N. 211 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 settembre 1997

                                N. 211
  Ordinanza emessa il 26 settembre 1997 dalla Corte  dei  conti,  sez.
 prima centrale di appello sul ricorso proposto da Terrasini Filippo
 Corte dei conti - Giudizio di responsabilita' contabile - Limitazione
    della  responsabilita'  ai  soli  casi  di  dolo  e  colpa grave -
    Ingiustificata deroga alla regola della comune responsabilita' per
    colpa lieve - Irragionevolezza -  Incidenza sui principi  di  buon
    andamento  della  p.a., del controllo contabile, di tempestivita',
    certezza e  completezza  dei  dati  finanziari  e  patrimoniali  a
    fondamento dei bilanci dello Stato e sugli obblighi internazionali
    di  riequilibrio  della  finanza  pubblica assunte col Trattato di
    Maastricht.
 (D.-L. 23 ottobre 1996, n. 543, art. 3, comma 1, lett. A), convertito
    con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639).
 (Cost., artt. 3, 11, 24, 81, 97 e 103).
(GU n.14 del 8-4-1998 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sull'appello  proposto  da
 Terrasini Filippo con il patrocinio dell'avv. Andrea Avola avverso la
 sentenza  della  sezione  giurisdizionale per la regione siciliana n.
 51/95/Resp.  del 20 gennaio 1995;
   Visto l'atto di appello iscritto al n. 276  IC/A  del  registro  di
 segreteria;
   Visti gli altri atti e documenti di causa;
   Uditi  alla  pubblica  udienza  del  giorno  26  settembre 1997, il
 relatore cons. Francesco  Pezzella,  nonche'  il  pubblico  ministero
 nella persona del vice procuratore generale Umberto Atelli.
   Premesso che:
     a)  con  sentenza  della  sezione  giurisdizionale per la regione
 siciliana n. 51/95/Resp. del  20  gennaio  1995,  Terrasini  Filippo,
 all'epoca  dei  fatti  reggente  dell'ufficio locale p.t. di Palermo,
 succursale 13, e' stato condannato  a  risarcire  all'amministrazione
 pp.tt. la somma di L. 61.800.000, oltre le spese di giudizio;
     b) il danno per cui e' stata pronunciata condanna consegue ad una
 rapina  verificatasi  presso  il  predetto ufficio postale in data 21
 dicembre 1984, nel corso della quale furono, tra  l'altro,  sottratti
 valori in assegni circolari, destinati a pagamenti per conto terzi;
     c)  in  particolare, al Terrasini e' stato addebitato di non aver
 prestato  osservanza  alle  prescrizioni  di  servizio   contemplanti
 l'annotazione  degli  assegni in apposito registro, impedendo, con il
 proprio comportamento  colposo,  la  procedura  di  ammortamento  dei
 titoli  trafugati e provocando cosi' il danno all'amministrazione per
 il quale v'e' stata condanna in primo grado;
     d) avverso detta sentenza ha interposto appello il Terrasini, con
 atto ritualmente notificato  e  depositato,  sostenendo,  sotto  vari
 profili, l'infondatezza della pretesa attrice;
   Ritenuto    di    dover    sollevare    d'ufficio    questione   di
 costituzionalita' dell'art. 3, primo comma, lett. a), del   d.-l.  23
 ottobre  1996, n.  543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20
 dicembre 1996, n. 639, nella parte  in  cui,  sostituendo  l'art.  1,
 primo   comma,  della  legge  14  gennaio  1994,  n.  20,  limita  la
 responsabilita' dei  soggetti  sottoposti  alla  giurisdizione  della
 Corte  dei  conti in materia di contabilita' pubblica ai fatti e alle
 omissioni commessi con dolo o colpa grave.
   Considerato in punto di rilevanza che:
     a) il secondo comma dell'art. 3 del d.-l.  23  ottobre  1996,  n.
 543   e  relativa  legge  di  conversione  espressamente  estende  la
 disciplina di cui al primo comma, lettera a), ai  giudizi  in  corso,
 anche  quando si verta, come nella fattispecie, sulla responsabilita'
 contabile  in  senso  proprio,  quella  cioe'  che  scaturisce  dagli
 illeciti dei soggetti che abbiano avuto, come l'appellante Terrasini,
 maneggio   di   pubblico   denaro  o  di  titoli  rappresentativi  di
 quest'ultimo, o di altri beni dell'amministrazione, ossia ne  abbiano
 avuta   diretta  e  immediata  disponibilita',  a  fini  di  incasso,
 pagamento  o  custodia  con  correlati  obblighi  di   conservazione,
 contabilizzazione,   restituzione  e  rendicontazione  a  determinate
 scadenze;
     b)  di  conseguenza,  questo  giudice  di  appello,  ritenuta  la
 sussistenza,  nel comportamento dell'appellante, della colpa normale,
 e' chiamato, nella fattispecie, ad applicare proprio l'art. 3,  primo
 comma,  lett.    a) del decreto-legge n. 543/1996 e relativa legge di
 conversione  n.  639/1996  e  cioe'  proprio  la  norma   della   cui
 costituzionalita' dubita.
    Considerato, in punto di non manifesta infondatezza:
     1)  gia'  con  ordinanza  n. 039/1997/A del 25 febbraio-23 maggio
 1997 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 35 del 27 settembre  1997
 -  1  serie  speciale  -  Corte  costituzionale,  questa  sezione  ha
 sollevato  dubbi  di  costituzionalita'  in  ordine  a  detta   norma
 limitativa  della  responsabilita'  degli amministratori e dipendenti
 pubblici nei suoi profili generali in riferimento agli artt. 3, 97  e
 103, secondo comma, della Costituzione, con argomentazioni che qui si
 richiamano integralmente;
     2)  la  sezione,  peraltro,  ravvisa  ulteriori  e piu' specifici
 profili di incostituzionalita' della norma limitativa, in riferimento
 alla  responsabilita'  contabile  in   senso   proprio   come   sopra
 configurata:    al riguardo osserva, in primo luogo, che gli obblighi
 di conservazione, restituzione, contabilizzazione  e  rendicontazione
 incombenti  sugli  affidatari  di  beni  pubblici  sono preordinati a
 garantire il permanere della consistenza patrimoniale dell'erario  ai
 livelli  cui  la portano i flussi di cassa ed i movimenti di materie,
 sicche' le regole fondamentali  da  rispettare  sono  la  neutralita'
 della  movimentazione propriamente contabile e la necessita', quindi,
 che gli equilibri eventualmente alterati dalla condotta dei contabili
 vengano   immancabilmente   e  compiutamente  ricostituiti;  dal  che
 consegue  che  la  responsabilita'  contabile,  in  quanto   reazione
 dell'ordinamento  all'inosservanza  di  quegli  obblighi  primari, si
 concreta, a sua volta, in un'inderogabile obbligazione restitutoria -
 di secondo  grado  -  del  contabile  inadempiente,  la  quale,  come
 precisato  dall'art.  194  del  regolamento di contabilita' di Stato,
 approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 827, permane anche in  caso  di
 furto  da parte di terzi, di forza maggiore o di naturale deperimento
 dei beni, se non v'e' prova  della  non  imputabilita'  del  danno  a
 negligenza,  anche  soltanto concorrente, del contabile stesso o a un
 suo indugio  nel  richiedere  per  tempo  i  necessari  provvedimenti
 conservativi;
     3)   la   norma  regolamentare  teste'  riportata  e'  da  sempre
 considerata una regola basilare della  responsabilita'  contabile  in
 uno   con   i   sopraevocati   principi   della   neutralita'   della
 movimentazione  contabile  e  della   necessita'   quindi   del   suo
 riequilibrarsi  a  carico  del contabile salva la prova della sua non
 imputabilita', ma, in coerenza  con  detti  principi  (del  resto  di
 comune  accezione, anche nell'ambito della contabilita' privata), non
 si e' mai ritenuto che la non imputabilita' potesse discendere  dalla
 levita'  della  negligenza  o  dell'indugio  quanto  piuttosto  dalla
 rilevabilita' di comportamenti congrui e diretti a buon fine da parte
 dell'affidatario del bene, cui si siano frapposte,  nella  causazione
 del   danno,   circostanze   a   lui   non  addebitabili:  ne  deriva
 l'irrazionalita'  della  norma   limitativa   della   responsabilita'
 rispetto  alle  esigenze  fondamentali  dell'ordinamento contabile e,
 quindi, rispetto  ai  criteri  di  ragionevolezza  ed  equita'  della
 legislazione  insiti  nell'art.  3  della  Costituzione,  perche'  e'
 evidente  che  condizionare  la  perseguibilita'  dei   comportamenti
 contrari  all'integrita'  dei beni pubblici e delle casse dell'erario
 alla gravita' dell'errore (oltre che al dolo), ed escluderla quindi a
 priori in caso di  colpa  normale,  equivale  a  rimuovere  l'effetto
 garantistico  delle  regole  contabili ed a rendere quindi incerta ed
 incontrollabile la consistenza patrimoniale dello Stato e degli altri
 Enti ed anche quella finanziaria, in virtu' della stretta connessione
 tra le due valenze, sancita dalle  fondamentali  regole  sui  bilanci
 pubblici  di  cui  alla  legge  5  agosto  1978, n. 468, e successive
 modifiche;
     4) sempre in termini di irrazionalita'  normativa,  ma  anche  in
 termini  di  ingiustificata  disuglianza nella disciplina di rapporti
 giuridici  analoghi,  aspetto  anch'esso  riconducibile  ai   divieti
 impliciti  dell'art. 3 della Costituzione, deve porsi in evidenza che
 riducendo la perseguibilita' dei comportamenti degli  affidatari  dei
 pubblici  beni  alla  sola  ipotesi  della  colpa grave si perviene a
 rendere assai meno rilevante la responsabilita' di costoro rispetto a
 quella delle consimili figure  privatistiche  dei  tutori,  curatori,
 mandatari  e amministratori in genere delle altrui sostanze, i quali,
 per comune principio riflesso in varie norme civilistiche  rispondono
 secondo il criterio della diligenza del buon padre di famiglia (artt.
 18,  1170,  1710 e 2392 del codice civile) che, di regola, non soffre
 il limite della colpa grave e, pertanto, la norma  limitativa,  della
 cui  costituzionalita'  qui  si  dubita,  finisce  per  assicurare ai
 patrimoni pubblici una  tutela  minore  di  quella  che  altre  norme
 garantiscono ai patrimoni privati;
     5)  cio'  e' tanto piu' irrazionale in quanto la norma limitativa
 si estende anche ai soggetti con i quali la pubblica  amministrazione
 instaura  rapporti  convenzionali  per  i  servizi di riscossione, di
 tesoreria e di cassa, che sono rapporti tipicamente contabili, con la
 conseguenza che anche detti  soggetti,  sottoposti  ratione  materiae
 alla  giurisdizione  della  Corte dei conti, si trovano ora ad essere
 esonerati  da  qualsiasi  responsabilita'  e  quindi   da   qualsiasi
 obbligazione  restitutoria  (oltre  che  eventualmente  risarcitoria)
 qualora  il  danno  alla  controparte  pubblica  sia   imputabile   a
 disattenzioni  e  trascuratezze dei propri dipendenti che non possano
 ritenersi sconsiderate in modo  molto  accentuato:  risulta  evidente
 l'irragionevolezza  di  un  siffatto scostamento tanto dai richiamati
 principi della  responsabilita'  contabile  quanto  da  quelli  della
 comune responsabilita' contrattuale, cui i rapporti convenzionali qui
 richiamati sono astrattamente riconducibili;
     6)   ne'   puo'   trascurarsi,  sempre  sotto  il  profilo  della
 razionalita', che quegli stessi soggetti, di solito istituti bancari,
 esigono  normalmente  dal  proprio  personale  la   piu'   scrupolosa
 osservanza  delle  meticolose  norme  interne  che  regolano  la loro
 attivita', a presidio delle quali sono  previste  misure  punitive  e
 riparatrici senza distinzioni tra infrazioni lievi o gravi ed anche a
 prescindere dalle rivendicazioni dei terzi danneggiati;
     7)  nei  dubbi  espressi  nei  punti  che  precedono e' insito un
 ulteriore motivo di contrasto della norma  limitativa  con  l'art.  3
 della  Costituzione  sotto  il  profilo  del disuguale trattamento di
 situazioni identiche  o  largamente  simili,  dal  momento  che  essa
 sfavorisce  ingiustamente il creditore pubblico e il datore di lavoro
 pubblico rispetto ai corrispondenti soggetti  privati  per  quel  che
 concerne   l'ampiezza  della  tutela  dei  rispettivi  interessi  nei
 riguardi dei loro agenti contabili  e  dei  dipendenti  cui  essi  si
 affidano per adempimenti contabili;
     8)    da    quanto   esposto   risultano   altresi'   motivi   di
 incompatibilita'  della  norma  limitativa  con  l'art.  97     della
 Costituzione,  sotto  il  profilo  del  buon andamento della pubblica
 amministrazione, e non solo per gli aspetti messi a tale riguardo  in
 evidenza,   su  un  piano  piu'  generale,  nella  citata  precedente
 ordinanza di questa sezione n. 039/97/A  del  25  febbraio-23  maggio
 1997,  ma anche per il rilevante effetto negativo che puo' sortire da
 una norma che garantisce ampi margini di  immunita'  per  gli  errori
 commessi  nelle  operazioni contabili, cioe' in uno dei piu' delicati
 settori dell'organizzazione amministrativa, in netto contrasto con  i
 tradizionali canoni, unanimamente accettati, della precisione e della
 coerenza   delle  operazioni  contabili  e  delle  scritture  che  le
 rappresentano, in luogo dei quali possono subentrare propensioni alla
 faciloneria   e   alla   superficialita'   dei    comportamenti    in
 contraddizione  con  la  crescente  domanda  di  professionalita' nel
 pubblico impiego e con grande pericolo per i pubblici averi;
     9) attesa, poi, la stretta connessione che c'e' tra  le  gestioni
 contabili  dei vari settori in cui si parcellizza la finanza pubblica
 e i conti generali di quest'ultima, i cui dati,  infatti,  altro  non
 sono  -  ne'  possono  essere  -  che  la  risultanza di elaborazioni
 matematico-statistiche dei dati evidenziati dai conti di settore,  si
 appalesa  anche un contrasto con l'art. 81 della Costituzione poiche'
 la  norma  limitativa non garantisce, in conseguenza del lassismo che
 da essa puo' sortire, la tempestivita', la certezza e la  completezza
 dei  complessivi  dati  finanziari  e patrimoniali, rilevati in corso
 d'esercizio e a consuntivo, con incommensurabili effetti negativi sul
 piano delle  leggi  di  bilancio  e  di  riequilibrio  della  finanza
 pubblica  nonche'  sul piano della credibilita' dei dati dimostrativi
 del rispetto dei parametri di Maastricht da parte del  nostro  Paese,
 il   che   configura,   altresi',   violazione   dell'art.  11  della
 Costituzione,  sotto  il   profilo   del   mancato   rispetto   delle
 obbligazioni   internazionali   assunte   con  quel  trattato  e  col
 precedente trattato di Roma oltre  che  del  mancato  rispetto  delle
 limitazioni all'autonomia legislativa nazionale che ne sono derivate;
     10)  la  norma  limitativa,  infine,  minando  alle fondamenta il
 principio dell'ordodossia contabile, sminuisce all'origine  anche  il
 basilare   obbligo  di  tempestiva  e  corretta  rendicontazione  con
 insanabili riflessi negativi  sulla  regolarita'  delle  gestioni  e,
 quindi,  sull'effettivita'  del  giudizio  di conto, il che configura
 profili di contrasto tanto con l'art. 103 della Costituzione - che al
 suo secondo comma affida all'attivita' giurisdizionale  davanti  alla
 Corte  dei  conti  e  quindi  anche  al  giudizio  di conto (giudizio
 necessario, come affermato dalla Corte costituzionale nelle  sentenze
 n.  114  del  1975 e n. 1007 del 1988), la verifica della regolarita'
 delle gestioni contabili pubbliche  -  quanto  con  l'art.  24  della
 Costituzione,  perche'  la  garanzia giurisdizionale della difesa dei
 diritti patrimoniali dell'erario non ne subisce una mera  limitazione
 o  contrazione  - che di per se' non sarebbe sufficiente a concretare
 l'illegittimita' costituzionale, secondo quanto affermato dalla Corte
 costituzionale nella sentenza n. 165 del 1982 ed in altre ivi  citate
 -  bensi' ne esce completamente destituita di fondamento, riducendosi
 ad una formula di stile, assolutamente inadeguata a dare certezza  di
 giudicato ai dati contabili.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
                                P. Q. M.
   La  Corte  dei  conti,  sezione prima centrale di appello, dichiara
 rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento  agli  artt.
 3,  11,  24,  81,  97  e  103  secondo  comma  della Costituzione, la
 questione di legittimita' costituzionale del primo  comma,  lett.  a)
 dell'art.    3  del  d.-l.  23  ottobre 1996. n. 543, convertito, con
 modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, nella  parte  in
 cui,  sostituendo l'art. 1, primo comma, della legge 14 gennaio 1994,
 n. 20, limita la responsabilita'  degli  agenti  contabili,  e  degli
 altri soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in
 ragione di obblighi propriamente contabili, ai fatti e alle omissioni
 commessi con dolo o colpa grave;
   Dispone la sospensione del giudizio in attesa della decisione della
 Corte costituzionale;
   Dispone che, a cura della segreteria, gli atti vengano rimessi alla
 Corte  costituzionale  e  che  copia  della  presente ordinanza venga
 notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e
 comunicata  ai  Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
 dei deputati.
     Cosi' provveduto in  Roma,  nella  Camera  di  Consiglio  del  26
 settembre 1997.
                  Il presidente ed estensore: De Rose
 98C0328