N. 85 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 aprile 1997- 2 febbraio 1998

                                 N. 85
  Ordinanza  emessa  il  23  aprile  1997  (pervenuta  alla Corte il
 2 febbraio 1998) dalla pretura di Roma, sezione distaccata di Tivoli,
 nel procedimento penale a carico di Piselli Giovanni
 Processo   penale   -  Giudizio  direttissimo  -  Fase  di  convalida
    dell'arresto  -  Relazione  dell'ufficiale  o   agente   di   p.g.
    procedente  e  dichiarazione  dell'arrestato  -  Assunzione con le
    forme dettate  per  la  fase  dibattimentale  ed  inserimento  dei
    rispettivi  atti con le forme sopra descritte nel fascicolo per il
    dibattimento -  Omessa  previsione  -  Lesione  del  principio  di
    parita'  di  trattamento con gli altri imputati - Compressione del
    diritto di difesa - Violazione del  principio  di  indipendenza  e
    imparzialita' del giudice.
 (C.P.P.  1988,  artt.  34,  431 e 566; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271,
    art. 138).
 (Cost., artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25,  primo  comma  e
    27, secondo comma).
(GU n.8 del 25-2-1998 )
                              Il PRETORE
   Ha  pronunciato  e  dato  lettura  nel  pubblico dibattimento della
 seguente ordinanza.
   Il 15 aprile 1997 gli agenti di  p.g.  dei  Carabinieri  di  Castel
 Madama  traevano in arresto Piselli Giovanni colto nella flagranza di
 reato di cui agli artt. 110, 624, 625 nn. 2 e 7 c.p. , e  art.    337
 c.p.  e nel termine di legge era presentato, in tale stato, dinanzi a
 questo pretore per la convalida ed il contestuale  giudizio  a  norma
 dell'art. 566 c.p.p.
   Il  pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 16 aprile 1997
 e disponeva l'applicazione  della  custodia  cautelare  agli  arresti
 domiciliari.
   Instauratosi  il giudizio, il pretore rileva che sussistono profili
 di incostituzionalita' come di seguito evidenziati: sul merito com'e'
 noto la Corte costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995  (vedi
 la  n.  149  e  la  432)  ha  rivisto  i limiti dell'incompatibilita'
 prevenendo all'affermazione secondo cui anticipa il giudizio (tale da
 creare  pre-giudizio)  una  valutazione  di contenuto sulla probabile
 fondatezza dell'accusa.
   E, con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti  al
 pretore,  ha  dichiarato  la  manifesta infondatezza della questione,
 radicandola sulla circostanza che in tale eventualita'  la  convalida
 dell'arresto  implica  una  valutazione sulla riferibilita' del reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del giudice competente per il merito direttamente investito,  cui  e'
 devoluta  la  convalida  e il contestuale giudizio al quale si accede
 ogni altro provvedimento cautelare; aggiungendovi  che,  "il  giudice
 del  dibattimento,  al quale e' presentato l'imputato per il giudizio
 direttissimo,  si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la   convalida
 dell'arresto,  sulla  esistenza dei presupposti che gli consentono di
 procedere immediatamente al giudizio ed  e'  competente  ad  adottare
 incidentalmente  misure  cautelari,  attratte nella competenza per la
 cognizione del merito.
   Non   puo'    dunque    essere    configurata    una    menomazione
 dell'imparzialita'  del  giudice, che adotta decisioni preordinate al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso".
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle superiori argomentazioni adottate dalla  Corte,  si  imponga  la
 rivalutazione  di aspetti di incostituzionalita' afferenti al momento
 di formazione della prova per la decisione  di  merito  ed  al  tema,
 dunque,   della   corretta  utilizzazione  degli  elementi  di  prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero, muovendo dalla  indicata  premessa  che  il  giudice  della
 convalida  e  il  giudice  di  merito solo incidentalmente chiamato a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del relativo processo e posto che,  tale  fase  si  snoda  attraverso
 l'acquisizione  di elementi di valutazione influenti sulla formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte proprie dalle regole vigenti per la fase di  giudizio  in  modi
 che  ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'   (altrimenti   riposante   solo   sulla  generica
 affermazione che comunque si e' di  fronte  al  giudice  del  merito)
 nonche'  i  connessi  profili  del contraddittorio e della iniziativa
 delle  parti  nella  acquisizione  e  formazione  della   prova.   In
 particolare  cio'  concerne  i  qualificanti momenti della cosiddetta
 relazione orale dell'ufficiale o agente di p.g.  procedente  e  della
 dichiarazione  dell'arresto  che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene
 "sentito" ai fini di convalida.
   Poiche' tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale  fase
 incidentale  e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale e
 l'esame dell'imputato, a salvaguardare la loro compatibilita'  con  i
 parametri  costituzionali  rappresentati  dall'art. 3 (sottospecie di
 parita'  di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.   24
 (sottospecie  di  garanzia  difensive),  dagli  artt.  3, 24, secondo
 comma, 25 e 27, secondo comma (sottospecie di interconnessione tra  i
 richiamati  profili  con  quello  della  indipendenza  del giudice di
 merito  e,  dunque, nella prospettiva funzionale dell'esercizio della
 giurisdizione  con  riferimento  al  momento  acquisitivo   di   dati
 contenutistici  e  di  merito  dell'imputazione,  influenti come tali
 sulla  formazione   del   libero   convincimento   del   giudice)   a
 salvaguardare  come  detto,  la  loro  compatibilita'  con i suddetti
 parametri di costituzionalita' si  impone  il  rispetto  delle  forme
 previste  per  gli  atti  a  contenuto congenere nel dibattimento, in
 funzione anticipatoria (cosi' come avviene per i  casi  di  incidente
 probatorio)  cosi'  da  risultare salvaguardato anche l'aspetto della
 loro diretta utilizzazione ai fini di giudizio.
   In     conclusione     si     ritiene     pertanto      ravvisabile
 l'incostituzionalita'  dell'art.  566  laddove  non  prescriva che la
 relazione  dell'ufficiale  o  agente  p.g.  procedente   nonche'   le
 dichiarazioni  dell'imputato  vengano  assunte  con rispetto e con le
 forme dettate nella fase dibattimentale per la  testimonianza  e  per
 l'esame  dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa norma
 e dell'art. 138 Disp. att. al  c.p.p.    in  relazione  all'art.  431
 c.p.p.  laddove  non  prescriva  l'inserimento degli atti suddetti da
 acquisire nelle forme come dinanzi individuate nel fascicolo  per  il
 dibattimento.
   E'  indubbia  la rilevanza della prospettiva questione nel presente
 giudizio, che si trova proprio nella fase dibattimentale  conseguente
 alla   convalida   con   diretta   influenza,  dove  trovano  diretta
 applicazione le norme censurate.
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1
 e 23 della legge  11  marzo  1953,  n.  86,  solleva  di  ufficio  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 34, 431 e 566
 del c.p.p.; 138 disp. att. c.p.p. per violazione degli artt. 3, primo
 comma; 24, secondo comma; 25, primo comma; 27, secondo  comma,  della
 Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il procedimento in corso;
   Ordina che a cura della  cancelleria  l'ordinanza  di  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti delle due Camere
 del Parlamento.
     In Tivoli, cosi' pronunciata il 23 aprile 1997
                           Il pretore: Croce
 98C0146