N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 1996- 8 gennaio 1998

                                 N. 11
  Ordinanza   emessa   il   15  ottobre  1996  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  l'8  gennaio  1998)  dal   tribunale   amministrativo
 regionale  per  la  Toscana  sul ricorso proposto dalla Fina Italiana
 S.p.a. contro il comune di Prato ed altra.
 Idrocarburi - Regione Toscana - Impianti di distribuzione  automatica
    di  carburanti  per  uso  autotrazione  - Attribuzione alla giunta
    comunale degli atti  concessori  o  di  autorizzazione  -  Mancata
    previsione della competenza dei consigli comunali - Violazione del
    riparto  della  competenza  tra  consiglio  e  giunta comunale con
    incidenza sul principio di autonomia degli enti territoriali.
 (Legge regione Toscana 31 ottobre 1985, n. 61, art. 1,  terzo  comma,
    sostituito dalla legge regione Toscana 20 giugno 1992, n. 27).
 (Cost.,  artt.  117  e  128 in relazione alla legge 8 giugno 1990, n.
    142, art. 32, comma 2, lett. f)).
(GU n.5 del 4-2-1998 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  3983/1995
 proposto  dalla Fina Italiana S.p.a. rappresentata e difesa dall'avv.
 Renato Salimbeni ed elettivamente domiciliata  presso  lo  stesso  in
 Firenze,  via  degli  Artisti  n.  20;  contro  il  comune  di  Prato
 costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti  Andrea
 Sansoni  e  Luca  Poli  ed elettivamente domiciliato presso lo studio
 dell'avv.to Flavia Pozzolini in Firenze, via degli Artisti, 20; e  la
 regione Toscana, in persona del presidente pro-tempore, rappresentata
 e  difesa  dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato ed elettivamente
 domiciliata presso la stessa in Firenze, via degli  Arazzieri  n.  4;
 per  l'annullamento,  previa sospensione, del provvedimento sindacale
 28 settembre 1995, n. 50596 nonche' di ogni altro atto  connesso  e/o
 conseguente ancorche' incognito ed in particolare della delibera g.m.
 21  aprile 1995, n. 1136, della delibera consiliare 20 marzo 1990, n.
 579, delle delibere della g.r.  4 ottobre 1993, n. 8849 e  27  aprile
 1994,  n.  3652,  occorrendo, in parte qua, del piano regionale sulla
 rete degli impianti carburanti di cui alla delibera c.r.  24  gennaio
 1985, n. 50, e successive modifiche;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune e della regione
 intimati;
   Viste  le  memorie  prodotte  dalle  parti a sostegno delle proprie
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi, altresi', gli avv.ti A. Ghelli delegato da R. Salimbeni e A.
 Sansoni alla pubblica udienza del 15 ottobre 1996;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                           Premesso in fatto
   Attraverso il ricorso in esame, notificato il 17 novembre  1995  si
 impugnano  -  per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari
 profili - l'ordinanza sindacale n. 50596 del 28 settembre  1995,  con
 cui  viene  ordinata  la  chiusura  dell'impianto di distribuzione di
 carburante, gestito dalla societa' ricorrente,  nonche',  quale  atto
 presupposto,  la  delibera  della giunta municipale di Prato n.  1136
 del  21 aprile 1995, con la quale si annullava la precedente delibera
 della stessa giunta n. 528 del 4 marzo 1993.
   Entrambe le delibere di g.m. sopra citate si inseriscono nella fase
 attuativa del "Piano regionale di razionalizzazione della rete  degli
 impianti  stradali per erogazione di carburante per uso autotrazione"
 - approvato con delibera  consiliare  n.  50  del  24  gennaio  1985,
 integrata  con  delibera di c.r. 10 ottobre 1989, n. 43 - nonche' del
 "Programma comunale per la ristrutturazione della rete degli impianti
 stradali di erogazione carburanti  per  autotrazione",  adottato  con
 delibera  consiliare  n. 579 del 20 marzo 1990, ai sensi dell'art. 16
 della delibera del consiglio della regione Toscana n. 431/1989 cit.
   Con la prima delibera (n. 528/1993), in particolare,  la  ricordata
 giunta  municipale  di  Prato  -  enunciata  la propria competenza in
 materia ai sensi dell'art. 1 della l.r. 31  ottobre  1985,  n.  61  -
 deliberava  di  rinnovare  "per il periodo strettamente necessario al
 trasferimento, le concessioni  relative  agli  impianti  esistenti  e
 funzionanti,  venute  o  prossime  a scadenza" per le quali non fosse
 possibile procedere "al rinnovo diciottennale  per  contrasto  con  i
 disposti del piano di ristrutturazione".
   Nella  seconda delibera (n. 1136/1995, ora oggetto di impugnativa),
 la  medesima  giunta  annullava  l'anzidetta  proroga,   perche'   in
 contrasto  con  l'art.  3, comma 2, della delibera della giunta della
 regione Toscana n. 50/1985, e demandava al sindaco "l'emissione delle
 ordinanze relative alla chiusura degli impinati ... in condizioni  di
 incompatibilita'  con  il  sito",  ed il trasferimento degli impianti
 "entro il 31  dicembre  1995,  termine  di  validita'  del  programma
 comunale",  ovvero  l'adeguamento  degli  impianti solo "parzialmente
 incompatibili"; veniva stabilito, inoltre,  il  termine  di  un  mese
 dalla   notifica   delle  ordinanze  sindacali  "per  procedere  allo
 smaltimento  delle  scorte  dei  prodotti  ed  alla  chiusura   degli
 impianti", ove detta chiusura fosse stata imposta dalle ragioni sopra
 enunciate.
   In  attuazione  del provvedimento sopra sintetizzato, il sindaco di
 Prato ha successivamente emesso numerose ordinanze - fra  cui  quella
 in  questa  sede  impugnata  -  di  chiusura  o  di adeguamento degli
 impianti, in corrispondenza di situazioni  di  fatto  assai  diverse:
 concessioni  gia' da tempo scadute o asseritamente gia' rinnovate per
 18 anni, concessioni da considerare revocate  per  l'incompatibilita'
 del   sito   di   esercizio   dell'impianto   rispetto   alla   nuova
 pianificazione, concessioni per le quali si invoca un  giusto  titolo
 ad  ulteriore  proroga,  avendo  il  comune indicato - per i previsti
 trasferimenti  -  nuovi  luoghi   di   insediamento   conformi   alla
 pianificazione  ma  non  ancora  disponibili (ad esempio, per mancata
 realizzazione della sede stradale); non mancano, infine, casi  i  cui
 il  trasferimento  dell'impianto  e' condizionato solo ad adempimenti
 amministrativi, che lo stesso comune tarda a compiere.
   Nel caso di specie il rinnovo della concessione - scaduta nel  1994
 -  si sarebbe verificato per silenzio-assenso a seguito di domanda di
 rinnovo presentata il 29 ottobre 1993, in base al combinato  disposto
 dell'art.  20  legge  n.  241/1990 e del decreto del Presidente della
 Repubblica  n.  407/1994.  Il   comune   resistente   nega,   invece,
 l'assentibilita'    della    concessione    di   cui   trattasi   per
 silenzio-assenso, e segnala l'inerzia della societa' interessata  che
 -  pur  essendo  al corrente delle condizioni di incompatibilita' del
 rito  in  rapporto  alla nuova programmazione per gli impianti di cui
 trattasi - non si sarebbe in alcun modo attivata, per trasferire  gli
 impianti  stessi  in  una  delle  numerose  aree compatibili indicate
 dall'amministrazione.
   Ogni valutazione di merito,  tuttavia,  appare  condizionata  dalla
 eccepita  incompetenza  del  sindaco  ad  emanare  l'atto  impugnato,
 attenendo tale atto a materia  concessoria,  riservata  al  consiglio
 comunale  ex art. 32, comma 2, lett. f), legge 8 giugno 1990, n. 142;
 la questione di competenza, tuttavia, deve essere valutata anche alla
 luce della l.r.T. 31 ottobre 1985, n. 61, nel  testo  sostituito  con
 l.r.  20  giugno  1992,  n.  27, che nell'art, 1, comma 3, affida "il
 rilascio  delle  concessioni  o  delle  autorizzazioni  agli   aventi
 diritto",  nella  materia  di  cui trattasi, alla giunta comunale: la
 questione  di  competenza,   pertanto,   assurge   a   questione   di
 costituzionalita'  della  legge  regionale,  in  rapporto  a principi
 fondamentali  inerenti  la  struttura  organizzatoria   e   operativa
 dell'ente  territoriale  minore, secondo le disposizioni della citata
 legge dello Stato.
                         Considerato in diritto
   La questione appare rilevante - in  quanto  investe  la  competenza
 (oggetto  di  specifico  motivo  di  gravame) dell'Autorita' emanante
 l'atto presupposto, impugnato insieme  a  quello  conseguenziale,  di
 modo  che  il giudizio non puo' essere definito, indipendentemente da
 una risposta della suprema  Corte  in  ordine  alla  conformita'  del
 citato  art.  1  della  legge  regione  Toscana  n.  61/1985  -  come
 modificata con legge regionale n. 27/1992 -  agli  artt.  117  e  128
 della Costituzione.
   La  suddetta  questione  di costituzionalita' risulta, inoltre, non
 manifestamente infondata, ove si consideri che l'art.  32,  comma  2,
 lett.  f),  della legge 8 giugno 1990, n. 142 cita espressamente, fra
 le competenze dei consigli  comunali  "la  concessione  dei  pubblici
 servizi".
   La  regione  Toscana,  invece, ha statuito che gli atti concessori,
 inerenti gli impianti di distribuzione automatica di  carburanti  per
 uso  autotrazione,  siano "de1iberati dalla giunta comunale, ai sensi
 dell'art. 35 della legge 8 giugno 1990, n. 142", (cfr. art. 1,  comma
 3, l. reg. cit.).
   Il  rinvio  all'art.  35 della legge statale sulle autonomie locali
 (articolo che disciplina le competenze  delle  giunte  comunali)  non
 appare  tuttavia  pertinente:  la  giunta,  infatti,  e' investita di
 attribuzioni residuali, nelle materie non riservate  dalla  legge  al
 consiglio  comunale,  nonche'  di  funzioni attuative degli indirizzi
 generali, ovvero propositive e di impulso nei confronti del  medesimo
 consiglio.
   Il  diretto  esercizio della potesta', in materia di concessione di
 pubblici servizi (rilascio, revoca, rinnovo, proroga) non puo' dunque
 non ritenersi riservato dalla legge statale all'organo di indirizzo e
 di   controllo   politico-amministrativo   dell'Ente   locale,   data
 l'espressa   enunciazione   contenuta   al   riguardo   nel   dettato
 legislativo.
   Quanto sopra,  presumibilmente,  per  l'immediata  incidenza  della
 gestione  dei  servizi stessi sulla vita dei soggetti amministrati, e
 dunque per la stretta connessione delle vicende  concessorie  con  le
 attribuzioni  primarie  dell'Ente  in  questione, nello spirito - che
 puo' ritenersi  proprio  del  decentramento  autonomistico  -  di  un
 massimo  avvicinamento dell'organo-guida dell'Ente rappresentativo ai
 problemi concreti del territorio. La distribuzione del carburante, in
 particolare, e' materia di competenza statale, gestita dalle  regioni
 in  via  delegata,  ex  artt.  7  e 52 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616,
 nell'ambito degli indirizzi determinati dal Governo con  decreti  del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  in  attuazione  dei piani
 energetici nazionali approvati dal CIPE.
   La concessione per i singoli impianti ha  durata  diciottennale,  e
 deve  adeguarsi  a linee di indirizzo dettate - oltre che dal Governo
 sul piano programmatorio anzidetto - anche dagli enti locali (regione
 e comune) per  le  rispettive  aree  di  influenza.  La  materia,  in
 conclusione,  coinvolge  delicati  interessi pubblici a vari livelli,
 con diretta incidenza sui trasporti e la viabilita'.
   Tenuto  conto  di  quanto  sopra,  e'  praticamente   pacifico   in
 giurisprudenza    che    l'assenso    richiesto,    per   l'esercizio
 dell'attivita' di cui trattasi, abbia natura  di  concessione  di  un
 pubblico  servizio,  di  spettanza del consiglio comunale ex art. 32,
 comma 2, lett. f) legge n. 142/1990 - (cfr. in tal senso Cons. Stato,
 sez. V, 11 marzo 1995, n. 385 e 389; 8  febbraio  1995,  n.  213;  30
 ottobre 1993, n. 1127, 1129 e 1131; 4 novembre 1994, n. 1260, sez. VI
 30  dicembre  1992,  n. 1198 T.r.l.  Lazio, sez. II 9 giugno 1992, n.
 1459 e 4 novembre 1992, n. 2104; T.a.r. Lazio, sezione di Latina,  27
 aprile  1992,  n. 280; T.a.r. Lombardia, sezione di Brescia 20 luglio
 1993, n. 630 e 27 ottobre 1992, n.  1138;  T.a.r.  Campania,  Napoli,
 sez. I, 29 settembre 1993, n. 303).
   Isolata  sul  piano  dottrinale  e  giurisprudenziale  (cfr. T.a.r.
 Toscana, sez. III, 23 maggio 1995, n. 119) appare  la  tesi,  secondo
 cui  la potesta' concessoria spetterebbe al consiglio solo in ipotesi
 ben definite - concernenti pubblici servizi di carattere  prettamente
 locale, in base al combinato disposto degli artt. 22 e 32 della legge
 n.  142/1990 cit. - con conseguente competenza residuale della Giunta
 nella materia che e' oggetto del presente ricorso.
   La limitazione, in realta',  non  appare  compatibile  con  l'ampio
 dettato  della  norma  individuatrice  delle competenze del consiglio
 comunale, ne' con la ratio della  medesima,  che  -    come  gia'  in
 precedenza  sottolineato  -  mira a ricondurre la materia dei servizi
 pubblici  sotto  il  diretto  controllo  dell'organo   di   indirizzo
 politicoamministrativo   del   comune,   al   quale   irrazionalmente
 verrebbero sottratte le concessioni coinvolgenti interessi piu' ampi.
   Oggetto del precedente art.  22,  invece,  e'  la  definizione  dei
 moduli  gestionali  dei  servizi  pubblici  affidati ai comuni e alle
 province, e  la  statuizione  -  in  armonia  con  l'art.  118  della
 Costituzione  -  di  una  riserva  di  legge per l'individuazione dei
 servizi che i citati enti possono gestire "in via esclusiva".
   Proprio in una materia che, come quella in esame,  coinvolge  anche
 profili  di pianificazione a livello sovracomunale, d'altra parte, il
 rilascio, la proroga e la revoca delle singole concessioni - per  gli
 spazi  di intervento discrezionale sussistenti al riguardo (cfr.  per
 il principio Corte cost. 24 giugno 1992, n. 301, Consiglio  Stato  VI
 n.  1198/92  cit.,  T.a.r.  Toscana, Sez. III 29 maggio 1993, n. 190;
 T.a.r. Lazio Sez. II 22 giugno 1993, n. 738) - esula  da  profili  di
 mera  attuazione,  coinvolgendo  scelte  che  opportunamente la legge
 statale riconduce alla medesima Autorita', preposta a  dettare  linee
 generali di indirizzo.
   Nella fattispecie, l'intero programma comunale - emesso nell'ambito
 della piu' ampia pianificazione in precedenza indicata, e scadente il
 31 dicembre 1995 - e' risultato condizionato (e, almeno in parte qua,
 inattuato)  a  seguito  di  provvedimenti  della giunta, che ha prima
 (delibera   n.  528/1993)  prorogato  senza  limiti  ben  precisi  le
 concessioni per la gestione di impianti, incompatibili  con  il  sito
 nell'ambito della nuova programmazione, e poi (delibera n. 1136/1995,
 ora  impugnata) ha annullato la precedente determinazione, rimettendo
 al  sindaco  l'immediata  chiusura  o  l'adeguamento  degli  impianti
 incompatibili,   senza   valutazioni  caso  per  caso  (in  ordine  a
 concessioni gia' scadute, o rinnovate ma da revocare, o a  situazioni
 in  cui  il  trasferimento fosse di fatto condizionato da adempimenti
 comunali) e senza alcun apprezzamento di carattere generale, circa la
 sufficienza e la razionalita' della rete di distribuzione residua.
   Nella situazione in esame, in  altre  parole,  risulta  evidenziato
 come  la  potesta'  da  esercitare  nel  settore  di  cui  trattasi -
 indipendentemente dalle ragioni sussistenti (o meno) nel caso singolo
 - sia strettamente legata a scelte e indirizzi di portata generale.
   Tali scelte e indirizzi, d'altra parte, sono rimessi  con  l'intera
 materia concessoria alla giunta dal piu' volte ricordato art. 1 della
 legge  regionale  n.  61/1985, come modificato con legge regionale n.
 27/1992, ad avviso del collegio in contrasto con la  ripartizione  di
 competenze,  di cui all'art. 32 comma 2, lett. f) legge n. 42/1990, e
 quindi con gli artt. 117 e  128  della  Costituzione,  investendo  la
 struttura     organizzatoria    dell'Ente    territoriale    principi
 fondamentali, da rinvenire in leggi dello stato, e dovendo discendere
 da queste ultime l'ordinamento dell'autonomia degli enti territoriali
 minori.
   In base alla ricordata legge n. 142/1990, con particolare  riguardo
 alla  disciplina contenuta nell'art. 3, si puo' infatti convenire che
 spetta alla regione il ruolo di "centro propulsore e di coordinamento
 dell'intero sistema delle autonomie locali", ma  nel  rispetto  delle
 funzioni  e  delle  competenze  predeterminate con leggi dello Stato,
 come si evince appunto dall'art. 128 della Costituzione da leggere in
 parallelo ai precedenti artt. 117 e 118  (cfr.  per  alcuni  principi
 Corte cost. 15 luglio 1991, n. 343).
                                P. Q. M.
   Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,   1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 e seguenti  della  legge  11
 marzo 1953, n.  87;
   Ritenuta  rilevante  e  non manifestamente infondata - in relazione
 agli  artt.  117  e  128  della  Costituzione  -  la   questione   di
 costituzionalita'  dell'art.  1,  comma  3, della legge della regione
 Toscana 31 ottobre 1985, n. 61, nel  testo  sostituito  con  l.r.  20
 giugno 1992, n. 27, nella parte in cui affida alla giunta comunale il
 rilascio  delle  concessioni o autorizzazioni agli aventi diritto, in
 materia di impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso
 autotrazione, in contrasto con l'attribuzione di  competenze  di  cui
 all'art. 32, comma 2, lett. f) legge 8 giugno 1990, n. 142;
   Dispone   la  trasmissione  della  presente  ordinanza  alla  Corte
 costituzionale;
   Sospende, in attesa della decisione, il presente giudizio;
   Ordina alla segreteria della  sezione  di  notificare  la  presente
 ordinanza alle parti nonche' al presidente della giunta della regione
 Toscana  e  al  presidente  del  consiglio  regionale  della medesima
 regione.
     Cosi' deciso in Firenze, il 23 gennaio 1997.
                        Il presidente: Massacesi
                                       Il consigliere est.: De Michele
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