N. 12 SENTENZA 28 gennaio - 5 febbraio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Tributi  in  genere  -  Imposta  sul  reddito  delle persone fisiche
 (Irpef) - Imputazione parziale del reddito  del  marito  alla  moglie
 priva di redditi propri - Inadeguatezza della normativa (peraltro non
 avente  efficacia retroattiva) relativa agli incrementi degli importi
 delle detrazioni per il coniuge a carico  e  dell'assegno  al  nucleo
 familiare  -  Lesione  del  principio  di  capcacita'  contributiva -
 Inadeguatezza della riforma legislativa in materia - Discrezionalita'
 del legislatore - Inammissibilita'.
 
 (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597; d.P.R. 29 settembre 1973, n.  597,
 art. 3; legge 28 dicembre 1995, n. 550, art. 3).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 29, 31 e 53).
 
(GU n.6 del 11-2-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Francesco GUIZZI;
  Giudici: prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO,    avv.
 Massimo  VARI,  dott. Cesare RUPERTO,  dott. Riccardo CHIEPPA,  prof.
 Gustavo ZAGREBELSKY,  prof. Valerio ONIDA,   prof. Carlo  MEZZANOTTE,
 avv. Fernanda CONTRI,  prof. Guido NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI,  prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3 del d.P.R.
 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta  sul
 reddito  delle  persone fisiche) e 3 della legge 28 dicembre 1995, n.
 550  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
 pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria  1996)),  promosso con
 ordinanza emessa il 22 febbraio 1996 dalla Commissione tributaria  di
 primo  grado  di  Genova sul ricorso proposto da Giancarlo Alberti ed
 altra contro l'Intendenza di finanza di Genova iscritta al n. 848 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 12  novembre  1997  il  giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  giudizio promosso dai coniugi Giancarlo Alberti e Luisa
 Franceschini contro la rettifica, operata  dall'Ufficio  distrettuale
 delle  imposte  dirette  di  Chiavari, nei riguardi delle denunce dei
 redditi  congiunte  da  loro  presentate  in  riferimento  agli  anni
 1981/1983  -  con  le quali si erano attribuiti la contitolarita' del
 reddito del marito, dividendolo  in  parti  uguali  ed  applicando  a
 ciascuno l'aliquota corrispondente alla meta' del reddito complessivo
 -  la  Commissione tributaria di primo grado di Genova, con una prima
 ordinanza  emessa  il  16  giugno   1994,   sollevo'   questione   di
 legittimita'  costituzionale  del  d.P.R.  29  settembre 1973, n. 597
 (Istituzione e disciplina  dell'imposta  sul  reddito  delle  persone
 fisiche)  -  ed  in particolare dell'art.   3 "nella parte in cui non
 prevede che il reddito del marito venga imputato in parte anche  alla
 moglie priva di redditi propri, al fine della imposizione tributaria,
 anziche'  essere  attribuito  al  solo coniuge produttore del reddito
 stesso",   in   riferimento  agli  artt.    3,  29,  31  e  53  della
 Costituzione.
   La questione fu dichiarata inammissibile con la sentenza n. 358 del
 1995,  in  quanto  questa  Corte,  pur  riconoscendo  che  "l'attuale
 trattamento  fiscale  della famiglia penalizza i nuclei monoreddito e
 le famiglie numerose con componenti  che  non  producono  o  svolgono
 lavoro  casalingo",  ha  ritenuto  che  i  rimedi  per  il necessario
 ristabilimento dell'equita' fiscale in  materia  e  la  tutela  della
 famiglia  sotto  questo  aspetto  non  potevano essere apprestati dal
 giudice delle  leggi  mediante  l'accoglimento  della  questione  nei
 termini in cui era proposta.
   Ora  la  Commissione  tributaria, con ordinanza del 16 giugno 1994,
 solleva nuovamente la questione, ricomprendendovi non solo il  d.P.R.
 29  settembre  1973,  n.  597  - e specificamente l'art. 3 - ma anche
 l'art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 550  (Disposizioni  per  la
 formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato (legge
 finanziaria 1996)), in riferimento, oltre che agli artt. 3, 29, 31  e
 53 della Costituzione, anche all'art. 24.
   Secondo il giudice rimettente:
     a)  i  dubbi  sollevati  in  dottrina  circa le conseguenze delle
 sentenze  della  Corte  che   dichiarano   l'inammissibilita'   della
 questione in quanto rientrante nella discrezionalita' del legislatore
 (che  comporterebbero  "il  pericolo  di  un  grave sovvertimento dei
 valori  costituzionali,  di  una  iperprotezione   dell'inerzia   del
 legislatore   e   di  una  abdicazione  della  funzione  della  Corte
 costituzionale come giudice delle leggi") sono "argomenti  nuovi  nel
 caso  specifico in quanto non sollevati nella precedente ordinanza di
 rimessione alla Corte, cosi' che la  questione,  sotto  questo  nuovo
 profilo argomentativo, appare riproponibile";
     b)  anche  la normativa introdotta in materia con la legge n. 550
 del 1995 al fine di  rispondere  al  precedente  monito  della  Corte
 appare  illegittima,  violando "i valori costituzionali della parita'
 di trattamento, della equita' fiscale e della tutela della famiglia":
 da  un  lato,  essendo  "rivolta  esclusivamente  al  futuro,  lascia
 completamente prive di tutela proprio quelle situazioni - come quella
 del  ricorrente  -  rispetto  a cui e' stato adito il giudice (e tale
 scelta appare anche contraria all'art. 24 della Costituzione, perche'
 vanifica la tutela  giurisdizionale  dei  diritti)";  dall'altro,  la
 Corte,  nella sentenza n. 358 del 1995, aveva indicato "la necessita'
 costituzionale di modificazioni di una certa ampiezza, con  implicita
 inadeguatezza,  secondo i parametri costituzionali di cui la Corte e'
 custode ed interprete, di soluzioni molto  piu'  limitate,  quale  e'
 appunto quella adottata";
     c)  una  delle  possibili  modalita'  di  intervento  della Corte
 costituzionale, non suggerita precedentemente,  e'  rappresentata  da
 una  sentenza  "additiva  di principio", cioe' dalla dichiarazione di
 incostituzionalita' accompagnata  dalla  fissazione  di  "un  termine
 entro cui il legislatore debba (e non soltanto possa) intervenire".
   2.  -  E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  concludendo  nel senso della manifesta inammissibilita' o, in
 subordine, dell'infondatezza della questione.
   Secondo  la  difesa  erariale,  con  la sentenza n. 358 del 1995 la
 Corte aveva precisato che il ristabilimento dell'equita' fiscale, pur
 necessario, non le competeva, spettando solo al legislatore, il quale
 e' in realta' intervenuto, nei  limiti  consentiti  dalle  condizioni
 della  finanza  pubblica.  "Ma  e'  ovvio  che  il suo intervento non
 avrebbe potuto essere che per l'avvenire, giammai per il passato,  in
 quanto un intervento correttivo anche per le situazioni pregresse non
 avrebbe  potuto  essere  compensato  adeguatamente  nel  giuoco degli
 equilibri finanziari. E la Corte, del resto, segnala  al  legislatore
 la  necessita'  non  gia'  di  ripristinare l'equilibrio anche per il
 passato, ma solo di non  protrarre  ulteriormente  la  sperequazione,
 evidentemente per il futuro".
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  Commissione  tributaria  di primo grado di Genova dubita
 della legittimita' costituzionale: a) del d.P.R. 29  settembre  1973,
 n.  597  (recante  "Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito
 delle persone fisiche", che e' stato poi  trasfuso  nel  testo  unico
 delle  imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
 917) - e specificamente dell'art. 3 - "nella parte in cui non prevede
 che il reddito del marito venga imputato in parte anche  alla  moglie
 priva  di  redditi  propri,  al  fine  della  imposizione tributaria,
 anziche' essere attribuito al solo  coniuge  produttore  del  reddito
 stesso", in riferimento agli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione;
 b) dell'art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 550 (Disposizioni per
 la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
 finanziaria 1996)) - che ha elevato le detrazioni di imposta  per  il
 coniuge a carico ed ha aumentato l'importo dell'assegno per il nucleo
 familiare  -  in  riferimento,  oltre che ai parametri gia' indicati,
 anche all'art. 24  della  Costituzione,  poiche'  la  norma,  essendo
 "rivolta  esclusivamente  al  futuro,  lascia  completamente prive di
 tutela proprio quelle situazioni  -  come  quella  del  ricorrente  -
 rispetto a cui e' stato adito il giudice".
   2. - La questione e' inammissibile.
   E' infatti ius receptum che il giudice a quo non puo' rimettere una
 seconda  volta  alla  Corte  costituzionale la medesima questione nel
 corso dello stesso grado del giudizio pendente fra  le  stesse  parti
 (nel  caso  in  cui  la Corte abbia emesso una pronuncia di carattere
 decisorio fondata su motivi non rimuovibili dal giudice a  quo:  cfr.
 ordinanza n. 536 del 1988 e sentenza n. 433 del 1995), salvo che essa
 non  venga  riformulata in termini nuovi, con riferimento cioe' ad un
 quadro  normativo  ed  argomentativo  sostanzialmente  diverso  (cfr.
 sentenze  n.  350  del 1987 e n. 257 del 1991); e cio' per evitare un
 bis in idem che si risolverebbe nella impugnazione  della  precedente
 decisione  della  Corte (cfr. ordinanze. n. 197 del 1983 e n. 536 del
 1988).
   3. - Nella specie, in un giudizio tributario avverso  la  rettifica
 operata  dall'Ufficio  distrettuale delle imposte dirette di Chiavari
 nei confronti di denunce dei redditi relative agli anni 1981/1983,  i
 coniugi  Giancarlo  Alberti  e  Luisa  Franceschini  avevano invocato
 l'applicazione del sistema del c.d. splitting vigente in alcuni Paesi
 occidentali. In proposito la Commissione tributaria di primo grado di
 Genova, con ordinanza del 16 giugno 1994,  aveva  gia'  sollevato  la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.P.R.  29
 settembre 1973, n. 597 "nella parte in cui non prevede che il reddito
 del marito venga imputato in  parte  alla  moglie  priva  di  redditi
 propri,   al  fine  della  imposizione  tributaria,  anziche'  essere
 attribuito  al  solo  coniuge  produttore  del  reddito  stesso",  in
 riferimento  agli  artt.  3,  29,  31  e  53 della Costituzione. Tale
 questione e' stata dichiarata inammissibile dalla Corte con  sentenza
 n. 358 del 1995.
   Mentre  appare  evidente  che  nel  caso  attualmente  in  esame il
 giudizio a quo e' il medesimo in ordine alle parti  in  causa  ed  al
 giudice  rimettente,  resta  da  stabilire  se  anche l'oggetto della
 presente questione sia in tutto identico a quello  sul  quale  questa
 Corte ha deciso con la citata sentenza n. 358 del 1995.
   4. - Sotto il profilo oggettivo la questione ora prospettata sub a)
 riproduce testualmente quella sollevata nel precedente giudizio.
   Rispetto   alla   prima  ordinanza  di  rimessione  la  Commissione
 tributaria di Genova ha cercato di allargarne i confini: ha, infatti,
 indicato sub b) un ulteriore parametro (l'art. 24 della Costituzione)
 ed una nuova norma (l'art. 3 della legge finanziaria  per  il  1996),
 denunciando  inoltre  l'asserita inadempienza del legislatore, che al
 precedente monito della Corte avrebbe dato  una  risposta  del  tutto
 inadeguata, per di piu' riferita soltanto al futuro.
   Queste  ulteriori indicazioni e doglianze non spostano, tuttavia, i
 termini e gli argomenti della questione precedentemente proposta.
   Nella presente materia, questa Corte, fin dalla sentenza n. 179 del
 1975, con  cui  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  del
 cumulo   dei   redditi  dei  coniugi  pur  invitando  piu'  volte  il
 legislatore ad  evitare  le  sperequazioni,  che  dal  sistema  della
 tassazione separata di tali redditi potevano derivare "in danno della
 famiglia   nella   quale   uno  solo  dei  coniugi  possegga  reddito
 tassabile",  e  sottolineando  poi  che,  a  causa  della  perdurante
 mancanza  di  tali  interventi,  "l'attuale trattamento fiscale della
 famiglia penalizza i nuclei monoreddito e le  famiglie  numerose  con
 componenti che non producono o svolgono lavoro casalingo" - ha sempre
 rilevato  come esista al riguardo una pluralita' di possibili rimedi,
 la cui scelta e' rimessa alla discrezionalita' del legislatore.
   5. - D'altronde,  relativamente  al  profilo  normativo,  la  parte
 "nuova" della questione sollevata dalla Commissione tributaria ha per
 oggetto,  come  gia'  rilevato,  l'art. 3 della legge n. 550 del 1995
 (legge finanziaria  per  il  1996),  che  non  determina  un'organica
 revisione della disciplina impugnata, ma, aumentando le detrazioni di
 imposta  per il coniuge a carico e l'assegno per il nucleo familiare,
 riguarda  pur  sempre  un  aspetto  del  trattamento  fiscale   della
 famiglia.  Il giudice a quo censura la norma non ritenendola adeguata
 a rispondere al monito della Corte, ne' intesa a tutelare le famiglie
 monoreddito; ed essendo  rivolta  al  futuro,  "lascia  completamente
 prive   di  tutela  proprio  quelle  situazioni  -  come  quella  dei
 ricorrenti - rispetto a cui e' stato adito il giudice (e tale  scelta
 appare  anche  contraria  all'art.    24  della Costituzione, perche'
 vanifica la tutela giurisdizionale dei diritti)".
   Ora,  se  nel  merito  i  predetti  interventi   possono   apparire
 inadeguati,  tanto  che  risultano  essere  allo  studio  del Governo
 specifiche misure a favore delle famiglie monoreddito, tuttavia,  sul
 piano  processuale, la questione non e' diversa da quella precedente,
 rappresentandone  una  riformulazione  "aggiornata"   agli   sviluppi
 intercorsi  nel  frattempo,  sfornita  di  un  contesto  normativo  e
 argomentativo sostanzialmente nuovo.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 del d.P.R. 29  settembre  1973,  n.  597  (Istituzione  e  disciplina
 dell'imposta  sul  reddito delle persone fisiche) - ed in particolare
 dell'art.  3 - e dell'art. 3 della legge 28  dicembre  1995,  n.  550
 (Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
 dello Stato (legge finanziaria 1996), sollevata, in riferimento  agli
 artt.  3,  24,  29,  31  e  53  della Costituzione, dalla Commissione
 tributaria di primo grado  di  Genova  con  l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1998.
                         Il Presidente: Guizzi
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0132