N. 15 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 11 giugno 1998

                                 N. 15
   Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione depositato in cancelleria
 l'11 giugno 1998 (del Presidente della Camera dei deputati)
 Parlamento - Immunita'  parlamentari  -  Delibera  della  Camera  dei
    deputati,    in    data    14    settembre    1995,    concernente
    l'insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  dall'on.   Vittorio
    Sgarbi,  nei  confronti  del prof. Achille Bonito Oliva, nel corso
    dell'intervista pubblicata su "Il Giorno" del 23  gennaio  1993  -
    Atti istruttori compiuti dal tribunale di Ferrara, successivamente
    a  tale delibera, nel pendente giudizio per risarcimento dei danni
    promosso dal prof. Oliva contro l'on. Sgarbi, a causa della citata
    intervista - Conflitto di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
    sollevato  dalla  Camera  contro  il  tribunale  di  Ferrara,  per
    l'annullamento di tali atti - Asserita competenza esclusiva  della
    Camera,  ex art.  68, Cost., a pronunciarsi sulla sindacabilita' o
    meno dei comportamenti dei  propri  componenti  -  Violazione  dei
    limiti  posti  all'esercizio  della funzione giudiziaria - Lesione
    del principio di buon andamento della pubblica  amministrazione  -
    Richiamo, in particolare, alle sentenze della Corte costituzionale
    nn. 443/1993, 265 e 375/1997.
 (Delibera 14 settembre 1995, della Camera dei deputati di Roma).
 (Cost.,  artt.  68,  primo  comma,  67,  97,  101 e 134; Disposizione
    transitoria e attuativa della Costituzione, art. 7, n.  18,  legge
    11 marzo 1953, n. 87, art. 37 e ss.).
(GU n.31 del 5-8-1998 )
   Ricorso  per  conflitto  di attribuzioni sollevato dalla Camera dei
 deputati in persona del suo Presidente on.le prof. Luciano  Violante,
 a  seguito  di  conformi  deliberazioni dell'Ufficio di presidenza in
 data 3 dicembre 1997 e dell'Assemblea in data 4 dicembre 1997, con la
 rappresentanza e difesa dell'avv. Giuseppe  Abbamonte  con  il  quale
 elegge domicilio elettivo in Roma alla via Proba Petronia, 60, presso
 G.  Salazar  giusta  mandato  per  notar  Castorina di Roma in data 7
 gennaio 1998, rep. n. 4976.
   Nei confronti del tribunale di  Ferrara,  nel  procedimento  civile
 pendente  tra il prof. Achille Bonito Oliva e l'on.le Vittorio Sgarbi
 per risarcimento di danni che l'Oliva assume  aver  subito  ad  opera
 dello   Sgarbi,   per   il  tenore  di  un'intervista  rilasciata  al
 giornalista  de  "Il  Giorno"  Michele  Fusco,  pubblicata  in  detto
 giornale il 23 gennaio 1993. In particolare, la Camera  denuncia  che
 il  procedimento civile e' proseguito malgrado la deliberazione della
 Camera stessa  che,  in  data  14  settembre  1995,  aveva  affermato
 l'insindacabilita'  del  comportamento  addebitato  al suo componente
 on.le  Sgarbi  e  chiede,  con  l'annullamento  di  tutti  gli   atti
 giudiziari indebitamente compiuti, specie dopo la delibera citata del
 14  settembre  1995,  la dichiarazione da parte della Corte adita, in
 primo luogo, dell'ammissibilita' del  conflitto  e,  nel  merito,  la
 dichiarazione della competenza esclusiva della Camera ad accertare se
 i  comportamenti dei suoi componenti - nella specie dell'on. Sgarbi -
 rientrino o meno nei limiti della sfera di insindacabilita'  prevista
 dall'art. 68 Cost.
                               F a t t o
   Note  le  circostanze  che  hanno  indotto la Camera a sollevare il
 presente  conflitto.  Il  fatto  risale   all'intervista   rilasciata
 dall'on.    Sgarbi  al  giornalista  Michele  Fusco,  pubblicata  sul
 quotidiano  "Il  Giorno"  del  23  gennaio  1993,  con  apprezzamenti
 negativi  nei  confronti del prof. Achille Bonito Oliva, in relazione
 alla nomina ottenuta da  quest'ultimo  a  direttore  della  Biennale,
 ritenendo lo Sgarbi che detta nomina fosse stata conferita per motivi
 politici,   nonostante  la  mancanza  della  necessaria  preparazione
 culturale.
   La Camera riteneva, con la delibera assembleare  del  14  settembre
 1995,   che   il   fatto   dello   Sgarbi   rientrasse   nei   limiti
 dell'insindacabilita' prevista, per  le  opinioni  dei  parlamentari,
 dall'art.  68  della  Costituzione ed, in realta', si trattava di una
 critica al modo di procedere alle nomine di interesse nazionale,  per
 non  dire  mondiale,  per dirigere una istituzione che avrebbe dovuto
 promuovere la formazione  e  la  diffusione  dell'arte,  che  non  ha
 confini:  arte  per  la quale lo Sgarbi denunciava fatti distruttivi,
 dovuti ad impreparazione dell'Oliva.
   La  materia  concerneva,  quindi,   il   campo   sconfinato   degli
 apprezzamenti delle culture e delle sollecitazioni che, in positivo o
 in negativo, possono derivarne, per la produzione e le manifestazioni
 artistiche:   materia, quindi, che certamente rientrava nell'oggetto,
 non giuridicamente delimitabile, del mandato politico, che  vede  via
 via  specificare  i suoi contenuti secondo le vicende delle comunita'
 che periodicamente lo conferiscono.
   Gli atti in cui il mandato si esprime prendono, poi, le forme  piu'
 varie,  seguendo il costume, in continua evoluzione, senza trascurare
 le reazioni, anche inespresse, dell'elettorato rispetto a  deviazioni
 istituzionali sempre meno tollerate.
   Questa  la  realta'  che  determinava, nella scorsa legislatura, la
 delibera del 14 settembre 1995, nel senso della  insindacabilita'  ex
 art.  68 della Costituzione delle opinioni espresse dall'on.le Sgarbi
 sul prof.  Oliva.  E'  seguito  un  inaccettabile  comportamento  del
 tribunale  di  Ferrara,  che  ha  operato  come se la delibera del 14
 settembre 1995 (doc. 5) non esprimesse  una  intangibile  prerogativa
 della  Camera,  piu'  volte  riconosciuta  in  sede  di giurisdizione
 costituzionale.  In particolare il tribunale di Ferrara nonostante le
 puntualizzazioni del  Presidente  della  Camera  (doc.  6-8),  si  e'
 riferito  (doc.  7) alla mancata conversione del noto d.-l. 16 maggio
 1994, n. 291, di natura strettamente congiunturale e non avente alcun
 effetto    condizionante   sull'applicazione   dell'art.   68   della
 Costituzione.
   Tuttavia, pur conoscendo perfettamente la suddetta  delibera  della
 Camera,  inequivoca nel senso dell'insindacabilita', e nonostante che
 il Presidente della Camera rivolgendosi al presidente  del  tribunale
 di  Ferrara  avesse  accuratamente  illustrato gli effetti preclusivi
 della delibera della Camera nel senso della insindacabilita', secondo
 la giurisprudenza costituzionale ed i comportamenti di altri  giudici
 (doc.   8)  lo  stesso  tribunale  di  Ferrara  ha  proseguito  nello
 svolgimento del processo con gli atti che subito  si  elencano  (cfr.
 doc. 10-12);
     si  e'  tenuta  l'udienza dell'11 gennaio 1996 dinanzi al giudice
 istruttore, nella quale la difesa dell'onorevole Sgarbi ha prodotto i
 documenti relativi alla deliberazione  della  Camera  in  materia  di
 insindacabilita';
     si  e' tenuta la successiva udienza dinanzi al giudice istruttore
 del 4 aprile 1996, nella quale  veniva  pronunciata  l'ordinanza  che
 rimetteva le parti al collegio per l'udienza del 5 febbraio 1997, con
 conseguente assegnazione a sentenza;
     con  l'ordinanza  collegiale  del  5  febbraio  1997 il tribunale
 rimetteva  la  causa  al  giudice  istruttore  per  la   prosecuzione
 dell'istruttoria;
     nella  successiva  udienza  del 14 maggio 1997 dinanzi al giudice
 istruttore, veniva disposto un ulteriore rinvio, per consentire  alla
 difesa  avversaria  di  replicare  alle  deduzioni e produzioni della
 difesa dell'onorevole Sgarbi;
     con l'ordinanza del giudice istruttore in  data  25  luglio  1997
 veniva  respinta  l'istanza  di  sospensione del giudizio, presentata
 dall'on.le  Sgarbi,  in  relazione  al  ricorso  per  regolamento  di
 giurisdizione  dinanzi  alla  Corte di cassazione e fissata l'udienza
 del 5 dicembre 1997 per l'espletamento delle prove ammesse.
    Non e' dubbio, pertanto, che dopo la  delibera  della  Camera  nel
 senso dell'insindacabilita' del fatto dell'on. Sgarbi, si e' avuto lo
 svolgimento  di attivita' giurisdizionale preordinata ad accertare se
 il comportamento dell'on. Sgarbi dovesse considerarsi  generatore  di
 responsabilita'  civile;  attivita'  svolta  in  senso diametralmente
 opposto alla delibera di  insindacabilita'  della  Camera.  Attivita'
 giurisdizionale  che  ha comportato anche atti a contenuto decisorio,
 quale specialmente l'ordinanza collegiale del 5 febbraio 1997, che ha
 rimesso  la  causa  al  giudice  istruttore   per   la   prosecuzione
 dell'istruttoria;   ancor   piu'   chiara   l'ordinanza  del  giudice
 istruttore in data 25 luglio 1997,  con  cui  e'  stata  respinta  la
 richiesta  dell'on.  Sgarbi, di sospensione del processo per pendenza
 del regolamento di giurisdizione, con rinvio al 5 dicembre  1997  per
 l'espletamento delle prove ammesse (doc. 11).
   Dunque,    svolgimento   di   tutta   l'attivita'   giurisdizionale
 preordinata all'emissione della sentenza nei confronti del  convenuto
 on.  Sgarbi  ed  a  richiesta  del  prof.  Oliva, per il fatto che la
 Camera, con la delibera  del  14  settembre  1995,  in  pendenza  del
 processo  innanzi al tribunale di Ferrara - lo stesso processo ora ed
 allora - aveva dichiarato rientrare nell'ambito dell'insindacabilita'
 ex art. 68 della Costituzione.
   In  queste  condizioni,  a  sostegno  del  sollevato  conflitto, si
 deducono i seguenti
                              M o t i v i
   I. - Violazione  degli  artt.  68,  101,  134,  XVIII  disposizione
 transitoria della Costituzione 37 ss. legge 11 marzo 1953, n. 87.
   In  narrativa  si  e' gia' accennato che i giudici di Ferrara hanno
 indebitamente disatteso la  delibera  14  settembre  1995  che  aveva
 deciso  nel  senso  della insindacabilita' del comportamento dell'on.
 Sgarbi (doc. 5).
   In tal  modo,  sia  il  collegio  che  il  giudice  istruttore  del
 tribunale  di  Ferrara  hanno  manifestamente ecceduto i limiti delle
 loro attribuzioni, invadendo la sfera di potesta'  costituzionalmente
 garantita alla Camera, in una delle piu' gelose e significative delle
 sue  competenze quale e' quella di valutare i limiti di esercizio del
 mandato parlamentare.  Tale valutazione e' del  tutto  estranea  alla
 formazione  ed  ai  limiti  della funzione del giudice ordinario, cui
 spetta  di  pronunciarsi  sulle   vicende   di   rapporti   giuridici
 determinati,  nonche' ai parametri legali di valutazione propri della
 sede giudiziaria (art. 101 della Costituzione); parametri, inidonei a
 recepire la complessa e composita realta' da gestire per  l'esercizio
 del  mandato  politico,  che,  come e' noto, non puo' essere valutato
 giuridicamente e  che  ha  manifestamente  dimensioni  e  motivazioni
 ultraindividuali   dovendo  essere  esercitato  nell'interesse  della
 nazione.
   Spetta, invece, alla responsabilita' della Camera di  appartenenza,
 stabilire  l'osservanza  dei  limiti costituzionali da parte dei suoi
 componenti e di se stessa,  salvo  il  giudizio  degli  elettori  sia
 attraverso  gli  istituti  di  democrazia  diretta  che  all'atto del
 conferimento del mandato, nonche' le valutazioni possibili in sede di
 applicazione delle sanzioni proprie dell'ordinamento parlamentare.
   Ben diverso, percio', avrebbe dovuto essere  il  comportamento  dei
 giudici  ferraresi  i  quali,  versandosi  in tema di ripartizione di
 competenze solo  costituzionalmente  delimitabili,  avrebbero  dovuto
 considerare la consolidata giurisprudenza di codesta sovrana Corte e,
 soprattutto,  rispettarne la competenza esclusiva nella delimitazione
 delle  sfere  di  potesta'  appartenenti  alle  singole   istituzioni
 costituzionali,   tali   essendo   tanto   il  Parlamento  quanto  la
 Magistatura, alla  quale  ultima  il  migliore  costituzionalismo  di
 lingua  inglese  assegna la parte dei leoni sotto il trono (The lions
 under throne)³
   Altrettanto significativo, nel senso di  obbiettivare  la  funzione
 giudiziaria  l'art.  101,  secondo comma della Costituzione, che deve
 qui leggersi nel senso della legge che crea e  delimita  la  funzione
 del  giudice.  Funzione  che,  percio',  non  puo'  arrivare  dove la
 Costituzione, legge fondamentale dello Stato (disp. trans. XVIII n. 6
 della Costituzione), individua spazi appartenenti a funzioni  diverse
 quali   l'area   della   rappresentanza  politica  e  delle  relative
 manifestazioni (artt. 67 e 68 della Costituzione).
   E nella specie, i giudici ferraresi, ove avessero  ritenuto  invasa
 la  propria  sfera di potesta', avrebbero dovuto richiedere a codesta
 Corte  -  unica  istituzione   sovraordinata,   posta   a   garantire
 l'equilibrio  del sistema costituzionale attraverso l'esercizio delle
 competenze previste specialmente nell'art. 134 della  Costituzione  -
 la  risoluzione  del  conflitto di potesta': in tal senso e' anche la
 specifica norma dell'art. 37, quinto comma, legge 11 marzo  1953,  n.
 87 per quanto richiama i precedenti artt. 23, 25 e 26: richiamo assai
 significativo   nel  senso  della  proponibilita'  del  conflitto  di
 attribuzioni in via incidentale e cioe' appunto nelle forme  previste
 per  le  iniziative  costituzionali dei giudici che sono ben distinte
 dalla competenza decisoria della Corte costituzionale.
    La questione avrebbe dovuto, cioe', risolversi  sulla  base  della
 consolidata  giurisprudenza  della Corte costituzionale (sentenze nn.
 1150 del 1988, 443 del 1993, 379 del 1996, 265 del 1997 e proprio con
 riferimento ad un caso per molti versi analogo a quello in questione,
 n. 129 del 1996) secondo cui "la prerogativa di cui  al  primo  comma
 dell'art.   68   della   Costituzione   attribuisce  alla  Camera  di
 appartenenza di un parlamentare il potere  di  valutare  la  condotta
 addebitata  ad  un  proprio membro, con l'effetto, qualora questa sia
 qualificata come esercizio delle funzioni parlamentari, di inibire in
 ordine ad essa una difforme pronuncia giudiziale di  responsabilita',
 salva  la  facolta' dell'autorita' giudiziaria di sollevare conflitto
 di attribuzione dinanzi alla Corte medesima".
   Da ultimo nella sentenza  26  novembre-5  dicembre  1997,  n.  375,
 intervenuta  proprio in materia di conflitto sollevato dal Senato nei
 confronti dell'autorita' giudiziaria, ai  sensi  dell'art.  68  della
 Costituzione,  al  n.  5 si legge: "Spetta alle Camere, sulla base di
 questi  essenziali  riferimenti,   il   compito   di   applicare   la
 prerogativa,  senza  essere  condizionate  dagli  orientamenti  della
 giurisprudenza ordinaria (sentenza n. 443 del 1993; ma  v.  anche  la
 sentenza n. 265 del 1997, Considerato in diritto, n. 4 ove si ricorda
 che  l'esercizio  in  concreto,  delle potesta' da parte della Camera
 inibisce  l'inizio  o  la  prosecuzione  di  qualsiasi  giudizio   di
 responsabilita', penale o civile per il risarcimento dei danni)".
   La sentenza, recentissima, sembra ritagliata sul caso in esame.
   Nel   caso  di  specie,  a  torto,  il  tribunale  non  ha  estinto
 immediatamente il procedimento, adeguandosi alla deliberazione  della
 Camera,  ma,  viceversa,  lo  ha  proseguito, con ulteriori attivita'
 istruttorie sia del tribunale in camera di consiglio, sia del giudice
 istruttore.  Vi sono quindi precisi atti di esercizio della  funzione
 giudiziaria  che  fondano  la proposizione del conflitto, che sarebbe
 comunque  ugualmente  ammissibile  anche  in  presenza   della   sola
 turbativa delle funzioni parlamentari, tanto vero che, come si desume
 dall'art.  38  u.p.  legge  11  marzo 1953, n. 87, il perfezionamento
 dell'atto invasivo puo' anche mancare e la  soluzione  del  conflitto
 consistere   nella   sola  dichiarazione  dell'autorita'  alla  quale
 spettano le attribuzioni in contestazione.
   II. - Estraneita'  alla  materia  controversa  dei  principi  sulla
 disapplicazione  degli  atti.  Violazione  degli artt. 101 e 97 della
 Costituzione. La disapplicazione puo' valere entro  limiti,  peraltro
 ben  definiti, nei rapporti tra giudice e amministrazione (artt. 1-5,
 legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E) e, cioe', in quanto la  p.a.  e'
 tenuta a conformarsi alla legge, sia nell'emanazione di atti generali
 che  speciali.  Cio'  e'  tanto  vero  che  la disapplicazione non e'
 ammessa  per  quel  che  riguarda  atti  che  siano  espressione   di
 valutazioni  discrezionali  della p.a. (c.d. merito), appunto perche'
 non compiute secondo norme di legge.
   Ma l'attivita' dei parlamentari, dovendo cogliere gli interessi che
 attendono regole e provvedimenti, si svolge  necessariamente  praeter
 legem,  salvo la necessita' di conformarsi per esigenze organizzative
 e funzionali ai regolamenti che le Camere stesse formano  e  via  via
 modificano,  ai  sensi  dell'art.  64  della Costituzione. Il mandato
 politico e' e rimane tale per quanto cerca di  cogliere  le  esigenze
 cui  l'ordinamento  giuridico  non  ha  dato  ancora una risposta; in
 particolare,  rientra  nel  mandato  politico   la   denuncia   delle
 deviazioni che l'incompletezza delle regole oppure il tacito consenso
 tra  istituzioni  contrapposte, magari tra controllori e controllati,
 rendono possibili. Se cosi' e', a nessuno e' consentito di interporsi
 per fermare in qualsiasi modo l'attivita' del parlamentare  e,  tanto
 meno,  creargli delle controspinte paralizzanti, come la prosecuzione
 di azioni di responsabilita'.
   III.  -  Subordinatamente  e  solo  per  completezza   di   difesa:
 violazione   dell'art.   68  della  Costituzione  nel  senso  che  il
 comportamento dell'on.  Sgarbi rientrava nell'esercizio  del  mandato
 politico  sicche' non avrebbe potuto in nessun modo essere perseguito
 dal tribunale di Ferrara. L'on. Sgarbi  infatti,  aveva  evidenziato,
 forse  caricando  le  tinte,  il fatto che una determinata nomina era
 espressione di una scelta deviata per interferenze politiche; si  era
 mosso,    cioe',   nel   senso   della   denuncia   dell'illegalita',
 dell'inopportunita' e dei danni conseguenti, non certo  eccedendo  la
 funzione  che  il  parlamentare  deve  svolgere per garantire il buon
 andamento degli apparati e, con esso, l'interesse della  nazione  che
 rappresenta (artt. 97, 67 e 68 della Costituzione).
   Denunzia  che  e',  nello stesso tempo, reazione di un soggetto che
 deve fare gli interessi della nazione e che si  esprime  come  sente,
 rispondendone  verso  la  generalita',  al  cui  apprezzamento rimane
 sempre sottoposto.
   La Camera ha ravvisato l'osservanza dei limiti  ex  art.  68  e  va
 ricordato  che  l'agone politico non ha e non puo' avere la serenita'
 di un'accademia scientifica, come gia' ricordava il piu' che  esperto
 on.le  De  Gasperi.  Senza dire che anche nelle accademie non mancano
 gli attacchi ai livelli  cerebrali  di  chi  esprime,  o  ritiene  di
 esprimere, un prodotto scientifico³
   La  dialettica  puo'  assumere anche toni accesi, specie in casi di
 particolare incidenza e l'episodio di cui si discute  era  tutt'altro
 che  marginale, trattandosi della direzione della Biennale d'arte nel
 periodo del centenario, non poco significativo. E  la  Giunta  ha  in
 proposito ritenuto, con la valutazione politica insindacabile, che le
 esigenze  della  critica  politica  prevalessero, nel caso di specie,
 sulle valutazioni personali (v. doc. 4a nella parte conclusiva).
   Il comportamento dell'on.le Sgarbi,  pertanto,  certamente  rientra
 nell'esercizio  del mandato politico, che puo' anche richiedere forme
 di denuncia particolarmente accentuate, specie quando  si  tratta  di
 incidere  sul  deteriore costume delle nomine, lontane dalle qualita'
 di chi le  riceve;  nomine  che,  invece,  dovrebbero,  specie  nella
 congiuntura attuale esprimere il massimo delle capacita' reperibili.
   Ed  anche  questa  e'  un'esigenza  dei  rappresentati  che attende
 congrue risposte, sia  attraverso  scelte  opportune  sia  attraverso
 l'opera  dei  rappresentanti  politici,  che  debbono farsi ascoltare
 anche  da  chi  non  vuol  sentire.  E   Carnelutti   affermava   che
 l'inascoltato ha il diritto di alzare la voce.
                               P. Q. M.
   Si conclude chiedendo che la sovrana Corte costituzionale:
     a)  dichiari  ammissibile  il  presente conflitto, adottando ogni
 conseguente provvedimento ai sensi degli artt. 37 ss. legge 11  marzo
 1953, n. 87 e di ogni altra norma applicabile;
     b)  dichiari che il tribunale ed il giudice istruttore di Ferrara
 non potevano proseguire nel  giudizio  di  responsabilita'  civile  a
 carico dell'on. Sgarbi dopo la delibera della Camera del 14 settembre
 1995   che  aveva  ritenuto  che  il  comportamento  dell'on.  Sgarbi
 rientrava  nella  sfera  di  insindacabilita'  ex   art.   68   della
 Costituzione;
     c)  dichiari  la competenza esclusiva della Camera a pronunciarsi
 sulla  sindacabilita'  o  meno,   ai   sensi   dell'art.   68   della
 Costituzione, dei comportamenti dei suoi componenti;
     d)  annulli  tutti gli atti compiuti dal tribunale di Ferrara, in
 particolare dopo la delibera della  Camera  del  14  settembre  1995,
 dichiarando in ogni caso che il processo a carico del Sgarbi non puo'
 essere proseguito e, tanto meno, concludersi con sentenza;
     e) dichiari che il tribunale ed il giudice istruttore di Ferrara,
 qualora avessero ritenuto invasa la loro sfera di potesta', avrebbero
 dovuto sollevare nel corso del giudizio, conflitto di attribuzione ai
 sensi  dell'art. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87, che richiama anche i
 precedenti artt. 23, 25  e  26  esplicitando  cosi'  anche  il  modus
 procedendi  per  sollevare  il  conflitto di attribuzione in corso di
 giudizio.
      Roma, gennaio 1998
          On. prof. Luciano Violante - avv. Giuseppe Abbamonte
 98C0682