N. 511 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 agosto 1995

                                N. 511
  Ordinanza emessa il 15 maggio 1997 dalla Corte dei conti, sezione di
 controllo per la regione  siciliana  di  Palermo,  atti  relativi  al
 decreto  n.  2600  del  30 agosto 1995 della Direzione dei servizi di
 quiescenza del personale della regione siciliana.
 Pensioni  -  Regione  siciliana  -  Sospensione   dei   pensionamenti
    anticipati  - Proroghe disposte dalla normativa statale fino al 31
    agosto 1995 -  Mancata  applicazione  da  parte  della  regione  a
    partire  dal  1 luglio 1995 - Lesione del principio di eguaglianza
    in relazione a "norma fondamentale di riforma economico-sociale" -
    Violazione del principio di unita' e indivisibilita' dello Stato -
    Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale n. 296 e 497 del
    1993, 40/1994, 153/1995.
 (Legge regione Sicilia 23 febbraio 1962, n. 2, art. 36; legge regione
    Sicilia 25 maggio 1995, n. 46, art. 1).
 (Cost., art. 3 e 5).
(GU n.36 del 3-9-1997 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Visto il decreto n. 2600 del 30 agosto  1995  della  Direzione  dei
 servizi   di   quiescenza  del  personale  della  regione  siciliana,
 concernente la liquidazione  del  trattamento  di  pensione  al  sig.
 Pietro Di Bella;
   Visto  il  foglio  di  osservazioni  n.  152  del  24  aprile  1996
 dell'Ufficio di controllo sugli atti del personale regionale, nonche'
 la risposta dell'Amministrazione, pervenuta al  predetto  ufficio  in
 data 2 settembre 1996;
   Vista  la  relazione  n.  577  del 10 dicembre 1996 del consigliere
 delegato al controllo sugli atti del personale regionale;
   Vista l'ordinanza in  data  13  dicembre  1996,  con  la  quale  il
 presidente  della  sezione  di  controllo per la regione siciliana ha
 deferito  alla  sezione  stessa  la  pronuncia  sul  visto  e   sulla
 registrazione  del  decreto  suindicato,  all'uopo  convocandola  per
 l'adunanza odierna;
   Vista la nota, di pari data, con cui la segreteria della sezione ha
 dato comunicazione di tale ordinanza alla  presidenza  della  regione
 siciliana e all'assessorato regionale del bilancio e delle finanze;
   Visti  l'art. 24 del testo unico approvato con r.d. 12 luglio 1934,
 n. 1214, nel testo sostituito con l'art. 1 della legge 21 marzo 1953,
 n. 161, l'art. 2 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e l'art. 3,  comma
 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 210;
   Uditi,   nell'odierna  adunanza,  il  relatore,  consigliere  dott.
 Ignazio Faso, nonche' i rappresentanti della presidenza della regione
 e dell'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze.
                               F a t t o
   Col  provvedimento indicato in epigrafe la Direzione dei servizi di
 quiescenza  del  personale   dipendente   dalla   regione   siciliana
 determinava  il  trattamento di pensione in favore del sig. Pietro Di
 Bella, che, alla data del collocamento  a  riposo  (1  luglio  1995),
 aveva maturato l'anzianita' di anni 31.
   Col  foglio di osservazioni n. 152 del 24 aprile 1996, l'ufficio di
 controllo  sugli  atti  del  personale  regionale  rappresentava   la
 necessita'  che  l'Amministrazione facesse conoscere i motivi in base
 ai quali non era  stato  applicato  l'art.  3  del  decreto-legge  n.
 262/1995,   che   ha   prorogato  la  sospensione  dei  pensionamenti
 anticipati fino al 31  agosto  1995,  in  attesa  del  nuovo  sistema
 pensionistico  obbligatorio ("ai cui principi anche la regione dovra'
 uniformarsi"), considerato che tale sospensione "si collega a  quella
 originaria  disposta  con  il  decreto-legge n. 654/1994, che codesta
 Amministrazione ha  immediatamente  applicato  e  che  e'  stata  poi
 recepita con la legge regionale n. 46/1995".
   Nella  risposta, la presidenza della regione mette in evidenza che,
 a decorrere dal 1 luglio 1995, la Direzione dei servizi di quiescenza
 ha consentito  i  pensionamenti  anticipati  nella  convinzione  che,
 essendo  il  30  giugno  1995  scaduto il termine fissato dalla legge
 regionale  n.  46/1995  per  l'applicazione  del  "blocco"  di   tali
 pensionamenti,  l'Amministrazione,  "in  mancanza  di una (ulteriore)
 norma regionale, non potesse  legittimamente  negare  il  diritto  al
 trattamento   di  quiescenza  sulla  base  della  sopravvenuta  norma
 statale";  affermando  poi  che  tale  orientamento  -  "in  passato"
 peraltro "piu' volte... condiviso e ribadito" dalla Corte dei conti -
 avrebbe il suo fondamento giuridico nella necessita' del "recepimento
 della  norme  statali  al  fine  di conferire alle stesse vigore" nel
 territorio regionale (come risulterebbe dimostrato dal fatto che  "la
 regione  abbia,  talvolta,  legiferato,  accogliendo,  in  toto o con
 modifiche, la normativa statale"). E le argomentazioni che  precedono
 vengono  poi  supportate  con  riferimento  alle sentenze della Corte
 costituzionale n. 219/1984 (in merito al  fatto  che  "la  natura  di
 riforma   economico-sociale   di   una   normativa  non  puo'  essere
 determinata  dalla  sola  apodittica  affermazione  del   legislatore
 statale")   e  n.  127/1996  (concernente  la  "discrezionalita'  del
 legislatore regionale" nel dettare norme in materia di quiescenza).
   Nel corso della  discussione  orale,  il  direttore  regionale  dei
 servizi  di  quiescenza,  nel  confermare  integralmente il contenuto
 della risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo  e
 nel  fare  presente  che  l'Amministrazione,  con  i provvedimenti in
 esame, "ha inteso attenersi  alle  prescrizioni,  indirizzi,  rilievi
 della  Corte dei conti in fattispecie analoghe", richiama la sentenza
 n. 21/1959 della Corte costituzionale circa il rapporto fra normativa
 regionale e  normativa  statale  nelle  materie  in  cui  la  regione
 siciliana  ha competenza legislativa "esclusiva", concludendo poi nel
 senso che, in ogni caso, l'Amministrazione regionale "ha  bisogno  di
 certezze"  e  resta  quindi in attesa della pronuncia della Corte dei
 conti.
                             D i r i t t o
   La questione che  la  sezione  e'  chiamata  a  risolvere  consiste
 nell'accertare   se   i   provvedimenti   legislativi   (statali)  di
 sospensione dei pensionamenti  di  anzianita'  siano  applicabili  al
 personale dipendente dalla regione siciliana.
   E'  ben  noto  che  l'art.  14,  lett.  q),  dello statuto speciale
 riconosce alla regione siciliana la competenza legislativa  esclusiva
 in  materia  di  stato  giuridico ed economico dei propri impiegati e
 funzionari, "in ogni caso non inferiore a quello del personale  dello
 Stato",   ma,  essendo  altrettanto  noto  che  anche  la  competenza
 legislativa esclusiva delle  regioni  a  statuto  speciale  trova  un
 invalicabile limite giuridico nelle "norme fondamentali delle riforme
 economico-sociali   della  Repubblica",  la  sezione  e'  chiamata  a
 valutare se la predetta normativa abbia tale caratteristica.
   I riscontri giurisprudenziali circa i requisiti che deve  possedere
 una  norma  per  meritare la predetta connotazione sono cosi' copiosi
 nelle pronunce della Corte costituzionale da esimere il  collegio  da
 qualsiasi  citazione  di  carattere  generale,  apparendo sufficiente
 segnalare che - secondo le affermazioni  piu'  recenti  (sentenze  n.
 296/1993  e  n.  153/1995,  le  quali,  peraltro, richiamano numerosi
 precedenti)  -  tali  requisiti  vanno  ricercati   nella   "incisiva
 innovativita'  del  contenuto  normativo,  tenuto  anche  conto delle
 finalita' perseguite dal legislatore in ordine ad un  fenomeno  vasto
 di  primaria  importanza  nazionale";  nella "incidenza su settori di
 importanza essenziale per la  vita  della  comunita'  intera";  nella
 "caratterizzazione  delle  norme previste come principi generali, che
 esigono una attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale".
   Cio' premesso, la sezione, al fine di individuare la  natura  delle
 norme  in  riferimento,  ritiene, in primo luogo, necessario farne un
 breve excursus cronologico.
   L'art. 1, comma 1, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito,
 con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, ha  disposto
 che  fosse sospesa (nel periodo ricompreso fra il 19 settembre 1992 e
 il 31 dicembre 1993, e salve specifiche eccezioni) "l'applicazione di
 ogni disposizione di legge, di regolamento e  di  accordo  collettivo
 che  preveda  il  diritto,  con  decorrenza nel periodo suindicato, a
 trattamenti pensionistici di anzianita' a carico del regime  generale
 obbligatorio,   ...   anticipati  rispetto  all'eta'  pensionabile  o
 all'eta' prevista per la cessazione dal servizio in base  ai  singoli
 ordinamenti".    Il  "blocco" venne a cessare a partire dal 1 gennaio
 1994  (in  coincidenza  con  l'attivazione   del   meccanismo   delle
 "penalizzazioni"  di  cui  all'art.    11,  comma  16, della legge 24
 dicembre 1993, n. 537) ma  venne  ripristinato  a  decorrere  dal  28
 settembre  1994 con l'art. 1 del d.-l. 28 settembre 1994, n. 553, che
 addirittura (a differenza di quanto aveva disposto la  normativa  del
 1992)   non   faceva   salve  nemmeno  le  domande  di  pensionamento
 anticipato,   "ancorche'   accettate   da   parte   degli   enti   di
 appartenenza",  per le quali la decorrenza fosse successiva alla data
 di entrata in vigore del decreto-legge (28 settembre 1994); il tutto,
 "fino alla data di entrata in vigore del riordinamento  organico  dei
 sistemi    previdenziali    privato   e   pubblico   e   della   loro
 omogeneizzazione,  con  particolare  riferimento  agli  istituti  del
 pensionamento  anticipato,  e comunque non oltre il 1 febbraio 1995".
 Le  disposizioni  di  tale  decreto-legge,  non  convertito;  vennero
 trasfuse  nel  d.-l. 26 novembre 1994, n. 654, che sostanzialmente ne
 confermava l'impostazione anche se conteneva norme piu' specifiche  e
 particolareggiate.  A  sua  volta, la legge 23 dicembre 1994, n. 724,
 nell'abrogare  le  disposizioni  del  decreto-legge   appena   citato
 (facendo salvi, tuttavia, la validita' degli atti e dei provvedimenti
 adottati, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti in base
 al  medesimo  decreto-legge  e a quello precedente: comma 9 dell'art.
 13), estendeva fino al 30 giugno 1995 (ma  sempre  nella  prospettiva
 dell'entrata   in   vigore  della  legge  di  "riordino  del  sistema
 previdenziale") la sospensione  dei  pensionamenti,  con  gli  stessi
 meccanismi  di cui al piu' recente provvedimento di urgenza (art. 13,
 commi da 1 a 8), ivi comprese determinate  ipotesi  di  pensionamenti
 anticipati  (dal  1  luglio  1995, dal 1 gennaio 1996 e dal 1 gennaio
 1997),  a  seconda  dell'anzianita'  contributiva  posseduta  al   28
 settembre  1994  (37,  31 o 30 anni). Senonche', stante che alla data
 del 30 giugno 1995 la legge di riordino non era stata ancora  varata,
 venne  emanato  il  d.-l. 30 giugno 1995, n. 262, che, con l'art.  3,
 prorogava il termine della sospensione fino al  31  agosto  1995;  ma
 prima  della  scadenza  di tale termine, entrava in vigore (17 agosto
 1995) l'attesa legge di riforma (n. 335 dell'8 agosto 1995).
   Dalle notazioni che precedono si ritiene di potere  pervenire  alla
 affermazione che tutta la predetta normativa (ma comunque, per quanto
 piu' direttamente rileva in questa sede, quella degli anni 1994-1995)
 possa  considerarsi  espressione di "norme fondamentali delle riforme
 economico-sociali".
   Invero,   i   provvedimenti   di   sospensione   dei    trattamenti
 pensionistici  di  anzianita'  costituiscono un efficace strumento di
 politica economica e finanziaria, necessario (e quasi necessitato) al
 fine di salvaguardare e di non pregiudicare gli effetti della riforma
 organica, attesa da tanti anni e, in  quel  periodo,  ormai  prossima
 alla  sua  approvazione  (come  gia' si e' detto, legge n. 335/1995);
 tanto e' vero che il primo comma dell'art. 13 della legge n. 724/1994
 indica proprio gli effetti (in termini  di  contenimento  del  "saldo
 netto  da finanziare" e del "fabbisogno di cassa del settore statale"
 per gli anni 1995, 1996 e 1997)  che  dovranno  derivare  dall'azione
 sinergica  della legge di riforma e dei provvedimenti di sospensione.
 Viene  quindi  in  evidenza  tutta  la   problematica   del   sistema
 pensionistico  italiano (sia pubblico che privato) e della sua enorme
 incidenza - diretta e indiretta - sul bilancio dello Stato  (peraltro
 destinata   ad  ulteriormente  incrementarsi,  non  solo  in  termini
 assoluti  ma,  principalmente,  in  proporzione  alle  disponibilita'
 finanziarie    complessive,    per    effetto   -   fra   l'altro   -
 dell'allungamento della vita media dell'individuo), tanto che gia' si
 parla da  piu'  parti  della  necessita'  di  rivedere  i  meccanismi
 temporali  della  riforma  varata  nell'agosto  1995, che, per quanto
 giudicata buona nell'impianto complessivo, viene ritenuta di limitata
 valenza finanziaria per il breve e medio periodo; e, in  relazione  a
 cio',  la  sezione ritiene proprio che, per il caso in esame, possano
 essere    utilmente     invocate     tutte     le     caratteristiche
 giuridico-economiche  che la Corte costituzionale (con la gia' citata
 sentenza n. 296/1993) ha individuato per attribuire valenza di "norma
 fondamentale  delle  riforme  economico-sociali"   all'art.   7   del
 decreto-legge   19   settembre   1992,   n.   384,   convertito,  con
 modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438,  concernente  il
 blocco  della  contrattazione nel settore del pubblico impiego per il
 triennio 1991-1993 (in particolare, "perseguimento  di  una  rigorosa
 politica  di  contenimento  del  disavanzo  finanziario  nel  settore
 pubblico",  da  cui   consegue,   "con   riferimento   all'imperativo
 costituzionale  comportato  dal  principio  di  eguaglianza",  che il
 legislatore sia tenuto "a distribuire i sacrifici  derivanti  da  una
 politica  economica  di  emergenza  nel  piu'  totale rispetto di una
 sostanziale parita' di trattamento  fra  tutti  i  cittadini".  Anzi,
 sembra  al remittente che, nei confronti dell'art. 7 del d.-l. n. 384
 (il quale, in definitiva, altra funzione  non  aveva  che  quella  di
 evitare  ai  bilanci  dello  Stato  e  degli  enti pubblici gli oneri
 derivanti  dai  rinnovi  contrattuali  del  triennio  1991-1993),  la
 normativa  analiticamente  indicata  in precedenza nella sua sequenza
 cronologica  assuma  una  valenza  ben  piu'  pregnante  e   organica
 nell'ottica  di  cui  sopra, considerato che opera sia sul piano piu'
 direttamente finanziario (economie conseguenti al mancato ampliamento
 del numero  dei  pensionati),  sia  con  riferimento,  appunto,  alla
 necessita'  di  evitare  che,  in  attesa  della riforma organica del
 sistema pensionistico, si verificasse un massiccio esodo di personale
 da tutti i settori lavorativi (pubblico e privato).
   Pertanto, anche nella considerazione  che  -  secondo  il  giudizio
 della   sezione  -  la  normativa  di  cui  si  sta  trattando  nuove
 chiaramente "da una non irragionevole  valutazione  della  situazione
 sociale  ed  economico-finanziaria  operata dal legislatore nella sua
 insindacabile discrezionalita' politica" (sentenza n.  296/1993),  ad
 essa puo' essere riconosciuta la valenza di "norma fondamentale delle
 riforme  economico-sociali" della Repubblica. Ne' a diversa soluzione
 potrebbe condurre il rilievo che la normativa in riferimento  ha,  in
 definitiva, una portata temporanea, per un verso, perche' e' costante
 nella  giurisprudenza della Corte costituzionale l'affermazione della
 irrilevanza  di  tale  carattere   quando   la   natura   sostanziale
 dell'intervento  sia idoneo a consentire l'attribuzione della valenza
 di cui si discute alla disposizione che  lo  prevede;  e,  per  altro
 verso,  perche',  in  ogni  caso,  si  tratta  di  temporaneita' solo
 apparente in ragione dell'intimo e imprenscindibile  collegamento  di
 essa con la legge di riforma.
   Da tutto quanto e' stato fin qui detto consegue che la normativa di
 cui  sopra  e'  da ritenere applicabile anche al personale dipendente
 dalla regione siciliana;  in  caso  contrario,  infatti,  oltre  alla
 violazione  del  principio  costituzionale  di eguaglianza (di cui si
 dira' in seguito), si potrebbe  ipotizzare  -  considerato  che  tale
 normativa  ha  operato per "tutti" i lavoratori, pubblici e privati -
 anche la violazione del principio di unita' e  indivisibilita'  dello
 Stato (art. 5 Cost.).
   A questo punto dell'analisi, c'e' da segnalare che, a dire il vero,
 la  regione  siciliana, con l'art. 4 della legge regionale 12 gennaio
 1993, n. 9, apporto' delle modifiche (di adattamento  alla  normativa
 regionale)  all'art.  1, comma 2, lettere e) ed f), del decreto-legge
 n. 384/1992, dando cosi' piena e palmare dimostrazione della  propria
 consapevolezza  che  tale  decreto-legge era direttamente applicabile
 nel proprio ambito operativo senza alcun bisogno di  recepimento;  ma
 questa normativa non rivela nel caso in esame. Lo stesso, pero', puo'
 dirsi per l'art. 1 della legge regionale 25 maggio 1995, n.  46, che,
 per  quanto,  nella sua formulazione, sembri contenere una disciplina
 autonoma dell'ulteriore sospensione dei pensionamenti  di  anzianita'
 disposta  col  decreto-legge  n. 553/1994, in realta' necessariamente
 presuppone  l'avvenuta  operativita'  di  tale  normativa  in  ambito
 regionale.  Infatti,  ove  si  consideri  che  la  legge regionale n.
 46/1995, pur essendo entrata in vigore il 29 maggio 1995 (data  della
 pubblicazione),  dispone  che  i  pensionamenti  di  anzianita' siano
 sospesi "a decorrere dal 28 settembre 1994", non appare revocabile in
 dubbio  la  consapevolezza  del  legislatore  regionale  che,  gia' a
 partire da quest'ultima data, nessun dipendente regionale era stato -
 di fatto - collocato in  pensione,  se  non  per  raggiungimento  dei
 limiti  di eta' (65 anni) o per raggiungimento del mssimo di servizio
 utile ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n.
 2  (35  anni);  ma,  in  concreto,  non  di   situazione   di   fatto
 evidentemente  si  trattava quanto piuttosto, ancora una volta, della
 consapevolezza  della  applicabilita'   in   ambito   regionale   del
 decreto-legge n. 553 (che, appunto, aveva disposto la sospensione con
 decorrenza  28 settembre 1994) e delle norme successive, come esposte
 in precedenza nella  loro  sequenza  cronologica.  Per  tali  motivi,
 l'art.  1  della  legge  regionale n. 46/1995 sarebbe sostanzialmente
 superfluo, oppure si dovrebbe ritenere costituzionalmente illegittimo
 (per violazione degli artt.  3  e  5  Cost.)  avendo  apportato  alla
 normativa  statale  non  adeguamenti  di mero dettaglio, ma modifiche
 idonee a stravolgere l'impianto di tale normativa nella  sua  portata
 complessiva  (come,  ad esempio, la prevista non applicabilita' della
 sospensione dei pensionamenti anticipati anche a coloro  che  avevano
 presentato  domanda di dimissione entro la data del 29 settembre 1994
 - art. 1, comma 2  -  senza  tenere  conto,  cioe',  dell'intervenuta
 accettazione  della domanda e della necessita' che il collocamento in
 pensione avesse comunque decorrenza non successiva a tale  data).  Ne
 consegue  che il collocamento a riposto del sig. Di Bella al 1 luglio
 1995 appare illegittimo  in  quanto  tale  decorrenza,  pur  trovando
 riscontro   nell'art.    1  della  legge  regionale  n.  46,  non  e'
 ascrivibile ai meccanismi di pensionamento anticipato di cui all'art.
 13, comma 5, della legge n. 724/1994, sia perche' la relativa istanza
 risulta presentata (e quindi accettata)  in  data  successiva  al  28
 settembre  1994, sia perche' - in ogni caso -, in base all'anzianita'
 posseduta a quest'ultima data (30 anni), il collocamento a riposo non
 avrebbe potuto avvenire prima del 1 gennaio 1997; d'altra parte, al 1
 luglio 1995 non erano ancora operativi i meccanismi di  cui  all'art.
 1,  comma  27, lettere a) e b), della legge n. 335/1995. Oltre tutto,
 l'intimo collegamento funzionale fra i  meccanismi  di  pensionamento
 anticipato  previsti  dalle  leggi  724  e  335  fa perdere qualsiasi
 rilevanza al fatto che il decreto-legge n.  262/1995  non  sia  stato
 convertito in legge.
   D'altra   parte,   a   prescindere   -   per  un  momento  -  dalla
 considerazione  che  il  collegio  ritiene   la   normativa   statale
 direttamente  e  immediatamente  applicabile  al personale dipendente
 dalla regione siciliana, c'e' da dire che, mentre tale normativa (per
 quanto di carattere transitorio)  si  presenta  coerente  e  organica
 rispetto al fine (l'entrata in vigore della legge di riforma generale
 del  sistema  pensionistico), l'art.   1 della legge regionale n. 46,
 pur essendo, anch'esso, correlato - in senso temporale e  finalistico
 -  alla "riforma organica del trattamento di quiescenza, previdenza e
 assistenza del personale della regione"),  inopinatamente  interrompe
 (interromperebbe,  a  giudizio  della  sezione)  al 30 giugno 1995 la
 sospensione dei collocamenti a  riposo  anticipati,  senza  che  tale
 riforma   organica  (regionale)  fosse  stata  ancora  varata  (e  la
 situazione non risulta affatto  modificata  alla  data  dell'adunanza
 collegiale);  il che, fra l'altro, potrebbe creare, nell'ambito degli
 stessi dipendenti regionali, ingiustificate disparita' di trattamento
 fra coloro che dei benefici del pensionamento anticipato hanno potuto
 fruire  e coloro che (casualmente, si potrebbe dire) non hanno potuto
 invece giovarsene, anche nell'ottica della violazione  del  principio
 di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. Ma cio' - in
 base  all'impostazione  che  e'  stata data alla vicenda - non appare
 rilevante.
   A questo punto, va  fatta  qualche  considerazione  sulla  risposta
 dell'Amministrazione   regionale   al   contenuto   del   foglio   di
 osservazioni dell'ufficio di controllo.
   In primo luogo, c'e' da dire che, nel caso in esame, la  natura  di
 "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" e' stata dedotta
 solo ed esclusivamente dalla connotazione sostanziale della normativa
 che ha disciplinato la sospensione dei pensionamenti anticipati e non
 dalla  "apodittica  affermazione  del  legislatore";  e, del resto, i
 decreti-legge n. 553/1994 e n. 654/1994 e la legge  n.  724/1994  non
 contengono alcuna autoqualificazione di tal genere, che, oltre tutto,
 come ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, non avrebbe,
 appunto,alcuna portata vincolante per l'interprete, potendo, al piu',
 costituire un utile orientamento per chi la legge deve applicare (sul
 punto,  cfr. sentenza n. 40/1994). Inoltre, nessun dubbio puo' essere
 prospettato in merito alla  sussistenza  della  potesta'  legislativa
 esclusiva  della  regione  siciliana nella materia del trattamento di
 quiescenza   del    proprio    personale    e    sulla    conseguente
 "discrezionalita'" del legislatore regionale, purche' si tenga sempre
 presente  il carattere recessivo di tale potesta' rispetto alle norme
 del tipo di quelle che sono state analizzate. Infine, nessun  rilievo
 puo'  essere  dato in questa sede a casi esaminati in precedenza, non
 definiti in sede collegiale, e che non possono ritenersi  analoghi  a
 quelli ora in esame.
   Tutto  cio'  premesso,  la  sezione  ritiene di sollevare d'ufficio
 questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli  artt.
 3  e 5 Cost., dell'art. 36 della legge regionale 23 febbraio 1962, n.
 2, in base al quale "per tutto quanto non e' previsto nella  presente
 legge,  si  applicano,  in  quanto  compatibili, le norme relative al
 personale civile dello Stato", considerato che, per effetto dell'art.
 14,  lett.  q),  dello  statuto  speciale,  tale   norma   e'   stata
 costantemente  interpretata  nel senso che la compatibilita' sussiste
 solo  in  presenza  di  disposizioni  statali  piu'  favorevoli.   In
 subordine,  viene sollevata questione di legittimita' costituzionale,
 per violazione degli artt.   3 e 5 Cost.,  dell'art.  1  della  legge
 regionale 25 maggio 1995, n.  46.
   L'art.  3  della  Costituzione  risulterebbe violato in ragione del
 fatto  che  la  funzione  precipua  della  categoria   delle   "norme
 fondamentali  delle riforme economico-sociali" della Repubblica e' da
 ricercare nella sicura volonta' del legislatore di  una  reductio  ad
 unitatem   di   situazioni   disciplinate   in   modo  palesemente  e
 tendenzialmente diversificato  proprio  da  parte  delle  regioni  ad
 autonomia  speciale  e  delle  province  autonome di Trento e Bolzano
 nell'ambito della competenza legislativa primaria. La violazione  del
 principio  di  unita' e indivisibilita' dello Stato (art. 5 Cost.) e'
 da collegare alla circostanza che, come gia' messo  in  evidenza,  la
 normativa   sulla   sospensione   dei   pensionamenti  anticipati  ha
 riguardato tutti i lavoratori dello Stato, privati e pubblici.
   La non manifesta infondatezza deriva da tutte le argomentazioni fin
 qui  svolte.  La  rilevanza e', a sua volta, da individuare nel fatto
 che, ove l'impostazione del  remittente  fosse  accolta,  il  decreto
 indicato  in  epigrafe  sarebbe  da  ritenere  illegittimo; ma merita
 qualche ulteriore e piu' specifica puntualizzazione. Cio' in  quanto,
 avendo  la  sezione  ipotizzato  l'immediata applicabilita' in ambito
 regionale  della  normativa  statale  di  riferimento,  si   potrebbe
 argomentare  che  la  censura  riguardi  non  l'art.  36  della legge
 regionale n. 2/1962 (o l'art. 1 della  legge  regionale  n.  46/1995)
 quanto  piuttosto  il provvedimento sottoposto all'esame del collegio
 remittente; di tal  che,  la  questione  proposta  potrebbe  apparire
 inammissibile.
   La  sezione e' infatti ben consapevole che la Corte costituzionale,
 ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge 10 febbraio 1953, n.  62,
 ha affermato che il sopravvenire di leggi  statali  recanti  principi
 che  siano  in  grado  di vincolare le competenze normative regionali
 comporta, nei casi di accertata e diretta incompatibilita' fra  legge
 statale  e legge regionale, l'abrogazione di quest'ultima, e che tale
 regola, direttamente prevista per le regioni a statuto ordinario,  e'
 stata  piu'  volte applicata anche per la competenza "primaria" delle
 regioni a statuto speciale (sentenze n.  151/1974,  n.  296/1993,  n.
 497/1993,  n. 153/1995). Tuttavia, essendosi nella specie in presenza
 di normativa statale  che,  per  la  rilevanza  ad  essa  attribuita,
 dovrebbe  prevalere  su  una  disposizione  come l'art. 14, lett. q),
 dello statuto siciliano, rispetto  alla  quale  non  risulta  che  il
 giudice  delle  leggi  abbia  mai adottato pronunce di illegittimita'
 costituzionale di disposizioni regionali piu'  favorevoli  di  quelle
 vigenti  per  il  personale  dello  Stato, sussistono quelle "ragioni
 essenziali di certezza del diritto" che la  Corte  costituzionale  ha
 posto  a  base della declaratoria di illegittimita' costituzionale di
 alcune norme della regione siciliana proprio in materia di competenza
 esclusiva  (espropriazioni  per  pubblica   utilita';   sentenza   n.
 153/1995),  per  quanto,  di tali disposizioni - in applicazione, per
 l'appunto,   del   citato   meccanismo   che   regola   i   casi   di
 incompatibilita' fra leggi statali e leggi regionali - avrebbe potuto
 pronunciare l'avvenuta abrogazione lo stesso giudice a quo.
   Per  quanto  del tutto irrilevante in questa sede, ma per motivi di
 completezza espositiva, la sezione ritiene di  dovere  evidenziare  -
 come  peraltro  segnalato  anche dall'Amministrazione regionale nella
 risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo  -  che,
 in  base  all'art. 10 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 21, per
 il personale regionale assunto dopo l'entrata in vigore  della  legge
 stessa  (11 maggio 1986) "in esito ai concorsi pubblici i cui decreti
 di indizione" risultino gia' adottati a tale data (cfr. art. 1, comma
 5,  della  legge  regionale  7  maggio  1996,  n.  31,  positivamente
 riscontrato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 127/1996), "il
 trattamento  di  quiescenza  e  tutte le prestazioni previdenziali...
 sono disciplinati...   dalle norme  relative  agli  impiegati  civili
 dello Stato".
                                P. Q. M.
   Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,   1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, comma 3, della  legge  11
 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante per la definizione del presente
 giudizio  e  non  manifestamente  infondata,  nei  termini  di cui in
 motivazione,  e  solleva   d'ufficio,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  36 della legge regionale 23 febbraio 1962,
 n. 2 (e, in subordine, dell'art. 1 della legge  regionale  25  maggio
 1995, n. 46), per violazione degli artt. 3 e 5 della Costituzione;
   Sospende  il  giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
   Ordina che la presente  ordinanza  sia  notificata,  a  cura  della
 segreteria,  alla  direzione  dei servizi di quiescenza, previdenza e
 assistenza  del  personale  dipendente   dalla   regione   siciliana,
 all'Assessorato   regionale   del  bilancio  e  delle  finanze  e  al
 presidente  della  regione  siciliana,  e  comunicata  al  presidente
 dell'asssemblea regionale siciliana.
                         Il presidente: Chiaula
                                                    L'estensore: Cilia
 97C0875