N. 142 SENTENZA 20 - 23 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Esecuzione  forzata  - Creditore - Diritto a compiere atti esecutivi
 nei confronti della p.a. e degli enti pubblici  non  economici  prima
 della  decorrenza  del termine di 60 giorni dalla notifica del titolo
 esecutivo - Esclusione - Disciplina delle procedure di  pagamento  da
 parte  delle amministrazioni statali esecutate - Diversita' di natura
 e di regime normativo delle categorie di enti  poste  a  raffronto  -
 Ragionevolezza - Difetto di motivazione gia' in ordine alla rilevanza
 che    alla    non   manifesta   infondatezza   della   questione   -
 Inammissibilita'
 - Non fondatezza.
 
 (D.-L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14, comma  2,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30; d.-l. 31 dicembre
 1996, n. 669, art. 14, comma 1).
 
 (Cost.,  artt.  1,  primo  comma,  3,  28,  97,  primo  comma e XVIII
 disposizione transitoria e finale della Costituzione).
 
(GU n.17 del 29-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente:, dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI  giudice, prof. Cesare MIRABELLI,
 prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare  RUPERTO,
 dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio
 ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof.  Piero
 Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1 e
 2, del d.-l. 31  dicembre  1996,  n.  669  (Disposizioni  urgenti  in
 materia  tributaria,  finanziaria  e  contabile a completamento della
 manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), promosso con  ordinanza
 emessa  il  26  aprile  1996  (recte:  26 aprile 1997) dal pretore di
 Avellino nel procedimento civile vertente tra il comune di  Serino  e
 Vitale  Maria  iscritta  al  n.  551  del  registro  ordinanze 1997 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  37,  prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  28  gennaio  1998  il  giudice
 relatore Annibale Marini.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di un giudizio di opposizione all'esecuzione, il
 pretore di Avellino, con ordinanza del  26  aprile  1996  (recte:  26
 aprile  1997),  ha  sollevato  -  in  riferimento agli artt. 1, primo
 comma, 3, 28 e 97, primo  comma,  della  Costituzione,  nonche'  alla
 XVIII   disposizione   transitoria  e  finale,  quarto  comma,  della
 Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
 comma 1, del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti  in
 materia  tributaria,  finanziaria  e  contabile a completamento della
 manovra  di  finanza  pubblica  per  l'anno  1997),  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  28 febbraio 1997, n. 30, nella parte in
 cui  dispone  che  il  creditore  non  ha  diritto  di  procedere  ad
 esecuzione  forzata,  ne' compiere atti esecutivi nei confronti delle
 amministrazioni dello Stato e  degli  enti  pubblici  non  economici,
 prima   che   sia   decorso  il  termine  di  sessanta  giorni  dalla
 notificazione del titolo esecutivo.
   Con la medesima ordinanza e' stata altresi' sollevata, in relazione
 agli  stessi  parametri,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.    14,  comma  2, del menzionato d.-l. 31 dicembre 1996, n.
 669, che disciplina - in assenza  di  disponibilita'  finanziare  nel
 pertinente  capitolo  -  le  procedure  di  pagamento  da parte delle
 amministrazioni statali sottoposte ad esecuzione forzata.
   2. - Ad avviso del rimettente, la norma  di  cui  al  comma  1  del
 citato  art.  14  del decreto-legge n. 669 del 1996, escludendo dalla
 sua  sfera  applicativa  gli  enti  pubblici  economici  (e  i   loro
 creditori),    comporterebbe   una   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento tra categorie  omogenee  di  enti  (e  tra  i  rispettivi
 creditori)  e verrebbe a violare il principio di uguaglianza e quello
 di ragionevolezza di cui  agli  artt.  1,  primo  comma,  e  3  della
 Costituzione.
   La  stessa  disposizione  si  porrebbe  in  contrasto,  secondo  il
 rimettente,  anche  con  gli  artt.  28  e  97,  primo  comma,  della
 Costituzione,  sia sotto il profilo della violazione del principio di
 buon andamento ed imparzialita' della  pubblica  amministrazione  che
 sotto  quello  della  sostanziale esclusione di responsabilita' della
 pubblica amministrazione per il pregiudizio arrecato alle  situazioni
 soggettive dei privati.
   3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
 concluso per l'infondatezza delle questioni.
   La  difesa  erariale  ritiene  che  la  particolare  disciplina  di
 contabilita' e di tesoreria unica  delle  amministrazioni  statali  e
 degli  enti  pubblici non economici, le cui risorse patrimoniali, pur
 destinate, di regola, a costituire  la  garanzia  delle  obbligazioni
 assunte,  sono  finalizzate in maniera articolata al perseguimento di
 diversi  e  prestabiliti  scopi  di  interesse  generale,   valga   a
 giustificare  il  termine  dilatorio  per l'esecuzione previsto dalla
 norma  denunciata  rendendola,  pertanto,  immune  dalle  prospettate
 censure di costituzionalita'.
   In  particolare, osserva l'Avvocatura, le somme di pertinenza dello
 Stato e degli enti pubblici  non  economici  giacenti  in  tesoreria,
 anche  se  non  imputabili a capitoli di spesa riguardanti il credito
 azionato in  executivis,  risultavano,  sino  al  31  dicembre  1996,
 immediatamente  pignorabili,  con evidenti difficolta' per gli stessi
 enti  a  causa  dei  ritardi  scaturenti   dalla   necessita'   della
 ricostituzione  in tesoreria delle dotazioni finanziarie dei capitoli
 esecutati.
   Le norme censurate si sarebbero proposte, pertanto, di  ovviare  ai
 ricorrenti   blocchi   dell'attivita'  amministrativa  derivanti  dai
 ripetuti  pignoramenti,  introducendo  un   termine   per   procedere
 all'approntamento   delle   risorse   occorrenti   a  reintegrare  il
 pertinente capitolo di spesa.
   Tale spatium adimplendi, conclude l'Avvocatura, in quanto diretto a
 contemperare l'interesse  del  singolo  alla  realizzazione  del  suo
 diritto  con  quello  generale ad una ordinata gestione delle risorse
 finanziarie pubbliche, sarebbe ragionevole e non farebbe  venir  meno
 la responsabilita' patrimoniale della pubblica amministrazione per le
 obbligazioni assunte.
                         Considerato in diritto
   1.   -      Il   pretore  di  Avellino  dubita  della  legittimita'
 costituzionale del comma 1 dell'art. 14 del d.-l. 31  dicembre  1996,
 n.  669  (Disposizioni  urgenti  in materia tributaria, finanziaria e
 contabile a completamento  della  manovra  di  finanza  pubblica  per
 l'anno  1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio
 1997, n. 30, nella parte in cui  dispone  che  il  creditore  non  ha
 diritto   di  procedere  ad  esecuzione  forzata  ne'  compiere  atti
 esecutivi nei confronti delle amministrazioni  dello  Stato  e  degli
 enti  pubblici  non  economici  prima  che  sia decorso il termine di
 sessanta giorni dalla notificazione  del  titolo  esecutivo.    Detta
 norma,   a   parere   del  rimettente,  escludendo  dalla  sua  sfera
 applicativa   gli   enti   pubblici   economici   comporterebbe   una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento tra categorie omogenee di
 enti  (e  tra  i  rispettivi  creditori)  e  violerebbe  i   principi
 costituzionali  di uguaglianza e ragionevolezza di cui agli artt. 1 e
 3 della Costituzione e quelli  di  buon  andamento,  imparzialita'  e
 responsabilita'     della    pubblica    amministrazione    sussunti,
 rispettivamente,  sotto  gli  artt.  97,  primo  comma,  e  28  della
 Costituzione.
   In  relazione  agli  stessi  parametri,  viene  altresi' dedotta la
 illegittimita' del comma 2 del citato art. 14  del  decreto-legge  n.
 669   del  1996,  che  disciplina  -  in  assenza  di  disponibilita'
 finanziarie nel pertinente capitolo - le procedure  di  pagamento  da
 parte delle amministrazioni statali sottoposte ad esecuzione forzata.
   2.  -  La prima questione, relativa all'art. 14, comma 1, del d.-l.
 31 dicembre 1996, n. 669, non e' fondata.
   Come  piu'  volte  affermato  da  questa  Corte,  il  principio  di
 eguaglianza  "esprime  un giudizio di relazione in virtu' del quale a
 situazioni  eguali  deve  corrispondere  l'identica   disciplina   e,
 all'inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni
 differenti" (ex plurimis, sentenze n. 89 e n. 386 del 1996).
   La sostanziale diversita' di natura e di disciplina delle categorie
 di  enti  poste  a  raffronto  dal  giudice  a  quo  rende, pertanto,
 immeritevole di accoglimento la censura di disparita' di  trattamento
 che   proprio  nell'omogeneita'  delle  situazioni  disciplinate  dal
 legislatore   rinviene,   come   si   e'   detto,   la   sua  ragione
 giustificativa.
   Egualmente  infondato  e'  il  richiamo  al  diverso  parametro  di
 ragionevolezza  evocato  dal  rimettente,  giacche'  la  disposizione
 denunciata, accordando  alle  amministrazioni  statali  e  agli  enti
 pubblici  non  economici, attraverso il differimento dell'esecuzione,
 uno spatium  adimplendi  per  l'approntamento  dei  mezzi  finanziari
 occorrenti  al  pagamento  dei crediti azionati, persegue lo scopo di
 evitare  il  blocco  dell'attivita'  amministrativa   derivante   dai
 ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando in tal modo l'interesse
 del  singolo alla realizzazione del suo diritto con quello, generale,
 ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche.
   Infondate sono, infine, le altre censure mosse  dal  rimettente  in
 relazione  ai parametri di cui agli artt. 97, primo comma, e 28 della
 Costituzione.
   Da un lato, infatti, la disposizione denunciata viene a  realizzare
 e   non   gia'  a  pregiudicare  il  buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione senza incidere in alcun modo sulla sua imparzialita'.
   Dall'altro,    la    responsabilita'    civile    della    pubblica
 amministrazione,  compresa  quella  per eventuali interessi moratori,
 risulta non gia' esclusa, ma solo disciplinata  e  fissata  entro  un
 ragionevole limite temporale giustificato dalle particolari regole di
 contabilita'  e  di tesoreria applicabili agli enti specificati nella
 norma.
   3. - La questione di costituzionalita' dell'art. 14, comma  2,  del
 decreto-legge   n.  669  del  1996,  pur  enunciata  nel  dispositivo
 dell'ordinanza di rimessione, risulta priva di qualsiasi  motivazione
 sia  in  ordine  alla  sua  rilevanza  che  alla  sua  non  manifesta
 infondatezza e deve, pertanto,  essere  dichiarata  inammissibile  in
 conformita'   alla   costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  (ex
 plurimis, ordinanze n. 74 del 1997 e n. 69 del 1986).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.   14,   comma  2,  del  d.-l.  31  dicembre  1996,  n.  669
 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e  contabile
 a  completamento  della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997),
 convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997,  n.  30,
 sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  1, primo comma, 3, 28 e 97,
 primo comma, della  Costituzione,  nonche'  alla  XVIII  disposizione
 transitoria  e  finale, quarto comma, della Costituzione, dal pretore
 di Avellino con l'ordinanza in epigrafe;
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   14,   comma  1,  del  d.-l.  31  dicembre  1996,  n.  669
 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e  contabile
 a  completamento  della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997),
 convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997,  n.  30,
 sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  1, primo comma, 3, 28 e 97,
 primo comma, della  Costituzione,  nonche'  alla  XVIII  disposizione
 transitoria  e  finale, quarto comma, della Costituzione, dal pretore
 di Avellino con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Marini
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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