N. 235 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 1998
N. 235 Ordinanza emessa il 21 gennaio 1998 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal p.g. presso la C.A. di Campobasso nei confronti di Palazzo Berardino Reato in genere - Indebito conseguimento, mediante esposizione di dati o notizie falsi, di erogazioni a carico del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEOGA) - Ingiustificata differenziazione del trattamento sanzionatorio, notevolmente attenuato, rispetto a quello previsto (art. 640-bis c.p.p.) per le truffe di medesima entita' commesse per il conseguimento di erogazioni pubbliche in settori diversi da quello agricolo. (Legge 23 dicembre 1986, n. 898, art. 2). (Cost., art. 3).(GU n.15 del 15-4-1998 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal procuratore generale presso la Corte d'appello di Campobasso nei confronti di Palazzo Berardino, nato a Barasello il 10 novembre 1923 avverso la sentenza n. 7/97 della Corte d'appello di Campobasso in data 1-9 aprile 1997; Visti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. R. Acquarone; Udito il Pubblico Ministero in persona del sost. p.g. dott. R. Calderone che ha concluso il rigetto del ricorso; Con la sentenza specificata in epigrafe la Corte d'appello di Campobasso confermava quella appellata dal p.g., emessa in primo grado il 28 maggio 1996 dal g.u.p. del tribunale di Campobasso (non luogo a procedere nei confronti di Palazzo Berardino perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, costituendo invece illecito amministrativo, in ordine al delitto di cui all'art. 2 della legge n. 898/1986, cosi' modificata l'originaria imputazione di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai sensi dell'art. 640-bis c.p.: all'imputato, quale proprietario di un appezzamento di terreno nel comune di Busso, viene mosso l'addebito di avere mediante la falsa dichiarazione del 4 marzo 1992 che tale appezzamento - particella catastale n. 238 foglio 21 - era stato messo a riposo nell'annata agraria 1991-92 ed in tal modo "inducendo in errore la CEE e per essa l'AIMA e l'ERSAM di Campobasso", conseguito indebitamente la relativa indennita' di L. 335.550. Accertato nell'ottobre 1995). Invero l'art. 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 (di conversione, con modificazioni, del d.-l. 27 ottobre 1986 n. 701 recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell'olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali, in materia di aiuti comunitari al settore agricolo) al comma 1 disponeva: "chiunque mediante l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per se o per gli altri, aiuti, premi, indennita', restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Quando la somma indebitamente percepita e' inferiore ad un decimo del beneficio legittimamente spettante, e comunque non superiore a lire venti milioni, si applica soltanto la sanzione amministrativa di cui agli articoli seguenti" (a norma dell'art. 3 n. 1 "indipendentemente dalla sanzione penale e qualunque sia l'importo indebitamente percepito ... il percettore e' tenuto, oltre alla restituzione dell'indebito, al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria pari all'importo indebitamente percepito"). Com'e' noto, con la legge 19 marzo 1990 n. 55 e' stato inserito nel c.p. l'art. 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), il quale prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e la perseguibilita' d'ufficio "se il fatto di cui all'art. 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominati, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunita' europee, (art. 224 cit.). Successivamente, con l'art. 73 della legge 19 febbraio 1992 n. 142, il primo comma del citato art. 2 della legge n. 898/1986 e' stato modificato premettendo le parole "Ove il fatto non configuri il piu' grave reato previsto dall'art. 640-bis del codice penale" e - nella seconda parte - prevedendo quale illecito amministrativo soltanto l'ipotesi in cui la somma indebitamente percepita sia "pari od inferiore a lire venti milioni". Il p.g. ricorrente premette di avere gia' proposto la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 legge n. 898/1986 in riferimento all'art. 3 della Costituzione e che questa s.c., su difformi conclusioni del p.g., l'aveva ritenuta infondata (sent. 28 marzo 1996 n. 224, Prassi della 2 sezione) in quanto la Corte costituzionale si era gia' pronunziata negativamente con sentenza n. 25 del 26 gennaio 1994 (in Foro it. 1994, I/1627) e sottolinea la rilevanza pratica della questione medesima, ricordando che essa attiene al vasto campo degli aiuti comunitari al settore agricolo (ad esempio nel piccolo comune molisano di Cerro al Volturno "si sono accertati oltre 320 casi per il solo grano duro"). Con la sentenza citata la Corte costituzionale ha attribuito natura interpretativa alla modifica apportata all'art. 2 della legge n. 142/1992 (inserimento dell'inciso "ove il fatto non configuri il piu' grave reato previsto dall'art. 640-bis c.p.") ed ha ritenuto che fra tali norme incriminatrici esista un rapporto di sussidiarieta' e che non sia irragionevole il trattamento sanzionatorio piu' favorevole stabilito dall'art. 2 per chi si limiti ad esporre dati o notizie falsi, poiche' in questo caso ricorre "un ipotesi speciale di truffa di gravita' minore" costituita dal "meno ingannevole tra i comportamenti presumibili ... nella nozione di artifici e raggiri, e' cioe' il semplice mendacio". Senonche' in tal modo - osserva il ricorrente - si stabilisce in effetti per il fondamentale settore agricolo - e solo per esso - un trattamento sanzionatorio ingiustificatamente piu' favorevole, poiche' secondo la dominante giurisprudenza il semplice mendacio e, in determinate circostanze, addirittura il silenzio maliziosamente serbato integrano il delitto di truffa (e quindi, nella specie, quella di cui all'art. 640-bis c.p.): cioe' in contrasto con l'asserita sussidiarieta', che dovrebbe estendere l'ambito della tutela penale, ossia fornire una tutela aggiuntiva, e viceversa finisce per "perdersi e ... mutarsi nel suo contrario", in quanto funziona come norma speciale di favore e l'art. 640-bis, introdotto per reprimere in maniera piu' severa anche le frodi alla Comunita' europea, resta applicabile soltanto quando "gli artifici assurgano ad un quid pluris rispetto al mendacio", mentre quest'ultimo integra la base piu' grave figura criminosa del citato art. 640-bis se commesso in danno di uso degli enti pubblici ivi indicati o della stessa comunita' in materia non agricola. Ma vi e' di piu': solo per il mendacio cosi' perpetrato in pregiudizio del FEOGA la legge prevede la depenalizzazione quando l'erogazione ottenuta sia inferiore o pari a venti milioni di lire (sicche' - paradossalmente - potrebbero essere percepiti contributi di venti milioni ogni anno per vari anni senza che i fatti assumano rilevanza penale), mentre erogazioni anche minime conseguite con lo stesso comportamento al di fuori del settore agricolo ricadano sotto le severe sanzioni penali dell'art. 640-bis c.p. Cio' fa si' che l'art. 2, lungi dalla conclamata sussidiarieta', operi in realta' come norma speciale e che si realizzi un evidente ed ingiustificata disparita' di trattamento, poiche' lo stesso tipo di condotta (mendacio) in certi casi e' previsto con sanzioni penali meno gravi ed in altri e' addirittura sottratto a qualsiasi sanzione penale. Pertanto, secondo il ricorrente, l'impasse puo' essere superata in uno di questi tre modi: a) o si restituisce all'art. 2 piu' volte citato un'autentica funzione sussidiaria, giusta la tesi, prospettata da quell'ufficio nei motivi d'appello e riportata in questa sede, della natura colposa di tale ipotesi di delitto, nel senso che detta norma discriminatrice e' applicabile a chi consegua indebitamente aiuti ecc. con esposizione di dati falsi dipendente da errore colpevole (non si tratterebbe di una truffa "colposa" ma di un'autonoma ipotesi di reato; siffatta interpretazione, d'altronde, potrebbe essere avvalorata dal fatto che la norma medesima, a differenza di altre similari, non esige che l'esposizione dei dati oggettivamente falsi avvenga "dolosamente" o "consapevolmente" ovvero "scientemente" e del resto ai fini dell'art. 42 secondo comma c.p. non occorre che la legge contenga l'espressa qualifica di "colposo"); b) oppure si ammette che l'art. 2, cosi' come e' formulato, non puo' trovare applicazione nell'ordinamento vigente; c) se invece si ritiene, come ha ritenuto la Corte territoriale, che esso configuri "una truffa minore con trattamento privilegiato", la norma in questione non si sottrae al dubbio illegittimita' costituzionale perche' se il mendacio integra il delitto di truffa "deve ricevere in tutti i casi lo stesso trattamento sanzionatorio" e la regola della par condicio dovrebbe essere applicata anche nel caso opposto, e cioe' ove si ritenga che "il mendacio idoneo ad indurre in errore" non sia truffa (ossia il mendacio - cosi' opinato - non dovrebbe costituire neppure unatruffa minore; e a ben vedere, osserva ancora il ricorrente, il dubbio di illegittimita' costituzionale non verrebbe meno neppure accogliendo l'interpretazione sub a), poiche' in tal caso la tutela penale in materia di contributi comunitari nel settore agricolo diverrebbe piu' ampia di quella accertata a tutte le altre sovvenzioni pubbliche). In realta', sempre secondo il ricorrente, che deduce in osservanza dell'art. 640-bis c.p. ed erronea applicazione dell'art. 2 della legge n. 898/1986, nonche' illegittimita' costituzionale degli artt. 2 cit. e 73 legge 19 febbraio 1992 n. 142, queste ultime norme sono espressione della malcelata volonta' del legislatore di rendere in concreto piu' blando il trattamento penale riservato alle frodi comunitarie, nel settore agricolo: invero l'art. 90/1051 del 1967 convertito nella legge n. 10 del 1968 in tema di aiuti comunitari alla produzione dell'olio di oliva puniva con la reclusione da un mese a quattro anni e con la multa da L. 50.000 a L. 3.000.000, ove il fatto non costituisce piu' grave reato, la mera espressione, scientemente effettuata nella domanda, di dati o notizie inesatti, e con la reclusione da uno a quattro anni il conseguimento, con siffatta condotta, dell'aiuto comunitario, mentre per le altre frodi trovava applicazione l'art. 640 c.p. n. 1 c.p.; con la legge n. 898/1986, estesa dalla legge n. 640/1987 alle materie del grano duro e del riso, fu invece introdotto "il privilegio per gli agricoltori", prevedendo la piu' mite pena della reclusione da sei mesi a tre anni cosi' rendendo applicabile al delitto de quo l'amnistia elargita pochi giorni prima con d.P.R. 16 dicembre 1986 n. 865) e degradando ad illecito amministrativo l'indebito conseguimento di aiuti alla soglia di venti milioni di lire. Le prime due prospettazioni del p.g. non possono essere condivise. E' ben vero che ai fini dell'espressa previsione dei delitti colposi richiesta dall'art. 42 secondo comma c.p. non occorrono formule sacramentali, ma e' altrettanto vero che dalla genesi e dalla formulazione dell'art. 2 della legge n. 898 del 1986 non si evince in alcun modo la volonta' del legislatore di punire il fatto a titolo di colpa. D'altro canto la circostanza che dopo l'introduzione dell'art. 640-bis c.p. con la legge n. 55 del 1990, la legge n. 142 del 1992 abbia ribadito, con qualche modifica, il contenuto precettivo e sanzionatorio del citato art. 2 esclude che si sia inteso respingere dall'ordinamento quest'ultima norma. Cio' premesso, va esaminata la questione di illegittimita' costituzionale prospettata dal p.g. ricorrente sub c). Il Collegio osserva che essa e' rilevante, attenendo all'ambito di applicazione ed ai rapporti intercorrenti tra le norme incriminatrici in gioco nel presente processo, ossia all'originaria contestazione di truffa ex art. 640-bis c.p. ed all'ipotesi - ritenuta nelle sentenze di 1 e di 2 grado - di violazione dell'art. 2 cit. (violazione che, per l'importo conseguito, e' stata ricondotta alla previsione di illecito amministrativo di cui all'ultima parte del primo comma), nonche' alla conformita' alla Costituzione della seconda di esse. In tale questione, cosi' come progettata ex novo, non puo' ritenersi manifestamente infondata. La sentenza n. 25/1994 della Corte costituzionale sopra citata, quella 28 marzo 1996 n. 224 della 2 sezione di questa S.C. (v. sopra) e quella delle Sezioni Unite 24 gennaio 1996, Panigani ed altri (in Foro it. 1996, II, 273) richiamata dal p.g. presso questa Corte, nell'affermare (tutte) che tra le due norme esiste un rapporto di sussidiarieta' e non di specialita' e nell'escludere (le prime due) che la disciplina differenziata stabilita dal legislatore sia irragionevole perche' l'art. 2 configura una sorta di truffa minore costituita dal mero mendacio non sembra risolvere tutti i problemi sollevati dal ricorrente, ne' comunque esaurire i profili di possibile incostituzionalita' della disciplina medesima per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Invero: I) non e' scarso peso l'obiezione secondo la quale detta sussidiarieta', anziche' estendere la sfera di applicazione della tutela penale, la rende assai meno efficace, posto che secondo autorevole giurisprudenza (Cass. 17 gennaio 1978, Bellisai; 20 giugno 1985, Scibilia; 17 marzo 1993, Mareaccio) anche la semplice menzogna, quando abbia raggiunto lo scopo di indurre in errore il soggetto passivo e di far conseguire l'ingiusto profitto, integra il delitto di truffa (e quindi, nella specie integrerebbe quello dall'art. 640-bis c.p. e - prima dell'entrata in vigore di quest'ultimo - avrebbe integrato la previsione dell'art. 640 c.p.p. n. 1 in quanto realizzata ai danni dell'AIMA o della stessa Comunita' europea: V. Cass. 28 settembre 1988 Corleone in Rep. giur. it. 1991, 3957, 20); II) anche a prescindere dal rilievo che precede, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 e succ. modificazioni e' stata esaminata sinora soltanto sotto il profilo dell'ipotizzata disparita' di trattamento tra i casi di semplice mendacio e quelli di artifici o raggiri di maggior spessore posti in essere ai danni del FEOGA (e/o dei corrispondenti organismi nazionali). Peraltro la piu' volte citata sentenza della Corte costituzionale osservava che di per se' la circostanza che il fatto sia "diretto ad ottenere erogazioni a carico del FEOGA ... non sarebbe sufficiente a giustificare l'attenzione" del trattamento sanzionatorio. Ed e' proprio sotto questo ulteriore profilo che la questione viene sollevata, in linea principale, dal p.g. di Campobasso. La disciplina dell'art. 2 concerne esclusivamente il settore agricolo ed e' in totale ed in giustificata dissonanza rispetto a quella di carattere generale dettata dal legislatore del 1990 con l'art. 640-bis c.p., palesemente volto a punire in maniera uniforme e con particolare rigore i comportamenti truffaldini realizzati per conseguire indebitamente attribuzioni patrimoniali a fondo perduto o ad onerosita' attenuta accordate dallo Stato, da esiti pubblici, e dalle Comunita' europee per finalita' di pubblico interesse (cfr. Cass. sez. II 9 luglio 1996, p.m. Lanza, ed altri in giust. per 1997, II, 576), e cio' anche in adempimento degli impegni dell'Italia, nei confronti di tali comunita', si aggiunga che il sistema e' stato completato dall'art. 316-bis c.p. (introdotto con la pressoche' colva legge 26 aprile 1990 n. 56), il quale sanziona che la reclusione da sei mesi a quattro anni la condotta di chiunque, estraneo alla p.a., non destini le erogazioni legittimamente ottenute alle finalita' di pubblico interesse cui erano preordinate. Non sembrano quindi infondati i dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 2 in quanto stabilisce, sia pure per i casi di semplice mendacio, una disciplina differenziata per il solo settore agricolo e per le sole erogazioni a carico del FEOGA (ed equiparate), disciplina che si risolve in untrattamento sanzionatorio di gran lunga piu' tenue (reclusione da sei mesi a tre anni e addirittura degradazione ad illecito amministrativo fino al cospicuo importo di venti milioni di lire) per fattispecie che in ogni altro settore (industriale, dei servizi ecc.) ricadrebbero nella sfera di applicazione dell'art. 640-bis c.p. (e - in mancanza - in quella dell'art. 640 primo capoverso n. 1) di tale disparita' di trattamento non si rinviene alcuna apparente giustificazione, tanto piu' che proprio nel settore dell'agricoltura in processo di integrazione europea e' particolarmente evoluto e gli interessi, i diritti e gli obblighi dei Paesi comunitari hanno assunto, nei confronti della Comunita', primaria importanza negli ordinamenti giuridici nazionali. La questione va percio' sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, sebbene la sua soluzione possa implicare una scelta tra due divergenti sistemi sanzionatori adottati dal legislatore nell'esercizio della sua discrezionalita': la disciplina contenuta nell'art. 640-bis c.p. appare pero' non soltanto quella di piu' generale portata, ma anche la piu' razionale e coerente, nel quadro del vigente ordinamento giuridico dello Stato italiano e la piu' consona agli impegni internazionali di quest'ultimo ed alle regole della normativa comunitaria.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 898 in riferimento all'art. 3 della Costituzione; Sospende il processo; Dispone che la Cancelleria notifichi la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, ne dia comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e, eseguiti tali adempimenti, trasmetta gli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma il 21 gennaio 1998. Il presidente: Giammanco 98C0353