N. 429 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 aprile 1998
N. 429 Ordinanza emessa il 21 aprile 1998 dal tribunale di Udine nel procedimento penale a carico di Querini Guglielmo Processo penale - Dibattimento - Esame di persone imputate in procedimento connesso - Esercizio della facolta' di non rispondere - Lettura dei verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari - Preclusione per il giudice salvo l'accordo delle parti - Disparita' di trattamento tra imputati - Lesione dei principi del libero convincimento del giudice e di obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale. (C.P.P. 1988, art. 513, comma 2, modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 1). (Cost., artt. 3, 101 e 112).(GU n.25 del 24-6-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza sulla eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dal pubblico ministero in relazione all'art. 513, comma 2, c.p.p., come modificato dall'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267 in violazione degli artt. 3, 25, 101 e 112 della Costituzione sul procedimento penale n. 176/1997 R.G. Trib. a carico di Querini Guglielmo per il reato di cui agli artt. 61, n. 2, 319 e 319-bis c.p.; Sentito il difensore; Premesso in fatto che il pubblico ministero ha richiesto nella lista depositata ex art. 468 c.p.p, l'esame di Francescetto Gioacchino e di Fantinel Gianfranco quali imputati di reato connesso, che il tribunale ha ammesso tale esame all'udienza del 24 febbraio 1998 e che, in quella stessa sede, i predetti si sono avvalsi della facolta' di non rispondere; che all'odierna udienza dibattimentale il pubblico ministero ha chiesto diansi lettura dei verbali delle dichiarazioni rese nel procedimento penale a loro carico; che il difensore non ha peraltro espresso il proprio consenso di modo che loro lettura risulta vietata a norma dell'art. 513, comma 2, c.p.p.; O s s e r v a Quanto alla rilevanza, che essa risulta evidente, in fatto, poiche' le dichiarazioni degli imputati in procedimento connesso attengono ai fatti oggetto di imputazione, concorsualmente ascritti anche a costoro - soggetti che hanno definito in separato giuridico le rispettive funzioni processuali - e, come rappresentato dal pubblico ministero nell'esposizione introduttiva, hanno contenuto confessorio ed accusatorio nei confronti del Querini, odierno imputato; inoltre, l'esame dei predetti, tempestivamente richiesto, e' stato ammesso dal tribunale ex art. 495 c.p.p., siccome rilevante; in diritto, in quanto la norma della quale si eccepisce l'incostituzionalita' e' certamente applicabile nel presente processo; Quanto alla non manifesta infondatezza, premesso che vanno richiamati i principi contenuti: nella sentenza n. 254 del 1992 della Corte costituzionale, nella quale l'art. 513 c.p.p. nella sua originaria formulazione e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non consentiva la lettura in sede dibattimentale delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dai soggetti indicati dalla norma; nelle sentenze nn. 258/1991, 24/1992, 255/1992, 111/1993 e 179/1994, nelle quali e' stato riaffermato il significato costituzionale del principio di non dispersione della prova che trova il proprio fondamento negli artt. 2, 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, interpretato alla luce dei principi di solidarieta' ed uguaglianza difronte alla legge, nella ineludibile prospettiva del processo penale quale mezzo per l'accertamento della verita' dei fatti; che e' stato altresi' affermato dalla Corte costituzionale che "l'oralita', assunta a principio ispiratore del nuovo sistema, non rappresenta nella disciplina del codice il veicolo esclusivo della formazione della prova in dibattimento; cio' poiche' fine primario ed ineludibile del processo penale non puo' che rimanere quello della ricerca della verita', di guisa che in taluni casi in cui la prova non possa di fatto prodursi oralmente e' dato rilievo, nei limiti e alla condizioni di volta in volta indicate, ad atti formatisi prima e al di fuori del dibattimento" (Corte costituzionale n. 255/1992); del pari, il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale nella sua connessione col principio di legalita', e' incompatibile con le "norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di aumento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione" (Corte costituzionale n. 111/1993); Osservato, piu' in particolare, quanto alla prospettata violazione dell'art. 3 della Costituzione che significativa appare la sentenza della Corte costituzionale n. 179/1994 la quale, con riferimento alle conseguenze giuridiche dell'esercizio in sede dibattimentale del diritto di astenzione dal testimoniare da parte dei prossimi congiunti dell'imputato, allorche' costoro abbiano gia' reso dichiarazioni in sede di indagini preliminari, ha affermato che "verificandosi quest'ultima ipotesi, pur se in seguito all'esercizio di un diritto, si determina comunque quella oggettiva e non prevedibile impossibilita' di ripetizione dell'atto dichiarativo che, ai sensi dell'art. 512 c.p.p., consente di dare lettura degli atti assunti anticipatamente al dibattimento"; che dalla considerazione dell'esercizio del diritto di non rispondere quale fatto oggettivo e non prevedibile, consegue l'irragionevolezza della disparita' di trattamento che si determina tra l'imputato attinto da fonti di prova acquisite nel corso delle indagini preliminari senza la garanzia del contraddittorio, irripetibili e come tali pienamente utilizzabili per la decisione, e l'imputato nei confronti del quale siano state rese dichiarazioni accusatorie da parte di un imputato in un procedimento connesso, che non possono assumersi in sede dibattimentale a seguito dell'esercizio da parte di questi del diritto di non rispondere e sono inutilizzabili per la decisione salvo accordo delle parti; che analogia irragionevole disparita' di trattamento sussiste tra l'imputato raggiunto da dichiarazioni di imputato in procedimento connesso, assente in assenza di contraddittorio, e divenute irripetibili ai sensi dell'art. 512 c.p.p., come tali utilizzabili per la decisione, e l'imputato che parimenti sia raggiunto da dichiarazioni di imputato in procedimento connesso, irripetibili a seguito dell'esercizio della facolta' di non rispondere da parte del propalante e quindi inutilizzabili ai fini della decisione; Quanto alla prospettata violazione dell'art. 101 della Costituzione va rilevato come dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, si evince l'inesistenza di un principio dispositivo della prova, il quale comporterebbe la subordinazione della res iudicanda all'esercizio di poteri e di scelte processuali, in ipotesi anche immotivate, delle parti (Corte costituzionale nn. 111/1993 e 92/1992); che il potere del giudice di decidere non puo', pertanto, essere limitato dall'attuarsi di un evento, quale l'esercizio della facolta' di non rispondere, banalmente rimesso alla volonta' di un soggetto neppure portatore di un autonomo interesse nel processo, siccome non sfornito della qualita' di parte; Quanto alla prospettata violazione dell'art. 112 della Costituzione deve osservarsi: che (la) "e' incontroverso che sarebbe contrario ai principi costituzionali di legalita' e di obbligatorieta' dell'azione penale concepire come disponibile la tutela giurisdizionale assicurata dal processo penale cio' invero significherebbe, da un lato, uccidere il legame strutturale e funzionale tra lo strumento processuale e l'interesse sostanziale pubblico alla repressione dei fatti criminosi che quei principi intendono garantire; dall'altro, contraddire all'esigenza, ad essi correlata, che la responsabilita' penale sia riconosciuta per i fatti realmente commessi" (Corte costituzionale n. 111/1993; nello stesso senso Corte costituzionale nn. 92/1992 e 56/1993); che, invero, il principio di obbligatorieta' dell'azione penale impone che nulla venga sottratto al controllo di legalita' effettuato dal giudice (Corte costituzionale n. 478/1993); a tal proposito la Corte costituzionale ha precisato che "ad un riordinamento costituzionale che sancisce il principio di obbligatorieta' dell'azione penale, ma e' prima di tutto improntato alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo ed al principio di uguaglianza di fronte alla legge, non sono consone norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, c.p.p., come modificato dall'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267, in relazione agli artt. 3, 101 e 112 della Costituzione per le ragioni di cui in motivazione; Sospende il presente procedimento; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e per le comunicazioni ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Dispone la trasmissione degli atti del procedimento e della presente ordinanza alla Corte costituzionale. Udine, addi' 21 aprile 1998 Il presidente: (firma illeggibile) 98C0673