N. 848 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 giugno 1997

                                N. 848
  Ordinanza  emessa  il  4  giugno 1997 dalla Corte dei conti, sezione
 giurisdizionale   per   la   regione   Sicilia   nel   giudizio    di
 responsabilita'  promosso  dal procuratore regionale nei confronti di
 Cardella Francesco ed altri
 Corte dei conti - Giudizio contabile  -  Obbligo  di  astensione  del
    giudice  che  abbia avuto conoscenza della causa per aver adottato
    un  provvedimento  d'urgenza  nella  fase  cautelare   -   Mancata
    previsione  -  Lesione  del  diritto  di  difesa  -  Richiamo alla
    sentenza della Corte costituzionale n. 432 del 1995.
 (C.P.C., art, 51).
 (Cost., art. 24, comma secondo).
(GU n.50 del 10-12-1997 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza  n.  134/97/Ord/Resp.  nel
 giudizio  di  responsabilita',  iscritto  al  n. 5959 del registro di
 segreteria,  promosso  dal  procuratore  regionale,  in  favore   del
 Ministero dell'interno, nei confronti di:
     Francesco  Cardella,  elettivamente  domiciliato  in  Palermo via
 Serradifalco n. 95 presso lo studio dell'avv. Liborio  Sabatino,  che
 lo  rappresenta  e  difende  unitamente all'avv. Giuseppe Bamonte del
 foro di Milano;
     Elisabetta Roveri, elettivamente domiciliata in  Palermo  via  E.
 Amari  n.  76  presso  lo  studio  dell'avv.  Nino  Lo  Presti che la
 rappresenta e difende;
     Associazione  Saman,  in  persona  del   legale   rappresentante,
 elettivamente  domiciliata  a  Palermo,   via E. Amari n. 8 presso lo
 studio dell'avv.   Salvatore Grimaudo che la  rappresenta  e  difende
 unitamente  all'avv.    Elio  Esposito del foro di Trapani e all'avv.
 Lucio Ambrosino del foro di Milano;
   Uditi alla  pubblica  udienza  del  4  giugno  1997,  il  relatore,
 consigliere  dott.ssa  Luciana Savagnone, il pubblico ministero nella
 persona del vice procuratore regionale  dott.  Pino  Zingale,  l'avv.
 Salvatore   Grimaudo,   l'avv.  Girolamo  Calandra,  in  sostituzione
 dell'avv. Lo Presti, e l'avv. Liborio Sabatino;
   Esaminati gli atti ed i documenti della causa.
                               F a t t o
   Con istanza depositata il 17 ottobre 1996, il procuratore regionale
 chiedeva il sequestro conservativo dei beni  mobili  ed  immobili  di
 Cardella  Francesco  e  Roveri  Elisabetta, assumendo che gli stessi,
 rispettivamente nella qualita'  di  presidente  e  di  amministratore
 unico  della  associazione  non riconosciuta Saman, avevano percepito
 dal Ministero dell'interno somme  per  lo  svolgimento  di  corsi  di
 formazione che non si erano mai svolti o che avevano avuto una durata
 di gran lunga inferiore a quella rappresentata, sia per numero di ore
 che per giornate.
   Il  danno erariale complessivo era quantificato dall'attore in lire
 1.301.691.105,  pari  a  tutta  la  somma   erogata   dal   Ministero
 dell'interno,  in  quanto  utilizzata per finalita' estranee a quelle
 pubbliche legislativamente tutelate, cio' sia sotto il profilo  della
 omissione  dell'attivita'  finanziata,  sia  sotto  quello  della sua
 assoluta  inconducenza  al fine, atteso che laddove qualche attivita'
 era stata svolta,  si  era  trattato  di  prestazioni  disarticolate,
 insufficienti e difformi dal programma approvato.
   Con  decreto  n.  338/96 del 19-21 ottobre 1996 il presidente della
 sezione giurisdizionale  per  la  regione  siciliana  autorizzava  il
 sequestro  conservativo  sui beni di Francesco Cardella ed Elisabetta
 Roveri, fino alla concorrenza per ciascuno di lire 900.000.000,  pari
 a  circa  i  due  terzi del credito erariale, tenuto pure conto della
 rivalutazione e degli interessi legali gia' maturati.
   Con memoria depositata  il  27  novembre  1996,  si  costituiva  in
 giudizio  il  sig.  Cardella Francesco a mezzo degli avvocati Liborio
 Sabatino,  G.  Bamonte  ed  al  proc.  legale  Luigi  Galliano,   che
 preliminarmente  eccepivano  il  difetto di giurisdizione della Corte
 dei conti e, nel merito, chiedevano il rigetto della domanda, perche'
 inammissibile, pretestuosa, generica per i  contenuti,  indeterminata
 quanto al presunto danno erariale.
   Con memoria depositata il 29 novembre 1996, si costituiva la sig.ra
 Elisabetta  Roveri,  a  mezzo  dell'avv. Nino Lo Presti, che eccepiva
 preliminarmente    l'incompetenza    territoriale    della    sezione
 giurisdizionale siciliana della Corte dei conti e nel merito rilevava
 l'infondatezza della domanda.
   All'udienza  fissata  dinanzi  al  giudice  unico  per la conferma,
 revoca o modifica del  sequestro,  il  p.m.  modificava  la  domanda,
 chiedendo  che  il provvedimento cautelare fosse emesso per l'importo
 di  lire  1.800.000.000,   comprensivo   dell'intero   danno,   della
 rivalutazione  monetaria  e degli interessi legali, nei confronti dei
 soli beni del sig. Cardella. Inoltre, chiedeva che il sequestro fosse
 esteso alle quote della Saman  S.r.l.  di  proprieta'  del  suddetto,
 sottratte  alla  garanzia patrimoniale attraverso la vendita fittizia
 alla Oiasa Company Limited di Valletta, avvenuta in data 9  settembre
 1996.
   Con  ordinanza n. 469/96 del 29 novembre 1996, il giudice designato
 revocava il sequestro ritenendo insussistente la giurisdizione  della
 Corte dei conti nei confronti di Cardella Francesco.
   Avverso   tale   ordinanza,  il  procuratore  regionale,  con  atto
 depositato il 5 dicembre 1996, proponeva reclamo.
   Con ordinanza n.  1/97,  la  sezione  giurisdizionale,  esclusa  la
 sussistenza  di  un  rapporto  di  servizio  tra  il  Ministero ed il
 Cardella, respingeva il reclamo.
   Nelle more del procedimento cautelare il procuratore regionale, con
 atto di  citazione  depositato  il  17  ottobre  1996,  conveniva  in
 giudizio  l'Associazione  Saman, in persona del legale rappresentante
 pro-tempore, nonche' Roveri Elisabetta e Cardella Francesco.
   Con memoria depositata il 12 maggio 1997, si costituiva in giudizio
 Elisabetta Roveri a mezzo dell'avv. Nino Lo Presti, il quale chiedeva
 l'assoluzione della sua assistita.
   Con memoria depositata il 15 maggio 1997, si  costituiva  Francesco
 Cardella  a  mezzo  degli avv.ti Liborio Sabatino e Giuseppe Bamonte,
 che riproponevano l'eccezione di difetto di giurisdizione della Corte
 dei conti.
   Con memoria depositata il 30 maggio 1997, si costituiva in giudizio
 l'Associazione Saman, in persona  del  presidente  del  consiglio  di
 amministrazione,  a  mezzo  degli  avvocati  Salvatore Grimaudo, Elio
 Esposito e Lucio Ambrosino che chiedevano  il  rigetto  di  tutte  le
 domande proposte.
   All'udienza  dibattimentale  il  p.m.  preliminarmente ha sollevato
 eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della  legge  n.
 19/1994,  per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella
 parte in cui consente  che  magistrati  che  hanno  fatto  parte  del
 collegio del reclamo formino successivamente il collegio del giudizio
 di  merito.  Nel  merito  ha  chiesto la condanna solidale di tutti i
 convenuti applicando alla Associazione Saman il potere riduttivo.   I
 difensori  dei  convenuti  si sono rimessi alla decisione della Corte
 per quanto attiene alla questione di legittimita' costituzionale; nel
 merito hanno ribadito le proprie difese.
                             D i r i t t o
   Il  fine  a  cui  tendono  gli  istituti  dell'astensione  e  della
 ricusazione  del  giudice e' quello di evitare che a giudicare sia un
 magistrato il quale, per l'esistenza  di  particolari  situazioni  di
 fatto,  espressamente  previste  dal  legislatore,  che  lo legano ai
 soggetti o all'oggetto della lite, si ritiene privo della  necessaria
 serenita'  di  giudizio  e  tale  da  poter  emettere  una  decisione
 favorevole o sfavorevole per una delle parti per ragioni  diverse  da
 quelle proprie della giustizia.
   Per  tale  ragione,  la  ratio  delle norme sull'astensione e sulla
 ricusazione  e'  comunemente  vista  nell'esigenza      di   tutelare
 l'imparzialita'  del  giudice,  intesa  come  terziera' rispetto agli
 interessi concretamente fatti valere nel processo.
   L'art. 51 n. 4 c.p.c.  prevede  che  il  giudice  ha  l'obbligo  di
 astenersi  quando  ha conosciuto della causa come magistrato in altro
 grado del  processo.  In  proposito  la  giurisprudenza  tradizionale
 ritiene  che  deve trattarsi di un diverso grado e non di una diversa
 fase,   relativa   allo   stesso   grado    del    procedimento    e,
 conseguentemente,  ha  escluso  l'obbligo di astensione, tra l'altro,
 per il giudice che ha emanato un provvedimento provvisorio, ai  sensi
 dell'art.  700  c.p.c. (cfr.  trib. Milano ord. 9 novembre 1981, foro
 it. 1981, 1, 2997).
   Tale interprestazione appare indubbiamente corretta  in  quanto  le
 ipotesi  di  cui all'art. 51 c.p.c. comportano una deroga alle regole
 generali sulla  competenza  ed  ai  criteri  di  precostituzione  dei
 giudici   stabiliti   dalle  tabelle  di  composizione  degli  uffici
 giudiziari.     Esse,  quindi,  sono   tassative,   non   estensibili
 analogicamente,  al  di  la'  dei casi presi in considerazione, e non
 suscettibili di interpretazione estensiva.
   Cio' posto, questo giudice dubita della legittimita' costituzionale
 della norma, di cui all'art. 51 c.p.c., laddove limita il  dovere  di
 astensione  del giudice alle ipotesi di previa conoscenza della causa
 in altro grado  del processo e non anche nel  caso  in  cui  egli  ne
 abbia  conosciuto  per aver adottato un provvedimento d'urgenza nella
 fase cautelare, come e' avvenuto nel caso in ispecie  in  cui  alcuni
 componenti del collegio hanno fatto parte del collegio del reclamo.
   La  Corte  costituzionale,  con  riferimento al processo penale, ha
 ritenuto che il principio della terzieta'  del  giudice  puo'  essere
 minato  anche  dalla  c.d. "forza della prevenzione", che consiste in
 quello naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso  o  un
 atteggiamento  gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso
 procedimento (vedi sentenza Corte cost. 15 settembre 1995,  n.  432),
 qualora  un magistrato, prima della sua investitura quale giudice del
 giudizio,  abbia  provveduto  in  ordine  ad  una  misura   cautelare
 esprimendo  una valutazione contenutistica relativamente ai fatti che
 hanno rilevanza con il merito della questione.
   In questa sede di  prospetta  l'opinione  che  tale  principio  sia
 valido  anche  nel  campo  del  processo  civile,  le  cui norme sono
 direttamente applicabili al processo  contabile,  e  cio'  in  quanto
 anche  in  tale  settore  il  principio  di imparzialita' del giudice
 potrebbe essere condizionato dalla forza della prevenzione, quando il
 giudice, prima della causa, sia stato chiamato a pronunciarsi su  una
 istanza per la concessione di un provvedimento cautelare ovvero abbia
 conosciuto di esso in sede di reclamo.
   Infatti,  nel  processo  civile  la  concessione  del provvedimento
 cautelare,  pur  non  necessitando  della  prova  piena,   non   puo'
 prescindere  dall'esistenza  di  una  prova indiziaria; ed egualmente
 l'accertamento  del  fumus  boni  iuris  attendendo   a   circostanze
 afferenti  al merito della futura controversia, impone all'interprete
 di ritenere ugualmente contenutistica,  secondo  la  nozione  fornita
 dalla  stessa  Corte  costituzionale,  la  valutazione che il giudice
 civile e' tenuto a  compiere  prima  di  provvedere  in  ordine  alla
 concessione o meno del provvedimento cautelare.
   Pertanto,  la  mancata  previsione  del  dovere  di  astensione del
 giudice che abbia gia' conosciuto dei fatti  di  causa  in  una  fase
 precedente  a quella di merito, emanando un provvedimento come quello
 cautelare, che presuppone una valutazione contenutistica  del  merito
 del giudizio, rischia di compromettere i principi del giusto processo
 e di imparzialita' del giudice.
   Tale  imparzialita',  connaturata  all'essenza della giurisdizione,
 richiede che la funzione del giudicare sia assegnata ad  un  soggetto
 terzo,  non  solo  scevro  di  interessi  propri  ma anche sgombro di
 convinzioni  precostituite  in  ordine  alla  materia  del  decidere,
 formatesi  in  diverse  fasi  del  giudizio,  in occasione di fuzioni
 decisorie che egli sia stato chiamato a svolgere in precedenza.
   Conseguentemente,    mancando    tale    imparzialita',     rischia
 immancabilmente  di  essere  leso  il diritto di difesa salvaguardato
 dall'art. 24, comma secondo, della Costituzione.
   Poiche'   la   presente   causa   non    puo'    essere    definita
 indipendentemente  dalla questione di legittimita' costituzionale qui
 cennata.
                                P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  51  c.p.c. per contrasto con
 l'art. 24, comma secondo, della Costituzione, nei termini di  cui  in
 motivazione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, sospendendo il processo fino all'esito  del  giudizio
 incidentale di costituzionalita';
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e alle  parti  in
 causa,  e  comunicata  ai  Presidenti della Camera dei deputati e del
 Senato della Repubblica.
   Cosi' deciso in Palermo il 4 giugno 1997.
                   Il presidente: Todaro Marescotti
 97C1373