N. 86 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 settembre 1997
N. 86 Ordinanza emessa il 25 settembre 1997 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Sicilia sul ricorso proposto da Gulisano Santo Pensioni - Pensionati svolgenti attivita' retribuita alle dipendenze dello Stato, di enti pubblici o di terzi - Divieto di duplicazione dell'indennita' integrativa e di cumulo con altre indennita' della stessa natura comunque denominate - Mancata previsione della determinazione della misura della retribuzione oltre la quale diventa operante il divieto - Ritenuta permanente vigenza, da parte della Corte dei conti, della norma impugnata oggetto della sentenza della Corte costituzionale n. 566/1989 e 232/1992 - Incidenza sul principio della retribuzione (anche differita) proporzionata ed adeguata. (Legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 2, comma settimo). (Cost., art 36).(GU n.9 del 4-3-1998 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 286/97/ORD nel giudizio per ricorso in materia di pensione civile iscritto al n. 8742/C del reg. di segr., promosso dal sig. Gulisano Santo, avverso i provvedimenti di revoca della indennita' integrativa speciale emessi dalla Direzione provinciale del Tesoro di Catania. Sentiti nella pubblica udienza del 25 settembre 1997 il relatore cons. Francesco Rapisarda, l'avv. Francesca Gentile per il ricorrente e, per l'amministrazione resistente, il dott. Pietro Di Giovanni. Premesso in fatto e considerato in diritto Il sig. Gulisano Santo ha proposto ricorso avverso il provvedimento adottato dalla D.P.T. di Catania con il quale e stata revocata la i.i.s. corrisposta sulla pensione a decorrere dal 16 settembre 1968, data dalla quale il ricorrente aveva comunicato a prestare servizio presso il comune di Catania. Ritiene il ricorrente di avere diritto alla percezione della i.i.s. e della tredicesima mensilita' sia sulla pensione come sul trattamento di servizio attivo. L'amministrazione al contrario sostiene la legittimita' del proprio operato giacche' con le note sentenze della Corte costituzionale non e' stato eliminato il divieto di cumulo posto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 e dalla legge n. 843 del 1978, almeno fino a quando il legislatore non avra' fissato il limite al di sotto del quale e' ammissibile il cumulo. Con memoria depositata il 24 settembre 1997 il ricorrente ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Nella pubblica udienza le parti hanno ribadito le rispettive richieste ed, in particolare, il rappresentante dell'amministrazione ha chiesto che il ricorso venga rigettato con l'applicazione dei principi affermati nella decisione di massima n. 100 emessa dalle sez. riun. della Corte dei conti il 13 luglio 1994, confermati dalla successiva n. 39/40 del 16 luglio 1997. Il collegio deve premettere che la Corte costituzionale con le sentenze n. 566 del 1989 e n. 204 del 1992, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale, rispettivamente, dell'art. 99, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 e 17, primo comma, della legge n. 843 del 1978 e l5; del decreto-legge n. 663 del 1979, convertito nella legge n. 33 del 1980, "nella parte in cui non determinano la misura della retribuzione, oltre la quale diventano operanti l'esclusione o il congelamento dell'indennita' integrativa speciale"; in altri termini la determinazione del reddito e' il presupposto per legittimare il divieto di corrispondere la indennita' sul trattamento di attivita' e sul trattamento di quiescenza e non, come ritiene l'amministrazione nella memoria scritta depositata in data 11 ottobre 1996, per legittimare il cumulo della i.i.s qualora il pensionato percepisca una retribuzione di attivita'. Per quanto attiene i principi normativi fissati dalle sezioni riunite della Corte dei conti con la decisione di massima n. 100 del 13 luglio 1994, questa sezione ha gia' evidenziato le implicazioni ed i vizi di incostituzionalita' che ne scaturiscono ed ha promosso il relativo giudizio della Corte costituzionale con l'ordinanza del 5 marzo 1997 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana in data 25 luglio 1997. La successiva sentenza n. 39/40 del 16 luglio 1997 delle sez. riun. della Corte dei conti induce a diversi motivi di illegittimita' relativi ad un diverso oggetto per un ulteriore giudizio di costituzionalita'. Nel dichiarato intento di operare una "ricostruzione ermeneutica" per verificare la "struttura intera del sistema" le sez. riun. con la citata sentenza hanno rilevato che la formulazione contenuta nell'art. 99, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, nel quale era stato trasfuso l'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1081 del 1970, e' diversa da quella espressa dalla legge n. 324 del 1959 che originariamente aveva stabilito la corresponsione "ad un solo titolo" della indennita' integrativa. L'art. 4 del d.d. n. 1081 del 1970 dispone, infatti, che "la corresponsione della indennita' integrativa speciale, e' sospesa nei confronti dei titolari di pensioni od assegni ordinari che prestino opera retribuita sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici in genere ancorche' svolgano attivita' lucrativa": Nella formulazione dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1081/1970 e', cioe' scomparso l'inciso contenuto nella 324, posto dopo la espressione "opera retribuita": "in dipendenza della quale gia' percepiscono la medesima indennita' integrativa speciale". Cio' induce a ritenere che la nuova formulazione ha ulteriormente compresso e limitato il diritto del pensionato lavoratore e che la Corte costituzionale, dichiarando la illegittimita' dell'art. 99, quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 ha eliminato la disposizione che sospendeva la corresponsione della indennita' integrativa nei confronti dei pensionati che prestino opera retribuita, con o senza diritto alla indennita' integrativa, ma non ha eliminato dall'ordinamento il divieto di cumulo della indennita' integrativa qualora i pensionati prestino attivita' retribuita in dipendenza della quale "gia' percepiscano la medesima indennita' integrativa speciale". In definitiva due diversi precetti normativi sarebbero stati contenuti in due diverse fonti delle quali una e' divenuta inapplicabile per dichiarata illegittimita' costituzionale mentre l'altra fonte con il relativo contenuto normativo permane nell'ordinamento. Cio' riceve conferma dall'art. 130 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973: "restano ferme le disposizioni concernenti il divieto di cumulo degli assegni accessori di quiescenza fra loro o con gli assegni accessori di attivita'". Si legge nella citata sentenza n. 39-40/1997 delle sez. riun. della Corte dei conti: "le norme suddette hanno una loro autonomia ed assumono una distinta significanza, perche' l'art. 99, quinto comma, dispone la sospensione della indennita' integrativa speciale al pensionato che presti opera retribuita sotto qualsiasi forma; invece, l'art. 130, ultimo comma, impone un diverso precetto, e precisamente il divieto di cumulo di indennita' su pensione e stipendio; la prima norma attiene all'espressione: indennita' su pensione in presenza di retribuzione qualunque essa sia, mentre invece, il divieto imposto dall'art. 130, ultimo comma, specificando fa perno sul binomio: indennita' (su pensione) e indennita' (su stipendio)". Per tali considerazioni la citata sentenza esprime la seguente soluzione di massima: "successivamente alla pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 566/1989 e n. 204/1992 deve ritenersi ancora vigente nell'ordinamento giuridico, il divieto di cumulo di due indennita' integrative speciali nei confronti di soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici (o assimilati) e che contemporaneamente prestino opera retribuita presso terzi (sia pubblici che privati)". L'amministrazione nelle sue conclusioni orali formulate alla pubblica udienza, richiamando la riportata sentenza di massima, ha chiesto che questa sezione desse applicazione al divieto di cumulo contenuto nell'art. 2, settimo comma, della legge n. 324 del 1959, ritenendo tali norme ancora applicabili in quanto non prese in considerazione nelle sentenze della Corte costituzionale n. 566/1989 e n. 204/1992 e pertanto esprimenti il diritto vigente. Non puo dubitarsi che la censura operata dalla Corte costituzionale riguarda gli artt. 99, quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 e 17, primo comma, della legge n. 843 del 1978 e non l'art. 2, settimo comma della legge n. 324 del 1959, anche nella considerazione che la sentenza n. 566/1989 della Corte costituzionale pur operando la stessa ricostruzione cronologica delle fonti che ora e' riscontrabile nella sentenza della Corte dei conti e pur richiamando gli artt. 1 e 2 della legge n. 324 del 1959 ed il divieto di cumulo in tali articoli contenuti, ha poi dichiarato costituzionalmente illegittimo solo l'art. 99, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973. La sentenza n. 39-40/1997 delle sezioni riunite della Corte dei conti ha escluso che in quella sede, cioe' in sede di pronuncia su questione di massima, possano essere sollevate questioni di legittimita' costituzionale ritenendo che tali eventuali incidenti sono "di stretta competenza delle singole sezioni giudicanti". Questa sezione, pertanto, deve darsi carico di considerare se tale ritenuto "divieto di cumulo di due indennita' integrative speciali nei confronti di soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici e che contemporaneamente prestino opera retribuita presso terzi", legislativamente sanzionato nell'art. 2 della legge n. 324 del 1959, confligga con i principi costituzionali o, meglio, se sussistano ragionevoli motivi per ritenere sussistente tale contrasto. Il principio cardine, espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 566/1989, richiamato nella successiva n. 204/1992, e' il seguente: "non sono legittime norme che implicano una sostanziale decurtazione del complessivo trattamento pensionistico, senza stabilire il limite minimo dell'emolumento dell'attivita' esplicata, in relazione alla quale tale decurtazione diventa operante". In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato illegittimo l'art. 99, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 in quanto non ha stabilito il limite dell'emolumento per le attivita' alle quali si riferisce, dovendosi ritenere ammissibile, al di sotto di tale limite, il cumulo integrale tra trattamento pensionistico e retribuzione, senza che sia sospesa la corresponsione dell'indennita' integrativa". E' superfluo sottolineare la espressione "cumulo integrale" dei due trattamenti, compresa la indennita' integrativa, contenuta nella sentenza della Corte costituzionale se non per dedurne che qualunque disposizione dalla quale derivi la decurtazione di una parte del trattamento pensionistico, nella fattispecie quella costituita dalla indennita' integrativa speciale, non puo' essere ritenuta costituzionalmente legittima qualora non sia preventivamente stabilito il limite dell'emolumento che contemporaneamente viene percepito ad altro titolo. Ne' puo' essere motivo discriminante la diversa fonte legislativa che stabilisce la decurtazione atteso che un precetto normativo deve essere visto nella sua sostanza e non puo' essere ritenuto costituzionalmente legittimo o meno a seconda della fonte dalla quale deriva. Come si legge nella sentenza n. 566/1989 della Corte costituzionale, "nel rispetto del principio di ragionevolezza, la fissazione di detto limite compete al legislatore, al cui intervento e' rimessa, pertanto, la riformulazione della norma"; analoga conclusione esprime la successiva sentenza n. 204/1992: "tale determinazione (e quella della sua decorrenza) spetta al legislatore e deve esplicarsi in modo da salvaguardare il precetto dell'art. 36, primo comma, della Costituzione". La questione sollevata e' rilevante per la definizione del giudizio in quanto solo la cessazione di efficacia della norma, conseguente alla dichiarazione della sua incostituzionalita' da parte della Corte costituzionale, consentirebbe l'accoglimento del ricorso pendente davanti a questo giudice ed il riconoscimento del diritto del ricorrente a percepire gli emolumenti in questione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita', per violazione degli artt. 36, primo comma, della Costituzione, dell'art. 2, settimo comma della legge n. 324 del 27 maggio 1959 che dispone la sospensione della indennita' integrativa speciale nei confronti di pensionati che prestino attivita' retributiva in dipendenza della quale gia' percepiscano la medesima indennita' nella parte in cui non determina la misura della retribuzione oltre la quale diventa operante tale sospensione; Sospende il giudizio ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, che venga comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' disposto in Palermo, il giorno 25 settembre 1997. Il presidente: Todaro Marescotti 98C0147