N. 292 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 1997- 8 aprile 1998

                                N. 292
  Ordinanza   emessa   il  18  febbraio  1997  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  l'8  aprile  1998)   dalla   Commissione   tributaria
 provinciale  di  Milano sul ricorso proposto dallo I.A.C.P. di Milano
 contro D.R.E. per la Lombardia, sezione staccata di Milano.
 Imposte e tasse in genere - I.C.I. (imposta comunale sugli  immobili)
    - Applicabilita' - Esenzione relativamente agli immobili posseduti
    dagli  I.A.C.P.  -  Mancata  previsione - Lesione del principio di
    eguaglianza - Irragionevolezza - Violazione  del  principio  della
    capacita'  contributiva  - Incidenza sul principio di solidarieta'
    economica e sociale.
 (Legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 4, comma 1, lett. a), nn. 1,  2,
    3, 7; d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1 e 7).
 (Cost., artt. 2, 3 e 53).
(GU n.18 del 6-5-1998 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 20616/94 depositato
 il 9 dicembre 1994 avverso il silenzio-rifiuto su i.  rimb.  n.  ist.
 26  aprile  1994  -  I.C.I.  1993 contro D.R.E. Lombardia (sezione di
 Milano) dall'Istituto autonomo per le case popolari  della  provincia
 di Milano, residente a Milano in viale Romagna n. 26.
     Oggetto della domanda, svolgimento del processo e motivi della
                               decisione
   Con istanza in data 26 aprile 1994 diretta alla Direzione regionale
 alle   entrate  per  la  Lombardia  -  sezione  staccata  di  Milano,
 l'Istituto autonomo per le case popolari della  provincia  di  Milano
 chiedeva  il  rimborso  delle  seguenti  somme versate per I.C.I. per
 l'anno 1993:
     L. 11.128.917.000 versate a titolo di acconto al  concessionario,
 ambito A di Milano;
     L.  2.312.606.000  versate a titolo di acconto al concessionario,
 ambito B di Monza;
     L. 1.717.177.000 versate a titolo di acconto  al  concessionario,
 ambito C di Corsico;
     L. 13.602.004.000 versate a saldo al concessionario ambito A;
     L. 2.826.534.000 versate a saldo al concessionario ambito B;
     L. 2.098.769.000 versate a saldo al concessionario ambito C.
    A  fondamento della richiesta di rimborso l'Ente predetto assumeva
 che i versamenti erano da  ritenere  indebiti  in  quanto  effettuati
 sulla base di norme inficiate da incostituzionalita'.
   Con  atto  del  12  dicembre  1994 ricorre l'I.A.C.P. di Milano, in
 persona  del  presidente  pro-tempore,  avverso  il  silenzio-rifiuto
 opposto alla istanza suddetta dalla D.R.E. per la Lombardia.
   L'ufficio  non  ha  prodotto  deduzioni  ne'  si  e'  costituito in
 giudizio.
   La controversia viene esaminata e discussa in camera di consiglio.
   L'Ente ricorrente, in via principale, assume non  dovuta  l'imposta
 come  sopra  versata  per  carenza  del  presupposto di soggettivita'
 passiva, essendo  esso  istituto  qualificabile  giuridicamente  come
 "gestore"  e  non proprietario degli immobili assoggettati all'I.C.I.
 In  via  subordinata  ribadisce  la  non  debenza  del  tributo,  per
 l'esenzione  degli  immobili  da  esso stesso "posseduti" (art. 7 del
 decreto legislativo n. 504/1992).
   In relazione a tale secondo motivo di ricorso l'I.A.C.P. di  Milano
 rileva  che  qualora  gli  immobili  "posseduti" non dovessero essere
 ritenuti  esenti,  ricorrerebbe  l'ipotesi  di   "incostituzionalita'
 dell'art.  4, comma 1, lett. a), nn. 1, 2, 3 e 7, legge n. 421 del 23
 ottobre  1992  e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del
 30 dicembre  1992  per  violazione  degli  artt.  2,  3  e  53  della
 Costituzione   nella   parte   in   cui  non  dispongono  l'esenzione
 dall'imposta  comunale  sugli  immobili  relativamente  agli  alloggi
 posseduti dagli Istituti autonomi case popolari".
   L'eccezione di incostituzionalita' e' articolata come appresso;
   1. - Art. 53 della Costituzione.
   Il   ricorrente   premette  che  giurisprudenza  e  dottrina  hanno
 unanimamente ritenuto che il principio, in base al quale  tutti  sono
 tenuti  a  concorrere  alle  spese  pubbliche  in  ragione della loro
 capacita' contributiva, sia di natura precettiva e  quindi  passibile
 di  immediata applicazione.   La norma - cioe' - pone un immediato ed
 evidente limite al  dovere  di  contribuzione  se  manca  l'idoneita'
 soggettiva all'obbligazione di imposta.
   Per  gli  Istituti  autonomi  case popolari la carenza di capacita'
 contributiva  con  riguardo  all'I.C.I.  si  rileva  dalle   seguenti
 considerazioni:
     a)  gli  I.A.C.P. sono enti pubblici non economici che esercitano
 poteri propri della pubblica amministrazione e sono  soggetti  ad  un
 sistema  di  vincoli  e  controlli  ad  opera  della stessa p.a. Cio'
 premesso la gestione degli immobili da parte di tali Enti  (e  quindi
 il  rapporto  di  locazione  di  tali  immobili)  risulta regolata da
 apposite leggi in base alle quali  l'utilizzazione  dell'immobile  e'
 concessa  agli  aventi  diritto  che corrispondono un canone sociale,
 commisurato al reddito del conduttore, e sempre inferiore ai correnti
 canoni di locazione.
   Gli stessi immobili non possono essere alienati dagli I.A.C.P.  che
 appaiono quindi assoggettati a insormontabili vincoli  sia  sotto  il
 profilo reddituale, sia dispositivo. Il possesso di immobili da parte
 degli I.A.C.P. non puo' in se' essere considerato un oggettivo indice
 rivelatore di capacita' contributiva;
     b)  l'incidenza dell'I.C.I. sul gettito complessivo dei canoni di
 locazione risulta pari al 34 per cento. Se  commisurato  al  reddito,
 tale  percentuale  non  puo'  che elevarsi notevolmente, di guisa che
 l'imposta dovuta dagli I.A.C.P. puo' diventare maggiore  della  quota
 di  canone di locazione che gli stessi soggetti normalmente destinano
 alle  altre  imposte  e  tasse,  alle  spese  generali  e  a   quelle
 amministrative (circa un terzo del canone di locazione). Tale assunto
 -  ad avviso del ricorrente - trova conferma nel fatto che per l'anno
 1993 il prelievo delle somme necessarie per il pagamento  dell'I.C.I.
 e'  stato  effettuato  anche  su  quote  di bilancio non destinate al
 pagamento di tributi, essendo insufficiente lo stanziamento  disposto
 a  tale  fine  (ad  ulteriore  conferma  della  carenza  di capacita'
 contributiva dell'Ente, con riferimento all'I.C.I.).
   2. - Art. 3 della Costituzione.
   L'Ente ricorrente, esaminate le norme istitutive, prima dell'I.S.I.
 e poi dell'I.C.I., ricollega la loro genesi al contestuale intervento
 normativo modificativo del c.d. equo canone per gli immobili  adibiti
 ad uso abitativo.
   Dagli atti parlamentari desume quindi che il maggior prelievo sugli
 immobili  (I.S.I.  una tantum, e I.C.I.) sia giustificato dal maggior
 reddito  che  e'  possibile  ritrarre  dagli   immobili   a   seguito
 dell'abolizione del canone legale.
    Nei  confronti  degli  I.A.C.P.  il  d.-l. 30 agosto 1993, n. 331,
 all'art. 66, comma 9, riconosce la possibilita' di  ritrarre  maggior
 reddito soltanto a partire dall'anno 1994.
   Il  ricorrente, pertanto, assume che per il periodo di imposta 1993
 il principio di eguaglianza viene violato perche'  per  gli  immobili
 I.A.C.P., che devono essere concessi in locazione al canone sociale o
 ad  equo canone, si verifica un aumento del carico tributario, ma non
 del reddito.
   Ulteriore  argomentazione  ampiamente  sviluppata  circa   la   non
 conformita'  degli  artt.  1  e  7  del decreto-legge n. 504/1992, al
 precetto costituzionale,  e'  sostenuta  dal  ricorrente  sulla  base
 dell'assunto   -   desumibile   dalla   giurisprudenza   della  Corte
 costituzionale  -  che  ogni  legge  deve  prevedere  un  trattamento
 giuridico  identico  per  identiche  fattispecie  ed  un  trattamento
 differenziato per fattispecie tra loro differenti.
   Ora, nei confronti degli I.A.C.P. si verifica una  duplice  ipotesi
 di  "irragionevolezza"  della norma istitutiva dell'I.C.I. sia quando
 essa accomuna l'Ente a tutti gli altri contribuenti,  sia  quando  la
 discrimina  rispetto  a quei soggetti per i quali prevede l'esenzione
 dal  tributo  non  tenendo  conto  che   in   tal   modo   situazioni
 sostanzialmente identiche sono trattate in maniera antitetica.
   A  tal  fine  viene  sviluppata  una  argomentata  tesi  tendente a
 dimostrare - sulla base  di  precisi  richiami  normativi  -  che  le
 finalita'  degli  I.A.C.P.  sono  identiche  a  quelle  di alcuni dei
 soggetti  indicati,  appunto,  nell'art.  7  del   decreto-legge   n.
 504/1992, per i quali e' prevista l'esenzione dall'I.C.I.
   L'irragionevolezza  della  norma  impositiva  ai fini I.C.I. sempre
 secondo  il  ricorrente,  si  puo'  anche  desumere  dal  trattamento
 tributario   ai   fini   I.N.V.I.M.   previsto   per   gli   I.A.C.P.
 (imponibilita' solo delle plusvalenze "realizzate" e  non  su  quelle
 "maturate",  con  la conseguente esclusione dall'I.N.V.I.M. decennale
 e/o straordinaria) e da  quello  previsto  per  gli  stessi  ai  fini
 dell'I.S.I.   (non   assoggettamento   all'imposizione  straordinaria
 unitamente  ai  soggetti  i  cui  immobili  sono attualmente esentati
 dall'I.C.I.).
   Al riguardo - nota il ricorrente- e' da rilevare che la  diversita'
 dell'imposta  non  giustifica  la  disparita' di trattamento nei suoi
 confronti (Corte costituzionale n. 364/1974 e n. 207/1988).
   3. - Art. 2 della Costituzione.
   Il principio di solidarieta'  economica  e  sociale  sancito  dalla
 Costituzione  viene attuato dagli I.A.C.P. non soltanto attraverso il
 pagamento delle imposte, ma soprattutto assicurando il bene  casa  ai
 meno  abbienti.  Il  pagamento  dell'I.C.I.  sugli  immobili  da esso
 posseduti,  ad  avviso  del  ricorrente,  limiterebbe  i  suoi   fini
 istituzionali.
   Questo  collegio,  alla  luce delle eccezioni come avanti sollevate
 dal ricorrente, ritiene che il  presente  giudizio  non  puo'  essere
 definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita' costituzionale  come  articolata  nel  ricorso;  ritiene
 inoltre  che  la  questione  medesima non e' manifestamente infondata
 nella considerazione che le eccezioni svolte dall'I.A.C.P. di  Milano
 sono   state   prospettate   con  sufficiente  puntualita'  ed  hanno
 consentito  al  collegio  di  individuare  compiutamente  i  vizi  di
 costituzionalita' lamentati.
   Ritenuto  che  le  questioni  sollevate non risultano ad oggi avere
 formato oggetto di pronuncia da parte della Corte costituzionale.
                                P. Q. M.
   La commissione, visti gli artt. 134 della Costituzione e  23  della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Ritenuta  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lett. a), nn.    1,
 2,  3 e 7 della legge n. 421 del 23 ottobre 1992 e degli artt.  1 e 7
 del decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992,  per  violazione
 degli  artt.  2,  3  e  53 della Costituzione, nella parte in cui non
 dispongono   l'esenzione   dall'imposta   comunale   sugli   immobili
 relativamente  agli  alloggi  posseduti  dagli Istituti autonomi case
 popolari;
   Sospende il giudizio in corso;
   Ordina alla  segreteria  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale;
   Dispone  che  - a cura della segreteria - la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  nonche'  comunicata  ai  Presidenti  delle  due Camere del
 Parlamento.
     Milano, addi' 18 febbraio 1997
                          Il presidente: Neri
                                                Il relatore: Salvatore
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