N. 901 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 febbraio - 19 dicembre 1997

                                N. 901
  Ordinanza   emessa   il   5  febbraio  1997  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 19  dicembre  1997)  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  del Lazio sul ricorso proposto da Raeli Vittorio contro il
 Consiglio di presidenza della Corte dei conti.
 Corte dei conti - Regione Sardegna -  Procedura  concorsuale  per  il
    conferimento  dell'incarico  di  componenti dell'Ufficio regionale
    del referendum - Limitazione della  partecipazione  esclusivamente
    ai  magistrati in servizio presso la sezione giurisdizionale della
    Corte  dei  conti  della   regione   Sardegna   -   Ingiustificato
    trattamento    di    privilegio    -   Incidenza   sul   principio
    dell'indipendenza dei giudici speciali - Violazione del  principio
    contenuto  nella  legislazione statale circa la ripartizione degli
    incarichi tra tutti i magistrati contabili  senza  limitazioni  di
    carattere oggettivo e generalizzato riferibili alla sede (d.lgs. 3
    febbraio 1993, n. 29 e d.P.R. 27 luglio 1995, n. 388).
 (Legge  regione  Sardegna  17  maggio 1957, n. 20, art. 6, sostituito
    dalla legge regione Sardegna 24 maggio 1984, n. 25, art. 2,  lett.
    d)).
 (Cost., artt. 3, 108 e 116).
(GU n.3 del 21-1-1998 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1650/96
 proposto dal dott. Vittorio Raeli, rappresentato e  difeso  dall'avv.
 Giovanni  Raeli  ed  elettivamente  domiciliato  presso lo studio del
 dott. Mario Angelelli  in  Roma,  viale  Carso  n.  23;  contro    il
 Consiglio  di  presidenza  della  Corte  dei  conti,  in  persona del
 presidente  pro-tempore,  rappresentato  e   difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato e domiciliato presso gli uffici della medesima
 in  Roma,  via  dei  Portoghesi,  n.  12;  per  l'annullamento  della
 deliberazione  del  consiglio  di presidenza della Corte dei conti in
 data 4/5 dicembre 1995,  con  cui  e'  stata  indetta  una  procedura
 concorsuale  classificata  "infungibile  per  sede"  e  riservata  ai
 magistrati in servizio presso la sezione giurisdizionale della  Corte
 dei  conti  della regione Sardegna, per il conferimento dell'incarico
 di componente dell'ufficio regionale del referendum: della  circolare
 n.  82/C/CP/201 del Consiglio di presidenza in data 11 dicembre 1995,
 nella parte in cui invita i magistrati in servizio presso la predetta
 sezione  giurisdizionale  a  dare  la  disponibilita'  eventuale   al
 conferimento dell'incarico ai sensi della legge regionale n. 20/1957;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 intimata;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udita alla pubblica udienza del 5 febbraio 1997  la  relazione  del
 consigliere Lucia Tosti;
   Udito    altresi    l'avvocato    dello    Stato    Cesaroni    per
 l'amministrazione;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Riferisce il ricorrente, magistrato in servizio presso  la  sezione
 giurisdizionale  della  Corte  dei conti per la regione Puglia che il
 Consiglio di presidenza con deliberazione adottata nell'adunanza  del
 4/5   dicembre   1995   ha   indetto   una   procedura   concorsuale,
 classificandola "infungibile per sede". riservata  ai  magistrati  in
 servizio  presso  la  sezione  giurisdizionale  della Corte dei conti
 nella   regione   Sardegna,  per  il  conferimento  dell'incarico  di
 componente dell'ufficio regionale del referendum ai sensi dell'art. 6
 della legge regionale della Sardegna 17 maggio 1957, n. 20.
   Con circolare n. 82 dell'11 dicembre 1995, in esecuzione di  quanto
 deliberato  dal Consiglio, solo tali magistrati sono stati invitati a
 far pervenire la propria disponibilita'.
   Ad avviso del ricorrente gli atti impugnati sono illegittimi per  i
 seguenti motivi:
     1)  violazione  dell'art.  58 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e
 dell'art. 2 del d.P.R. 27 luglio 1995, n. 388. Violazione dell'art.13
 della legge 27 aprile 1982, n. 186.
   Il consiglio di presidenza non poteva  legittimamente  classificare
 come   infungibile   per   sede   la  procedura  concorsuale  per  il
 conferimento dell'incarico, sia perche' la  "sede  di  servizio"  non
 figura tra i criteri applicabili in materia di incarichi, sia perche'
 il   criterio   stesso   sarebbe  contrario  al  principio  dell'equa
 ripartizione, determinando una ingiustificata limitazione  di  ordine
 territoriale;
     2)   eccesso   di   potere   per   travisamento  dei  fatti,  per
 incompletezza   dell'istruttoria,   per    contraddittorieta',    dei
 provvedimenti   e   per   violazione  di  circolare,  nel  senso  che
 l'istruttoria della  pratica  sarebbe  lacunosa,  non  essendo  stati
 acquisiti  gli ulteriori elementi che il ricorrente si era offerto di
 fornire. L'amministrazione inoltre non avrebbe  considerato  che  con
 precedente  determinazione aveva disposto di classificare solo in via
 provvisoria,  e  senza  prestare  acquiescenza   alcuna   alle   tesi
 limitative  della  competenza  del  consiglio, tutti gli incarichi in
 Sicilia ed in Sardegna come infungibili per sede.
   Secondo i principi fissati dallo stesso consiglio  nella  circolare
 n.  74/90  per  individuare  la differenza tra incarichi fungibili ed
 infungibili,  i  criteri  preferenziali  per  definire  un   incarico
 infungibile sono solo quelli del "possesso di particolari requisiti o
 di  specifiche  professionalita'",  senza alcun accenno alla "sede di
 servizio";
     3) violazione della legge 17 aprile 1988, n. 117  e  del  decreto
 legislativo  n.  29/1993,  poiche'  tali  norme avrebbero innovato lo
 status e le garanzie dei magistrati della Corte dei conti, escludendo
 nella materia qualsiasi altra competenza, con  abrogazione  implicita
 di  ogni  precedente  norma  incompatibile con tale sistema, compreso
 l'art. 6 della l.r. 17  maggio  1957,  n.  20  nel  testo  sostituito
 dall'art.   2 della l.r. 24 maggio 1984, n. 24. Ulteriore  indizio di
 abrogazione implicita sarebbe rinvenibile nell'art.  74  del  decreto
 legislativo   n.   29/1993   stante  l'incompatibilita'  della  norma
 regionale con l'art.  58, comma 5, nella parte in cui dispone  che  i
 conferimenti degli
  incarichi   devono  essere  operati  "secondo  criteri  oggettivi  e
 predeterminati, che tengano conto della specifica  professionalita'";
     4) violazione degli artt. 3, 5, 16, 51, 100, 108, 116 e 120 della
 Costituzione.
   I  provvedimenti  sarebbero  viziati  da  illegittimita'   derivata
 dall'illegittimita'  costituzionale  della richiamata norma regionale
 per violazione del principio di uguaglianza;  prevedendo  limitazioni
 in  ordine  alla  sede  territoriale  (art.  3),  per  violazione del
 principio di unita' ed indivisibilita' della Repubblica (art. 5), per
 violazione  del  principio  che  tutela  la  libera  circolazione dei
 cittadini (art. 16), per violazione del principio  che  garantisce  a
 tutti  i  cittadini  l'accesso  ai pubblici concorsi in condizioni di
 eguaglianza (art. 51), per violazione del principio  di  indipendenza
 dei   magistrati   e  della  riserva  di  competenza  dell'organo  di
 autogoverno (artt. 107 e 108), per violazione della riserva di  legge
 in  materia  di  status  dei magistrati (art. 116), del principio che
 vieta alle regioni di limitare il diritto dei cittadini di esercitare
 la loro professione in qualunque parte del territorio nazionale (art.
 120, commi 2 e 3).
   Con successiva memoria il ricorrente ha evidenziato nuovi  elementi
 di  fatto  sopravvenuti che confermerebbero la fondatezza del secondo
 motivo.  Il  Consiglio  di   presidenza   in   data   successiva   ai
 provvedimenti  impugnati,  con la delibera n. 129/96, avrebbe infatti
 adottato nuovi  criteri  per  il  conferimento  degli  incarichi,  in
 conformita'  al  precetto  normativo del decreto del Presidente della
 Repubblica n. 388/1995, omettendo  ogni  riferimento  agli  incarichi
 infungibili  per  sede  e  successivamente  avrebbe  esteso a tutti i
 magistrati della Corte dei conti  la  partecipazione  alle  procedure
 concorsuali  per  il  conferimento di incarichi c.d. "infungibili per
 sede"; con altra determinazione avrebbe deciso di  non  resistere  al
 ricorso  proposto  dal  dott.  Raeli  e  di aderire alla questione di
 legittimita' costituzionale.
   La causa alla  pubblica  udienza  del  5  febbraio  1997  e'  stata
 trattenuta in decisione.
                             D i r i t t o
   1.  - La questione di diritto sottoposta al collegio consiste nello
 stabilire se il Consiglio di presidenza della Corte dei conti abbia o
 no legittimamente disposto di limitare la scelta  dei  magistrati  ai
 quali  conferire l'incarico di componente dell'Ufficio del referendum
 nella regione Sardegna ai  soli  magistrati  in  servizio  presso  la
 sezione giurisdizionale della Corte dei conti della regione stessa.
   2.  -  Il  provvedimento  impugnato  e' immediatamente lesivo della
 posizione soggettiva vantata dal ricorrente  nella  sua  qualita'  di
 magistrato  della  Corte  dei  conti  in  servizio  presso la sezione
 giurisdizionale della Corte dei conti della regione  Puglia,  poiche'
 gli impedisce di concorrere al conferimento dell'incarico.
   3.  - Valutati i motivi dedotti a sostegno del ricorso, deve essere
 esaminato per primo  quello  con  il  quale  l'interessato  prospetta
 l'illegittimita'    derivata   dei   provvedimenti   impugnati,   per
 ilIegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge  della  regione
 Sardegna  n. 20 del 17 maggio 1957, come sostituito dall'art. 2 della
 l.r. 24 maggio 1984, n. 25, limitatamente alla parte della censura in
 cui si sostiene l'incompetenza della regione in ordine  alle  materie
 attinenti  lo  status  dei magistrati contabili per contrasto con gli
 artt. 108, 116 e 3 della Costituzione.
   Gli  altri   profili   di   incostituzionalita'   prospettati   con
 riferimento  agli  artt. 5, 16, 51 e 120, commi secondo e terzo, sono
 invece manifestamente infondati  poiche'  la  norma,  atteso  il  suo
 specifico  contenuto  precettivo, non viola i principi dell'unita' ed
 indivisibilita'  della  Repubblica,  della  libera  circolazione  dei
 cittadini,  del  libero  accesso ai pubblici uffici, ne' esorbita dai
 limiti al potere legislativo regionale previsti dalla Costituzione.
   Cio' posto e' pacifico che l'interpello del Consiglio di presidenza
 rappresenta  la diretta applicazione della norma regionale sospettata
 di incostituzionalita'.
   Dispone la norma  alla  lettera  d)  che  l'Ufficio  regionale  del
 referendum,   la   cui  nomina  spetta  al  presidente  della  Giunta
 regionale, sia composto,  tra  gli  altri,  da  un  magistrato  della
 sezione  giurisdizionale  sarda  della Corte dei conti, designato dal
 presidente della sezione stessa.
   L'organo  di  autogoverno  nell'adunanza  del  gennaio  1990,   nel
 deliberare  i  criteri  per  attribuire gli incarichi su designazione
 della Corte, aveva introdotto la distinzione tra incarichi furigibili
 ed infungibili.  Per l'attribuzione dei secondi si richiedeva solo il
 possesso di particolari requisiti o di  specifiche  professionalita',
 destinate  ad operare come criteri preferenziali per la scelta previo
 interpello, senza alcun riferimento al limite oggettivo della sede.
   Nella successiva adunanza del novembre 1993 il Consiglio deliberava
 tuttavia l'integrazione di tali criteri, sia pure "in via  del  tutto
 provvisoria" ed in attesa dell'emanazione del regolamento ex art.  58
 del  decreto  legislativo n. 29/93, classificando tutti gli incarichi
 per la partecipazione in organi collegiali e  di  controllo  di  enti
 pubblici  regionali  della Sicilia e della Sardegna come "infungibili
 per sede".
   Il provvedimento e' stato adottato in applicazione ditali criteri e
 prima  che  lo  stesso  Consiglio,  con  deliberazione  n.  129/CP/96
 dell'11/12  marzo e 25/26 marzo 1996, provvedesse al loro adeguamento
 alle disposizioni regolamentari contenute nel d.P.R. 27 luglio  1995,
 n.   388,   in   modo  da  escludere  la  categoria  degli  incarichi
 "infungibili per sede".
   3.1. - La questione e' dunque rilevante  poiche'  il  Consiglio  di
 presidenza,  attesa  l'inequivoca  formulazione  della  norma  ed  in
 presenza dei richiamati criteri, non poteva non limitare l'interpello
 ai soli magistrati espressamente previsti dalla legge regionale.
   La   norma   regionale,   d'altro   canto,   non   puo'   ritenersi
 implicitamente  abrogata per effetto del combinato disposto dell'art.
 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117 e dell'art. 13, secondo  comma,
 n.  3  della  legge  27  aprile  1982,  n.  186,  come  sostenuto dal
 ricorrente.
   La  disposizione  invocata,  nel  prescrivere   che   l'organo   di
 autogoverno  deliberi  "sul  conferimento  ai  magistrati  stessi  di
 incarichi estranei alle loro funzioni, in modo da assicurare  un'equa
 ripartizione  sia  degli  incarichi, sia dei relativi compensi" opera
 infatti  sul  diverso  piano  dell'attribuzione  di   competenze   al
 Consiglio  di  presidenza in materia di predeterminazione dei criteri
 di conferimento degli incarichi, al fine di assicurare la  loro  equa
 ripartizione.
   Ne  consegue  che,  dopo  l'entrata  in  vigore della norma, devono
 ritenersi  implicitamente   abrogate   solo   le   disposizioni   che
 anteriormente  affidavano  tale  specifico  potere a soggetti diversi
 dall'organo di autogoverno e dunque, nella specie,  l'art.  2,  lett.
 d),  nella  parte  in  cui  prevede  che  il presidente della sezione
 regionale designi il magistrato (cfr.   per un  caso  analogo  T.A.R.
 Sicilia Palermo, I sez. 22 aprile 1993, n. 43).
   La  norma  stessa non ha pero' un contenuto precettivo che comporti
 l'effetto dell'abrogazione implicita anche delle  leggi  dello  Stato
 che  prevedono  tali incarichi od introducano, come nella specie, dei
 limiti oggettivi alla loro attribuzione.
   Queste  ultime  rappresentano infatti il presupposto dell'esercizio
 del potere  di  conferimento  degli  incarichi,  sicche'  l'eventuale
 contrasto  va  ricercato assumendo a parametro il sistema delle norme
 che regola lo status dei magistrati con riferimento agli incarichi e,
 se esistente deve essere risolto dal giudice delle leggi.
   3.2. -  La  questione,  nei  limiti  sopra  delineati,  non  appare
 manifestamente infondata.
   Al  riguardo  occorre  risalire  all'art. 2, primo comma, lett. p),
 della legge 23 ottobre 1992, n. 241, con il quale si e'  disciplinata
 la  delega  al  Governo  ad  emanare  norme  dirette  tra  l'altro  a
 "prevedere che  qualunque  tipo    di  incarico  a  dipendenti  della
 pubblica   amministrazione"   potesse   essere   conferito  "in  casi
 rigorosamente  predeterminati".
   Il decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993, nell'attuare tale
 delega ha formulato l'art. 58 che, dopo aver sancito al secondo comma
 il  divieto  per  le  pubbliche  amministrazioni  di   conferire   ai
 dipendenti incarichi non compresi nei compiti e doveri d'ufficio, che
 non  siano  espressamente  previsti  o  disciplinati da legge o altre
 fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati, ha  preso
 in  considerazione  al  terzo  comma,  tra  gli  altri,  i magistrati
 contabili prevedendo che, per gli stessi, l'applicazione della  norma
 di  carattere  generale contenuta nel secondo comma fosse subordinata
 all'emanazione di appositi regolamenti delegati ex art.  17,  secondo
 comma,  della  legge  n.  400/88  che determinassero, alla luce delle
 norme generali regolatrici della materia, "gli incarichi consentiti e
 quelli vietati" ai destinatari della norma.
   La previsione della legge e' stata  attuata  con  l'emanazione  del
 d.P.R.. 27 luglio 1995, n. 388 diretto testualmente a determinare gli
 incarichi  consentiti  e quelli vietati ai magistrati della Corte dei
 conti.
   Dopo aver riaffermato il  principio  che  gli  stessi  non  possono
 svolgere incarichi se non nei casi espressamente previsti dalle leggi
 dello  Stato  o  dal  regolamento stesso (art. 2, primo comma), vi si
 prevedono, all'art. 3, lett. h), tra gli incarichi consentiti, quelli
 "previsti da legge  dello  Stato  ...  con  specifico  riferimento  a
 magistrati   della   Corte  in  genere"  facendo  comunque  salve  le
 disposizioni generali dell'art. 2 che  rendono espliciti ed integrano
 i criteri generali contenuti nella legge di delega.
   In particolare al quarto comma dell'art. 2  si  ribadisce  che  gli
 incarichi  devono  essere  ripartiti  tra  "tutti i magistrati" senza
 discriminazioni o limitazioni di carattere oggettivo e  generalizzato
 riferibili alla sede.
   Le  fonti primarie e secondarie delegate, alle quali il legislatore
 ha  riservato  la  determinazione  delle  ipotesi  di  divieto  degli
 incarichi  ai  magistrati  contabili,  non contemplano pertanto tra i
 divieti  quelli  che,  come  nella  specie,  si  risolvano   in   una
 alterazione  dello  status  dei  magistrati stessi, introducendo come
 diretta conseguenza una ingiustificata disparita' di trattamento.
   Ne consegue che l'art. 2, lett.  d)  della  legge  regionale  della
 Sardegna  24  maggio  1984,  n. 25 e' sospetto di incostituzionalita'
 nella  parte  in  cui  riserva  solo  ai  magistrati  della   sezione
 giurisdizionale  sarda della Corte dei conti la possibilita di essere
 designati a far parte dell'Ufficio regionale del referendum, anziche'
 estendere  tale  possibilita'  a tutti i matristrati senza vincoli di
 sede.
                                P. Q. M.
   Visti  gli  artt.   134   della   Costituzione,   1   della   legge
 costituzionale  9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87, cosi' dispone:
     Sospende il giudizio sul ricorso n. 1650/96;
     Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge  regionale  della
 Sardegna  17  maggio  1957, n. 20 cosi' come sostituito dall'art.  2,
 lett. d), della legge regionale della Sardegna n. 25  del  24  maggio
 1984, in relazione agli artt. 3, 108 e 116 della Costituzione;
     Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
 costituzionale perche' possa pronunciarsi sulla predetta questione;
     Manda alla segreteria della sezione che la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  che  la stessa sia comunicata al Presidente della Camera
 dei deputati ed al presidente del Senato della Repubblica.
   Cosi' deciso in Roma alla camera di consiglio del 5 febbraio 1997.
                        Il presidente: Schinaia
                                       Il consigliere estensore: Tosti
 98C0014