N. 56 ORDINANZA 9 - 12 marzo 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia  - Abusivismo - Trattamento sanzionatorio penale - Condono -
 Versamento dell'oblazione - Questione gia' dichiarata  manifestamente
 infondata  dalla Corte (vedi sentenza n. 369/1988) - Discrezionalita'
 legislativa - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 28 febbraio 1985, n.  47,  art.  38,  terzo  comma;  legge  23
 dicembre 1994, n. 724, art. 39, comma 1).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.11 del 18-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando   SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 38, comma terzo, della legge  28  febbraio  1985,  n.  47
 (Norme  in  materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia,
 sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e 39,  comma  1,
 della  legge  23  dicembre  1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione
 della finanza pubblica) promosso con ordinanza emessa il  7  febbraio
 1997 dal pretore di Trani, sezione distaccata di Andria, sull'istanza
 proposta  da  Ruotolo  Vincenzo  iscritta  al  n.  326  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 gennaio 1998 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che il pretore di Trani, sezione distaccata di Andria,  in
 funzione  di  giudice  dell'esecuzione  penale,  con  ordinanza del 7
 febbraio 1997 (r.o. n.  326  del  1997)  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  del  combinato disposto degli artt. 38,
 terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di
 controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e
 sanatoria  delle  opere  edilizie),  e  39, comma 1, della legge   23
 dicembre 1994, n. 724  (Misure  di  razionalizzazione  della  finanza
 pubblica),  nella  parte  in  cui  la  predetta normativa non prevede
 l'estinzione della pena e/o della sua esecuzione  nei  confronti  dei
 condannati  con  sentenza  divenuta  definitiva in data antecedente a
 quella di entrata in vigore della legge n. 724 del 1994 per  uno  dei
 reati  previsti  dall'art.  38,  secondo comma, della legge n. 47 del
 1985, i quali abbiano presentato tempestiva  domanda  di  condono  in
 relazione  ad  un  manufatto  edilizio  rientrante  oggettivamente  e
 temporalmente nella previsione di cui alla stessa  legge  n.  724,  e
 versato  l'oblazione  ritenuta  congrua  dalla  competente  autorita'
 amministrativa;
     che,  ad avviso del giudice a quo, sarebbe violato l'art. 3 della
 Costituzione per  la  irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra
 coloro  che,  alla  data  di entrata in vigore della legge n. 724 del
 1994, erano gia' stati irrevocabilmente condannati in sede penale per
 i reati indicati nel capoverso dell'art. 38 della  legge  n.  47  del
 1985,  e  coloro  che,  invece,  alla stessa data ancora non lo erano
 stati;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri  con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che
 ha concluso per la infondatezza della questione;
   Considerato che la  Corte,  con  ordinanza  n.  219  del  1997,  ha
 dichiarato   la  manifesta  infondatezza  della  medesima  questione,
 ponendo in rilievo, come gia' con la precedente sentenza n.  369  del
 1988,  la diversita' di situazioni in cui si trovano, da una parte, i
 soggetti imputati durante il procedimento  penale  e,  dall'altra,  i
 soggetti condannati a seguito di sentenza definitiva:
     che   la   stessa   Corte   ha   ripetutamente   sottolineato  la
 discrezionalita' del legislatore nel fissare, una  volta  individuata
 una  causa  estintiva  del  reato,  i  limiti  temporali  di  essa in
 relazione allo stato dell'azione penale (v.,  oltre  alla  richiamata
 ordinanza n. 219 del 1997, le ordinanze nn. 294 e 137 del 1996);
     che  l'ordinanza in epigrafe non introduce profili nuovi rispetto
 a quelli gia' esaminati dalla  Corte  o,  comunque,  suscettibili  di
 indurre a diverso avviso;
     che,  per  quanto  riguarda l'accenno contenuto nell'ordinanza di
 rimessione alla circostanza che  la  condanna  comprendeva  anche  la
 sanzione   amministrativa   della   demolizione   dell'immobile,   e'
 sufficiente osservare, ai fini della manifesta infondatezza,  che  il
 combinato disposto degli artt. 38, commi secondo e quarto, e 43 della
 legge  n.  47  del  1985  prevede,  tra  gli  effetti tassativi della
 oblazione  e  della  concessione  in  sanatoria,  anche  quelli   sui
 procedimenti di esecuzione delle sanzioni amministrative (purche' non
 sia ancora intervenuta la completa ed integrale esecuzione);
     che  l'ordine  di  demolizione  dell'opera abusiva, impartito dal
 giudice  penale  con  la  sentenza  di  condanna  per  il  reato   di
 costruzione  in  assenza  di  concessione o in totale difformita', ha
 "carattere di supplenza, a chiusura di tutto un sistema sanzionatorio
 amministrativo" e "natura di sanzione amministrativa e  non  di  pena
 accessoria  o  di  sanzione  criminale atipica", secondo un indirizzo
 ormai costante della Corte di cassazione in sede penale;
     che l'ordine anzidetto, ancorche' contenuto in  sentenza  passata
 in  giudicato, deve essere revocato dallo stesso giudice quando e nei
 limiti in cui risulti incompatibile  con  un  provvedimento  adottato
 dalla  pubblica amministrazione (Cass. pen., sez. III, 20 marzo 1990,
 n. 3895 e 7 maggio 1992, n. 489), ovvero puo' essere riesaminabile in
 sede di esecuzione (Cass., 15 dicembre 1992, n. 1946) e quindi subire
 modificazioni in conseguenza della  definizione  della  procedura  di
 sanatoria  edilizia  a seguito di condono, ancorche' non sia prevista
 alcuna estinzione della pena  nell'ipotesi  di  condanna  in  base  a
 sentenza definitiva (Cass. pen., 19 luglio 1995, n. 2144);
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata sotto ogni profilo;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale del combinato disposto degli artt.  38,  terzo  comma,
 della  legge  28  febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo
 dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero  e  sanatoria
 delle  opere  edilizie), e 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994,
 n.  724  (Misure  di  razionalizzazione  della   finanza   pubblica),
 sollevata,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal pretore
 di Trani, sezione distaccata di Andria, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 marzo 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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