N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 febbraio 1998

                                 N. 6
  Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il
 9 febbraio 1998 (del tribunale di Bergamo)
 Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato - Deliberazione
    della Camera dei deputati, nella seduta del 31 gennaio 1996 con la
    quale  le  espressioni,  di  lamentato   contenuto   diffamatorio,
    proferite  dall'on.  Roberto  Calderoli  in  una conferenza stampa
    presso  il  municipio  di  Bergamo   il   13   novembre   1993   e
    successivamente  in  un comizio tenuto in Bergamo, nonche' durante
    varie puntate della rubrica televisiva "La  parola  al  deputato",
    diffusa  dall'emittente  locale  "Studio TV1", nei confronti della
    procura della Repubblica presso  il  tribunale  di  Bergamo  e  in
    particolare  del  dott.  Tommaso  Bonanni,  reggente  della stessa
    procura, espressioni oggetto del giudizio civile per  risarcimento
    di   danni  promosso  dallo  stesso  dott.  Bonanni  contro  l'on.
    Calderoli, sono state considerate, ai sensi  dell'art.  68,  primo
    comma,  della  Costituzione,  "opinioni manifestate nell'esercizio
    delle funzioni  parlamentari"  -  Conflitto  di  attribuzione  tra
    poteri  dello  Stato sollevato con ordinanza-ricorso dal tribunale
    di Bergamo per la ritenuta inesistenza, nel caso, di  qualsivoglia
    connessione  tra  le  funzioni  parlamentari  per quanto latamente
    intese  e  le  contestate  dichiarazioni  dell'on.  Calderoli  con
    conseguente erronea valuazione dei presupposti richiesti - secondo
    i  principi  stabiliti dalla Corte costituzionale in materia - per
    la corretta applicazione dell'immunita' - Richiamo  alle  sentenze
    nn. 1150/1988 e 443/1993.
 (Delibera della Camera dei deputati di Roma del 31 gennaio 1996).
 (Cost., art. 68, primo comma).
(GU n.8 del 25-2-1998 )
   Il  Tribunale di Bergamo ha pronunciato la seguente ordinanza nella
 causa promossa con atto di  citazione  notificato  il  9  marzo  1994
 (cron.    n.  10623  uff.  giud.  tribunale  di  Bergamo) da Buonanno
 Tommaso, elettivamente domiciliato in Bergamo presso l'avv.  Giuseppe
 Maridati, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti, attore;
 contro Calderoli Roberto, elettivamente domiciliato in Bergamo presso
 l'avv. Guido Vicentini, che lo rappresenta e difende giusta delega in
 atti; convenuto.
   Oggetto: risarcimento danni da diffamazione.
                       Svolgimento del processo
   Con  atto di citazione notificato il 9 marzo 1994 il dottor Tommaso
 Buonanno, all'epoca sostituto procuratore della Repubblica presso  il
 tribunale di Bergamo e procuratore della Repubblica facente funzioni,
 conveniva  in  giudizio  l'onorevole  Roberto  Calderoli, eletto alla
 Camera dei deputati nelle liste della Lega Lombarda, per chiederne la
 condanna al risarcimento dei  danni,  ritenendo  lesive  del  proprio
 onore  e della propria reputazione le dichiarazioni in piu' occasioni
 rese dal convenuto,  ed  in  particolare  in  una  conferenza  stampa
 convocata  il  13  novembre  1993 presso il municipio di Bergamo, nel
 corso del comizio tenuto a Bergamo in piazza Vittorio  Veneto  il  20
 novembre  1993, ed inoltre durante le puntate del 13, del 20 e del 27
 novembre 1993 (ed in parte quelle dell'8 e del 24 gennaio 1994) della
 rubrica televisiva "La parola al  deputato",  diffusa  dall'emittente
 locale "Studio TV1".
   Esponeva  l'attore  che  le  dichiarazioni  diffamatorie  formulate
 dall'onorevole   Roberto   Calderoli   traevano    occasione    dalla
 informazione  di  garanzia  che lo stesso aveva ricevuto l'8 novembre
 1993 dalla procura della Repubblica presso il tribunale  di  Bergamo,
 la  quale  ipotizzava  a  suo  carico il reato previsto dall'art. 278
 c.p., per avere nel corso di un  comizio  qualificato  il  Presidente
 della  Repubblica  "sagrestano"  e per avere incitato i bergamaschi a
 fischiare lo stesso Presidente quando di li' a qualche giorno sarebbe
 giunto in visita a Bergamo; l'informazione era  stata  firmata  dallo
 stesso  dottor  Tommaso Buonanno, non appena ricevuta - il 3 novembre
 1993  -  l'autorizzazione  a  procedere  del  Ministro  di  grazia  e
 giustizia prevista dagli artt. 313 c.p.  e 343 c.p.c.
   L'attore  allegava  copia  degli articoli dei quotidiani recanti il
 resoconto  della  conferenza  stampa  del  13   novembre   1993,   la
 videoregistrazione  delle  menzionate  puntate della trasmissione "La
 parola al deputato", la registrazione audio del comizio  20  novembre
 1993  con  trascrizione dattilografica ed il volantino distribuito in
 tale occasione, e riportava in atto di  citazione  (al  quale  si  fa
 rinvio)  stralci  delle  ampie reiterate dichiarazioni dell'onorevole
 Roberto Calderoli alle quali egli attribuiva carattere  diffamatorio,
 da esse potendosi desumere le accuse, rivolte dal convenuto al dottor
 Buonanno personalmente od estese alla procura della Repubblica presso
 il  tribunale di Bergamo e fondate su notizie false ed argomentazioni
 facilmente suggestive e mai razionalmente motivate: a) di fare, anche
 per ragioni di carriera, un uso strumentale  e  politico  dell'azione
 penale,  "perdonando  alcuni  pubblici  amministratori  o potenti, in
 forza o in ossequio ai rapporti di amicizia  o  sudditanza  o  peggio
 (come  si puo' intendere dal riferimento a "qualche altro interesse",
 menzionato nella trasmissione televisiva  del  20  novembre  1993,  e
 perseguendo  invece ingiustamente gli esponenti politici appartenenti
 alla Lega Lombarda-Lega Nord" (atto di  citazione  pag.  28);  b)  di
 incapacita' professionale ed ignoranza (ad esempio durante la rubrica
 "La parola al deputato" del 27 novembre 1993); c) di inefficienza.
   Il  convenuto  si  costituiva  in giudizio all'udienza del 5 maggio
 1994 e depositava comparsa con la quale si limitava  in  sostanza  ad
 osservare  come  "i  rilievi  critici  indubbiamente  contenuti nelle
 affermazioni  del  convenuto  riportate  nell'atto  introduttivo  del
 giudizio   s(iano)   riferite   indistintamente  alla  procura  della
 Repubblica di Bergamo (senza ulteriore distinzione tra procura  della
 Repubblica  presso  la  pretura  e procura della Repubblica presso il
 tribunale) nonche' al procuratore della Repubblica  (senza  ulteriori
 distinzioni)"  e  come  pertanto  non  possa  ritenersi  pacifica  la
 riferibilita' di detti rilievi critici al dott. Tommaso Buonanno.
   Alla successiva udienza del 2  febbraio  1995  l'onorevole  Roberto
 Calderoli  depositava  memoria  con  cui  eccepiva  la applicabilita'
 dell'art.  68, primo comma, della Costituzione, nel  testo  novellato
 dalla  legge  costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3, e chiedeva in via
 subordinata che il giudice, in applicazione dell'art. 3, n. 2,  d.-l.
 1  gennaio  1995,  n.  7,  disponesse  la trasmissione degli atti del
 giudizio alla Camera dei deputati e la sospensione del  procedimento,
 in   attesa   della   deliberazione   della  stessa  in  ordine  alla
 insindacabilita' ex art. 68, primo comma,  della  Costituzione  delle
 opinioni  espresse  dal proprio membro; in via di ulteriore subordine
 chiedeva che,  in  caso  di  ritenuta  manifesta  infondatezza  della
 questione,  la  Camera  dei  deputati venisse comunque immediatamente
 informata, ai sensi dell'art. 3, n. 2,  ultima  parte  del  d.-l.  13
 gennaio 1995, n. 7.
   Con  ordinanza  27  aprile  1995,  depositata il 16 maggio 1995, il
 tribunale dichiarava ai sensi dell'art. 3, comma 2,  d.-l.  13  marzo
 1995,  n.  69 la manifesta infondatezza della questione relativa alla
 applicabilita'  dell'art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione  e
 disponeva   la   trasmissione  alla  Camera  dei  deputati  di  copia
 dell'ordinanza e degli atti di parte.
   Su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere
 in  giudizio,  l'assemblea,  nella  seduta  del  31   gennaio   1996,
 deliberava  nel  senso di ritenere che tutti i fatti oggetto di causa
 concernessero  opinioni  espresse  da  un   membro   del   Parlamento
 nell'esercizio delle sue funzioni.
   La  causa  veniva infine trattenuta in decisione all'udienza del 29
 maggio 1997 sulle conclusioni precisate dalle parti  all'udienza  del
 14  novembre 1996 (per l'attore: "In via preliminare: voglia l'Ill.mo
 Tribunale ritenere tardiva,  e  quindi  inefficace,  la  delibera  31
 gennaio  1996  dell'Assemblea  della  Camera dei deputati, con cui la
 stessa ha  ritenuto  che  "i  fatti  per  i  quali  e'  in  corso  il
 procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
 nell'esercizio   delle   sue  funzioni",  o,  in  subordine,  sollevi
 conflitto  di  attribuzione  dei poteri ai sensi della legge 11 marzo
 1953, n. 87, art. 37 e del d.c.c. 16 marzo 1956, art. 26, essendo  la
 citata  delibera 31 gennaio 1996 della Camera dei deputati affetta da
 vizi  in  procedendo  nonche'  viziata  da  erronea  valutazione  dei
 presupposti  e  manifesta  illogicita'.    In  via principale: voglia
 l'Ill.mo Tribunale, ritenuto il carattere diffamatorio, o comunque il
 carattere lesivo della reputazione e  dell'onore  del  dott.  Tommaso
 Buonanno  (personalmente  e/o come sostituto procuratore e, all'epoca
 dei fatti, reggente la procura della Repubblica presso  il  tribunale
 di Bergamo), delle affermazioni dell'on. Roberto Calderoli, sia nella
 conferenza  stampa  del  13  novembre  1993,  che  nel comizio del 20
 novembre 1993, che nelle  trasmissioni  televisive  (''La  parola  al
 deputato'')  del  13-20  e 27 novembre 1993, nonche' quelle riportate
 nei documenti e nella  videocassetta  depositati  all'udienza  del  2
 febbraio  1995, condannare lo stesso on. Roberto Calderoli da Bergamo
 a  risarcire  tutti  i  danni,  anche  non  patrimoniali,   provocati
 all'attore,  nella  misura  ritenuta equa, e comunque non inferiore a
 150.000.000  (centocinquantamilioni).  Voglia  altresi'  disporre  la
 pubblicazione   della  sentenza  di  condanna  per  almeno  3  giorni
 consecutivi sul giornale quotidiano  ''L'eco  di  Bergamo'',  nonche'
 almeno  per  due  giorni  su due quotidiani a diffusione nazionale, a
 spese  del  convenuto";  per  il  convenuto:  "In   via   principale:
 rigettarsi   le   domande   attrici  in  quanto  i  fatti  attribuiti
 all'onorevole    Calderoli    costituiscono     opinioni     espresse
 nell'esercizio  delle  funzioni  di  parlamentare e come tali coperte
 dell'immunita' prevista dall'art. 68 della Costituzione, primo  comma
 in  via  subordinata:  nel  caso  in  cui  il collegio, nonostante la
 delibera 31 gennaio 1996 della Camera  dei  deputati  ed  in  spregio
 all'art.  2,  comma  8, d.-l. 6 settembre 1996, n. 446, reiterato con
 d.-l. 23 ottobre 1996, n.  555,  volesse  disattendere  la  pronuncia
 della  Camera  dei deputati, rimettersi la questione del conflitto di
 attribuzione tra poteri dello Stato alla Corte costituzionale ex art.
 38 legge 11 marzo 1953, n. 87").
                        Motivi della decisione
   La delibera 31 gennaio 1996 della Camera dei deputati ha  approvato
 la  proposta  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  a  procedere in
 giudizio e cosi' sancito la insindacabilita' delle opinioni  critiche
 espresse  dall'onorevole  Roberto  Calderoli  nei confronti del dott.
 Tommaso Buonanno e dell'ufficio giudiziario.
   Il relatore  onorevole  Giuseppe  Scozzari  cosi'  ha  motivato  la
 proposta:    "tutte  le  affermazioni  rese  dal  deputato  Calderoli
 traggono spunto dalla sua posizione di deputato e  di  leader  locale
 del gruppo Lega Nord. In altre parole e' apparso evidente alla Giunta
 il  collegamento  tra gli apprezzamenti critici da lui rivolti, tanto
 nei confronti del Presidente della Repubblica  quanto  nei  confronti
 della  magistratura  bergamasca,  e  l'attivita'  parlamentare da lui
 svolta nella sede  parlamentare,  in  quanto,  tra  l'altro,  i  temi
 trattati  sono  tipici  e  caratteristici  del gruppo parlamentare al
 quale il deputato appartiene. Per quanto riguarda in particolare  gli
 apprezzamenti  critici nei confronti del procuratore della Repubblica
 di Bergamo appare del tutto evidente come la polemica  nei  confronti
 di  quest'ultimo  risulti strettamente collegata con la vicenda delle
 frasi rivolte al Presidente della Repubblica. Tale  soluzione  appare
 del   resto   pienamente   coerente  con  l'orientamento  piu'  volte
 manifestato  dalla  Giunta,  che  ritiene  coperte  dalle prerogative
 dell'art. 68, anche le opinioni rese dal parlamentare extra moenia".
   Sono noti  i  principi  delineati  in  materia  dalla  sentenza  29
 dicembre  1988,  n.  1150  della Corte costituzionale: le prerogative
 parlamentari non possono non implicare un potere dell'organo a tutela
 del  quale  sono  disposte,  e  pertanto  spetta   alla   camera   di
 appartenenza  il  potere  di valutare se la condotta addebitata ad un
 proprio membro  debba  qualificarsi  come  esercizio  delle  funzioni
 parlamentari  con  l'effetto  -  in caso affermativo - di inibire una
 difforme pronuncia giudiziale di responsabilita'.
   D'altra  parte  il  potere  valutativo  delle  Camere  puo'   dirsi
 legittimamente  esercitato  solo  entro  i  limiti  della fattispecie
 contemplata dall'art.   68, primo comma, della  Costituzione:  in  un
 sistema  costituzionale che riconosce i diritti inviolabili dell'uomo
 (fra cui il diritto  all'onore  ed  alla  reputazione)  quali  valori
 fondamentali  dell'ordinamento  giuridico, il potere valutativo delle
 Camere, lungi  dall'essere  arbitrario  o  vincolato  a  sole  regole
 interne  di  self-restraint, e' soggetto al controllo di legittimita'
 affidato  all'organo  giurisdizionale  di  garanzia   costituzionale,
 mediante  lo  strumento  del conflitto di attribuzione, a norma degli
 artt. 134 della Costituzione e 37 della legge n. 87/1953.
   Cosi'  prosegue  la  motivazione  della  sentenza  della  Consulta:
 "Qualora  il  giudice  di una causa civile di risarcimento dei danni,
 promossa da una persona lesa da dichiarazioni diffamatorie  fatte  da
 un deputato o da un senatore in sede extraparlamentare, reputi che la
 delibera  della camera di appartenenza, affermante l'irresponsablita'
 del proprio membro convenuto in giudizio,  sia  il  risultato  di  un
 esercizio illegittimo (...) del potere di valutazione, puo' provocare
 il  controllo  della  Corte costituzionale sollevando avanti a questa
 conflitto di attribuzione.
   Il conflitto  non  si  configura  nei  termini  di  una  vindicatio
 potestatis  (il  potere  di  valutazione  del  Parlamento  non  e' in
 astratto contestabile), bensi' come contestazione dell'altrui  potere
 in  concreto,  per  vizi del procedimento oppure per omessa o erronea
 valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti per il valido
 esercizio di esso".
   Tali  principi  hanno  quindi  trovato  conferma  nelle  successive
 sentenze  della  Corte  costituzionale  16 dicembre 1993, n. 443 ("in
 sede di conflitto di attribuzione (...) e' possibile solo  verificare
 se ai fini dell'esercizio in concreto del potere che ha condotto alla
 dichiarazione  di  insindacabilita'  (...)  fa  parte della Camera di
 appartenenza, sia stato seguito un procedimento  corretto  oppure  se
 mancassero  i  presupposti  di  detta  dichiarazione  -  tra  i quali
 essenziale quello del collegamento  delle  opinoni  espresse  con  la
 funzione   parlamentare   -   o   se  tali  presupposti  siano  stati
 arbitrariamente valutati") e 24 aprile 1996 n. 129.
   Questo tribunale, vista la in  vero  laconica  motivazione  con  la
 quale   la   Giunta  per  le  autorizzazioni  a  procedere  proponeva
 all'assemblea di dichiarare  insindacabili  ai  sensi  dell'art.  68,
 primo   comma,   della  Costituzione,  siccome  concernenti  opinioni
 espresse  nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari,   tutte   le
 dichiarazioni del deputato Roberto Calderoli in questa sede censurate
 da  parte  attrice,  non  puo'  che  ribadire  il  proprio  contrario
 convincimento, gia' espresso nell'ordinanza 27 aprile  1995  con  cui
 dichiarava  la  manifesta  infondatezza della questione sollevata dal
 convenuto con riguardo all'applicabilita' dell'art. 68, primo  comma,
 della Costituzione.
   Rifacendosi   all'orientamento   dottrinale   e   giurisprudenziale
 dominante, il tribunale ha gia' in tale occasione rilevato che l'art.
 68 della Costituzione intende tutelare i  membri  del  Parlamento  in
 relazione  all'esercizio  delle  funzioni che l'ordinamento giuridico
 assegna loro (formazione delle leggi, collaborazione nella formazione
 degli altri organi costituzionali, funzioni giurisdizionali),  mentre
 al  di  fuori  di  tali  funzioni  il  diritto  del parlamentare alla
 manifestazione del pensiero incontra  gli  stessi  limiti  espressivi
 degli altri cittadini.
   A  voler  anche accedere ad interpretazione piu' lata del requisito
 del collegamento alle funzioni parlamentari, si osserva che la stessa
 attivita' politica e di partito svolta in sede extaparlamentare  puo'
 dirsi  riconducibile  alle  funzioni  parlamentari  immuni  ai  sensi
 dell'art.    68,  primo  comma,  della  Costituzione  solo  allorche'
 sussista  comunque  una  connessione  con  le  funzioni tipiche e con
 l'espletamento del mandato elettorale.
   E questo sembra in  effetti  essere  l'orientamento  seguito  dalla
 Giunta  per le autorizzazioni a procedere, il cui relatore sottolinea
 il collegamento all'attivita' parlamentare  delle  opinioni  espresse
 dal convenuto extra moenia.
   Nel  caso  in  esame,  tuttavia,  al  di  la' delle stesse tecniche
 argomentative dell'onorevole Roberto  Calderoli  che  assai  poco  si
 attagliano  all'esercizio  delle  funzioni  parlamentari,  non rileva
 questo  tribunale  quale  sia  l'evidente  ragione   di   connessione
 ravvisata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere e rimasta in
 concreto inespressa.
   Va in primo luogo osservato che non si discute in questa sede della
 attinenza  o meno alle funzioni parlamentari delle dichiarazioni rese
 dall'onorevole Calderoli sul conto del  Presidente  della  Repubblica
 durante  il  comizio  tenuto  il 30 aprile 1993, giacche' trattasi di
 manifestazioni di pensiero estranee al presente procedimento.
   E  quand'anche  si  voglia  ritenere,  con   la   Giunta   per   le
 autorizzazioni  a  procedere,  che  tali  affermazioni dell'onorevole
 Calderoli abbiano tratto  spunto  dalla  sua  posizione  di  deputato
 (appare, in vero, quanto meno labile il collegamento tra la frase "il
 sagrestano  non  ascolta  la  gente  che vuole subito le elezioni" ed
 alcuna delle funzioni parlamentari tipiche),  nessuna  attinenza  con
 dette   funzioni   e'   comunque   ipotizzabile   per   le  reiterate
 dichiarazioni con le quali l'onorevole Roberto Calderoli, nelle  piu'
 diverse  sedi  e  comunque  al di fuori di quella istituzionale ed in
 prossimita' delle elezioni amministrative,  ha  descritto  il  dottor
 Tommaso  Buonanno come un magistrato che abusa delle proprie funzioni
 strumentalizzandone l'esercizio a finalita' politiche e di  carriera,
 ed  ha  aggiunto  alle  affermazioni  circa la disonesta' dell'attore
 valutazioni sarcastiche, fondate su argomentazioni suggestive  quanto
 gratuite (si consideri ad esempio il contenuto della rubrica televisa
 "La  parola  al  deputato"  del  27  novembre  1993), sulle capacita'
 professionali dello stesso.
   Le dichiarazioni riguardanti il Presidente della Repubblica,  siano
 o  meno  qualificabili  come  opinioni  espresse nell'esercizio delle
 funzioni (il che non pare) costituiscono comunque la  mera  occasione
 della  successiva  vicenda,  che  non  puo'  ad  avviso del tribunale
 (contrariamente  a quanto ritenuto dalla Giunta per le autorizzazioni
 a procedere, che su tale presupposto ha  anche  deciso  di  esaminare
 congiuntamente  le  due questioni) in alcun modo essere attratta alla
 pretesa attinenza funzionale della frase "Il sagrestano  non  ascolta
 la gente che vuole subito le elezioni".
   Non puo' dunque condividersi l'affermazione della Giunta secondo la
 quale  "per  quanto riguarda in particolare gli apprezzamenti critici
 nei confronti del procuratore della Repubblica di Bergamo appare  del
 tutto evidente come la polemica nei confronti di quest'ultimo risulti
 strettamente   collegata  con  la  vicenda  delle  frasi  rivolte  al
 Presidente della Repubblica" a meno che non si voglia evidenziare  un
 mero  dato  di  cronaca,  irrilevante tuttavia al fine di determinare
 l'ampiezza dell'attivita' funzionale del parlamentare.
   Ne' la Giunta per le autorizzazioni a procedere indica in  concreto
 quale  sia  il diretto collegamento - che pure ritiene evidente - tra
 gli apprezzamenti critici  rivolti  all'ufficio  di  Procura,  ed  in
 particolare al dottor Tommaso Buonanno, e la attivita' svolta in sede
 parlamentare dall'onorevole Calderoli e dal suo gruppo.
   La  sola  attivita' parlamentare pertinente dedotta avanti a questo
 collegio e' rappresentata dall'interrogazione presentata dallo stesso
 onorevole Roberto Calderoli il 22 giugno 1994, dalla quale  non  puo'
 in  alcun modo farsi discendere il giudizio di insindacabilita' delle
 opinioni espresse dal  convenuto,  e  cio'  in  primo  luogo  perche'
 trattasi  di  iniziativa  assunta ben dopo i fatti oggetto di causa e
 l'instaurazione dello stesso giudizio, ed  inoltre  perche',  seppure
 interpellanze   ed   interrogazioni  costituiscano  atti  tipici  del
 parlamentare  insindacabili  ex  art.  68  della  Costituzione,   non
 altrettanto  puo'  dirsi per l'attivita' extraparlamentare che non si
 limiti alla diffusione  del  contenuto  di  esse;  e  la  successione
 temporale  delle  dichiarazioni, rese in sede istituzionale e non, ed
 il contenuto assai difforme delle  stesse  escludono  palesemente  il
 collegamento funzionale.
   In  base  ai  principi che si sono sopra richiamati, la delibera 31
 gennaio  1996  della  Camera  dei  deputati  inibisce  comunque   una
 pronuncia   di   responsabilita',  dovendosi  ritenere  infondata  la
 contraria opinione di parte attrice.
   La circostanza che la deliberazione della Camera dei  deputati  sia
 stata  adottata  solo  il  31  gennaio  1996,  ben  oltre il termine,
 introdotto dal d.-l. 14 gennaio 1994, n. 23 e confermato dai  decreti
 successivi,  di  90  giorni  dalla data di trasmissione degli atti da
 parte dell'autorita' giudiziaria,  non  importa  l'inefficacia  della
 deliberazione,   che   secondo  l'attore  dovrebbe  invece  reputarsi
 inutiliter data.
   Seppure alcune delle osservazioni critiche mosse dalla dottrina  al
 primo  dei decreti d'urgenza adottati per l'attuazione del nuovo art.
 68 della Costituzione (d.-l. 15 novembre 1993, n. 455) rilevassero la
 necessita' di prevedere un breve termine di decadenza entro il  quale
 le   camere   dovessero  pronunciarsi  sulla  insindacabilita'  delle
 opinioni del parlamentare, la  soluzione  normativa  poi  adottata  a
 partire  dal decreto-legge n. 23/1994 stabiliva esclusivamente che la
 sospensione obbligatoria del  procedimento  -  e  cosi'  pure  quella
 facoltativa  prevista  nei  successivi decreti - venisse disposta dal
 giudice, in attesa della deliberazione della camera di  appartenenza,
 per  un  tempo  comunque  non  superiore  a  novanta  giorni,  e cio'
 all'evidente fine di evitare facili forme di ostruzionismo  e  lunghi
 periodi di stasi processuale.
   Deve  pertanto  ritenersi  che  l'inutile decorso di detto termine,
 previsto con esclusivo riguardo alla  durata  della  sospensione  del
 procedimento e non alla decisione della camera, non abbia determinato
 per la Camera dei deputati alcuna decadenza dal potere di valutare la
 condotta   dell'onorevole   Roberto   Calderoli   in  relazione  alla
 previsione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
   E' del pari in questa sede irrilevante la circostanza che  tutti  i
 decreti-legge  attuativi  del  novellato  art. 68, primo comma, della
 Costituzione, reiterati sino al d.-l. 23 ottobre 1996, n. 555,  siano
 decaduti  per  mancata  conversione  e percio' privi di efficacia sin
 dall'inizio: la deliberazione  della  Camera  dei  deputati,  seppure
 adottata in base al d.-l. 8 gennaio 1996, n. 9 decaduto, esiste ed e'
 pienamente  valida  ed  efficace, giacche' il potere valutativo delle
 Camere in materia non discende affatto dalla  decretazione  d'urgenza
 decaduta,  che  regolava  le  modalita' secondo le quali investire la
 Camera della questione, ma trova  direttamente  la  sua  fonte  nello
 stesso  art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione  come  la Corte
 costituzionale ha definitivamente chiarito gia' con  la  sentenza  29
 dicembre 1988, n. 1147.
   A  fronte  della deliberazione della Camera dei deutati, alla quale
 non puo' negarsi piena validita' ed efficacia, e' preclusa  a  questo
 tribunale una difforme pronuncia di responsabilita'.
   Ribadito peraltro il convincimento circa la inesistenza nel caso in
 esame  di qualsivoglia connessione tra le funzioni parlamentari - per
 quanto latamente intese  -  e  le  opinioni  espresse  dall'onorevole
 Roberto  Calderoli  sul  conto  del  dottor  Tommaso Buonanno e della
 procura della Repubblica presso il tribunale di Bergamo, il controllo
 sul legittimo esercizio dei poteri della Camera  dei  deputati  nella
 vicenda  in  esame  spetta  esclusivamente alla Corte costituzionale,
 alla quale debbono essere rimessi  gli  atti  per  la  soluzione  del
 conflitto   tra   poteri  dello  Stato,  con  conseguente  necessaria
 sospensione del presente procedimento.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva conflitto
 di attribuzione in ordine al corretto  uso  del  potere  di  decidere
 sulla  sussistenza  dei  presupposti  di applicabilita' dell'art. 68,
 primo comma, della Costituzione, come  esercitato  dalla  Camera  dei
 deputati con la delibera adottata il 31 gennaio 1996 relativamente al
 giudizio  civile  promosso  avanti questo tribunale dal dott. Tommaso
 Buonanno nei confronti dell'onorevole Roberto Calderoli;
   Dispone la sospensione del presente processo sino a risoluzione del
 conflitto;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
   Cosi' deciso in Bergamo, addi' 29 maggio 1997.
                         Il presidente: Alfani
 98C0155