N. 229 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1998
N. 229 Ordinanza emessa il 29 gennaio 1998 dal tribunale amministrativo regionale per la Puglia sul ricorso proposto da Gruppo Imprenditori Edili Meridionali s.r.l., contro la regione Puglia ed altro Industria e commercio - Regione Puglia - Nulla osta di competenza regionale per l'apertura di grandi strutture di vendita - Sospensione fino all'emanazione di norme integrative e modificative della legge regionale 2 maggio 1995, n. 32 e non oltre il 30 settembre 1998 - Conseguente impossibilita' per il giudice amministrativo di sospensione del silenzio rifiuto sull'istanza di rilascio di detto nulla osta - Violazione dei principi di uguaglianza, di liberta' di iniziativa economica privata, d'imparzialita' e buon andamento della p.a. - Eccedenza dai limiti della competenza regionale. (Legge regione Puglia 24 dicembre 1997, n. 24, art. 1). (Cost., artt. 3, 41, 97 e 117).(GU n.15 del 15-4-1998 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3450 del 1997 proposto da Gruppo Imprenditori Edili Meridionali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del ricorso, dall'avv.to Giuseppe Mariani, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Bari, via Amendola n. 21, contro regione Puglia, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso dall'avv.to Michelangelo Romano, ed elettivamente domiciliata in Bari, piazza Moro n. 37, presso settore legale della regione e nei confronti di comune di Molfetta, in persona del sindaco pro-tempore, non costituito, per l'annullamento del silenzio-rifiuto serbato dalla regione Puglia sull'atto di diffida e costituzione in mora notificato dalla societa' ricorrente alla regione Puglia in data 22 novembre 1997 ed alla commissione regionale per il commercio in data 24 novembre 1997; nonche' per la conseguente dichiarazione dell'obbligo dell'amministrazione regionale di pronunciarsi in senso favorevole sull'istanza di nulla-osta pervenuta alla regione dal comune di Molfetta con nota sindacale del 21 maggio 1997 prot. n. 21348. Visto il ricorso con i relativi allegati con richiesta di sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato; Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Puglia; Visti gli atti tutti della causa; Uditi i difensori presenti e relatore il dott. Maria Abbruzzese; Vista l'ordinanza 29 gennaio 1998 n. 156 con la quale questo tribunale amministrativo ha disposto per la sospensione del giudizio cautelare e la rimessione dagli atti alla Corte costituzionale con separata ordinanza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o La societa' ricorrente con ricorso notificato il 29/30 dicembre 1997 ha impugnato il silenzio-rifiuto formatosi sull'atto di costituzione in mora notificato alla regione Puglia ed inteso alla definizione del procedimento di rilascio del nulla-osta regionale sull'apertura di una grande struttura di vendita ubicata in Molfetta (Bari). Nel ricorso chiedeva la ricorrente, pur assumendo che il procedimento doveva concludersi in senso ad essa favorevole, e richiamando precedenti giurisprudenziali di questa sezione, la pronuncia di un provvedimento cautelare che sancisse l'obbligo della regione stessa a pronunciarsi sulla domanda. Si costituiva la regione Puglia che evidenziava la entrata in vigore di una legge regionale (legge regione Puglia n. 24 del 24 dicembre 1997, pubblicata sul B.U.R. ed immediatamente efficace per espressa indicazione), a termini della quale sono sospesi i rilasci dei nulla-osta regionali. L'adito t.a.r. con ordinanza n. 156/1998 del 29 gennaio 1998, sospendeva il giudizio cautelare, cosi' testualmente motivando: "considerato che all'obbligo della regione a pronunciarsi sull'atto di diffida, come pure disposto per caso similare in precedente ordinanza di questo t.a.r. e' ostativa l'intervenuta legge regionale n. 24 del 24 dicembre 1997, recante sospensione rilascio nulla-osta per l'apertura di grandi strutture di vendita. Considerato che con decisione assunta nell'odierna camera di consiglio si e' stabilito di rimettere di ufficio alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale della predetta legge regionale, la cui risoluzione assume quindi carattere di pregiudizialita' rispetto alla decisione sull'istanza cautelare che ne occupa". Ritiene il collegio di sollevare di ufficio questione di costituzionalita' della citata legge per l'arresto procedimentale che essa viene a comportare nei termini che seguono e che incide irreparabilmente sul contenuto della tutela giurisdizioinale accordabile al privato in via cautelare. Ed infatti la questione di legittimita' costituzionale e' pacificamente proponibile anche nel corso del giudizio incidentale per l'adozione di provvedimenti d'urgenza e cio' per consolidato inegnamento della stessa Corte (sentenze nn. 177/1973; 186/1976; 440/1990; 367/1991; 314/1992, tra le altre). La questione appare rilevante e non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione. D i r i t t o I. - Sulla rilevanza della questione. La societa' ricorrente invoca l'emanazione di un provvedimento cautelare che imponga alla regione Puglia di pronunciarsi espressamente sull'istanza di rilascio del nulla-osta. Osserva anzitutto il collegio: l'istanza della ricorrente e' stata presentata al comune di Molfetta e trasmessa alla regione Puglia per l'esame. Nessun provvedimento espresso ha emanato l'ente regione neppure a seguito di diffida e di messa in mora notificata dal privato. La ricorrente ha certamente interesse alla rapida definizione del procedimento, in senso positivo o negativo, poiche' il ritardo nella definizione dello stesso ha effetti pregiudizievoli sulla sua attivita' imprenditoriale e tali da integrare il danno grave ed irreparabile previsto dall'art. 21 legge t.a.r. quale presupposto della concedibile tutela cautelare. La giurisprudenza amministrativa ha inoltre da tempo affermato che e' ammissibile la tutela cautelare a fronte di un comportamento omissivo o, come in questo caso, silente della pubblica amministrazione, ai fini dell'emanazione di un provvedimento espresso relativo all'interesse pretensivo azionato dal privato. Nel caso di specie al provvedimento espresso sull'istanza dell'interessato, che sarebbe possibile contenuto dell'ordine impartito in via cautelare da questo t.a.r. e per il quale sussisterebbero tutti i presupposti, osta la sopravvenienza della legge regionale pugliese n. 24 del 24 dicembre 1997, avente ad oggetto: "Legge regionale 2 maggio 1995, n. 32. Sospensione temporanea del rilascio del nulla-osta regionale per l'apertura di grandi strutture di vendita", dichiarata urgente con entrata in vigore sin dal giorno dalla sua pubblicazione (B.U.R.P. n. 131 del 29 dicembre 1997). L'articolo unico di tale legge dispone che: "il rilascio del nulla osta di competenza regionale per l'apertura di grandi strutture di vendita previsto dagli artt. 26 e 27 della legge 11 maggio 1971 n. 426, nonche' dagli artt. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12 della legge 2 maggio 1995 n. 32 e' sospeso fino all'emanazione di norme integrative e modificative della legge regionale 2 maggio 1995 n. 32 e comunque non oltre il 30 settembre 1998". Il collegio interpreta l'articolo unico sopra pedissequamente riportato nel senso che tutti i procedimenti in corso di esame e relativi al rilascio di nulla osta regionali sono sospesi o comunque insuscettibili di essere conclusi con una pronuncia espressa. Ha escluso il tribunale altre possibili interpretazioni. Ed infatti: a) qualora si intendesse che sono sospesi solo i "rilasci" di nulla-osta e cioe' i provvedimenti positivi, fermo restando il potere dell'ente regione di definire in senso negativo o in senso soprassessorio i procedimenti in corso, verrebbero ad essere irragionevolmente pregiudicati proprio i privati imprenditori che avrebbero titolo attuale all'apertura degli esercizi con palese violazione dell'art. 41 Cost. Peraltro, la definizione in senso soprassessorio del procedimento e' intrinsecamente contraddittoria, giacche' il contenuto provvedimentale sarebbe meramente riproduttivo del testo normativo e non soddisferebbe le pretese dei privati. Infine, considerato che la sospensione normativa pone quale termine la "emanazione di norme integrative e modificative della legge regionale 2 maggio 1995 n. 32" e comunque il termine del 30 settembre 1998 al piu' tardi, e' senz'altro conforme a logica ritenere che della eventuale modifica pianificatoria ben potrebbero avvantaggiarsi anche i privati che allo stato della normativa dovrebbero vedere rigettata la domanda di nulla-osta, cosi' incorrendo nella violazione di altro precetto costituzionale (art. 3 Cost.). Se un senso ha la sospensione, opina il collegio, essa dovrebbe valere per tutti i procedimenti di rilascio, indipendentemente dal loro esito allo stato degli atti; ed altrimenti si tratterebbe di determinare un effetto sospensivo secundum eventum, con ulteriore profilo di irragionevolezza; b) a non diversi esiti di illogicita' condurrebbe altra possibile interpretazione e cioe' intendere la sospensione come applicabile solo alle nuove istanze (e cioe' a quelle presentate dopo l'entrata in vigore della legge), restando fuori dal disposto legislativo le istanze pendenti. Osta a tale interpretazione anzitutto il profilo letterale che fa riferimento proprio all'atto conclusivo del procedimento ("il rilascio" del nulla-osta) che e' regolato, secondo il principio tempus regit actum, dalla legge sopravvenuta. Peraltro, potrebbero a tale interpretazione opporsi gli stessi rilievi logici sollevati a proposito della opzione sub a) che precede, in ordine alla ratio della norma. Unica possibile (perche' conforme a logica) interpretazione e' dunque quella di intendere come "sospesi" tutti i procedimenti di rilascio del nulla-osta regionale fino alla definizione di una nuova disciplina pianificatoria e comunque non oltre il 30 settembre 1998. Resta dunque chiaro che allo stato, la ricorrente non ha possibilita' di ottenere, sulla sua istanza, un provvedimento espresso dalla regione Puglia e l'ordine eventualmente impartito dal t.a.r. in sede cuatelare ed in tali sensi sarebbe contrario a legge. Da qui la rilevanza della questione nella presente sede cautelare, poiche' proprio e solo la legge regionale osta alla tutela invocata ed e' direttamente incidente sull'interesse cautelare della ricorrente. Tanto a prescindere dal possibile contenuto, positivo o negativo, del provvedimento espresso emanato dall'ente regione poiche', com'e' ovvio, anche il provvedimento negativo, pur sempre ed in quanto impugnabile, sarebbe satisfattivo della tutela cautelare invocata dalla ricorrente. II. - Sulla non manifesta infondatezza. A) Violazione dell'art. 41 Cost., anche con riferimento agli artt. 3 e 117 Cost. Com'e' noto l'art. 41 Cost. sancisce la liberta' dell'iniziativa economica privata. Limiti ad essa, interni ed esterni, sono determinati dalla stessa norma costituzionale che prevede che lo svolgimento dell'iniziativa intrapresa non puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana (limiti interni ex art. 41, secondo comma, Cost.) e fissa una riserva di legge per l'individuazione dei programmi e i controlli opportuni perche' l'attivita' economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (limiti esterni, ex art. 41, terzo comma, Cost.). L'attivita' del commercio e' indubbiamente compresa tra le attivita' possibile contenuto di iniziativa economica. Per essa dunque vigono i limiti puntualmente descritti dall'art. 41 Cost. L'organizzazione dei poteri pianificatori e di controllo su tale attivita' trova puntuale disciplina: 1) nello stesso testo costituzionale, all'art. 117 Cost., che attribuisce alle regioni potesta' legislativa in materia di "fiere e mercati", estensivamente intesa; 2) nella legge 11 giugno 1971 n. 426 (modificata con legge 5 luglio 1975 n. 320), che e' da qualificarsi senz'altro legge-cornice; 3) in norme regionali emanate a seguito di delega statale (ex art. 51 decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977), attribuitiva di potesta' amministrative nel settore del commercio e, dunque, di potesta' legislative in tutte le materie delegate dello Stato (art. 7 decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977). Per quanto ne occupa in questa sede, di rilevante interesse risultano i principi espressi della legge n. 426/1971 che stabilisce i limiti esterni all'iniziativa economica nel settore del commercio. L'art. 11 della predetta legge attribuisce ai comuni la potesta' di formare il "piano di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita", sentito il parere di apposita commissione tecnica. Tale potere pianificatorio dovrebbe tendenzialmente assicurare la migliore funzionalita' e produttivita' del servizio a rendere al consumatore ed il miglior equilibrio tra installazioni commerciali a posto fisso a presumibile capacita' di domanda, tenuto conto di diverse opzioni pure a disposizione dei consumatori (es. commercio ambulante). L'art. 13, secondo comma, legge cit., impone di prevedere nell'ambito dei piani regolatori determinati spazi riservati ai centri commerciali ed ai grandi esercizi di vendita con superficie superiore a 1.500 mq; l'art. 24 assoggetta l'apertura di esercizi ad autorizzazione amministrativa; l'art. 27 subordina l'autorizzazione all'apertura di centri commerciali al dettaglio e di punti di vendita, che per dimensioni e collocazione geografica sono destinati a servire vaste aree di attrazione eccedenti il territorio comunale, al nulla-osta della giunta regionale, sentito il parere della commissione di cui all'art. 17, quando la superficie di vendita e' superiore a 1.500 mq. Sancisce il successivo art. 28 che la decisione sul nulla-osta deve essere adottata entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta e, in caso di domande concorrenti, l'amministrazione dovra' valutare quale richiedente offra la miglior soluzione dal punto di vista urbanistico, sempre che risulti assicurata la disponibilita' dei locali o dell'area destinata alla costruzione della struttura. La disciplina in esame attribuisce dunque competenza ripartita tra regione e comune in ordine al rilascio dell'autorizzazione per l'apertura di grandi strutture di vendita: la regione valuta la compatibilita' del nuovo esercizio di notevoli dimensioni in relazione all'esigenza di un adeguato bacino di utenza, il comune l'esistenza dei requisiti soggettivi del richiedente e la conformita' del nuovo esercizio alle disposizioni di legge ed ai regolamenti locali. Tali sono dunque i limiti previsti dal legislatore-quadro all'iniziativa economica intesa all'apertura di nuove grandi strutture di vendita. E solo contenuto pianificatorio o imposizione di controlli, per garantire indirizzo e coordinamento a fini sociali, sono consentiti alla legge ordinaria per limitare l'iniziativa economica privata (ex art. 41, terzo comma, Cost.). La sospensione della potesta' autorizzatoria disposta con la legge odiernamente censurata contrasta dunque con la norma costituzionale (art. 41 Cost.), non essendo consentito alla legge ordinaria l'inibizione dell'iniziativa economica privata non motivata da contrasto con precedenti leggi di programmazione e di controllo. In altri termini, la legge puo' certamente "conformare" l'iniziativa economica privata ma non impedirla, e neppure sospenderla a tempo determinato (il che nelle more e' equivalente all'inibizione). Giova rammentare che il principio di liberta' nell'iniziativa economica privata in tema di attivita' commerciali ha gia' trovato positiva e consistente affermazione nella giurisprudenza amministrativa, che ha reiteratamente censurato atti amministrativi che ponevano motivazioni incongrue al diniego di autorizzazione all'apertura di esercizi commerciali. In particolare si e' affermato: a) che il piano comunale non puo' prevedere un limite numerico per i nuovi esercizi ne' stabilire divieti assoluti di nuove iniziative commerciali; b) che il diniego di licenza commerciale deve essere sorretto da adeguata motivazione proprio in considerazione del principio di cui all'art. 41 Cost.; c) che tale motivazione puo' consistere nel costrasto con le prescrizioni del piano in tema di contingentamento, superficie massima ammissibile, compatibilita' urbanistica, o tutela del decoro architettonico, ove sia stato approvato un piano, ovvero, in assenza di piano, nell'accesso di concorrenza e cioe' nella valutazione in concreto di pregiudizio dell'apertura del nuovo esercizio rispetto all'interesse pubblico della tutela del consumatore e della stabilita' dell'equilibrio dell'apparato distributivo (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 28 febbraio 1995, n. 296; Cons. di Stato, sez. V, 4 febbraio 1994, n. 52). Non e' chi non veda che la legge regionale da ultimo entrata in vigore singolarmente impone il non esercizio di attivita' economiche senza il rispetto dei limiti propri della riserva di legge imposta dall'art. 41 Cost., in assenza di previ programmi e di previ controlli. Sotto diverso profilo, anche l'implicita valutazione di inadeguatezza dei piani esistenti (come risultante dalla disposizione in esame) non puo' far conseguire l'inibizione di nuove attivita' economiche, neppure ad tempus, poiche' la mancanza di piani comporterebbe non l'inibizione dell'attivita' bensi' la sua liberalizzazione, ovvero la sua programmazione nei soli limiti imposti dall'art. 41 Cost., nel quadro delle tendenze evolutive alla liberalizzazione delle autorizzazioni di commercio sotto la spinta delle direttive della C.E. ed in seguito alle prescrizioni dell'autorita' garante della concorrenza e del mercato, con ravvisabile violazione anche dell'art. 3 della Carta costituzionale. Invero, la "leggina" regionale mostra chiaramente i sintomi rivelatori di un intervento legislativo che per un verso apparentemente tutela i piccoli commercianti e per l'altro determina una rendita di posizione, sostanzialmente monopolistica, in favore di quei (pochi) soggetti economici che nella Puglia hanno gia' ottenuto il nulla-osta ed aperto le corrispondenti strutture. B) Violazione artt. 3, 97 e 117 Cost. La legge in esame risulta contrastare anche con il precetto imposto dall'art. 117 Cost., per esorbitanza dai limiti fissati dalla indicata norma e previsti da leggi-quadro dello Stato. In proposito, l'attribuzione e la delega di poteri legislativi ed amministrativi nella materia del commercio, impone alla regione l'esercizio di tali poteri e non la sospensione ad tempus degli stessi; e' il principio di effettivita' dell'esercizio del potere che impone la continuita' di tale esercizio; la sospensione dunque nega l'effettivita' delle attribuzioni e della delega concessa dallo Stato. Piu' puntualmente si contesta che la regione abbia il potere legislativo per sospendere il rilascio del nulla-osta di cui agli artt. 26 e 27 legge n. 426/1971. Tali norme infatti, come sopra esposto sub A), si limitano ad attribuire alla giunta regionale solo una potesta' amministrativa in ordine agli interessi ultracomunali da valutare prima dal rilascio dell'autorizzazione commerciale da parte del sindaco. Quindi, le regioni legiferano unicamente nei limiti previsti dall'art. 7 decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 e comunque non in contrasto con altri principi di rilevanza costituzionale quali il sopra richiamato art. 41 Cost., o previsti dalla legge statale di settore. La censurata "leggina" regionale esorbita dunque dalle competenze legislative attribuite alle regioni in subiecta materia, rilevandosi, tra l'altro, prima facie il palese contrasto tra le legiferata "sospensione" e la previsione dell'art. 28 della legge statale n. 426/1971 che invece impone il termine di sessanta giorni a carico della giunta regionale per provvedere sulla richiesta di nulla-osta. Sotto altro profilo, la norma impugnata si appalesa in contrasto anche con l'art. 97 Cost. che impone il buon andamento degli uffici della pubblica amministrazione; il precetto e' comunemente inteso nel senso di imporre la continuita' e l'effettivita' dell'esercizio dei pubblici poteri; la sospensione imposta dalla legge in esame e' in contrasto con il precetto suddetto perche' consente l'arbitrario "non esercizio" dei pubblici poteri che pure sono stati attribuiti; tale effetto puo' senz'altro qualificarsi "cattiva amministrazione". Infine, la legge in esame crea una limitazione alla liberta' della iniziativa economica a differenza di altre regioni della Repubblica italiana ove tale sospensione non si verifica. L'unicita' della Repubblica e la necessita' che le liberta' fondamentali siano garantite uniformemente sull'intero territorio nazionale comportano che la legge regionale viene a violare l'art. 3 Cost. creando non giustificate disparita' di trattamento a danno di iniziative economiche da intraprendersi in Puglia. C) Va infine chiarito che la previsione di un termine rispetto alla soprassessoria legislativa imposta dalla regione Puglia non osta alla ritenuta non manifesta infondatezza della questione, poiche': nelle more sussiste la lesione di tutti i principi costituzionali sopra richiamati. La previsione di un termine suggerisce immediatamente la possibilita' di proroga o di reiterazione nelle stesse forme (per via di legge), con persistente ripetuta lesione dei medesimi principi. Permane, anche dopo la decorrenza del termine, l'interesse all'affermazione di incostituzionalita' della norma per definire, in via generale, i limiti della potesta' legislativa della regione in subiecta materia, quanto a possibili reiterazioni di normative regionali di analogo contenuto. D) Stante la rilevanza e la non manifesta infondatezza come dinanzi precisate, il collegio sospende il giudizio cautelare non potendo lo stesso essere definito indipendentemente da una pronuncia della Corte costituzionale.
P. Q. M. Il tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. II, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, cosi' statuisce; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 1, legge regione Puglia n. 24 del 24 dicembre 1997, per contrasto con gli artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione; Sospende il giudizio cautelare; Dispone l'invio degli atti alla Corte costituzionale, a cura della segreteria della sezione, che provvedera' altresi' alla notifica della presente ordinanza alle parti ed al Presidente della giunta regionale pugliese nonche' alla sua comunicazione al Presidente del consiglio regionale pugliese. Cosi' deciso in Bari, nella camera di consiglio del 29 gennaio 1998. Il presidente: Corasaniti L'estensore: Abbruzzese 98C0347