N. 271 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 novembre 1997
N. 271 Ordinanza emessa il 26 novembre 1997 dal tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce sul ricorso proposto da Spagnoletti Leonardo contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altro Giustizia amministrativa - Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa - Composizione - Lamentata assenza di componenti laici e prevalenza dei magistrati del Consiglio di Stato a scapito dei magistrati di t.a.r. - Irragionevole discriminazione, in relazione alla rappresentativita' nell'organo di autogoverno, tra magistrati appartenenti alla stessa giurisdizione - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a., di indipendenza ed autonomia delle magistrature speciali e della distinzione dei giudici soltanto in base alla diversita' di funzioni. (Legge 27 aprile 1982, n. 186, art. 7). (Cost., artt. 3, 97, 101, 107, terzo comma, e 108, secondo comma).(GU n.17 del 29-4-1998 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3467 del 1997, proposto da Leonardo Spagnoletti, rappresentanto e difeso dall'avv. Giuseppe Barone, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, il Presidente del Consiglio di Stato pro-tempore, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato; per l'annullamento del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 18 luglio 1997 con il quale sono state indette le elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa per il 30 novembre 1997; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio; Vista la memoria prodotta dal ricorrente; Visti gli atti tutti della causa; Udito in camera di consiglio il relatore dott. Catoni ed uditi, altresi', l'avv. Relleva, in sostituzione dell'avv. Barone per il ricorrente e l'Avvocato dello Stato Gustapane per le amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: F a t t o Il ricorrente e' un magistrato amministrativo in servizio presso il t.a.r. di Bari. A seguito della indizione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, di cui all'art. 7 della legge 27 aprile 1982 n. 186, il ricorrente ha depositato, previa rituale notifica, il gravame, chiedendo la sospensione delle stesse elezioni, sulla presupposizione che la composizione dell'organo, cosi' come prevista dalla legge n. 186/1982, sia lesiva della posizione giuridica dei magistrati dei t.a.r., la cui componente appartiene. Il ricorrente percio' deduce la illegittimita' costituzionale del ripetuto art. 7 per contrasto con gli artt. 3, 97, 101 secondo comma, 107 terzo comma, e 108 secondo comma, della Costituzione. Tale norma, infatti, secondo il ricorrente, violerebbe le disposizioni costituzionali citate per le modalita' sulla composizione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Rileverebbero sotto tale profilo i seguenti elementi: a) la mancanza di membri "laici", posto che del Consiglio fanno parte solo magistrati (membri cosiddetti togati); b) la rappresentanza proporzionale assegnata al Consiglio di Stato ed ai t.a.r.; c) il numero e la qualita' dei membri di diritto previsti. Espone con dovizia di argomentazioni giuridiche le ragioni per le quali siffatti elementi realizzano il lamentato contrasto con i principi costituzionali attinenti all'eguaglianza delle posizioni dei cittadini, all'imparzialita' e correttezza della funzione della p.a. e all'indipendenza della magistratura e conclude chiedendo la remissione degli atti alla Corte, previa sospensione delle elezioni indette per il prossimo 30 novembre 1997. Si costituisce l'Avvocatura dello Stato, la quale rileva, preliminarmente, di aver notificato regolamento di competenza, essendo istituzionalmente competente in materia la prima sezione del t.a.r. Lazio. Deduce quindi l'inammissibilita' del ricorso per difetto d'interesse e contesta nel merito le pretese avversarie. In camera di consiglio il 26 novembre 1997, il collegio prende atto che non risulta ancora depositato in atti l'annunciato regolamento di competenza ed introita il ricorso per la decisione sulla istanza cautelare. D i r i t t o Il collegio rileva come non sussistano i presupposti per la concessione della tutela cautelare. In realta', pur nella possibilita' che l'organo di autogoverno possa essere illegittimamente composto, ove si ravvisassero fondate le tesi del ricorrente sulla illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge n. 186/1982, e' pur sempre preferibile, anche nell'interesse del ricorrente, che in attesa delle decisioni della Corte, sia garantita comunque la funzione dell'organo rispetto alla totale paralisi dello stesso. Peraltro, poiche' l'argomento appare di notevole importanza ed e' interesse generale che istituzioni di siffatta rilevanza, rispondano ai principi costituzionali, il collegio e' chiamato certamente a decidere, anche in sede cautelare, se sussistano i presupposti per l'immediata remissione alla Corte della questione sottopostagli. Preliminare appare a questo riguardo la pregiudiziale dell'Avvocatura dello Stato. Questa e' certamente infondata. La difesa dell'amministrazione afferma che il "ricorrente non e' in grado di indicare alcun fatto concreto o alcun atto che, in dipendenza dell'attuale composizione del Consigilo, abbia concretamente inciso sulla sua sfera giuridica". Ma in casi come quelli sottoposti al collegio, l'interesse non deve sussistere in concreto bensi' in astratto. L'illegittima composizione di un organo e' solo suscettibile di arrecare danni al momento in cui viene realizzata e il danno che provoca nella sfera giuridica di chi si ritiene leso nasce proprio dall'irregolare composizione dell'organo. In questi casi e' la posizione giuridica di chi propone l'impugnativa che viene in rilievo, analogicamente a quanto avviene per qualsiasi tipo di elezioni, come nel caso delle elezioni comunali, nelle quali rileva, ad esempio, la posizione di cittadino elettore di quel comune che radica un interesse popolare nella categoria che l'organo elettivo verra' a rappresentare. Nella specie, trattandosi dell'elezione dell'organo di giustizia amministrativa cui il ricorrente e' chiamato a partecipare come magistrato amministrativo elettore, non si puo' avere dubbio alcuno sull'interesse al ricorso. Basti pensare, infatti, alle funzioni cui e' chiamato l'organo di autogoverno della magistratura amministrativa, tutte capaci di incidere su concreti interessi degli appartenenti alla categoria e rilevanti sotto il profilo della posizione giuridica di ogni singolo magistrato. Quanto alla rilevanza della questione, non vi e' dubbio che essa sussista nella misura in cui solo la pronuncia della Corte, in grado di incidere sull'eventuale illegittimita' della norma ritenuta tale, potrebbe arrecare concreta soddisfazione al ricorrente. Nel merito, poi, la questione non appare manifestamente infondata. La prima ragione dell'illegittimita' della norma, capace di incidere anche sull'indipendenza del magistrato, il ricorrente la individua nella mancanza di membri cosiddetti "laici". Il rilievo appare importante. La magistratura amministrativa, pur non appartenendo all'ordine giudiziario, gode delle stesse guarentigie attribuite al primo. Si tratta, e' vero, di una giurisdizione speciale ma anche ad essa si deve riconoscere, per ovvi motivi, l'autonomia e l'indipendenza da ogni altro potere. Questi attributi, tuttavia, se la svincolano dai controlli degli altri poteri, non la pongono certo al di fuori dell'organizzazione dello Stato, sicche' non vi e' dubbio che un collegamento con quei poteri si presenti necessario ed auspicabile. In uno Stato democratico come l'Italia, nel quale, come recita la Costituzione, la Sovranita' appartiene al popolo, non si puo' scollegare del tutto, il rapporto con gli appartenenti alla comunita' che, anche se indirettamente, e' opportuno siano interessati alla gestione di una funzione cosi' importante come quella giurisdizionale. L'assetto del Consiglio superiore della magistratura e' stato disposto ispirandosi a questi principi, con l'inserimento nel suo seno di una rappresentanza (certo di persone particolarmente qualificate sotto il profilo giuridico) designata dal Parlamento attribuendo, altresi', al Capo dello Stato, supremo garante della Costituzione, la presidenza dell'organo, e a un membro "laico" la vice presidenza. Non e' senza significato, inoltre, che, in ogni settore dell'assetto organizzativo dello Stato, sia per quanto riguarda l'amministrazione diretta sia indiretta di esso, la rappresentanza del cittadino sia una costante. Un'analoga operazione non e' stata fatta per il Consiglio di giustizia amministrativa e questo e' gia' di per se capace di ingenerare il sospetto d'illegittimita' costituzionale, per contrasto con l'art. 101 primmo comma della Cost., apparendo l'organo, piu' che come espressione dell'autogovemo della magistratura amministrativa, come un'entita' gerarchica nella struttura funzionale del settore, senza alcun collegamento con il restante assetto costituzionale dello Stato. Avvalora quest'ipotesi, la composizione rappresentativa dei magistrati chiamati a farne parte che costituisce, del resto, la seconda ragione posta a fondamento della tesi del ricorrente. Sotto quest'aspetto, la questione deve essere rettamente intesa. Non e' la composizione in se stessa che induce a sospetti d'illegittimita' costituzionale, quanto le modalita' di elezioni in rapporto all'assenza dei membri laici. Vero e' che la Corte costituzionale (cfr. sent. 12-23 dicembre 1963 n. 168), chiamata a pronunciarsi sulla composizione e le modalita' di elezioni del Consiglio superiore della magistratura, allorche' questo era strutturato in modo diverso dall'attuale, aveva dichiarato non fondate le questioni sul riparto dei seggi e sul principio, allora vigente, che ogni magistrato votava solo per i componenti della propria categoria. Ma vi era la presenza dei membri laici che incideva senza dubbio sulla questione e cio' nondimeno, con l'art. 7 della legge 18 dicembre 1967 n. 1198 (il cui testo e' stato, poi ribadito nella legge n. 695 del 22 dicembre 1975 che disciplina attualmente la composizione del Consiglio) si era modificata la primitiva stesura dell'art. 23, terzo comma della legge n. 195 del 24 marzo 1958. Ora, se si osserva l'attuale assetto del Consiglio superiore che e' composto da tre componenti di diritto (di cui uno e' il Capo dello Stato che lo presiede) venti componenti togati ( 8 di cassazione, 4 di appello e 8 di tribunale, i quali vengono eletti da tutti i magistrati senza distinzione di categoria) e 10 membri laici eletti dal Parlamento, non si puo' non avanzare qualche dubbio sull'attuale composizione del Consiglio di giustizia amministrativa; l'assetto di esso, cosi' come previsto, induce a ritenere che si sia voluto privilegiare l'aspetto funzionale e gerarchico rispetto a quello, piu' corretto, di autonoma gestione dell'assetto organizzativo della giurisdizione. Cio' porta a ritenere non infondata la questione di legittimita' costituzionale prospettata sotto il profilo della violazione dell'art. 3 (eguaglianza) 97 (imparzialita'), 107 (indipendenza del giudice). Infatti, sia la composizione che le modalita' d'elezione attribuiscono una netta prevalenza ai componenti provenienti dal Consiglio di Stato. Tale assetto non puo' considerarsi possa essere parzialmente corretto dalla circostanza che il 50% dei giudici del Consiglio di Stato sono di provenienza t.a.r., dato che per il particolare sistema di nomina che prevede la presenza di tale percentuale solo fra i Consiglieri di Stato e non fra tutti i magistrati appartenenti al Consiglio, accade che la componente dei magistrati t.a.r. non raggiunga mai la prevista aliquota rispetto all'intera componente del Consiglio di Stato. Ne consegue che in sede di elezione, essendo riservata rispettivamente alle due componenti l'indicazione dei propri rappresentanti, e' evidente che i magistrati provenienti dai t.a.r. non potrebbero, quasi mai, ottenere la elezione di propri eventuali candidati. Tale situazione aggravata dalla particolare situazione che, in virtu' della funzione consultiva assegnata al Consiglio di Stato, vede una stretta correlazione tra i magistrati del Consiglio stesso ed il potere esecutivo, incide in modo rilevante sull'indipendenza del giudice amministrativo. Non e' senza significato che gli attuali lavori della Commissione bicamerale si siano conclusi con l'espressa previsione della separazione della funzione giurisdizionale rispetto a quella consultiva del Consiglio di Stato. Ma anche il terzo rilievo prospettato dal ricorrente ha fondamento. Non risponde alla funzione riservata all'organo, infatti, la circostanza che vi siano ben tre membri di diritto (tutti magistrati del Consiglio di Stato) su tredici componenti del Consiglio di presidenza, laddove lo stesso numero e' previsto per il Consiglio superiore della magistratura, dove uno dei membri e' il Capo dello Stato e dove il numero complessivo dei componenti (di cui oltre un terzo di nomina parlamentare), e' di gran lunga superiore rispetto a quello del Consiglio di giustizia amministrativa. Quest'aspetto costituisce un'ulteriore possibilita' che la prevalenza di una certa componente sia disciplinata in un modo anziche' in un altro con le conseguenze che, per le funzioni riservate all'organo, possano essere incise le prerogative dei magistrati dei t.a.r. e le aspettative degli stessi, minandosi in tal modo, alla base, la loro indipendenza di giudizio. Apparendo, quindi, la questione non manifestamente infondata per contrasto con gli artt. 3, 97, 101 e 108 della Costituzione, vista la sua rilevanza per la decisione della controversia, gli atti devono essere rimessi immediatamente alla Corte ed, in attesa della decisione di essa, il giudizio deve essere immediatamente sospeso.
P. Q. M. Il t.a.r. per la Puglia, II sezione di Lecce, riservata ogni decisione in rito, sul merito e nelle spese, sospende il giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge 27 aprile 1982 n. 186 in relazione agli artt. 3, 97, 101, 107 terzo comma e 108 secondo comma della Costituzione; Ordina alla segreteria di procedere con urgenza alla notificazione della presente ordinanza alle parti del giudizio ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' alla comunicazione della stessa ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Lecce nella camera di Consiglio del 26 novembre 1997. Il presidente ed estensore: Catoni 98C0426