N. 198 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 ottobre 1997

                                N. 198
  Ordinanza  emessa  il  23  ottobre 1997 dal pretore di Roma, sezione
 distaccata di Castelnuovo di Porto nel procedimento penale  a  carico
 di Kamil Famil Gunes
 Processo   penale   -  Giudizio  direttissimo  -  Fase  di  convalida
    dell'arresto  -  Relazione  dell'ufficiale  o   agente   di   p.g.
    procedente  e  dichiarazione  dell'arrestato  -  Assunzione con le
    forme dettate  per  la  fase  dibattimentale  ed  inserimento  dei
    rispettivi  atti con le forme sopra descritte nel fascicolo per il
    dibattimento - Omessa   previsione  -  Lesione  del  principio  di
    parita'  di  trattamento con gli altri imputati - Compressione del
    diritto di difesa - Violazione del  principio  di  indipendenza  e
    imparzialita' del giudice.
 (C.P.P. 1988, artt. 34, 431 e 566).
 (Cost., artt. 3, 25 e 27).
(GU n.13 del 1-4-1998 )
                              IL PRETORE
   Il  19  ottobre  1997  i Carabinieri della stazione di Fiano Romano
 traevano in arresto Kamil Famil Gunes colto nella flagranza del reato
 di cui agli artt. 81, 624, 625 del c.p. n. 4-7. Nel termine di  legge
 era  presentato dal  p.m. in tale stato, dinanzi a questo pretore per
 la  convalida  ed  il  contestuale  giudizio  direttissimo  a   norma
 dell'art. 566 del c.p.p.
   Questo   pretore   in   punto  rileva  che  sussistono  profili  di
 incostituzionalita' che di seguito saranno evidenziati,  pendente  la
 fase  della  convalida  riguardo sia all'acquisizione della relazione
 orale  da  parte   del   p.u.,   procedente   nonche'   all'audizione
 dell'arrestato  (art.  566, punto 3 del c.p.p.) e cio' in riferimento
 alla normativa processuale da applicare.
   Per   il   vero,   la  necessita'  di  sollevare  la  questione  di
 costituzionalita' nella fase della  convalida  e  precisamente  prima
 della  relazione orale dell'ufficiale agente di p.g. che ha preceduto
 all'arresto, segue ad una inequivoca  indicazione  proveniente  dalla
 stessa   Corte   costituzionale  che,  in  analoga  fattispecie,  con
 prospettazioni di merito identiche concorrenti ad evidenziare la  non
 manifesta  infondatezza  della  questione  medesima,  la  considerava
 inammissibile per  difetto  di  rilevanza  giacche'  sollevata  nella
 successiva  fase  del  giudizio  alla  convalida, laddove e', in tale
 ultimo ambito, che andava prospettata "essendo volta a modificare  le
 modalita'  di  assunzione  degli  attiraccolti  durante la fase della
 convalida dell'arresto" e non anche, per l'appunto,  nella  fase  del
 giudizio,  atteso  che  in  quel  momento,  con riferimento agli atti
 anteriormente raccolti nella fase di convalida "il giudice  (...)  ha
 ormai esaurito la sua cognizione" (Ord. n. 301/1997).
   Orbene,  venendo  al  merito  della sollevata eccezione si osserva:
 com'e' noto la Corte costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995
 (vedi la n. 149 e la 432) ha rivisto i  limiti  dell'incompatibilita'
 provenendo all'affermazione secondo cui anticipa il giudizio (tale da
 creare  pre-giudizio)  una  valutazione  di contenuto sulla probabile
 fondatezza dell'accusa.
   E, con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti  al
 pretore,  ha  dichiarato  la  manifesta infondatezza della questione,
 radicandola sulla circostanza che in tale eventualita'  la  convalida
 dell'arresto  implica  una  valutazione sulla riferibilita' del reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del giudice competente per il merito direttamente investito,  cui  e'
 devoluta  la  convalida e il contestale giudizio al quale accede ogni
 altro provvedimento cautelare; aggiungendovi  che,  "il  giudice  del
 dibattimento,  al  quale  e'  presentato  l'imputato  per il giudizio
 direttissimo,  si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la   convalida
 dell'arresto,  sulla  esistenza dei presupposti che gli consentono di
 procedere immediatamente al giudizio ed  e'  competente  ad  adottare
 incidentalmente  misure  cautelari, attratte nella sua competenza per
 la cognizione del merito.
   Non   puo'    dunque    essere    configurata    una    menomazione
 dell'imparzialita'  del  giudice, che adotta decisioni preordinate al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso".
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle superiori argomentazioni adottate  dalla  Corte  si  imponga  la
 rivalutazione  di aspetti di incostituzionalita' afferenti al momento
 di formazione della prova per la decisione  di  merito  ed  al  tema,
 dunque,   della   corretta  utilizzazione  degli  elementi  di  prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero, muovendo dalla  indicata  premessa  che  il  giudice  della
 convalida  e'  il  giudice  di merito solo incidentalmente chiamato a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del relativo processo e posto che,  tale  fase  si  snoda  attraverso
 l'acquisizione  di elementi di valutazione influenti sulla formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte proprie dalle regole vigenti per la fase di  giudizio  in  modo
 che  ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'   (altrimenti   riposante   solo   sulla  generica
 affermazione che comunque si e' di  fronte  al  giudice  del  merito)
 nonche'  i  connessi  profili  del contraddittorio e della iniziativa
 delle  parti  nella  acquisizione  e  formazione  della   prova.   In
 particolare  cio'  concerne  i  qualificati  momenti della cosiddetta
 relazione orale dell'ufficiale o agente di p.g.  procedente  e  delle
 dichiarazioni  dell'arrestato, che, a norma dell'art. 566 del c.p.p.,
 viene "sentito" ai fini di convalida.
   Poiche' tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale  fase
 incidentale  e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale e
 l'esame dell'imputato, a salvaguardare la loro compatibilita'  con  i
 parametri  costituzionali  rappresentati  dall'art. 3 (sottospecie di
 parita'  di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.   24
 (sottospecie  di  garanzie  difensive),  dagli artt. 25 e 27, secondo
 comma (sottospecie di interconnessione tra i richiamati  profili  con
 quello  della  indipendenza  del  giudice  di merito e, dunque, nella
 prospettiva  funzionale  dell'esercizio   della   giurisdizione   con
 riferimento al momento acquisitivo di dati contenutistici e di merito
 dell'imputazione,  influenti  come  tali  sulla formazione del libero
 convincimento del  giudice)  a  salvaguardare  come  detto,  la  loro
 compatibilita'  con  i  suddetti  parametri  di  costituzionalita' si
 impone il rispetto delle forme previste  per  gli  atti  a  contenuto
 congenere  nel  dibattimento,  in  funzione anticipatoria (cosi' come
 avviene per i  casi  di  incidente  probatorio)  cosi'  da  risultare
 salvaguardato  anche  l'aspetto della loro diretta utilizzabilita' ai
 fini di giudizio.
   In     conclusione     si     ritiene     pertanto      ravvisabile
 l'incostituzionalita'  dell'art. 566 del c.p.p. laddove non prescrive
 che la relazione dell'ufficiale o agente di p.g.  procedente  nonche'
 le  dichiarazioni dell'imputato vengano assunte con rispetto e con le
 forme dettate nella fase dibattimentale per la  testimonianza  e  per
 l'esame  dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa norma
 e dell'art. 138 disp. att. al c.p.p.  in relazione all'art.  431  del
 c.p.p.  laddove  non  prescrive  l'inserimento degli atti suddetti da
 acquisire nelle forme come dinanzi individuate nel fascicolo  per  il
 dibattimento.
   E'  indubbia  la rilevanza della prospettata questione nel presente
 giudizio, che si  trova  proprio  nella  fase  della  convalida  dove
 trovano diretta applicazione le norme censurate.
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23,
 legge 11 marzo 1953, n. 86;
   Solleva  di  ufficio  la  questione  di legittimita' costituzionale
 degli artt. 34, 431, 566 del c.p.p. per  violazione  degli  artt.  3,
 primo  comma; secondo comma; 25, primo comma; 27, secondo comma della
 Costituzione;
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale e sospende il processo in corso;
   Ordina  che  a  cura  della cancelleria l'ordinanza di trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
 del Parlamento.
     Castelnuovo di Porto, addi' 23 ottobre 1997
                           Il pretore: Croce
 98C0301