N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 ottobre 1997
N. 150 Ordinanza emessa il 27 ottobre 1997 dal tribunale di Messina nel procedimento penale a carico di Mandraffino Carmelo Processo penale - Connessione di procedimenti di competenza di giudici ordinari e speciali - Reati comuni e reati militari - Operativita' delle connessione soltanto in caso di maggiore gravita' del reato comune rispetto a quello militare - Disparita' di trattamento tra situazioni analoghe - Eccesso di delega per non aver il legislatore delegante escluso specificamente detta ipotesi di connessione. (C.P.P. 1988, art. 13, comma 2). (Cost., artt. 3 e 76).(GU n.11 del 18-3-1998 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento n. 344/1996 R.G nei confronti di Mandraffino Carmelo. Premesso: che Mandraffino Carmelo e' stato tratto a giudizio davanti a questo tribunale per rispondere del reato di cui agli artt. 61, n. 2, 81, comma 2, n. 476 c.p. in quanto, quale maresciallo capo dell'Esercito con funzioni di cassiere, avrebbe apposto false firme di quietanza di alcuni militari su prospetti di liquidazione di competenze allo scopo di appropriarsi di parte degli emolumenti di cui alle quietanze medesime; che la difesa ha documentato la contemporanea pendenza, davanti al tribunale militare di Palermo per il reato di cui agli artt. 81 c.p.v., 61, n. 7 c.p., 47, n. 2 e 215 c.p.m.p. ravvisato nell'appropriazione, attraverso i falsi oggetto di contestazione davanti a questo tribunale, del denaro di cui aveva la disponibilita' quale cassiere, non corrisposto ai militari indicati nelle quietanze; che nel corso del presente giudizio il p.m., rilevata un'ipotesi di connessione ex art. 12 c.p.p. tra i due reati, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2 c.p.p., in rapporto all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la connessione di procedimenti tra reati comuni e reati militari in tutte le ipotesi previste dall'art. 12 c.p.p.; Ritenuto: che la questione sollevata dal p.m. e' rilevante ai fini del presente giudizio; che, secondo la prospettazione accusatoria, sussiste evidentemente una connessione tra il falso continuato al giudizio di questo tribunale e il peculato militare continuato sottoposto alla cognizione del tribunale militare di Palermo, essendo il primo commesso per eseguire il secondo (art. 12, lett. c) c.p.p.) e ravvisandosi, in ogni caso, l'identita' del disegno criminoso (art. 12, lett. b) c.p.p.); che lo spostamento di competenza e la trattazione unitaria dei due procedimenti sono nella specie preclusi dall'art. 13, comma 2 c.p.p., stante la maggiore gravita' del reato militare contestato rispetto a quello comune; che sussiste un interesse sostanziale dell'imputato di piu' reati al c.d. simultaneus processus sia in ragione dell'onere aggiuntivo derivante dall'essere sottoposto a piu' procedure, sia, soprattutto, in considerazione del vantaggio di una difesa unitaria a fronte di un'accusa relativa a fatti connessi; che, pertanto, in presenza di una connessione quale quella qui rilevata, la cognizione dei due reati da parte di giudici diversi pone l'imputato in una posizione deteriore rispetto a coloro per i quali l'istituto della connessione ex art. 12 c.p.p. opera nella sua pienezza; che, se "appartiene infatti alla discrezionalita' legislativa stabilire e circoscrivere l'ambito di operativita' del simultaneus processus, senza che il diritto processuale debba fare applicazione a pena d'illegittimita' costituzionale di alcun criterio rigidamente prefissato" (v. Corte costituzionale 8 maggio 1980, n. 73), occorre pur sempre, preso atto di una apprezzabile disparita' di trattamento, valutarne la compatibilita' con il precetto dell'art. 3 della Costituzione secondo il criterio della ragionevolezza in rapporto a situazioni omogenee; che la posizione dell'imputato di reato comune e di reato militare e' sostanzialmente identica sia che la prima contestazione sia piu' grave della seconda, sia nell'ipotesi inversa, nel senso che nei due casi identico e' l'apprezzamento dell'interesse di chi e' sottoposto al giudizio al simultaneus processus; che il criterio di discrimine fissato dall'art. 13, comma 2 c.p.p., per cui il sacrificio del suddetto interesse sussiste solo in caso di maggiore gravita' del reato militare, si fonda su una scelta di politica legislativa esplicitata nella relazione al codice nell'esigenza di evitare un'eccessiva limitazione della giurisdizione militare che, in assenza della norma qui in discussione, verrebbe spogliata della propria competenza anche in caso di connessione con reati comuni di modesta gravita' (v. rel. al progetto definitivo p. 166); che tale valutazione di opportunita' politica, nella misura in cui prescinde del tutto dalla considerazione della posizione sostanziale sottostante e si incentra su un'esigenza in se' discutibile e di rango certamente secondario rispetto all'interesse dell'imputato come sopra individuato, appare irragionevole e non giustificativa della riconosciuta diversita' di trattamento; che la Corte costituzionale ha avuto piu' volte occasione di riconoscere che "la connessione e' un criterio fondamentale di attribuzione della competenza, ma nei limiti in cui il simultaneus processus non pregiudica esigenze che l'ordinamento considera preminenti" (v. Corte costituzionale n. 139/1971; Corte costituzionale n. 222/1983); che nella specie non si vede come una siffatta preminenza possa riconoscersi ad un'esigenza politica pura quale quella sopra prospettata che appare l'unica possibile giustificazione della disparita' di trattamento originante dalla norma in discussione; che la disciplina dell'art. 13, comma 2 c.p.p. sembra contrastare anche con l'art. 76 della Costituzione per essere stata adottata in difetto di delega; che il legislatore delegante, al punto 14 dell'art. 2, legge 16 febbraio 1987, n. 81, ha posto il principio della connessione, demandando al delegato di definirne l'ambito e stabilendo, quale unica eccezione all'operativita' di tale principio, i processi a carico di imputati minorenni; che la natura derogatoria di quest'ultima statuizione e l'assenza di altre indicazioni volte a rimettere al delegante l'introduzione di ulteriori eccezioni, portano ad escludere che tale possibilita' rientrasse nell'ambito discrezionale del legislatore delegato; che le ragioni che hanno portato all'introduzione del comma 2 dell'art. 13 c.p.p., come sopra individuate, sono frutto di una scelta politica ascrivibile in via esclusiva al delegato non essendovi traccia in nessun punto della legge delega di un criterio direttivo volto ad assicurare uno spazio alla giurisdizione militare, ne' essendo una tale finalita' desumibile da un'analisi sistematica del complesso delle disposizioni della legge;
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2 c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 76 della Costituzione; Ordina la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Messina, addi' 27 ottobre 1997 Il presidente: (firma illeggibile) Il giudice est.: (firma illeggibile) 98C0250