno ricercati nella "incisiva innovativita' del contenuto normativo, tenuto anche conto delle finalita' perseguite dal legislatore in ordine ad un fenomeno vasto di primaria importanza nazionale"; nella "incidenza su settori di importanza essenziale per la vita della comunita' intera"; nella "caratterizzazione delle norme previste come principi generali, che esigono una attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale". Cio' premesso, la sezione, al fine di individuare la natura delle norme in riferimento, ritiene, in primo luogo, necessario farne un breve excursus cronologico. L'art. 1, comma 1, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, ha disposto che fosse sospesa (nel periodo ricompreso fra il 19 settembre 1992 e il 31 dicembre 1993, e salve specifiche eccezioni) "l'applicazione di ogni disposizione di legge, di regolamento e di accordo collettivo che preveda il diritto, con decorrenza nel periodo suindicato, a trattamenti pensionistici di anzianita' a carico del regime generale obbligatorio, ... anticipati rispetto all'eta' pensionabile o all'eta' prevista per la cessazione dal servizio in base ai singoli ordinamenti". Il "blocco" venne a cessare a partire dal 1 gennaio 1994 (in coincidenza con l'attivazione del meccanismo delle "penalizzazioni" di cui all'art. 11, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537) ma venne ripristinato a decorrere dal 28 settembre 1994 con l'art. 1 del d.-l. 28 settembre 1994, n. 553, che addirittura (a differenza di quanto aveva disposto la normativa del 1992) non faceva salve nemmeno le domande di pensionamento anticipato, "ancorche' accettate da parte degli enti di appartenenza", per le quali la decorrenza fosse successiva alla data di entrata in vigore del decreto-legge (28 settembre 1994); il tutto, "fino alla data di entrata in vigore del riordinamento organico dei sistemi previdenziali privato e pubblico e della loro omogeneizzazione, con particolare riferimento agli istituti del pensionamento anticipato, e comunque non oltre il 1 febbraio 1995". Le disposizioni di tale decreto-legge, non convertito; vennero trasfuse nel d.-l. 26 novembre 1994, n. 654, che sostanzialmente ne confermava l'impostazione anche se conteneva norme piu' specifiche e particolareggiate. A sua volta, la legge 23 dicembre 1994, n. 724, nell'abrogare le disposizioni del decreto-legge appena citato (facendo salvi, tuttavia, la validita' degli atti e dei provvedimenti adottati, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti in base al medesimo decreto-legge e a quello precedente: comma 9 dell'art. 13), estendeva fino al 30 giugno 1995 (ma sempre nella prospettiva dell'entrata in vigore della legge di "riordino del sistema previdenziale") la sospensione dei pensionamenti, con gli stessi meccanismi di cui al piu' recente provvedimento di urgenza (art. 13, commi da 1 a 8), ivi comprese determinate ipotesi di pensionamenti anticipati (dal 1 luglio 1995, dal 1 gennaio 1996 e dal 1 gennaio 1997), a seconda dell'anzianita' contributiva posseduta al 28 settembre 1994 (37, 31 o 30 anni). Senonche', stante che alla data del 30 giugno 1995 la legge di riordino non era stata ancora varata, venne emanato il d.-l. 30 giugno 1995, n. 262, che, con l'art. 3, prorogava il termine della sospensione fino al 31 agosto 1995; ma prima della scadenza di tale termine, entrava in vigore (17 agosto 1995) l'attesa legge di riforma (n. 335 dell'8 agosto 1995). Dalle notazioni che precedono si ritiene di potere pervenire alla affermazione che tutta la predetta normativa (ma comunque, per quanto piu' direttamente rileva in questa sede, quella degli anni 1994-1995) possa considerarsi espressione di "norme fondamentali delle riforme economico-sociali". Invero, i provvedimenti di sospensione dei trattamenti pensionistici di anzianita' costituiscono un efficace strumento di politica economica e finanziaria, necessario (e quasi necessitato) al fine di salvaguardare e di non pregiudicare gli effetti della riforma organica, attesa da tanti anni e, in quel periodo, ormai prossima alla sua approvazione (come gia' si e' detto, legge n. 335/1995); tanto e' vero che il primo comma dell'art. 13 della legge n. 724/1994 indica proprio gli effetti (in termini di contenimento del "saldo netto da finanziare" e del "fabbisogno di cassa del settore statale" per gli anni 1995, 1996 e 1997) che dovranno derivare dall'azione sinergica della legge di riforma e dei provvedimenti di sospensione. Viene quindi in evidenza tutta la problematica del sistema pensionistico italiano (sia pubblico che privato) e della sua enorme incidenza - diretta e indiretta - sul bilancio dello Stato (peraltro destinata ad ulteriormente incrementarsi, non solo in termini assoluti ma, principalmente, in proporzione alle disponibilita' finanziarie complessive, per effetto - fra l'altro - dell'allungamento della vita media dell'individuo), tanto che gia' si parla da piu' parti della necessita' di rivedere i meccanismi temporali della riforma varata nell'agosto 1995, che, per quanto giudicata buona nell'impianto complessivo, viene ritenuta di limitata valenza finanziaria per il breve e medio periodo; e, in relazione a cio', la sezione ritiene proprio che, per il caso in esame, possano essere utilmente invocate tutte le caratteristiche giuridico-economiche che la Corte costituzionale (con la gia' citata sentenza n. 296/1993) ha individuato per attribuire valenza di "norma fondamentale delle riforme economico-sociali" all'art. 7 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, concernente il blocco della contrattazione nel settore del pubblico impiego per il triennio 1991-1993 (in particolare, "perseguimento di una rigorosa politica di contenimento del disavanzo finanziario nel settore pubblico", da cui consegue, "con riferimento all'imperativo costituzionale comportato dal principio di eguaglianza", che il legislatore sia tenuto "a distribuire i sacrifici derivanti da una politica economica di emergenza nel piu' totale rispetto di una sostanziale parita' di trattamento fra tutti i cittadini". Anzi, sembra al remittente che, nei confronti dell'art. 7 del d.-l. n. 384 (il quale, in definitiva, altra funzione non aveva che quella di evitare ai bilanci dello Stato e degli enti pubblici gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali del triennio 1991-1993), la normativa analiticamente indicata in precedenza nella sua sequenza cronologica assuma una valenza ben piu' pregnante e organica nell'ottica di cui sopra, considerato che opera sia sul piano piu' direttamente finanziario (economie conseguenti al mancato ampliamento del numero dei pensionati), sia con riferimento, appunto, alla necessita' di evitare che, in attesa della riforma organica del sistema pensionistico, si verificasse un massiccio esodo di personale da tutti i settori lavorativi (pubblico e privato). Pertanto, anche nella considerazione che - secondo il giudizio della sezione - la normativa di cui si sta trattando nuove chiaramente "da una non irragionevole valutazione della situazione sociale ed economico-finanziaria operata dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' politica" (sentenza n. 296/1993), ad essa puo' essere riconosciuta la valenza di "norma fondamentale delle riforme economico-sociali" della Repubblica. Ne' a diversa soluzione potrebbe condurre il rilievo che la normativa in riferimento ha, in definitiva, una portata temporanea, per un verso, perche' e' costante nella giurisprudenza della Corte costituzionale l'affermazione della irrilevanza di tale carattere quando la natura sostanziale dell'intervento sia idoneo a consentire l'attribuzione della valenza di cui si discute alla disposizione che lo prevede; e, per altro verso, perche', in ogni caso, si tratta di temporaneita' solo apparente in ragione dell'intimo e imprenscindibile collegamento di essa con la legge di riforma. Da tutto quanto e' stato fin qui detto consegue che la normativa di cui sopra e' da ritenere applicabile anche al personale dipendente dalla regione siciliana; in caso contrario, infatti, oltre alla violazione del principio costituzionale di eguaglianza (di cui si dira' in seguito), si potrebbe ipotizzare - considerato che tale normativa ha operato per "tutti" i lavoratori, pubblici e privati - anche la violazione del principio di unita' e indivisibilita' dello Stato (art. 5 Cost.). A questo punto dell'analisi, c'e' da segnalare che, a dire il vero, la regione siciliana, con l'art. 4 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, apporto' delle modifiche (di adattamento alla normativa regionale) all'art. 1, comma 2, lettere e) ed f), del decreto-legge n. 384/1992, dando cosi' piena e palmare dimostrazione della propria consapevolezza che tale decreto-legge era direttamente applicabile nel proprio ambito operativo senza alcun bisogno di recepimento; ma questa normativa non rivela nel caso in esame. Lo stesso, pero', puo' dirsi per l'art. 1 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46, che, per quanto, nella sua formulazione, sembri contenere una disciplina autonoma dell'ulteriore sospensione dei pensionamenti di anzianita' disposta col decreto-legge n. 553/1994, in realta' necessariamente presuppone l'avvenuta operativita' di tale normativa in ambito regionale. Infatti, ove si consideri che la legge regionale n. 46/1995, pur essendo entrata in vigore il 29 maggio 1995 (data della pubblicazione), dispone che i pensionamenti di anzianita' siano sospesi "a decorrere dal 28 settembre 1994", non appare revocabile in dubbio la consapevolezza del legislatore regionale che, gia' a partire da quest'ultima data, nessun dipendente regionale era stato - di fatto - collocato in pensione, se non per raggiungimento dei limiti di eta' (65 anni) o per raggiungimento del mssimo di servizio utile ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 (35 anni); ma, in concreto, non di situazione di fatto evidentemente si trattava quanto piuttosto, ancora una volta, della consapevolezza della applicabilita' in ambito regionale del decreto-legge n. 553 (che, appunto, aveva disposto la sospensione con decorrenza 28 settembre 1994) e delle norme successive, come esposte in precedenza nella loro sequenza cronologica. Per tali motivi, l'art. 1 della legge regionale n. 46/1995 sarebbe sostanzialmente superfluo, oppure si dovrebbe ritenere costituzionalmente illegittimo (per violazione degli artt. 3 e 5 Cost.) avendo apportato alla normativa statale non adeguamenti di mero dettaglio, ma modifiche idonee a stravolgere l'impianto di tale normativa nella sua portata complessiva (come, ad esempio, la prevista non applicabilita' della sospensione dei pensionamenti anticipati anche a coloro che avevano presentato domanda di dimissione entro la data del 29 settembre 1994 - art. 1, comma 2 - senza tenere conto, cioe', dell'intervenuta accettazione della domanda e della necessita' che il collocamento in pensione avesse comunque decorrenza non successiva a tale data). Ne consegue che il collocamento a riposto del sig. Di Bella al 1 luglio 1995 appare illegittimo in quanto tale decorrenza, pur trovando riscontro nell'art. 1 della legge regionale n. 46, non e' ascrivibile ai meccanismi di pensionamento anticipato di cui all'art. 13, comma 5, della legge n. 724/1994, sia perche' la relativa istanza risulta presentata (e quindi accettata) in data successiva al 28 settembre 1994, sia perche' - in ogni caso -, in base all'anzianita' posseduta a quest'ultima data (30 anni), il collocamento a riposo non avrebbe potuto avvenire prima del 1 gennaio 1997; d'altra parte, al 1 luglio 1995 non erano ancora operativi i meccanismi di cui all'art. 1, comma 27, lettere a) e b), della legge n. 335/1995. Oltre tutto, l'intimo collegamento funzionale fra i meccanismi di pensionamento anticipato previsti dalle leggi 724 e 335 fa perdere qualsiasi rilevanza al fatto che il decreto-legge n. 262/1995 non sia stato convertito in legge. D'altra parte, a prescindere - per un momento - dalla considerazione che il collegio ritiene la normativa statale direttamente e immediatamente applicabile al personale dipendente dalla regione siciliana, c'e' da dire che, mentre tale normativa (per quanto di carattere transitorio) si presenta coerente e organica rispetto al fine (l'entrata in vigore della legge di riforma generale del sistema pensionistico), l'art. 1 della legge regionale n. 46, pur essendo, anch'esso, correlato - in senso temporale e finalistico - alla "riforma organica del trattamento di quiescenza, previdenza e assistenza del personale della regione"), inopinatamente interrompe (interromperebbe, a giudizio della sezione) al 30 giugno 1995 la sospensione dei collocamenti a riposo anticipati, senza che tale riforma organica (regionale) fosse stata ancora varata (e la situazione non risulta affatto modificata alla data dell'adunanza collegiale); il che, fra l'altro, potrebbe creare, nell'ambito degli stessi dipendenti regionali, ingiustificate disparita' di trattamento fra coloro che dei benefici del pensionamento anticipato hanno potuto fruire e coloro che (casualmente, si potrebbe dire) non hanno potuto invece giovarsene, anche nell'ottica della violazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. Ma cio' - in base all'impostazione che e' stata data alla vicenda - non appare rilevante. A questo punto, va fatta qualche considerazione sulla risposta dell'Amministrazione regionale al contenuto del foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo. In primo luogo, c'e' da dire che, nel caso in esame, la natura di "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" e' stata dedotta solo ed esclusivamente dalla connotazione sostanziale della normativa che ha disciplinato la sospensione dei pensionamenti anticipati e non dalla "apodittica affermazione del legislatore"; e, del resto, i decreti-legge n. 553/1994 e n. 654/1994 e la legge n. 724/1994 non contengono alcuna autoqualificazione di tal genere, che, oltre tutto, come ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, non avrebbe, appunto,alcuna portata vincolante per l'interprete, potendo, al piu', costituire un utile orientamento per chi la legge deve applicare (sul punto, cfr. sentenza n. 40/1994). Inoltre, nessun dubbio puo' essere prospettato in merito alla sussistenza della potesta' legislativa esclusiva della regione siciliana nella materia del trattamento di quiescenza del proprio personale e sulla conseguente "discrezionalita'" del legislatore regionale, purche' si tenga sempre presente il carattere recessivo di tale potesta' rispetto alle norme del tipo di quelle che sono state analizzate. Infine, nessun rilievo puo' essere dato in questa sede a casi esaminati in precedenza, non definiti in sede collegiale, e che non possono ritenersi analoghi a quelli ora in esame. Tutto cio' premesso, la sezione ritiene di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 5 Cost., dell'art. 36 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, in base al quale "per tutto quanto non e' previsto nella presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le norme relative al personale civile dello Stato", considerato che, per effetto dell'art. 14, lett. q), dello statuto speciale, tale norma e' stata costantemente interpretata nel senso che la compatibilita' sussiste solo in presenza di disposizioni statali piu' favorevoli. In subordine, viene sollevata questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 5 Cost., dell'art. 1 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46. L'art. 3 della Costituzione risulterebbe violato in ragione del fatto che la funzione precipua della categoria delle "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" della Repubblica e' da ricercare nella sicura volonta' del legislatore di una reductio ad unitatem di situazioni disciplinate in modo palesemente e tendenzialmente diversificato proprio da parte delle regioni ad autonomia speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano nell'ambito della competenza legislativa primaria. La violazione del principio di unita' e indivisibilita' dello Stato (art. 5 Cost.) e' da collegare alla circostanza che, come gia' messo in evidenza, la normativa sulla sospensione dei pensionamenti anticipati ha riguardato tutti i lavoratori dello Stato, privati e pubblici. La non manifesta infondatezza deriva da tutte le argomentazioni fin qui svolte. La rilevanza e', a sua volta, da individuare nel fatto che, ove l'impostazione del remittente fosse accolta, il decreto indicato in epigrafe sarebbe da ritenere illegittimo; ma merita qualche ulteriore e piu' specifica puntualizzazione. Cio' in quanto, avendo la sezione ipotizzato l'immediata applicabilita' in ambito regionale della normativa statale di riferimento, si potrebbe argomentare che la censura riguardi non l'art. 36 della legge regionale n. 2/1962 (o l'art. 1 della legge regionale n. 46/1995) quanto piuttosto il provvedimento sottoposto all'esame del collegio remittente; di tal che, la questione proposta potrebbe apparire inammissibile. La sezione e' infatti ben consapevole che la Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, ha affermato che il sopravvenire di leggi statali recanti principi che siano in grado di vincolare le competenze normative regionali comporta, nei casi di accertata e diretta incompatibilita' fra legge statale e legge regionale, l'abrogazione di quest'ultima, e che tale regola, direttamente prevista per le regioni a statuto ordinario, e' stata piu' volte applicata anche per la competenza "primaria" delle regioni a statuto speciale (sentenze n. 151/1974, n. 296/1993, n. 497/1993, n. 153/1995). Tuttavia, essendosi nella specie in presenza di normativa statale che, per la rilevanza ad essa attribuita, dovrebbe prevalere su una disposizione come l'art. 14, lett. q), dello statuto siciliano, rispetto alla quale non risulta che il giudice delle leggi abbia mai adottato pronunce di illegittimita' costituzionale di disposizioni regionali piu' favorevoli di quelle vigenti per il personale dello Stato, sussistono quelle "ragioni essenziali di certezza del diritto" che la Corte costituzionale ha posto a base della declaratoria di illegittimita' costituzionale di alcune norme della regione siciliana proprio in materia di competenza esclusiva (espropriazioni per pubblica utilita'; sentenza n. 153/1995), per quanto, di tali disposizioni - in applicazione, per l'appunto, del citato meccanismo che regola i casi di incompatibilita' fra leggi statali e leggi regionali - avrebbe potuto pronunciare l'avvenuta abrogazione lo stesso giudice a quo. Per quanto del tutto irrilevante in questa sede, ma per motivi di completezza espositiva, la sezione ritiene di dovere evidenziare - come peraltro segnalato anche dall'Amministrazione regionale nella risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo - che, in base all'art. 10 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 21, per il personale regionale assunto dopo l'entrata in vigore della legge stessa (11 maggio 1986) "in esito ai concorsi pubblici i cui decreti di indizione" risultino gia' adottati a tale data (cfr. art. 1, comma 5, della legge regionale 7 maggio 1996, n. 31, positivamente riscontrato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 127/1996), "il trattamento di quiescenza e tutte le prestazioni previdenziali... sono disciplinati... dalle norme relative agli impiegati civili dello Stato".
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante per la definizione del presente giudizio e non manifestamente infondata, nei termini di cui in motivazione, e solleva d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 (e, in subordine, dell'art. 1 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46), per violazione degli artt. 3 e 5 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria, alla direzione dei servizi di quiescenza, previdenza e assistenza del personale dipendente dalla regione siciliana, all'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze e al presidente della regione siciliana, e comunicata al presidente dell'asssemblea regionale siciliana. Il presidente: Chiaula L'estensore: Cilia 97C0875