N. 337 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 gennaio 1998
N. 337 Ordinanza emessa il 7 gennaio 1998 dal pretore di Ivrea nel procedimento civile vertente tra Nacci Attilia e I.N.P.S. Pensioni - Pensioni di invalidita' - Integrazione al minimo - Spettanza al coniuge, nei confronti del quale sia stata emanata ordinanza presidenziale, ex art. 708, cod. proc. civ., che lo autorizzi a vivere separato - Esclusione - Lesione del principio di' eguaglianza - Violazione del diritto alla garanzia previdenziale. (Legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 1, comma 4). (Cost., artt. 3 e 38, primo comma).(GU n.20 del 20-5-1998 )
IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 1 dicembre 1997. Causa di lavoro n. 226/1997: Nacci Attilia (avv. Santoro), contro I.N.P.S. (avv. Sgroi). O s s e r v a Con ricorso depositato presso la cancelleria della pretura di Ivrea in data 23 aprile 1997, si costituiva in giudizio Nacci Attilia, esponendo: di aver presentato all'Inps in data 24 ottobre 1994 una domanda intesa ad ottenere l'integrazione al trattamento minimo della pensione di invalidita' dalla medesima goduta, non superando i suoi redditi i limiti di legge; che tuttavia l'Inps rigettava tale domanda, poiche' la Nacci non poteva considerarsi legalmente separata dal coniuge Marconi Luigi, pendendo tuttora la procedura per la separazione legale, ed avendo viceversa la ricorrente ottenuto solo un provvedimento presidenziale ex art. 708 c.p.c., col quale i coniugi venivano autorizzati a vivere separati ed il marito condannato a versare alla moglie un assegno mensile quale contributo al mantenimento, pari a lire 100.000. Riteneva viceversa la ricorrente che a lei competesse l'integrazione al trattamento minimo a far data dal 1 gennaio 1994 (e cioe' dal primo giorno del mese successivo all'emanazione del provvedimento presidenziale ex art. 708 c.p.c.), formulando in tal senso domanda al pretore. Si costituiva in giudizio l'Inps, preliminarmente eccependo la decadenza dalla possibilita' di proporre l'azione giudiziaria, avendo la ricorrente richiesto il beneficio a decorrere dal 1 gennaio 1994, con successivo ricorso giudiziale depositato solo in data 23 aprile 1997, cioe' al di la' del termine triennale previsto dall'art. 47, d.P.R. n. 639/1970, cosi' come sostituito dall'art. 4 del d.-l. n. 384/1992, convertito con la legge n. 438/1992. Nel merito ribadiva l'Inps l'inesistenza del diritto all'integrazione al trattamento minimo, poiche' l'art. 1 della legge n. 222/1984 prevede al quarto comma che l'integrazione non spetti "... per i soggetti coniugati e non separati legalmente,... qualora il reddito, cumulato con quello del coniuge sia superiore a tre volte l'importo della pensione sociale stessa...". Poiche' nel caso di specie non era stata emessa alcuna sentenza di separazione giudiziale, ne' omologhe di separazione consensuale, la ricorrente avrebbe dovuto considerarsi "coniugata e non separata legalmente", non potendosi ritenere che costituisse "separazione legale" solo l'ordinanza presidenziale di cui all'art. 708 c.p.c. Nel corso dell'istruttoria il difensore di parte ricorrente prospettava in via subordinata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 222/1984, nell'ipotesi che tale norma dovesse essere interpretata secondo la prospettazione dell'istituto convenuto. La preliminare eccezione di decadenza, formulata dall'Inps sul presupposto che la ricorrente abbia depositato il ricorso giudiziale oltre il termine triennale previsto dal d.-l. n. 384/1992, e' infondata, poiche' la domanda amministrativa e' stata proposta in data 24 ottobre 1994, ancorche' la ricostruzione della pensione sia stata chiesta a decorrere dal 1 gennaio 1994, mentre il ricorso giudiziale e' stato depositato in data 23 aprile 1997, e cioe' non oltre il triennio cui si richiama l'Inps. Nel merito ritiene in effetti il pretore che l'art. 1 della legge n. 222/1984, nella parte in cui prevede che ai soggetti coniugati e non separati legalmente non competa l'integrazione al trattamento minimo (in presenza di limiti reddituali cumulati che sicuramente vengono superati nel caso della Nacci), non possa che essere interpretato secondo la tesi prospettata dall'Inps; l'integrazione al minimo, cioe', spetta al coniuge solo se legalmente separato, ed a tal fine non e' certo sufficiente l'emanazione del provvedimento di cui all'art. 708 c.p.c, che ha solo una funzione cautelare e puo' essere modificato dal giudice istruttore o dal collegio, e la cui precarieta' ne impedisce persino l'impugnazione in Cassazione (vedi Cass. n. 6389/1983). Tale dunque e' l'interpretazione che dell'art. 1 da' il giudice remittente, fermo restando che codesta Corte ben potrebbe affermare che l'interpretazione prospettata e' scorretta e non conforme ai principi costituzionali, dovendo quindi considerarsi "coniuge legalmente separato" anche colui che abbia ottenuto un provvedimento temporaneo presidenziale ex art. 708 c.p.c. (ma non vede il pretore come questo risultato possa essere raggiunto tramite i normale strumenti ermeneutici). Si pone quindi il problema di valutare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della eccezione prospettata dalla ricorrente. Quanto alla rilevanza essa emerge evidente, poiche' il diritto all'integrazione al minimo da parte della Nacci, titolare di una pensione di invalidita' che, a calcolo, ammonta a circa L. 220.000 mensili, puo' essere conseguito solo con una sentenza additiva della Corte che aggiunga al quarto comma del citato art. 1, dopo la frase "per i soggetti coniugati e non separati legalmente", l'espressione: "e nei confronti dei quali non sia stato emesso un provvedimento di autorizzazione a vivere separati ex art. 708 c.p.c", o una qualche espressione equivalente. Sotto il profilo della "non manifesta infondatezza", il giudice a quo puo' rigettare l'eccezione di incostituzionalita' solo se la medesima risulti infondata in maniera manifesta; e nel caso di specie tale drastico giudizio non puo' essere emesso, fermo restando il fatto che la conseguente remissione alla Corte non implica che il giudice a quo ritenga viceversa del tutto infondata l'eccezione stessa. Ed in realta' la questione presenta ampi margini di opinabilita', soprattutto ove si consideri che essa interferisce con la problematica delle separazioni legali "finte", che costituiscono ormai esperienza comune dei giudici di merito, e che sono attuate appunto allo scopo di poter lucrare, da parte di uno o di entrambi i coniugi, l'integrazione al minimo sulla pensione in godimento, fenomeno peraltro totalmente rimosso dagli organi giurisdizionali e legislativi che dovrebbero tutelare la collettivita' da simili comportamenti che costituiscono vere e proprie truffe: problematica quest'ultima peraltro piu' riferibile alle separazioni consensuali che a quelle giudiziali, come invece si verifica nel caso di specie. Invero le argomentazioni di parte ricorrente non possono certo considerarsi del tutto fuori luogo: e' evidente infatti che se la convivenza consente ad una coppia di poter fare a meno dell'integrazione al minimo di una pensione nell'ipotesi in cui comunque il cumulo dei redditi familiari superi un certo livello, e' altrettanto vero che, nel momento in cui i due coniugi vengono autorizzati a vivere separati, le economie di scala della convivenza vengono meno e molte spese "strutturali" devono venir duplicate; ed indubbiamente il coniuge che poteva fare a meno dell'integrazione al minimo, in quanto convivente con un'altra persona che integrava in misura adeguata il reddito familiare, una volta separato si trova a dover far fronte ad una serie di spese che in precedenza potevano essere sopportate dal reddito familiare, e che viceversa devono ora essere affrontate con una pensione a calcolo di entita' inferiore al minimo, in presenza eventualmente di un assegno di entita' molto ridotta - come nel caso di specie - e cioe' non idoneo a risolvere i problemi sopra evidenziati. D'altro canto e' inutile nascondersi che anche l'eventuale riconoscimento del diritto all'integrazione al minimo, dopo l'emanazione del provvedimento presidenziale cautelare ex art. 708 c.p.c., presenta notevoli inconvenienti: innanzitutto l'assegno dovrebbe essere quantificato dal giudice tenendo anche conto dell'esistenza o meno di un diritto all'integrazione al minimo da parte del coniuge beneficiario; ma i tempi tecnici per l'erogazione dell'integrazione al minimo implicherebbero comunque la necessita' di una erogazione di un assegno avente valore alimentare, quantomeno medio tempore. Ed infatti nel caso concreto la quantificazione dell'assegno disposta dal presidente del tribunale tiene conto della percezione in capo alla moglie di una pensione a calcolo: un eventuale riconoscimento dell'integrazione al minimo, quindi, implicherebbe tutta una serie di problematiche connesse al fatto che alla ricorrente spetterebbero gli arretrati dalla data della domanda, avenfo pero' ella percepito medio tempore un assegno quantificato tenendo presente l'entita' della pensione a calcolo, e cioe' integrata al trattamento minimo, il tutto implicando una serie di compensazioni, restituzioni, modifiche per il futuro, di non facile gestione. Si tratta comunque di problematiche che dovra' tenere presente la Corte, alla quale e' demandata una definitiva valutazione in proposito alla luce di quanto previsto dagli artt. 3 e 38, primo comma, della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, quarto comma, della legge n. 222/1984 per contrasto con gli artt. 3 e 38, primo comma, Cost., nella parte in cui non consente all'Inps di integrare al minimo la pensione al coniuge che, ancora non legalmente separato, abbia ottenuto un provvedimento presidenziale ex art. 708 c.p.c che lo autorizzi a vivere separato; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in corso; Dispone che la presente ordinanza sia notificata in forma integrale alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' comunicata al Presidente della Camera dei deputati, al Presidente del Senato della Repubblica, a cura della cancelleria. Ivrea, addi' 7 gennaio 1998 Il pretore: Grassi 98C0518