N. 88 SENTENZA 25 marzo - 1 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro - Disciplina  delle  assunzioni  obbligatorie  -  Benefici  a
 favore  degli  invalidi  di  guerra  - Corsi a posti delle   carriere
 direttive  di  concetto  o  parificati  -  Idoneita'   -   Inclusione
 nell'ordine  di  graduatoria fra i vincitori fino a che non sia stata
 raggiunta la percentuale del 15% dei posti in organico  -  Estensione
 ad  altre  categorie  di  soggetti  svantaggiati  -  Ragionevolezza e
 giustificazione della disciplina in quanto diretta  ad  assolvere  un
 onere  e  un  compito di interesse sociale anche nell'interesse della
 p.a. - Non fondatezza.
 
 (Legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 12, ultimo comma).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97, terzo comma).
 
(GU n.14 del 8-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO,    avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  12,  ultimo
 comma,  della  legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle
 assunzioni obbligatorie presso  le  pubbliche  amministrazioni  e  le
 aziende private) promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1996 dal
 Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Berteramo Angela contro la
 USL  FG/10 ed altro, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 1997 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  18,  prima
 serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto di costituzione di Berteramo Angela nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  14  gennaio  1998  il  giudice
 relatore Fernanda Contri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Il Consiglio di Stato ha sollevato - nel corso di un giudizio
 per  l'annullamento  della  sentenza  con  la  quale   il   Tribunale
 amministrativo  regionale  per  la  Puglia  aveva respinto il ricorso
 contro il provvedimento 12 marzo 1992, n. 103  dell'Unita'  sanitaria
 locale  di  Cerignola  di  nomina  a  collaboratore  amministrativo -
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, ultimo  comma,
 della  legge  2  aprile  1968,  n.  482  (Disciplina  generale  delle
 assunzioni obbligatorie presso  le  pubbliche  amministrazioni  e  le
 aziende  private) in riferimento agli artt. 3, primo comma, 51, primo
 comma, e 97, terzo comma, della Costituzione.
   Il collegio remittente premette in fatto  che  l'USL  di  Cerignola
 aveva  indetto  un  concorso  pubblico per due posti di collaboratore
 amministrativo  e  che  aveva  nominato   vincitori   i   primi   due
 classificati.    Successivamente, resisi vacanti, in momenti diversi,
 altri posti della medesima qualifica, l'USL aveva assunto in servizio
 il primo degli idonei e, in forza della riserva ex lege  n.  482  del
 1968,  il  terzo  degli  idonei,  quale  invalido civile. Tale ultimo
 provvedimento era stato impugnato dalla seconda degli  idonei  avanti
 al  Tribunale  amministrativo  regionale  per la Puglia, che ne aveva
 respinto il ricorso. Avverso tale pronuncia veniva proposto appello.
   2. - Il Consiglio  di  Stato  rileva  che,  ai  sensi  della  norma
 impugnata,  nei  concorsi  a  posti  delle  carriere  direttive  e di
 concetto  negli  enti  pubblici,  gli  appartenenti  alle   categorie
 protette, che siano stati dichiarati idonei, sono inclusi nell'ordine
 di  graduatoria tra i vincitori fino a che non sia stata raggiunta la
 percentuale del 15 per cento dei posti di organico.
   Il  giudice  a  quo  sottolinea  che,  circa  le  assunzioni  degli
 appartenenti   alle   categorie  protette  negli  enti  pubblici,  il
 legislatore ha previsto il sistema  dell'assunzione  diretta  per  le
 qualifiche  di  cui  all'art.    12, primo comma - personale operaio,
 delle carriere esecutive e ausiliario - mentre per le carriere di cui
 all'ultimo comma del medesimo articolo  -  carriere  direttive  e  di
 concetto  -  ha  ritenuto  che  l'interesse  pubblico alla scelta dei
 candidati migliori debba avvenire attraverso un concorso.
   Tale  procedura,  prosegue  il  remittente,  assolve  alla  duplice
 funzione  di  accertare  l'idoneita'  degli  aspiranti e di assumerli
 secondo la graduatoria di merito, in attuazione  dell'art.  51  della
 Costituzione,  secondo  cui  tutti  i  cittadini  possono accedere ai
 pubblici  uffici  in  condizioni   di   uguaglianza.   L'invalidita',
 compatibile  con  le mansioni di un determinato posto di lavoro, puo'
 invece impedire, alla persona che  ne  e'  affetta,  di  svolgere  le
 ordinarie  prove  concorsuali,  e  porla,  nella competizione, in una
 condizione  sfavorevole  non  corrispondente  ad  un'inferiorita'  di
 merito. La legge, che ben potrebbe in ottemperanza al disposto di cui
 all'art.  3  della  Costituzione prevedere apposite procedure, muove,
 invece, all'ultimo comma dell'art. 12, dal presupposto che l'invalido
 partecipi  alle  ordinarie  procedure  concorsuali  in  posizione  di
 parita'  e che nulla gli precluda di classificarsi tra i vincitori in
 base ai criteri di selezione concorsuali.
   In questi termini, secondo il  remittente,  non  si  giustifica  la
 riserva che, mentre non risolve le cause ostative alla partecipazione
 alla  procedura  concorsuale,  fa  preferire  l'interesse alla scelta
 dell'appartenente alle categorie protette  rispetto  a  quello  della
 scelta  del  concorrente  migliore. Tale logica non sarebbe del resto
 piu' giustificata, poiche' avulsa da situazioni  di  emergenza  quali
 quelle  del  periodo  postbellico  e  comunque non in sintonia con un
 sistema razionale di assistenza sociale  e  di  gestione  della  cosa
 pubblica.
   In  conclusione  la  norma  impugnata  si porrebbe in contrasto con
 l'art.  3,  primo  comma,  della  Costituzione,  per  il   privilegio
 istituito  a  favore  del  concorrente  appartenente  alle  categorie
 protette rispetto agli altri concorrenti; e con gli artt. 97,  ultimo
 comma,  e  51,  primo  comma,  della Costituzione, dal momento che la
 scelta secondo l'ordine della graduatoria di merito, nella  quale  la
 regola   del   concorso  consiste,  viene  alterata  senza  razionale
 giustificazione. L'art. 97, in particolare, consentirebbe di derogare
 alla regola del concorso solo quando cio' sia giustificato alla  luce
 di  altri  principi dell'ordinamento, come avviene nel caso di nomina
 per scelta, di assunzione diretta o di elezione,  non  sembrando  che
 all'interno  della  procedura  concorsuale  possano  essere  previste
 deroghe.
   La riserva di posti nei concorsi pubblici si  risolverebbe  secondo
 il remittente in una commistione tra le due procedure che, viceversa,
 si  escludono  a  vicenda.  Tale  commistione non sarebbe, del resto,
 senza rilievo: nel caso di assunzione diretta, come  quello  previsto
 al  primo  comma  dell'art.  12,  si sottraggono posti d'impiego alla
 totalita' dei cittadini che vi  aspirino  senza  che  nessuno  possa,
 concretamente  e specificamente, chiamarsi danneggiato, in osservanza
 di quella solidarieta' sociale che, ai sensi degli artt. 3 e 38 della
 Costituzione, deve dirsi collettiva; mentre la  disposizione  di  cui
 all'ultimo  comma,  stabilendo  l'assunzione  di un riservatario, che
 viene preferito al concorrente utilmente incluso in  graduatoria,  fa
 gravare  il  vantaggio,  accordato  dalla  legge all'invalido, su una
 determinata persona, che, pur avendo sostenuto e  superato  le  prove
 concorsuali,  classificandosi  in  posto utile, viene pretermessa; la
 pretesa solidarieta' sociale verrebbe cosi' sostenuta da  un  singolo
 individuo,   benche'  il  legislatore,  che  ha  ritenuto  prevalente
 l'interesse  pubblico  a  ricoprire  i  posti  per  concorso,   abbia
 rifiutato l'assunzione diretta per queste carriere.
   3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  concluso
 per  l'infondatezza  della  questione. La difesa del Governo sostiene
 che, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo la norma  in
 esame  non  e'  finalizzata  al superamento dell'invalidita' ostativa
 alla partecipazione  paritaria  alla  procedura  concorsuale,  bensi'
 (come  l'intera  normativa  in  tema di assunzione obbligatoria) alla
 rimozione degli ostacoli che impediscono ai portatori di  invalidita'
 l'effettiva partecipazione all'organizzazione economica e sociale del
 paese.
   In  altri  termini,  attese, secondo l'Avvocatura, l'impossibilita'
 per il soggetto invalido di svolgere le attivita'  incompatibili  con
 l'handicap  di  cui  e'  portatore, e le limitazioni di cui soffre in
 ordine alle prospettive di occupazione, l'ordinamento, in ossequio al
 principio solidaristico di cui all'art. 38  della  Costituzione,  gli
 assicura,  tramite  provvidenze  di carattere non assistenziale ma di
 avviamento al lavoro, l'opportunita' di svolgere le attivita' per  le
 quali  si  sia dimostrato idoneo, realizzando, cosi', il principio di
 eguaglianza sostanziale sancito dall'art. 3.
   Non appare inoltre, sussistere - sempre ad avviso dell'Avvocatura -
 il preteso contrasto della norma in esame con gli artt. 51 e 97 della
 Costituzione, essendo comunque richiesto all'invalido il  superamento
 di  un concorso, conformemente al principio dell'accesso per concorso
 ai  pubblici  uffici,  cui partecipa in condizioni di parita' con gli
 altri  concorrenti,   poiche'   la   riserva   in   esame,   operando
 successivamente  all'espletamento  del  concorso, non derogherebbe al
 predetto  principio  costituzionale,  ne'  inficerebbe  le  finalita'
 tipiche  di  esso, limitandosi a riservare agli invalidi, all'interno
 del ristretto numero dei soggetti risultati  idonei,  una  quota  dei
 posti in organico.
   4.  -  Si  e' costituita fuori termine la parte privata, ricorrente
 nel  giudizio  a  quo  sostenendo  la  fondatezza   della   sollevata
 questione.
                         Considerato in diritto
   1.  - Il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli artt.
 3,  primo  comma,  51,  primo  comma,  e  97,  terzo   comma,   della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12,
 ultimo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina  generale
 delle  assunzioni  obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e
 le aziende private).
   La norma impugnata prevede che "Nei concorsi a posti delle carriere
 direttive e di concetto o parificati, gli appartenenti alle categorie
 indicate nel precedente titolo, che abbiano  conseguito  l'idoneita',
 verranno  inclusi  nell'ordine  di graduatoria tra i vincitori fino a
 che non sia stata raggiunta la percentuale del 15 per cento dei posti
 in organico".
   2. - Il remittente premette  che  nel  giudizio  al  suo  esame  la
 ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale, ad esito di un
 concorso  pubblico,  non  e'  stata  inclusa  nella  graduatoria  dei
 vincitori, essendo stato assunto in sua vece, in  applicazione  della
 norma  impugnata,  un invalido civile che si era classificato dopo di
 lei.
   Tale disciplina, a suo avviso, si pone in contrasto con  gli  artt.
 3,   primo  comma,  97,  ultimo  comma,  e  51,  primo  comma,  della
 Costituzione, poiche' la scelta secondo l'ordine della graduatoria di
 merito, nella quale la regola del concorso consiste,  viene  alterata
 senza   razionale  giustificazione,  privilegiando  ingiustamente  il
 concorrente appartenente alla categoria protetta rispetto agli altri.
   Il  meccanismo  concorsuale,  espone  il  giudice  a  quo   e'   un
 procedimento   che   assolve   alla  duplice  funzione  di  accertare
 l'idoneita' degli  aspiranti  e  di  assumerli  secondo  l'ordine  di
 graduatoria,  cosi'  perseguendo l'interesse pubblico alla scelta dei
 candidati migliori. In questi termini  non  puo'  piu'  giustificarsi
 l'istituto  della  riserva  dei  posti - oggi avulso da situazioni di
 emergenza quali quelle del periodo postbellico  -  che  fa  preferire
 l'appartenente   alle   categorie  protette  rispetto  al  candidato,
 giudicato migliore, che lo precede in graduatoria.
   3. - Sotto un ulteriore profilo, infine, emergerebbe la  violazione
 degli artt. 51 e 97 della Costituzione.
   Ad  avviso  del  remittente,  l'art.  97 con l'inciso "salvo i casi
 stabiliti dalla legge" consente di derogare alla regola del  concorso
 pubblico:  cio'  significa  che  in  determinati  casi  e'  possibile
 nominare un pubblico impiegato con procedura diversa, mentre  non  e'
 legittimo,  una  volta  scelta la via concorsuale, introdurre deroghe
 all'interno della medesima, perche' cosi' facendo si darebbe luogo ad
 una sorta di commistione tra le  due  diverse  procedure  (assunzione
 diretta  e assunzione per concorso) che, viceversa, si escludono l'un
 l'altra.
   4. - La questione non e' fondata.
   Occorre premettere che la norma impugnata  si  colloca  nel  quadro
 dell'ampio intervento operato dal legislatore a favore degli invalidi
 di guerra all'indomani del primo conflitto mondiale, introducendo, in
 quel  tempo,  l'istituto della loro assunzione obbligatoria presso le
 pubbliche amministrazioni e le aziende private.
   Tale  disciplina  e'  stata  successivamente  estesa,  con  diverse
 modalita'  di  tutela,  ad  altre  categorie  ritenute  meritevoli di
 particolare protezione  con  singole  e  specifiche  leggi,  fino  ad
 arrivare   alla   legge  n.  482  del  1968,  che  ha  ridisciplinato
 organicamente la materia.
   Questa Corte ha gia' avuto occasione di pronunciarsi,  sotto  altri
 profili,   sulla   legittimita'   di   tali  previsioni  legislative,
 affermando che esse trovano base e giustificazione  nel  disposto  di
 cui all'art.  38 della Costituzione, e dichiarandole coerenti sia con
 il  dettato  del  secondo  comma  dell'art. 3 della Costituzione - in
 quanto dirette a rimuovere gli ostacoli che  impediscono  l'effettiva
 partecipazione  di  tutti i lavoratori all'organizzazione economica e
 sociale del Paese - sia con  il  principio  informatore  dell'art.  4
 della  Costituzione  in quanto promuovono e attuano le condizioni che
 rendono possibile a  persone  appartenenti  a  particolari  categorie
 svantaggiate,  che  siano  in  possesso  di  attitudini  lavorative e
 professionali,  l'inserimento  nell'ambiente  del  lavoro  dal  quale
 altrimenti potrebbero restare escluse (sentenza n. 38 del 1960).
   La disposizione censurata, valutata alla luce di tali principi, non
 puo'  ritenersi  ne'  irragionevole  ne' priva di giustificazione, in
 quanto diretta ad assolvere un onere e un compito della collettivita'
 al fine di consentire a detti beneficiari, in  base  a  condizioni  e
 criteri  prestabiliti  (sentenza  n.  279  del 1983), un piu' agevole
 reperimento  di  una  occupazione,  pur  nei  limiti  di  percentuali
 prefissate  in  rapporto ai posti in organico per ciascuna qualifica,
 nel contemperamento delle esigenze della pubblica amministrazione per
 la migliore selezione dei propri impiegati con quelle di tutela delle
 categorie protette.
   Il legislatore, per le qualifiche piu'  elevate,  ha  riservato  la
 percentuale  del 15 per cento dei posti in organico agli appartenenti
 alle categorie protette, i quali per  altro  possono  accedervi  solo
 dopo  aver  superato  le  prove  concorsuali  in posizione di parita'
 rispetto agli altri concorrenti. Essi, una volta  dichiarati  idonei,
 qualora  la  percentuale  dei  posti riservati non sia gia' completa,
 verranno preferiti nell'ordine di assunzione.
   Anche in riferimento al secondo profilo sollevato  dal  remittente,
 non  pare  a  questa  Corte  che, sulla base degli invocati parametri
 costituzionali, resti preclusa  al  legislatore  la  possibilita'  di
 introdurre  nella procedura concorsuale prescelta, a favore di alcune
 categorie svantaggiate, deroghe  suscettibili  di  realizzare  quella
 particolare  tutela  che  detta  normativa  intende  perseguire: tale
 sistema, lungi dall'essere irragionevole o lesivo di quanto  disposto
 dall'art.    97  della  Costituzione,  e'  con  esso coerente ed anzi
 costituisce attuazione del fondamentale principio  sancito  dall'art.
 3, secondo comma, della Costituzione.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 12, ultimo  comma,  della  legge  2  aprile  1968,  n.  482
 (Disciplina   generale   delle   assunzioni  obbligatorie  presso  le
 pubbliche  amministrazioni  e  le  aziende  private),  sollevata,  in
 riferimento  agli  artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97, terzo
 comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Contri
                    Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 1 aprile 1998.
               Il direttore della cancellaria: Di Paola
 98C0363