N. 229 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1998

                                N. 229
  Ordinanza  emessa  il  29  gennaio 1998 dal tribunale amministrativo
 regionale per la Puglia sul ricorso proposto da  Gruppo  Imprenditori
 Edili Meridionali s.r.l., contro la regione Puglia ed altro
 Industria  e  commercio  -  Regione Puglia - Nulla osta di competenza
    regionale  per  l'apertura  di  grandi  strutture  di  vendita   -
    Sospensione   fino   all'emanazione   di   norme   integrative   e
    modificative della legge regionale 2 maggio  1995,  n.  32  e  non
    oltre  il  30  settembre  1998 - Conseguente impossibilita' per il
    giudice   amministrativo   di  sospensione  del  silenzio  rifiuto
    sull'istanza di rilascio di detto  nulla  osta  -  Violazione  dei
    principi  di  uguaglianza,  di  liberta'  di  iniziativa economica
    privata, d'imparzialita' e buon andamento della p.a.  -  Eccedenza
    dai limiti della competenza regionale.
 (Legge regione Puglia 24 dicembre 1997, n. 24, art. 1).
 (Cost., artt. 3, 41, 97 e 117).
(GU n.15 del 15-4-1998 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 3450 del 1997
 proposto da Gruppo Imprenditori Edili Meridionali s.r.l., in  persona
 del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso, giusta
 mandato   a   margine  del  ricorso,  dall'avv.to  Giuseppe  Mariani,
 elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo  in  Bari,
 via  Amendola n. 21, contro regione Puglia, in persona del presidente
 pro-tempore  della   giunta   regionale,   rappresentato   e   difeso
 dall'avv.to  Michelangelo  Romano,  ed  elettivamente  domiciliata in
 Bari, piazza Moro n. 37, presso settore legale della  regione  e  nei
 confronti  di comune di Molfetta, in persona del sindaco pro-tempore,
 non costituito, per l'annullamento del silenzio-rifiuto serbato dalla
 regione Puglia sull'atto di diffida e costituzione in mora notificato
 dalla societa' ricorrente alla regione Puglia  in  data  22  novembre
 1997  ed  alla  commissione  regionale  per  il  commercio in data 24
 novembre 1997; nonche' per la conseguente dichiarazione  dell'obbligo
 dell'amministrazione  regionale  di  pronunciarsi in senso favorevole
 sull'istanza di nulla-osta  pervenuta  alla  regione  dal  comune  di
 Molfetta con nota sindacale del 21 maggio 1997 prot. n. 21348.
   Visto   il  ricorso  con  i  relativi  allegati  con  richiesta  di
 sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Puglia;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi i difensori presenti e relatore il dott. Maria Abbruzzese;
   Vista l'ordinanza 29 gennaio  1998  n.  156  con  la  quale  questo
 tribunale  amministrativo ha disposto per la sospensione del giudizio
 cautelare e la rimessione dagli atti alla  Corte  costituzionale  con
 separata ordinanza;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   La  societa'  ricorrente  con  ricorso notificato il 29/30 dicembre
 1997  ha  impugnato  il  silenzio-rifiuto  formatosi   sull'atto   di
 costituzione  in  mora  notificato alla regione Puglia ed inteso alla
 definizione del procedimento di  rilascio  del  nulla-osta  regionale
 sull'apertura  di una grande struttura di vendita ubicata in Molfetta
 (Bari).
   Nel  ricorso  chiedeva  la  ricorrente,  pur   assumendo   che   il
 procedimento  doveva  concludersi  in  senso  ad  essa  favorevole, e
 richiamando  precedenti  giurisprudenziali  di  questa  sezione,   la
 pronuncia  di un provvedimento cautelare che sancisse l'obbligo della
 regione stessa a pronunciarsi sulla domanda.
   Si costituiva la regione  Puglia  che  evidenziava  la  entrata  in
 vigore  di  una  legge  regionale  (legge regione Puglia n. 24 del 24
 dicembre 1997, pubblicata sul B.U.R. ed immediatamente  efficace  per
 espressa  indicazione),  a termini della quale sono sospesi i rilasci
 dei nulla-osta regionali.
   L'adito  t.a.r.  con  ordinanza  n.  156/1998  del 29 gennaio 1998,
 sospendeva  il  giudizio  cautelare,  cosi'  testualmente  motivando:
 "considerato  che  all'obbligo della regione a pronunciarsi sull'atto
 di diffida, come  pure  disposto  per  caso  similare  in  precedente
 ordinanza  di questo t.a.r. e' ostativa l'intervenuta legge regionale
 n. 24 del  24 dicembre 1997, recante sospensione rilascio  nulla-osta
 per l'apertura di grandi strutture di vendita.
   Considerato  che  con  decisione  assunta  nell'odierna  camera  di
 consiglio  si  e'  stabilito  di  rimettere  di  ufficio  alla  Corte
 costituzionale  la  questione  di  legittimita'  costituzionale della
 predetta legge regionale, la cui risoluzione assume quindi  carattere
 di  pregiudizialita'  rispetto  alla decisione sull'istanza cautelare
 che ne occupa".
   Ritiene  il  collegio  di  sollevare  di   ufficio   questione   di
 costituzionalita' della citata legge per l'arresto procedimentale che
 essa  viene  a  comportare  nei  termini  che  seguono  e  che incide
 irreparabilmente  sul   contenuto   della   tutela   giurisdizioinale
 accordabile al privato in via cautelare.
   Ed   infatti   la   questione  di  legittimita'  costituzionale  e'
 pacificamente proponibile anche nel corso  del  giudizio  incidentale
 per  l'adozione  di  provvedimenti  d'urgenza  e cio' per consolidato
 inegnamento della stessa  Corte  (sentenze  nn.  177/1973;  186/1976;
 440/1990; 367/1991; 314/1992, tra le altre).
   La  questione  appare  rilevante e non manifestamente infondata con
 riferimento agli artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione.
                             D i r i t t o
   I. - Sulla rilevanza della questione.
   La societa' ricorrente  invoca  l'emanazione  di  un  provvedimento
 cautelare   che   imponga   alla   regione   Puglia  di  pronunciarsi
 espressamente sull'istanza di rilascio del nulla-osta.
   Osserva anzitutto il collegio:
     l'istanza della ricorrente  e'  stata  presentata  al  comune  di
 Molfetta e trasmessa alla regione Puglia per  l'esame.
   Nessun  provvedimento  espresso ha emanato l'ente regione neppure a
 seguito di diffida e di messa in mora notificata dal privato.
   La ricorrente ha certamente interesse alla rapida  definizione  del
 procedimento,  in senso positivo o negativo, poiche' il ritardo nella
 definizione  dello  stesso  ha  effetti  pregiudizievoli  sulla   sua
 attivita'  imprenditoriale  e  tali  da  integrare  il danno grave ed
 irreparabile previsto dall'art. 21  legge  t.a.r.  quale  presupposto
 della concedibile tutela cautelare.
   La  giurisprudenza amministrativa ha inoltre da tempo affermato che
 e' ammissibile la tutela  cautelare  a  fronte  di  un  comportamento
 omissivo   o,   come   in   questo   caso,   silente  della  pubblica
 amministrazione, ai fini dell'emanazione di un provvedimento espresso
 relativo all'interesse pretensivo azionato dal privato.
   Nel  caso  di  specie  al   provvedimento   espresso   sull'istanza
 dell'interessato,   che   sarebbe   possibile  contenuto  dell'ordine
 impartito  in  via  cautelare  da  questo  t.a.r.  e  per  il   quale
 sussisterebbero  tutti  i  presupposti,  osta la sopravvenienza della
 legge regionale pugliese n.  24  del  24  dicembre  1997,  avente  ad
 oggetto:   "Legge   regionale  2  maggio  1995,  n.  32.  Sospensione
 temporanea del rilascio del nulla-osta regionale  per  l'apertura  di
 grandi  strutture  di  vendita",  dichiarata  urgente  con entrata in
 vigore sin dal giorno dalla sua pubblicazione (B.U.R.P.   n. 131  del
 29 dicembre 1997).
   L'articolo  unico di tale legge dispone che: "il rilascio del nulla
 osta di competenza regionale per l'apertura di  grandi  strutture  di
 vendita  previsto  dagli  artt. 26 e 27 della legge 11 maggio 1971 n.
 426, nonche' dagli artt. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e  12  della  legge  2
 maggio 1995 n. 32 e' sospeso fino all'emanazione di norme integrative
 e  modificative  della legge regionale 2 maggio 1995 n. 32 e comunque
 non oltre il 30 settembre 1998".
   Il  collegio  interpreta  l'articolo  unico  sopra  pedissequamente
 riportato  nel  senso  che  tutti  i procedimenti in corso di esame e
 relativi al rilascio di nulla osta regionali sono sospesi o  comunque
 insuscettibili di essere conclusi con una pronuncia espressa.
   Ha escluso il tribunale altre possibili interpretazioni.
   Ed infatti:
     a)  qualora  si  intendesse  che sono sospesi solo i "rilasci" di
 nulla-osta e cioe' i provvedimenti positivi, fermo restando il potere
 dell'ente  regione  di  definire  in  senso  negativo  o   in   senso
 soprassessorio   i   procedimenti  in  corso,  verrebbero  ad  essere
 irragionevolmente pregiudicati proprio  i  privati  imprenditori  che
 avrebbero  titolo  attuale  all'apertura  degli  esercizi  con palese
 violazione dell'art. 41 Cost.
   Peraltro, la definizione in senso soprassessorio  del  procedimento
 e'    intrinsecamente    contraddittoria,   giacche'   il   contenuto
 provvedimentale sarebbe meramente riproduttivo del testo normativo  e
 non soddisferebbe le pretese dei privati.
   Infine, considerato che la sospensione normativa pone quale termine
 la  "emanazione  di  norme  integrative  e  modificative  della legge
 regionale 2 maggio 1995 n. 32" e comunque il termine del 30 settembre
 1998 al piu' tardi, e' senz'altro  conforme  a  logica  ritenere  che
 della eventuale modifica pianificatoria ben potrebbero avvantaggiarsi
 anche  i  privati  che  allo  stato della normativa dovrebbero vedere
 rigettata la domanda di nulla-osta, cosi' incorrendo nella violazione
 di altro precetto costituzionale (art. 3 Cost.).
   Se un senso ha la sospensione, opina  il  collegio,  essa  dovrebbe
 valere  per  tutti  i procedimenti di rilascio, indipendentemente dal
 loro esito allo stato degli atti; ed  altrimenti  si  tratterebbe  di
 determinare  un  effetto  sospensivo  secundum eventum, con ulteriore
 profilo di irragionevolezza;
     b) a non diversi esiti di illogicita' condurrebbe altra possibile
 interpretazione e cioe' intendere  la  sospensione  come  applicabile
 solo  alle  nuove istanze (e cioe' a quelle presentate dopo l'entrata
 in vigore della legge), restando fuori dal  disposto  legislativo  le
 istanze pendenti.
   Osta  a  tale interpretazione anzitutto il profilo letterale che fa
 riferimento  proprio  all'atto  conclusivo  del   procedimento   ("il
 rilascio"  del  nulla-osta)  che  e'  regolato,  secondo il principio
 tempus regit actum, dalla legge sopravvenuta.
   Peraltro, potrebbero a  tale  interpretazione  opporsi  gli  stessi
 rilievi  logici  sollevati  a  proposito  della  opzione  sub  a) che
 precede, in ordine alla ratio della norma.
   Unica possibile (perche'  conforme  a  logica)  interpretazione  e'
 dunque  quella  di  intendere  come "sospesi" tutti i procedimenti di
 rilascio del nulla-osta regionale fino alla definizione di una  nuova
 disciplina pianificatoria e comunque non oltre il 30 settembre 1998.
   Resta   dunque   chiaro  che  allo  stato,  la  ricorrente  non  ha
 possibilita'  di  ottenere,  sulla  sua  istanza,  un   provvedimento
 espresso  dalla regione Puglia e l'ordine eventualmente impartito dal
 t.a.r. in sede cuatelare ed in tali sensi sarebbe contrario a legge.
   Da qui la rilevanza della questione nella presente sede  cautelare,
 poiche'  proprio  e solo la legge regionale osta alla tutela invocata
 ed  e'  direttamente   incidente   sull'interesse   cautelare   della
 ricorrente.
   Tanto  a  prescindere dal possibile contenuto, positivo o negativo,
 del provvedimento espresso emanato dall'ente regione poiche',  com'e'
 ovvio,  anche  il  provvedimento  negativo,  pur  sempre ed in quanto
 impugnabile, sarebbe satisfattivo  della  tutela  cautelare  invocata
 dalla ricorrente.
   II. - Sulla non manifesta infondatezza.
   A)  Violazione dell'art. 41 Cost., anche con riferimento agli artt.
 3 e 117 Cost.
   Com'e' noto l'art. 41 Cost. sancisce  la  liberta'  dell'iniziativa
 economica privata.
   Limiti  ad  essa, interni ed esterni, sono determinati dalla stessa
 norma costituzionale che prevede che lo  svolgimento  dell'iniziativa
 intrapresa  non  puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o
 in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta', alla  dignita'
 umana  (limiti  interni ex art. 41, secondo comma, Cost.) e fissa una
 riserva di legge per l'individuazione dei  programmi  e  i  controlli
 opportuni  perche'  l'attivita'  economica  pubblica  e privata possa
 essere indirizzata e coordinata a fini sociali  (limiti  esterni,  ex
 art. 41, terzo comma, Cost.).
   L'attivita'   del   commercio  e'  indubbiamente  compresa  tra  le
 attivita' possibile contenuto di iniziativa  economica.
   Per essa dunque vigono i limiti  puntualmente  descritti  dall'art.
 41 Cost.
   L'organizzazione  dei  poteri  pianificatori e di controllo su tale
 attivita' trova puntuale disciplina:
     1) nello stesso testo costituzionale,  all'art.  117  Cost.,  che
 attribuisce  alle regioni potesta' legislativa in materia di "fiere e
 mercati", estensivamente intesa;
     2) nella legge 11 giugno 1971 n.  426  (modificata  con  legge  5
 luglio 1975 n. 320), che e' da qualificarsi senz'altro legge-cornice;
     3)  in  norme  regionali  emanate a seguito di delega statale (ex
 art.  51  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  616/1977),
 attribuitiva  di potesta' amministrative nel settore del commercio e,
 dunque, di potesta' legislative in tutte le  materie  delegate  dello
 Stato (art.  7 decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977).
   Per  quanto  ne  occupa  in  questa  sede,  di  rilevante interesse
 risultano i principi espressi della legge n. 426/1971 che  stabilisce
 i limiti esterni all'iniziativa economica nel settore del commercio.
   L'art. 11 della predetta legge attribuisce ai comuni la potesta' di
 formare  il  "piano  di  sviluppo  e  di  adeguamento  della  rete di
 vendita", sentito il parere di apposita commissione tecnica.
   Tale potere pianificatorio dovrebbe tendenzialmente  assicurare  la
 migliore  funzionalita'  e  produttivita'  del  servizio a rendere al
 consumatore ed il miglior equilibrio tra installazioni commerciali  a
 posto  fisso  a  presumibile  capacita'  di  domanda, tenuto conto di
 diverse opzioni pure a disposizione dei consumatori (es. commercio
  ambulante).
   L'art.   13,   secondo  comma,  legge  cit.,  impone  di  prevedere
 nell'ambito dei  piani  regolatori  determinati  spazi  riservati  ai
 centri  commerciali  ed  ai grandi esercizi di vendita con superficie
 superiore a 1.500 mq; l'art. 24 assoggetta l'apertura di esercizi  ad
 autorizzazione  amministrativa;  l'art. 27 subordina l'autorizzazione
 all'apertura di  centri  commerciali  al  dettaglio  e  di  punti  di
 vendita,  che per dimensioni e collocazione geografica sono destinati
 a servire vaste aree di attrazione eccedenti il territorio  comunale,
 al  nulla-osta  della  giunta  regionale,  sentito  il  parere  della
 commissione di cui all'art. 17, quando la superficie  di  vendita  e'
 superiore a 1.500 mq.
   Sancisce il successivo art. 28 che la decisione sul nulla-osta deve
 essere  adottata  entro  60  giorni  dalla  data  di  ricezione della
 richiesta e, in caso di domande concorrenti, l'amministrazione dovra'
 valutare quale richiedente offra la miglior soluzione  dal  punto  di
 vista  urbanistico,  sempre  che risulti assicurata la disponibilita'
 dei locali o dell'area destinata alla costruzione della struttura.
   La disciplina in esame attribuisce dunque competenza ripartita  tra
 regione  e  comune  in  ordine  al  rilascio  dell'autorizzazione per
 l'apertura di grandi strutture  di  vendita:  la  regione  valuta  la
 compatibilita'   del   nuovo  esercizio  di  notevoli  dimensioni  in
 relazione all'esigenza di un adeguato bacino  di  utenza,  il  comune
 l'esistenza dei requisiti soggettivi del richiedente e la conformita'
 del  nuovo  esercizio  alle  disposizioni  di legge ed ai regolamenti
 locali.
   Tali  sono  dunque  i  limiti   previsti   dal   legislatore-quadro
 all'iniziativa   economica   intesa   all'apertura  di  nuove  grandi
 strutture di vendita.
   E solo contenuto pianificatorio o  imposizione  di  controlli,  per
 garantire  indirizzo  e coordinamento a fini sociali, sono consentiti
 alla legge ordinaria per limitare l'iniziativa economica privata  (ex
 art. 41, terzo comma, Cost.).
   La  sospensione della potesta' autorizzatoria disposta con la legge
 odiernamente censurata contrasta dunque con la  norma  costituzionale
 (art.   41  Cost.),  non  essendo  consentito  alla  legge  ordinaria
 l'inibizione  dell'iniziativa  economica  privata  non  motivata   da
 contrasto con precedenti leggi di programmazione e di controllo.
   In   altri   termini,   la   legge   puo'  certamente  "conformare"
 l'iniziativa  economica  privata  ma   non   impedirla,   e   neppure
 sospenderla  a  tempo  determinato  (il che nelle more e' equivalente
 all'inibizione).
   Giova rammentare  che  il  principio  di  liberta'  nell'iniziativa
 economica  privata  in  tema di attivita' commerciali ha gia' trovato
 positiva   e   consistente    affermazione    nella    giurisprudenza
 amministrativa,  che  ha reiteratamente censurato atti amministrativi
 che ponevano  motivazioni  incongrue  al  diniego  di  autorizzazione
 all'apertura di esercizi commerciali.
   In particolare si e' affermato:
     a)  che  il  piano comunale non puo' prevedere un limite numerico
 per  i  nuovi  esercizi  ne'  stabilire  divieti  assoluti  di  nuove
 iniziative commerciali;
     b)  che il diniego di licenza commerciale deve essere sorretto da
 adeguata motivazione proprio in considerazione del principio  di  cui
 all'art. 41 Cost.;
     c)  che  tale  motivazione  puo'  consistere nel costrasto con le
 prescrizioni  del  piano  in  tema  di  contingentamento,  superficie
 massima  ammissibile, compatibilita' urbanistica, o tutela del decoro
 architettonico, ove sia stato approvato un piano, ovvero, in  assenza
 di  piano,  nell'accesso  di concorrenza e cioe' nella valutazione in
 concreto di pregiudizio dell'apertura del  nuovo  esercizio  rispetto
 all'interesse   pubblico   della   tutela  del  consumatore  e  della
 stabilita' dell'equilibrio dell'apparato distributivo (cfr. Cons.  di
 Stato,  sez.  V,  28 febbraio 1995, n. 296; Cons. di Stato, sez. V, 4
 febbraio 1994, n. 52).
   Non e' chi non veda che la legge regionale  da  ultimo  entrata  in
 vigore  singolarmente impone il non esercizio di attivita' economiche
 senza il rispetto dei limiti propri della riserva  di  legge  imposta
 dall'art.  41  Cost.,  in  assenza  di  previ  programmi  e  di previ
 controlli.
   Sotto   diverso   profilo,   anche   l'implicita   valutazione   di
 inadeguatezza dei piani esistenti (come risultante dalla disposizione
 in  esame)  non  puo'  far conseguire l'inibizione di nuove attivita'
 economiche,  neppure  ad  tempus,  poiche'  la  mancanza   di   piani
 comporterebbe   non   l'inibizione   dell'attivita'   bensi'  la  sua
 liberalizzazione,  ovvero  la  sua  programmazione  nei  soli  limiti
 imposti  dall'art. 41 Cost., nel quadro delle tendenze evolutive alla
 liberalizzazione delle autorizzazioni di commercio  sotto  la  spinta
 delle   direttive   della   C.E.  ed  in  seguito  alle  prescrizioni
 dell'autorita'  garante  della  concorrenza  e   del   mercato,   con
 ravvisabile violazione anche dell'art. 3 della Carta costituzionale.
   Invero,   la  "leggina"  regionale  mostra  chiaramente  i  sintomi
 rivelatori  di  un  intervento   legislativo   che   per   un   verso
 apparentemente  tutela i piccoli commercianti e per l'altro determina
 una rendita di posizione, sostanzialmente monopolistica, in favore di
 quei (pochi) soggetti economici che nella Puglia hanno gia'  ottenuto
 il nulla-osta ed aperto le corrispondenti strutture.
   B) Violazione artt. 3, 97 e 117 Cost.
   La legge in esame risulta contrastare anche con il precetto imposto
 dall'art.  117  Cost.,  per  esorbitanza  dai  limiti  fissati  dalla
 indicata norma e previsti da leggi-quadro dello Stato.
   In proposito, l'attribuzione e la delega di poteri  legislativi  ed
 amministrativi  nella  materia  del  commercio,  impone  alla regione
 l'esercizio di tali poteri e  non  la  sospensione  ad  tempus  degli
 stessi; e' il principio di effettivita' dell'esercizio del potere che
 impone  la  continuita' di tale esercizio; la sospensione dunque nega
 l'effettivita' delle  attribuzioni  e  della  delega  concessa  dallo
 Stato.
   Piu'  puntualmente  si  contesta  che  la  regione  abbia il potere
 legislativo per sospendere il rilascio del  nulla-osta  di  cui  agli
 artt. 26 e 27 legge n. 426/1971.
   Tali  norme  infatti,  come  sopra  esposto  sub A), si limitano ad
 attribuire alla giunta regionale solo una potesta' amministrativa  in
 ordine  agli  interessi  ultracomunali da valutare prima dal rilascio
 dell'autorizzazione commerciale da parte del sindaco.
   Quindi,  le  regioni  legiferano  unicamente  nei  limiti  previsti
 dall'art.  7 decreto del Presidente della Repubblica  n.  616/1977  e
 comunque   non   in   contrasto   con  altri  principi  di  rilevanza
 costituzionale quali il sopra richiamato art. 41  Cost.,  o  previsti
 dalla  legge  statale  di settore.   La censurata "leggina" regionale
 esorbita dunque dalle competenze legislative attribuite alle  regioni
 in  subiecta materia, rilevandosi, tra l'altro, prima facie il palese
 contrasto tra le legiferata "sospensione" e la  previsione  dell'art.
 28  della  legge  statale n. 426/1971 che invece impone il termine di
 sessanta giorni a carico della giunta regionale per provvedere  sulla
 richiesta  di nulla-osta.  Sotto altro profilo, la norma impugnata si
 appalesa in contrasto anche con l'art. 97 Cost. che  impone  il  buon
 andamento degli uffici della pubblica amministrazione; il precetto e'
 comunemente   inteso   nel   senso   di   imporre  la  continuita'  e
 l'effettivita' dell'esercizio dei  pubblici  poteri;  la  sospensione
 imposta dalla legge in esame e' in contrasto con il precetto suddetto
 perche' consente l'arbitrario "non esercizio" dei pubblici poteri che
 pure sono stati attribuiti; tale effetto puo' senz'altro qualificarsi
 "cattiva  amministrazione".    Infine,  la  legge  in  esame crea una
 limitazione alla liberta' della iniziativa economica a differenza  di
 altre  regioni  della Repubblica italiana ove tale sospensione non si
 verifica.   L'unicita'  della  Repubblica  e  la  necessita'  che  le
 liberta'   fondamentali  siano  garantite  uniformemente  sull'intero
 territorio nazionale  comportano  che  la  legge  regionale  viene  a
 violare  l'art.  3  Cost.  creando  non  giustificate  disparita'  di
 trattamento a danno di iniziative  economiche  da  intraprendersi  in
 Puglia.
   C) Va infine chiarito che la previsione di un termine rispetto alla
 soprassessoria legislativa imposta dalla regione Puglia non osta alla
 ritenuta  non manifesta infondatezza della questione, poiche':  nelle
 more sussiste la lesione di tutti  i  principi  costituzionali  sopra
 richiamati.  La previsione di un termine suggerisce immediatamente la
 possibilita' di proroga o di reiterazione nelle stesse forme (per via
 di  legge),  con  persistente ripetuta lesione dei medesimi principi.
 Permane,  anche  dopo  la   decorrenza   del   termine,   l'interesse
 all'affermazione  di incostituzionalita' della norma per definire, in
 via generale, i limiti della potesta' legislativa  della  regione  in
 subiecta  materia,  quanto  a  possibili  reiterazioni  di  normative
 regionali di analogo contenuto.
   D) Stante la rilevanza e la non manifesta infondatezza come dinanzi
 precisate, il collegio sospende il giudizio cautelare non potendo  lo
 stesso essere definito indipendentemente da una pronuncia della Corte
 costituzionale.
                               P. Q. M.
   Il  tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari,
 sez. II, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della  legge  11
 marzo 1953, n. 87, cosi' statuisce;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita' dell'art. 1, legge regione  Puglia  n.  24  del  24
 dicembre  1997,  per  contrasto  con  gli artt. 3, 41, 97 e 117 della
 Costituzione;
   Sospende il giudizio cautelare;
   Dispone l'invio degli atti alla Corte costituzionale, a cura  della
 segreteria  della  sezione,  che  provvedera'  altresi' alla notifica
 della presente ordinanza alle parti ed  al  Presidente  della  giunta
 regionale  pugliese  nonche' alla sua comunicazione al Presidente del
 consiglio regionale pugliese.
   Cosi'  deciso  in  Bari,  nella  camera di consiglio del 29 gennaio
 1998.
                       Il presidente: Corasaniti
                                               L'estensore: Abbruzzese
 98C0347