N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 1997

                                N.  67
  Ordinanza emessa il 10 dicembre 1997 dalla Corte d'assise di  Napoli
 sull'istanza proposta da D'Alessandro Nicola
 Processo  penale  - Interrogatorio della persona in stato di custodia
    cautalare in carcere  -  Obbligo  di  procedere  immediatamente  e
    comunque  non  oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della
    custodia, anche dopo la trasmissione degli  atti  al  giudice  del
    dibattimento  -  Mancata  previsione  -  Lesione  del principio di
    eguaglianza - Contrasto con le norme di diritto internazionale  in
    materia  -  Violazione  del  diritto  di difesa - Riferimento alla
    sentenza n. 77/1997 della Corte costituzionale.
 (C.P.P. 1988, art. 294, comma 1).
 (Cost., artt. 3, 10 e 24).
(GU n.7 del 18-2-1998 )
                           LA CORTE D'ASSISE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nel  procedimento  n.  64/1997
 r.g.  c.  ass.  a carico di D'Alessandro Nicola, nato a Villa Literno
 (Caserta) il 18 settembre 1958, detenuto nella casa circondariale  di
 Latina  (anzi  Carinola),  imputato,  del  delitto  di  cui  all'art.
 416-bis, 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 comma, cod. pen., per avere partecipato
 ad una associazione di tipo mafioso denominata "clan  dei  Casalesi",
 promossa,  diretta ed organizzata, prima, da Bardellino Antonio (anni
 1981-1988), poi, da  Francesco  Schiavone  di  Nicola,  da  Francesco
 Bidognetti,  da  Iovine  Mario  e da De Falco Vincenzo (1988-1991) ed
 infine da Francesco Schiavone di Nicola e  da  Francesco  Bidognetti,
 che, operando sull'intera area della provincia di Caserta ed altrove,
 si  avvale  della  forza di intimidazione del   vincolo associativo e
 della condizione di assoggettamento ed omerta' che ne deriva, per  la
 realizzazione dei seguenti scopi:
     il  controllo  delle  attivita'  economiche,  anche attraverso la
 gestione  monopolistica   di   interi   settori   imprenditoriali   e
 commerciali;
     il rilascio di concessioni ed autorizzazioni amministrative;
     l'acquisizione di appalti e servizi pubblici;
     l'illecito  condizionamento  dei  diritti  politici dei cittadini
 (ostacolando  il  libero  esercizio  del  voto,  procurando  voti   a
 candidati  indicati dall'organizzazione in occasione di consultazioni
 elettorali)  e,  per   tale   tramite,   il   condizionamento   della
 composizione    e    delle   attivita'   degli   organismi   politici
 rappresentativi locali;
     il  condizionamento   delle   attivita'   delle   amministrazioni
 pubbliche, centrali e locali;
     il   reinvestimento  speculativo  in  attivita'  imprenditoriali,
 immobiliari,  finanziarie  e  commerciali  degli   ingenti   capitali
 derivanti  dalle  attivita'  delittuose,  sistematicamente esercitate
 (estorsioni in danno di imprese affidatarie  di  pubblici  e  privati
 appalti  e  di  esercenti attivita' commerciali, traffico di sostanze
 stupefacenti, truffe in danno della CEE, usure ed altro);
     l'assicurazione della  impunita'  agli  affiliati  attraverso  il
 controllo,   realizzato,   anche  con  la  corruzione,  di  organismi
 istituzionali;
     l'affermazione del controllo egemonico sul territorio, realizzata
 anche  attraverso  la  contrapposizione  armata  con   organizzazioni
 criminose  rivali (nel tempo, la N.C.O. di Raffaele Cutolo, il gruppo
 Nuvoletta, il gruppo  Bardellino,  il  gruppo  De  Falco,  il  gruppo
 Caterino  ed  il  gruppo  Quadrano)  e  la  repressione  violenta dei
 contrasti interni;
     il conseguimento, infine, per se' e per gli  altri  affiliati  di
 profitti e vantaggi ingiusti;
 con  le aggravanti previste dai commi 4, 5 e 6 dell'art. 416-bis cod.
 pen., trattandosi di  una  associazione  armata  volta  a  commettere
 delitti,  nonche'  ad acquisire e mantenere il controllo di attivita'
 economiche, mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa.
   In provincia di Caserta ed altre parti  del  territorio  nazionale,
 reato accertato fino al febbraio-marzo 1996.
                            Fatto e diritto
   In  data  19 novembre 1997 la direzione della Casa circondariale di
 Latina trasmetteva a questa Corte  l'istanza  prodotta  dal  detenuto
 D'Alessandro  Nicola fu Tammaro, nato a Villa Literno (Caserta) il 18
 marzo 1958, indagato in virtu' dell'ordinanza di  custodia  cautelare
 in carcere n. 16057/R/96 reg. p.m. e 8457/96B reg. g.i.p., emessa dal
 g.i.p.  presso  il  tribunale  di  Napoli, sezione seconda, in data 3
 febbraio 1997.
   Nell'istanza  il  D'Alessandro  deduceva  di essere detenuto dal 12
 novembre 1997; chiedeva di essere scarcerato perche' erano  trascorsi
 sei giorni senza che egli fosse stato sentito dal giudice competente.
   Il  p.m., in data 28 novembre 1997, formulava parere contrario alla
 istanza di scarcerazione. Egli faceva riferimento alla sentenza della
 Corte costituzionale in data 24 marzo-3 aprile 1997, con la quale era
 stata dichiarata l'illegittimita' dell'art. 294, comma 1, cod.  proc.
 pen., nella parte in cui non  prevede  che,  fino  alla  trasmissione
 degli   atti   al   giudice  del  dibattimento,  il  giudice  proceda
 all'interrogatorio della persona in stato di  custodia  cautelare  in
 carcere   immediatamente   e,   comunque,  non  oltre  cinque  giorni
 dall'inizio di esecuzione della custodia. Poneva in rilievo che,  nel
 caso in esame, alla data del 13 novembre 1997, in cui il D'Alessandro
 era  stato  arrestato,  gli  atti  del procedimento, relativamente al
 quale era stata emessa l'ordinanza di custodia cautelare, erano  gia'
 stati trasmessi a questa Corte.
   Osserva  la  Corte  che, effettivamente, il g.i.p. del tribunale di
 Napoli, che in  data  3  febbraio  1997  aveva  omesso  ordinanza  di
 custodia  cautelare  in  carcere  nei  confronti  del D'Alessandro ha
 disposto, con decreto in data 16 luglio 1997, il  rinvio  a  giudizio
 dell'imputato   avanti   a   questa   Corte.   Gli  atti  sono  stati
 successivamente trasmessi e sono  pervenuti  alla  cancelleria  della
 Corte d'assise in data 24 ottobre 1997.
   Il  caso  di  specie  non  rientra,  quindi, nella previsione della
 sentenza n. 77/1997 della Corte costituzionale, che si riferiva  alla
 diversa  ipotesi  dell'imputato  arrestato  prima  della trasmissione
 degli atti al giudice del dibattimento. Il D'Alessandro,  invero,  e'
 stato  arrestato  in  data  13  novembre 1997, allorche' gli atti del
 procedimento gia' si trovavano nella cancelleria di questa Corte.  La
 motivazione    della    sentenza   declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale precisa infatti che "ciascuno dei  giudici  a  quibus,
 per  ragioni  direttamente  collegabili al requisito della rilevanza,
 circoscrive   le    sue    doglianze    alla    mancata    previsione
 dell'interrogatorio nel periodo corrente fra la richiesta di rinvio a
 giudizio  e  la  conclusione  dell'udienza  preliminare"  e  che  "la
 questione, investendo le norme denunciate fino al termine  ultimo  di
 cognizione  del  giudice  per  le  indagini preliminari in materia di
 liberta' personale, si estende a coinvolgere la fase  ricompresa  tra
 la  richiesta di rinvio a giudizio e l'apertura della fase degli atti
 preliminari al dibattimento".
   Tanto premesso,  deve  ritenersi  che,  allo  stato  attuale  della
 legislazione,  l'istanza formulata dal D'Alessandro non ha fondamento
 normativo.
   L'istante invoca, in sostanza, il dispositivo  dell'art.  302  cod.
 proc.  pen.,  a  norma del quale "La custodia cautelare (disposta nel
 corso delle indagini preliminari) perde immediatamente  efficacia  se
 il  giudice  non procede all'interrogatorio entro il termine previsto
 dall'art. 294". A sua volta l'art. 294, nella  parte  che  interessa,
 dispone:  "Nel corso delle indagini preliminari il giudice, se non vi
 ha proceduto nel corso della udienza di convalida dell'arresto o  del
 fermo  di  indiziato  di  delitto,  procede  all'interrogatorio della
 persona in stato di custodia cautelare in  carcere  immediatamente  e
 comunque  non  oltre  cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della
 costudia, salvo il caso in cui sia assolutamente impedita".
   La  Corte  costituzionale  ha  eliminato  dalla norma dell'art. 302
 l'inciso "disposta nel corso delle indagini preliminari",  rendendola
 in  tal  modo  applicabile anche se la custodia sia stata disposta in
 una qualsiasi altra fase processuale. Non ha,  invece,  eliminato  le
 parole  "nel  corso delle indagini preliminari", con le quali si apre
 l'art. 294, comma 1, dello stesso codice,  limitandosi  a  dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale  della norma "nella parte in cui non
 prevede che,  fino  alla  trasmissione  degli  atti  al  giudice  del
 dibattimento,  il giudice proceda all'interrogatorio della persona in
 stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque  non
 oltre  cinque  giorni  dall'inizio  di esecuzione della custodia". Il
 rinvio tuttora operato dall'art. 302 al "termine  previsto  dall'art.
 294"   impedisce  quindi  la  perdita  di  efficacia  della  custodia
 cautelare fuori del "corso delle indagini preliminari" e del  periodo
 procedimentale  successivo  che si conclude con la trasmissione degli
 atti al giudice del dibattimento.
   Se,  in  altre  parole,  l'imputato   viene   arrestato   dopo   la
 trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, l'interrogatorio
 di garanzia non e' previsto e, quindi, la carcerazione puo' protrarsi
 senza  che  l'imputato debba essere immediatamente tradotto avanti ad
 un  giudice  che  rivaluti  le  condizioni  di  applicabilita'  della
 custodia cautelare.
   Tale  situazione, a parere di questa Corte, potrebbe determinare la
 persistenza di un contrasto dell'art. 294, comma 1,  con  i  principi
 della Carta costituzionale.
   La  Corte  costituzionale  ha,  invero,  recepito l'interpretazione
 secondo cui l'interrogatorio ex art.  294  del  codice  di  procedura
 penale  ha  la funzione di assicurare in termini brevi, attraverso il
 contatto diretto dell'indagato con il giudice e l'attivazione di  una
 immediata  possibilita'  di discolpa, l'acquisizione di ogni elemento
 utile per una urgente verifica della sussistenza dei presupposti  per
 l'applicazione  di  una  misura  cautelare; ha, anzi, specificato che
 tale verifica avviene "in un'ottica non sempre collegata al  contesto
 indiziario  a  carico,  assumendo  particolare  rilievo  le  esigenze
 cautelari che, proprio in forza  delle  dichiarazioni  dell'imputato,
 potrebbero  assumere  una piu' limitata valenza fino a determinare il
 giudice a rimettere l'imputato in liberta' avvero  ad  applicare  nei
 suoi  confronti  una  misura  gravosa".  Ha  ritenuto  la  Corte  che
 l'interrogatorio di garanzia, rappresentando una sorta  di  controllo
 successivo  sulla  legittimita'  tanto  da collegarsi direttamente al
 wright of habeas corpus, integrano, per l'imputato  in  vinculis,  il
 piu'  efficace  strumento  di  difesa  avente ad esclusivo oggetto la
 cautela disposta. Per questo motivo, nessun  rilievo  possono  avere,
 per  escludere la necessita' di quell'interrogatorio, la possibilita'
 che l'imputato ha di conoscere gli atti processuali, la previsione di
 interrogatori aventi altri fini, il potere attribuito al detenuto  di
 ottenere,  mediante  apposite  istanze  ex  artt. 299, 309 e 310 cod.
 proc.  pen.,  l'apertura  di  procedimenti  incidentali   di   natura
 cautelare  tendenti  ad  una  nuova valutazione dei presupposti della
 misura applicata.
   Ma, a questo punto, appare evidente che le stesse ragioni  poste  a
 fondamento della decisione della Corte costituzionale ricorrono anche
 nel caso in esame.
   Nella  fase degli atti preliminari al dibattimento (artt. 465 segg.
 cod. proc. pen.), come pure in quella degli atti introduttivi  (artt.
 484  segg.)  non  e'  previsto  alcun tipo di interrogatorio od esame
 dell'imputato. Nella fase successiva  dell'istruzione  dibattimentale
 sono  previste  le dichiarazioni spontanee (art. 494) e l'esame (art.
 503): in entrambi i casi l'imputato viene ascoltato sui fatti oggetto
 dell'imputazione e non gia' sui presupposti della misura cautelare in
 corso di applicazione.
   La durata della fase degli atti preliminari al dibattimento non  e'
 determinata  dalla  legge.  Nella  prassi applicativa, tuttavia, puo'
 accadere che l'intervallo fra la data in cui gli atti  pervengono  al
 giudice  del dibattimento e quello in cui si tiene realmente la prima
 udienza si protragga, a causa dell'intasamento dei ruoli e  di  altri
 motivi contingenti, anche per molti mesi.
   Il dibattimento vero e proprio, poi, solo eccezionalmente si svolge
 secondo  i  ritmi scanditi dall'art. 477. Nei c.d. maxiprocessi, poi,
 la  norma  innanzi  citata  e'  assolutamente  inapplicabile  ed   il
 dibattimento  puo'  durare anche anni (e' appena il caso di segnalare
 che il processo nel quale e' imputato il D'Alessandro  dovra'  essere
 celebrato  a carico di 76 imputati, tante essendo le persone rinviate
 al giudizio di questa Corte.
   Sulla  scorta  di  tali  considerazioni,   l'attuale   formulazione
 dell'art.   294, che limita l'obbligo dell'interrogatorio di garanzia
 al solo periodo delle  indagini  preliminari  e  lo  esclude  per  il
 successivo periodo degli atti preliminari al dibattimento e lo stesso
 dibattimento,  con  la  conseguente  inapplicabilita'  dell'art.  302
 all'imputato che venga arrestato, in  esecuzione  di  una  misura  di
 custodia  in  carcere  disposta  dal  g.i.p.,  nella  fase degli atti
 preliminari al dibattimento, appare in contrasto con gli artt. 3,  10
 e 24 della Costituzione.
   Quanto  all'art.  3, si verifica una disparita' di trattamento, del
 tutto ingiustificata, tra l'imputato arrestato  prima  che  gli  atti
 vengano  trasmessi  dal  g.i.p.  al giudice del dibattimento e quello
 arrestato dopo tale trasmissione.
   Quanto all'art. 10, la norma non si conforma alla  Convenzione  per
 la  salvaguardia  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
 del 1950 (entrata in vigore  per  l'Italia  nel  1955)  ed  al  Patto
 internazionale  relativo  ai  diritti  civili  e  politici  del  1966
 (entrato in vigore per l'Italia nel 1977), che, entrambe,  richiedono
 la piu' tempestiva presa di contatto.
   Quanto  all'art.  24,  e'  agevole  riscontrare  come  l'esclusione
 dell'interrogatorio di garanzia priva l'imputato  detenuto  del  piu'
 efficace  strumento  di difesa avente ad esclusivo oggetto la cautela
 disposta.  Una  piu'  approfondita  disamina  della   non   manifesta
 infondatezza  delle questioni innanzi poste non e' necessaria, avendo
 la Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n.  77  di  quest'anno,
 ritenuto  fondate  le  questioni  stesse  in  un caso sostanzialmente
 analogo. Per quanto, infine, attiene alla rilevanza delle  questioni,
 basta  rilevare  che  la Corte non puo' pronunziarsi sulla istanza di
 scarcerazione se non applicando la norma di cui viene  denunziata  la
 legittimita'   costituzionale;  se,  infatti,  la  questione  dovesse
 risultare infondata, l'istanza andrebbe rigettata;  se,  all'opposto,
 la  Corte  costituzionale  dovesse  dichiarare la incostituzionalita'
 della norma, ne conseguirebbe la scarcerazione dell'imputato.
                                P. Q. M.
   Letto  l'art.  23  della  legge  11  marzo 1953, n. 87 dichiara non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  294,  comma  1,  cod. proc. pen., limitatamente all'inciso
 "Nel corso delle indagini preliminari";
   Dispone  la  immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Sospende  il  giudizio  in  corso  sulla  istanza  di scarcerazione
 proposta in data 19 novembre 1997 dall'imputato D'Alessandro Nicola;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presenta  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Napoli, addi' 10 dicembre 1997
                         Il presidente: Lignola
 98C0119