N. 53 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 20 novembre 1997

                                 N. 53
  Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in  cancelleria  il
 20 novembre 1997 (della provincia autonoma di Trento)
 Sanita'  pubblica  -  Sangue  umano  ed emoderivati - Regolamento del
    Ministro della sanita' 17 luglio  1997,  n.  308  (Disciplina  dei
    compiti  di  coordinamento a livello nazionale delle attivita' dei
    centri regionali di coordinamento e compensazione  in  materia)  -
    Art.  4,  comma  2  -  Previsione  che regioni e province autonome
    assicurino il coordinamento delle attivita' trasfusionali sotto il
    profilo programmatorio e finanziario, e che a  tal  fine  adottino
    iniziative    di    carattere    organizzativo    necessarie   per
    l'espletamento  di  una  serie   di   compiti   e   funzioni   ivi
    specificamente   indicati   ed   in   parte   anche  ulteriormente
    disciplinari - Esercizio, da parte del Ministro della sanita', del
    potere di emanare norme di indirizzo  e  coordinamento  vincolanti
    per  regioni  e province autonome nelle materie di loro competenza
    (quali quelle previste, riguardo a igiene e sanita',  dagli  artt.
    9,  n.  10,  e  16  dello  Statuto  per  il Trentino-Alto Adige, e
    dall'art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1974, n.    474,  come  modificato
    dall'art.  1,  comma  2,  del  d.lgs.  16  marzo  1992,  n.  267),
    dichiarato a lui non attribuibile con  la  pronuncia  della  Corte
    costituzionale  (sentenza  n.  49/1991) di illegittimita' parziale
    dell'art. 11, primo comma, della  legge  quadro  sulla  disciplina
    delle    attivita'    trasfusionali    e   della   produzione   di
    plasmaderivati, 4  maggio  1990,  n.  107,  in  contrasto  con  il
    principio   del  rispetto  dei  giudicati  costituzionali  sancito
    dall'art. 136 Cost. e  in  violazione,  altresi',  del  principio,
    stabilito  dall'art.  17,  commi  1,  lett.  b) e 3 della legge 23
    agosto 1988,  n.  400,  per  cui  la  potesta'  regolamentare  dei
    ministri  puo'  esercitarsi solo nell'ambito delle competenze loro
    proprie e delle autorita' ad essi sottordinate -  Richiamo,  oltre
    che alla su citata sentenza, alla sentenza n. 61 del 1997.
 Sanita'  pubblica  -  Sangue  umano  ed emoderivati - Regolamento del
    Ministro della sanita' 17 luglio  1997,  n.  308  (Disciplina  dei
    compiti  di coordinamento a livello nazionale dei centri regionali
    di coordinamento e compensazione in materia) - Artt. 1 e 2,  comma
    1, lett. b), c) d), e) ed f)  - Dichiarazione di intenti circa gli
    obiettivi  generali  del  decreto, gli interventi da compiere e le
    modalita' di raccordo  a  livello  centrale  delle  attivita'  del
    Ministero, dell'Istituto superiore di sanita' e dell'agenzia per i
    servizi  sanitari regionali - Previsione di accordi con, e tra, le
    regioni, al fine di  raggiungere  l'autosufficienza  nazionale  di
    sangue   ed   emoderivati,   di  stabilire  un  piano  annuale  di
    distribuzione dei plasmaderivati eccedenti il fabbisogno regionale
    alle strutture pubbliche e private del territorio nazionale, e  di
    effettuare   al  riguardo  verifiche  annuali  -  Attribuzione  al
    Ministero della sanita' del compito di emanare le linee guida  per
    i  modelli organizzativi e funzionali che competono alle regioni e
    all'Istituto  superiore  di  sanita',  riguardo   alle   attivita'
    trasfusionali  e  alla  formazione  del  personale,  e di definire
    altresi' un programma di  "emovigilanza"  -  Carattere  fortemente
    innovativo di tali disposizioni, inserite nel decreto senza alcuna
    base  nella  preesistente  legislazione, e con richiamo a concetti
    affatto sconosciuti all'ordinamento, e del tutto prive,  altresi',
    di   quei  contenuti  di  natura  strettamente  tecnica  che  soli
    avrebbero potuto ritenersi consentiti dall'art.   8  della  citata
    legge   quadro,  n.  107  del  1990  -  Conseguente  violazione  -
    denunciata in via soltanto cautelativa,  qualora  nel  riferimento
    alle  regioni  dovessero  ritenersi  comprese  anche  le  province
    autonome - anche sotto questi profili, dei limiti  della  potesta'
    regolamentare   del   Ministro   della  sanita',  quali  risultano
    stabiliti, oltre che dal citato art. 17 della  legge  n.  400  del
    1988, dalla citata sentenza n. 49 del 1991 - Richiamo, oltre che a
    questa, a sent. n. 61 del 1997.
 (D.M.  17  luglio  1997,  n.  308,  artt. 4, comma 2, 1 e 2, comma 1,
    lettere b), c), d), e) ed f)).
 (Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 9, n. 10, e 16; d.P.R.  28  marzo
    1975,  n. 474, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267, art. 1, comma
    2; legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 1, lettera b) e 3;
    Cost., art. 136).
(GU n.50 del 10-12-1997 )
   Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia  autonoma  di
 Trento,   in   persona   del   presidente  della  Giunta  provinciale
 pro-tempore, autorizzato con deliberazione della  Giunta  provinciale
 n.  12227 del 31 ottobre 1997 (all. 1), rappresentata e difesa - come
 da procura speciale del 5 novembre 1997 (rep. n. 021251)  rogata  dal
 dott.  Tommaso  Sussarellu,  dirigente  del  Servizio affari generali
 della provincia  autonoma  di  Trento  (all.  2)  -  dall'avv.  prof.
 Giandomenico  Falcon  di  Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con
 domicilio eletto in  Roma  presso  lo  studio  dell'avv.  Manzi,  via
 Confalonieri,  5  contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per
 la dichiarazione che non spetta allo Stato di dettare con regolamento
 del Ministro della sanita' 17 luglio 1997, n. 308 (recante Norme  per
 la  disciplina dei compiti di coordinamento a livello nazionale delle
 attivita' dei centri regionali di coordinamento  e  compensazione  in
 materia   di   sangue  ed  emoderivati),  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale n. 217 del 17 settembre 1997, e precisamente con l'art.  1,
 l'art.  2, comma 1, lett.  b), c), d), e) ed f), e l'art. 4, comma 2,
 di esso, norme al di  fuori  dagli  specifici  ambiti  di  competenza
 ministeriale,  in  materia  di competenza provinciale, nonche' per il
 conseguente  annullamento  delle  indicate   disposizioni   di   tale
 regolamento, per violazione:
     dell'art.  9,  n.  10),  e dell'art. 16 d.P.R. 31 agosto 1972, n.
 670;
     dell'art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474;
     dell'art. 8, commi 1 e 2, lett. b) e c), comma  4  dell'art.  11,
 comma 3, lett. h), della legge 4 maggio 1990, n. 107;
     dell'art.  17, comma 1, lett. b), e comma 3 legge 23 agosto 1988,
 n. 400;
     dell'art. 136 della Costituzione;
 per i profili e nei modi di seguito illustrati.
                               F a t t o
   Per la terza volta la ricorrente provincia autonoma  di  Trento  si
 vede  costretta  ad  adire  codesta  ecc.ma  Corte costituzionale per
 tutelare le proprie competenze statutarie  in  materia  sanitaria  in
 relazione   ad   atti  concernenti  la  disciplina  della  "raccolta,
 frazionamento, conservazione e distribuzione del  sangue  umano".  E'
 quasi  superfluo  dunque ricordare che le competenze provinciali sono
 fondate sull'art.   9, n. 10), e sull'art.  16  dello  Statuto,  alle
 quali  e'  stata  data  piena operativita' con le norme di attuazione
 contenute nell'art.  2, comma 2, del d.P.R. 28 marzo  1975,  n.  474,
 come  modificato  dall'art.    1 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267, in
 base  al  quale  "alle  province  autonome  competono   le   potesta'
 legislative  ed  amministrative  attinenti  al  funzionamento ed alla
 gestione delle istituzioni ed enti sanitari".
   In tale materia, secondo l'art. 4, comma 1, della legge di base  di
 riforma  sanitaria  n.  833  del  1978,  allo Stato spetta di dettare
 "norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi
 per  tutto  il  territorio  nazionale".  Ed  in  attuazione  di  tale
 previsione  e'  stata  approvata la legge 4 maggio 1990, n. 107, alla
 quale  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha   riconosciuto   il
 carattere di legge-cornice con sentenza 6 febbraio 1991, n. 49.
   Nella sua formulazione originaria tale legge prevedeva fra l'altro,
 all'art.  11,  comma  1,  il  potere ministeriale di emanare norme di
 indirizzo e coordinamento alle quali avrebbbero dovuto  "conformarsi"
 le  regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Ma su ricorso
 della  provincia  ora  ricorrente   codesta   stessa   ecc.ma   Corte
 costituzionale  dichiaro' l'illegittimita' costituzionale parziale di
 tale norma:   con il risultato che  essa  deve  ora  intendersi  come
 istitutiva  di  un potere del Ministro della sanita' di emanare norme
 regolamentari di esecuzione della  legge  n.  107  non  dirette  alle
 regioni  e  province  autonome  ne'  concernenti  gli  ambiti di loro
 competenza, ma soltanto "nell'ambito della competenza sua  propria  e
 delle   autorita'  a  lui  sottordinate"  (cosi'  la  sentenza  sopra
 ricordata, riconducendo il regolamento al tipo previsto dall'art. 17,
 comma 3, legge n. 400/1988).   Il potere regolamentare  in  questione
 veniva  percio'  cosi'  correttamente  ricondotto  alla necessita' di
 emanare  norme  di  esecuzione  in  relazione  ad  alcune  specifiche
 competenze ministeriali previste dalla stessa legge n. 107.
   Nonostante   che   la   competenza  ministeriale  risultasse  cosi'
 delimitata, in data  1  settembre  1995  il  Ministro  della  sanita'
 adotto'  due  decreti  disciplinanti la materia in questione invasivi
 sotto diversi aspetti  della  competenza  provinciale.  La  provincia
 autonoma  di  Trento  dunque adi' per la seconda volta codesta ecc.ma
 Corte,   chiedendo   l'annullamento   dei   decreti   in   questione:
 annullamento che fu ottenuto con sentenza 14 marzo 1997, n. 61.
   Ora  il Ministro della sanita' torna a disciplinare la materia, con
 un "Regolamento recante  norme  per  la  disciplina  dei  compiti  di
 coordinamento   a   livello  nazionale  delle  attivita'  dei  centri
 regionali di coordinamento e compensazione in materia  di  sangue  ed
 emoderivati":      e   purtroppo  anche  questa  volta  la  normativa
 ministeriale risulta, nelle parti qui impugnate, illegittima e lesiva
 delle prerogative  costituzionali  delle  regioni  e  delle  province
 autonome,  ponendo  obblighi  e  disciplinando comunque aspetti della
 gestione del  servizio:  al  punto  che  l'art.  1  pone  al  decreto
 addirittura  l'obiettivo di individuare "gli obiettivi generali e gli
 interventi da  compiere  per  assicurare  una  risposta  organica  ai
 problemi che caratterizzano il settore trasfusionale".
   Per  vero,  la  sola  disposizione  che nell'articolato del decreto
 menzioni espressamente le province autonome e' l'art. 4, il cui comma
 2 stabilisce anche per esse una serie di compiti, doveri e poteri, in
 parte disciplinandone  lo  svolgimento.  Tuttavia,  anche  gli  altri
 articoli  impugnati  sono suscettibili di essere intesi come riferiti
 alle province autonome, qualora queste si  intendano  comprese,  come
 talora  accade,  nell'espressione "regioni". La presente impugnazione
 di tali altri articoli e' fatta in  via  cautelativa,  in  quanto  le
 relative  disposizioni  si  intendano  riferite  anche  alle province
 autonome.  Per tale regione, l'esposizione in diritto  iniziera'  con
 le censure relative all'art. 4, comma 2.
                             D i r i t t o
    1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2.
   Come  detto  in  narrativa,  l'art.  4  e' la sola disposizione del
 regolamento qui impugnato a menzionare direttamente tra i destinatari
 delle  proprie  prescrizioni,  accanto  alle  regioni,  le   province
 autonome. In relazione ad esso percio' la lesivita' puo' dirsi certa.
   Il comma 1 dell'art. 4 dispone, genericamente, che "le regioni e le
 province   autonome,   nel  predisporre  i  programmi  inerenti  alle
 attivita'    trasfusionali,     devono     perseguire     l'obiettivo
 dell'autosufficienza  sia  regionale  che  nazionale",  ribadendo  in
 sostanza l'obiettivo gia' posto dall'art. 8, comma 1, della legge  n.
 107  del 1990. La precisazione che segue, secondo la quale le regioni
 e province autonome possono a tal fine avvalersi della collaborazione
 dell'Agenzia per i servizi  sanitari  regionali  (per  le  regioni  e
 province   autonome)  carattere  meramente  facoltizzante.  Per  tali
 ragioni le disposizioni del comma 1 sono al di fuori  della  presente
 impugnazione.
   Specifico  oggetto  di impugnazione sono invece le disposizioni del
 comma 2. In esso, ribadito il  compito  regionale  di  assicurare  il
 "coordinamento   delle   attivita'  trasfusionali  sotto  il  profilo
 programmatorio e finanziario", si dispone che a tale fine "le regioni
 e province autonome adottano le iniziative di carattere organizzativo
 necessarie per l'espletamento" di una serie di compiti e funzioni  di
 seguito indicati ed in parte persino ulteriormente disciplinati.
   In  particolare,  le  funzioni individuate dal regolamento sono: la
 "rilevazione   del   fabbisogno   regionale   annuale   di    sangue,
 emocomponenti,  emoderivati e della quantita' di plasma necessaria da
 avviare ai centri di frazionamento"  (lett.  a);  la  "emanazione  di
 direttive   per   l'invio  delle  eccedenze  degli  emocomponenti  ed
 emoderivati verso aree carenti della regione e verso altre  regioni";
 la  "regolamentazione  della  compensazione  anche  sotto  il profilo
 contabile dei flussi  di  scambio  di  emocomponenti  ed  emoderivati
 relativi  alle  strutture sanitarie della regione"; la "emanazione di
 direttive  per  l'invio  di  plasma  alle  aziende   produttrici   di
 emoderivati   e   controllo  della  distribuzione  degli  emoderivati
 ottenuti"; il "monitoraggio  della  spesa  farmaceutica  al  fine  di
 controllare  i  consumi  di  prodotti derivati dal sangue nei presidi
 pubblici o privati e nelle farmacie esterne".
   Ora, ad avviso della  ricorrente  provincia  risulta  assolutamente
 evidente  che  con tali disposizioni il Ministro della sanita' non ha
 affatto dettato una  disciplina  di  attuazione,  "nell'ambito  della
 competenza  sua  propria  e  delle  autorita'  a  lui  sottordinate",
 nell'ambito cioe' fissato per i  regolamenti  ministeriali  dall'art.
 17,  comma  3,  della  legge  n.  400  del 1988, ma ha invece emanato
 esattamente "le norme di indirizzo e coordinamento alle quali  devono
 conformarsi le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per
 l'attuazione  della  presente legge", secondo il potere gia' previsto
 dal testo originario della legge  n.  107  del  1990,  ma  dichiarato
 illegittimo da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n.
 49 del 1991.
   Ora,  nonostante i precedenti ricordati in narrativa, la ricorrente
 provincia  non  puo'  supporre  nel  Ministrero  della  sanita'   una
 deliberata  volonta' di ignorare le pronunce di codesta ecc.ma Corte,
 e suppone invece che per mera incuria o  disattenzione  i  funzionari
 che  hanno  predisposto le disposizioni in questione abbiano lavorato
 ritenendo ancora vigente il testo  originario  della  legge  n.  107,
 mentre esso non lo e' piu' in virtu' della citata sentenza.
   Le osservazioni che precedono prescindono dal contenuto dispositivo
 specifico delle ricordate disposizioni del comma 2. Una volta che sia
 certo,  come in effetti e' piu' che certo, che tali disposizioni sono
 rivolte a disciplinare l'attivita'  di  competenza  delle  regioni  e
 province  autonome,  e  che dunque esse non operano nell'ambito della
 competenza del Ministero e  delle  autorita'  sottordinate,  la  loro
 illegittimita'   e   invasivita'   risultano   in   modo   chiaro  ed
 incontrovertibile.   Non spetta al regolamento  ministeriale  ne'  di
 indicare  quali  "iniziative" dovranno assumere le regioni e province
 autonome, ne' meno ancora di individuarne in alcun modo le funzioni.
   Invece, il contenuto proprio dell'art. 4, comma 2, del  regolamento
 qui impugnato sta esattamente nell'individuare funzioni (quelle sopra
 ricordate)  e  relative  modalita'  di  esercizio,  che si dovrebbero
 concretare  ad  esempio,  secondo  la  normativa   ministeriale,   in
 "direttive" concernenti oggetti specifici, o nella "regolamentazione"
 di aspetti particolari.
   Si  noti  che l'illegittimita' e l'invasivita' non verrebbero meno,
 ad avviso della ricorrente provincia autonoma di Trento,  neppure  se
 si  potesse  affermare (e cosi' non e') che si tratta di disposizioni
 meramente  ripetitive  di  disposizioni  legislative:  non  potendosi
 ammettere  che  ai  doveri  e  poteri  derivanti da fonte primaria si
 aggiunga un  vincolo  derivante  dal  regolamento  ministeriale,  che
 rimarrebbe   operante   anche  nell'ipotesi  del  venire  meno  della
 normazione primaria.
   Altrettanto chiara sarebbe poi l'illegittimita'  se  si  affermasse
 che  si tratta (come comunque non e') di compiti diversi ed ulteriori
 rispetto a quelli previsti dalla legge n. 107 del  1990:  perche'  in
 siffatta  ipotesi  a  maggiore  ragione  non  spetta  al  regolamento
 ministeriale ne' di prevedere  ne'  di  disciplinare  tali  eventuali
 nuovi compiti.
   L'invasivita'  e  l'illegittimita' sono palesi in ragione del fatto
 stesso  di  pretendere  di  disciplinare  con  semplice   regolamento
 ministeriale l'attivita' delle regioni e province autonome.
   2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett.  b),
 c) e d).
   L'art. 2, comma 1, del decreto impugnato prevede alle lett. b) e c)
 che   il   Ministro   della   sanita',   al   fine   di   raggiungere
 l'autosufficienza nazionale di sangue ed emoderivati,  da  una  parte
 concordi  con  le  regioni  "la rispettiva quota di partecipazione al
 programma di autosufficienza, la individuazione delle  risorse  ed  i
 criteri   di  finanziamento  e  di  compensazione,  le  modalita'  di
 rilevazione e di contabilizzazione dei dati inerenti agli  scambi  di
 sangue  e di emoderivati tra le stesse regioni" (lett. b), dall'altra
 stabilisca con le regioni "il  piano  annuale  di  distribuzione  dei
 plasmaderivati  eccedenti  il  fabbisogno  regionale  alle  strutture
 sanitarie pubbliche e private del territorio nazionale" (lett. c). La
 lettera d) prevede poi il potere di  "verificare  periodicamente,  lo
 stato di attuazione del programma annuale concordato".
   Anche   in   questo  caso  il  Ministero  si  arroga  con  semplice
 regolamento ministeriale un ruolo di indirizzo  e  coordinamento,  un
 potere di guida, di necessario consenso e di verifica, che non gli e'
 in  alcun  modo  attribuito  dalla  legge.  Se  il  Ministero ritiene
 insufficienti gli strumenti di coordinamento previsti dalla legge  e'
 certo  in  suo  potere  promuovere  la  modifica  di essa, attraverso
 l'iniziativa  governativa  delle leggi. Cio' che non e' in suo potere
 e' di modificarla o integrarla con proprio regolamento.
   Va ricordato che nella legge l'art. 8 comma 4, affidava al Ministro
 della sanita' il compito di emanare quelle  "normative  tecniche"  in
 attuazione   delle   quali   l'Istituto  superiore  di  sanita'  deve
 esercitare la funzioni di coordinamento  tecnico  dell'attivita'  dei
 centri regionali di coordinamento. Dunque, gia' il fatto che le norme
 citate  del  decreto  impugnato  prevedano  procedure  concordate tra
 regioni e  Ministero  risulta  illegittimo  e  lesivo:  dato  che  la
 funzione  di coordinamento tecnico e' affidata all'Istituto superiore
 di sanita', e non direttamente al Ministero. Ma il fatto e' che  tali
 norme  sono  in  realta'  (con l'eventuale eccezione dalla previsione
 relativa alle "modalita' di rilevazione dei dati"), del  tutto  prive
 di qualsiasi contenuto tecnico.
   Codesta ecc.ma Corte ha infatti chiarito nella gia' citata sentenza
 n.  61/1997 che "vanno intese per norme  tecniche quelle prescrizioni
 che vengono elaborate generalmente sulla base  dei  principi  desunti
 dalle  c.d.  scienze  esatte  ...",  e  che "non si possono, percio',
 ricondurre a tale categoria disposizioni ...  che  appaiono,  invece,
 volte ...  a fissare criteri di organizzazione, ad individuare organi
 e procedure
  ...".
   Dunque  l'art.  2,  comma  1,  lett. b), c) e d), in quanto prevede
 particolari   procedure   fondate   su   poteri    ministeriali    di
 codeterminazione  e  verifica,  contiene  disposizioni  assolutamente
 esorbitanti da quanto stabilito nella legge n. 107. Esso,  cioe',  si
 pone  come tentativo di "creare" competenze ministeriali eccedenti le
 previsioni  della  legge  n.  107,  che  interferiscono  con   quelle
 assicurate  ai  centri  regionali  di coordinamento dall'art. 8 della
 legge n. 107.
   Anche tali disposizioni risultano quindi  illegittime,  in  quanto,
 esorbitando  dall'ambito  di  competenza assegnato al Ministero dalla
 legge di cornice, introducono a carico  delle  regioni  l'obbligo  di
 addivenire  ad  accordi  in  una  materia  affidata  alla  competenza
 provinciale, cosi' violando il noto principio secondo  il  quale  "un
 regolamento  ministeriale  ... di attuazione di una legge statale ...
 non puo' porre norme volte a limitare la sfera delle competenze delle
 regioni e delle province autonome in materie loro attribuite"; il che
 "non solo deriva  dalle  regole  costituzionali  relative  all'ordine
 delle  fonti  normative,  ma e' stato espressamente sancito dall'art.
 17, comma 3, legge n. 400/1988 ..." (v. la gia'  citata  sentenza  n.
 61/1997).
   Ne' varrebbe affermare che le norme in questione trovino la propria
 giustificazione nella pretesa esistenza di interessi nazionali. Da un
 lato,  codesta ecc.ma Corte ha gia' rilevato a tale proposito, sempre
 nella sentenza n. 61 del 1997, che "la compressione della  competenza
 regionale (o provinciale) non puo' essere predicata se non sulla base
 di  una  positiva  ed  inequivoca  scelta  in  tal senso dello stesso
 legislatore statale", dall'altro e'  d'obbligo  constatare  che,  nel
 caso   di   specie,   la  scelta  legislativa  appare  gia'  compiuta
 addirittura nel senso opposto: dato che l'art. 8 della legge  n.  107
 stabilisce  che  "i centri regionali di coordinamento e compensazione
 assicurano il raggiungimento dell'autosufficienza di  sangue,  plasma
 ed  emoderivati  all'interno  di  ogni regione" (comma 1), e che essi
 hanno  il  compito  di  "rilevare  il fabbisogno regionale annuale di
 plasmaderivati e determinare il quantitativo di plasma necessario per
 tale scopo", e di "sovrintendere alle attivita' dirette al  controllo
 del  fabbisogno  trasfusionale  di  emazie  e, se del caso, all'invio
 delle eccedenze di emazie verso le aree  della  regione  e  di  altre
 regioni,  attenendosi  alle  indicazioni  dell'Istituto  superiore di
 sanita', ai sensi del comma 4 del presente articolo".
   Tali norme rivelano che, salvi i compiti di  coordinamento  tecnico
 dell'Istituto  superiore di sanita', le funzioni amministrative volte
 ad  assicurare  l'autosufficienza  di  sangue  ed  emoderivati  e  le
 eventuali   ridistribuzioni   spettano   ai   centri   regionali   di
 coordinamento:  Non  solo  quindi  un  regolamento  ministeriale   di
 attuazione  e'  a  priori  inidoneo  ad  individuare pretese esigenze
 unitarie nelle materie regionali e provinciali, ma persino, nel  caso
 di specie, esso addirittura contraddice le previsioni della legge che
 avrebbe il compito di attuare.
   Da   tutto   cio'  risulta  l'illegittimita'  costituzionale  e  la
 lesivita' per la  ricorrente  provincia  delle  norme  in  questione;
 sempre  che  si  ritenga,  come detto in premessa, che il riferimento
 alle  "regioni"  risulta  in  questo  caso  comprensivo  anche  delle
 province autonome.
   3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett.  e).
   Ancora  piu'  evidente  e' l'esorbitanza dai contenuti propri di un
 regolamento ministeriale dell'art. 2, comma 1, lett. c), del  decreto
 impugnato,  che  addirittura attribuisce al Ministro della sanita' il
 compito di "emanare le linee guida relative ai modelli  organizzativi
 e  di  funzionamento  delle  attivita'  trasfusionali ed alla pratica
 trasfusionale  nonche'  alla  formazione  ed  all'aggiornamento   del
 personale  che  competono  alle  regioni ed all'Istituto superiore di
 sanita'".
   Tale norma non solo non  fa  alcun  riferimento  alla  funzione  di
 coordinamento  tecnico  di  cui all'intestazione del decreto ma, cio'
 che e' piu' grave, non  riguarda  alcuna  delle  specifiche  funzioni
 affidate al Ministero della sanita' dalla legge n. 107.
   Il conferimento al Ministero del compito di "emanare le linee guida
 relative  ai modelli organizzativi e di funzionamento delle attivita'
 trasfusionali ed alla pratica  trasfusionale"  determina  una  chiara
 violazione  dell'art.  17, comma 3, legge n. 400/1988 e una patente e
 illegittima invasione da  parte  di  una  fonte  regolamentare  delle
 competenze costituzionali della provincia autonoma di Trento.
   Lo  stesso  deve  dirsi per quanto riguarda il potere di emanare le
 "linee guida" relative  "alla  formazione  ed  all'aggiornamento  del
 personale,  che  competono  alle  regioni".  Del  tutto priva di base
 giuridica e' la pretesa di creare  con  regolamento  ministeriale  un
 potere  che  non  ha  fondamento nella legge. La competenza regionale
 alla formazione discende dallo statuto di autonomia  sia  per  quanto
 riguarda la materia dell'assistenza sanitaria (art. 9, n. 10) che per
 quella  della  formazione  professionale  (art.  8,  n.  29),  ed  e'
 specificamente ribadita dalla stessa legge n. 107, la  quale  prevede
 che   ciascuna  regione  provveda  "all'aggiornamento  del  personale
 sanitario sulle tematiche relative  all'utilizzazione  del  sangue  e
 degli emoderivati", art. 11, comma 3, lett. h).
   Anche  qui va considerato che, se il Ministro della sanita' ritiene
 che il ruolo affidato ad esso dalla legge sia troppo  limitato,  deve
 promuovere  -  nel  rispetto  della  Costituzione - la modifica della
 legge, ma esso di certo non puo' espanderlo ai danni delle regioni  e
 province autonome autoattribuendosi poteri con proprio regolamento.
   4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett.  f).
   L'art. 2 comma 1, lett. f) prevede quale compito del Ministro della
 sanita'  la  definizione  del "programma   di emovigilanza". Che cosa
 esattamente sia il programma emovigilanza il regolamento non dice,  e
 d'altronde    l'espressione  emovigilanza  e'  anche sconosciuta alla
 legge n. 107 del 1990, che non se ne occupa affatto. Il  concetto  e'
 dunque  - qualunque possa essere il suo significato nell'ambito della
 disciplina medica - completamente  ignoto al diritto  positivo:    il
 che  gia'  esclude  che  tale  istituto possa essere disciplinato con
 regolamento ministeriale. In ogni modo, in  quanto  il  programma  di
 emovigilanza  debba  essere  realizzato  da  parte  delle  regioni  e
 province autonome, e' del tutto  escluso  che  con  proprio  atto  il
 Ministro della sanita' possa autoattribuirsene la "definizione".
   Anche  in  questo  caso, l'eventuale esigenza di innovare il quadro
 legislativo, nei limiti costituzionali e con le garanzie proprie  del
 procedimento   legislativo,   non   puo'   venire   sostituita  dalla
 autocreazione  del  proprio  diritto  da  parte  del  Ministro  della
 sanita'.
   5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1.
   Il  decreto  ministeriale qui impugnato individua nella premessa la
 sua base giuridica - oltre che nell'art. 8, comma 4 - nell'art.   11,
 comma  1,  della  legge  n. 107 del 1990. Come detto piu' volte, tale
 articolo deve leggersi - dopo la sentenza di codesta ecc.ma Corte  n.
 49  del  1991 - nel senso di abilitare il Ministro a dettare norme di
 attuazione della legge "nell'ambito della competenza  sua  propria  e
 delle autorita' a lui sottordinate", senza interferire con gli ambiti
 di gestione del servizio, di competenza regionale e provinciale.
   Forse sulla base di un errore sulla vigenza dell'art. 11 ora citato
 nella  sua versione originaria - dichiarata invece costituzionalmente
 illegittima (da qui anche un  profilo  di  violazione  del  giudicato
 costituzionale,    ex art. 136 della Costituzione) - l'art. 1 pone al
 decreto addirittura il compito di individuare "gli obiettivi generali
 e gli interventi da compiere per assicurare una risposta organica  ai
 problemi che caratterizzano il settore trasfusionale".
   Risulta evidente da questa "dichiarazione d'intenti" che il decreto
 in  questione, lungi dal limitarsi ad attuare le norme della legge n.
 107 nella misura in cui esse prevedono  compiti  ministeriali,  cerca
 illegittimamente  di porsi come fonte di rango primario, autofondando
 la propria competenza.
   Infatti la prevista individuazione degli "obiettivi generali e  gli
 interventi  da  compiere  per  assicurare  una  risposta  organica ai
 problemi  che  caratterizzano  il  settore  trasfusionale"   non   e'
 evidentemente   materia   di   regolamento  attuativo,  per  di  piu'
 ministeriale, ma, se mai, di legge-quadro: tale norma risulta  quindi
 in  contrasto  sia con le norme statutarie che affidano la competenza
 in materia alla provincia autonoma di  Trento,  sia  con  i  principi
 costituzionali  e  legislativi  (art. 17, comma 1, lett. b) e comma 3
 legge  n.  400/1988)  che  limitano  la  competenza  dei  regolamenti
 attuativi.
   L'art.  1  costituisce  dunque  esplicita ammissione di quanto piu'
 volte rilevato nel presente  ricorso  in  relazione  alle  specifiche
 disposizioni  sopra  contestate:  che  il regolamento ministeriale n.
 308 del 1997 costituisce un inaccettabile ed illegittimo surrogato di
 innovazioni legislative nella materia.
                               P. Q. M.
   Tutto cio' premesso, la ricorrente provincia  autonoma  di  Trento,
 come  sopra  rappresentata  e  difesa chiede voglia l'eccellentissima
 Corte costituzionale dichiarare che non spetta allo Stato di  dettare
 con  regolamento  del  Ministro  della sanita' 17 luglio 1997, n. 308
 (recante Norme per la  disciplina  dei  compiti  di  coordinamento  a
 livello   nazionale   delle   attivita'   dei   centri  regionali  di
 coordinamento e compensazione in materia di sangue  ed  emoderivati),
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 217 del 17 settembre 1997, e
 precisamente con l'art. 1, l'art. 2, comma 1, lettere b), c), d),  e)
 ed  f),  e  l'art.    4,  comma  2,  di esso, norme al di fuori degli
 specifici ambiti di competenza ministeriale, in materia di competenza
 provinciale, nonche' per il conseguente annullamento, delle  indicate
 disposizioni di tale regolamento, per violazione:
     dell'art.  9,  n.  10),  e dell'art. 16 d.P.R. 31 agosto 1972, n.
 670;
     dell'art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474;
     dell'art. 8, comma 1,  comma  2,  lett.  b)  e  c),  comma  4,  e
 dell'art.  11, comma 1, comma 3, lett. h), della legge 4 maggio 1990,
 n. 107;
     dell'art.  17, comma 1, lett. b), e comma 3 legge 23 agosto 1988,
 n. 400;
     dell'art. 136 della Costituzione; come indicato  in  premessa  ed
 illustrato nel ricorso.
       Padova-Roma, addi' 14 novembre 1997
           Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi
 97C1340