N. 443 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 dicembre 1997

                                N. 443
  Ordinanza emessa il 30 dicembre 1997 dal pretore  di  Catania,  sez.
 distaccata  di Acireale nel procedimento civile vertente tra D'Angelo
 Orazio e Cardillo Carmela
 Locazione di immobili urbani - Procedimento per convalida di  sfratto
    - Costituzione delle parti - Possibilita' per il locatore e per il
    conduttore  di  costituirsi  presentando  al  giudice, in udienza,
    l'intimazione di sfratto o la comparsa di risposta -  Lesione  del
    diritto di difesa.
 Locazione di immobili urbani - Inadempimento del conduttore - Mancato
    pagamento  del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista
    -  Configurabilita'  di  causa  di  risoluzione  del  contratto  -
    Possibilita',   per   il   giudice,   di   valutare   l'importanza
    dell'inadempimento - Mancata previsione - Irragionevole disparita'
    di  trattamento  rispetto  alle  locazioni  non  abitative, per le
    quali, invece, secondo il diritto vivente,  tale  possibilita'  e'
    consentita  -  Lesione  del  principio di eguaglianza - Violazione
    della tutela del diritto di proprieta'.
 (C.P.C., art. 660, comma 5; legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 5).
 (Cost., artt. 3, 24 e 42).
(GU n.25 del 24-6-1998 )
                              IL PRETORE
   Ha pronunziato la seguente ordinanza nella  causa  di  sfratto  per
 morosita'   promossa  da  D'Angelo  Orazio,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  Antonino Cavallaro del foro di  Acireale,  presso  il  cui
 studio  in  Acireale,  via  Vito D'Anna n. 16, e' domiciliato, contro
 Cardillo Carmela, residente ad Acireale via Maddem,  2,  che  sta  in
 giudizio personalmente.
   Con  citazione  notificata  il  3  novembre  1997,  D'Angelo Orazio
 intimava  a  Cardillo  Carmela  sfratto  per  morosita',  non  avendo
 quest'ultima  pagato  il  canone  di ottobre 1997, pari a L. 250.000,
 citandola a comparire per l'udienza del 3 dicembre 1997.
   La costituzione del locatore avveniva  il  3  dicembre  1997  colla
 iscrizione  della  causa  a  ruolo  e  il  deposito  del fascicolo in
 cancelleria, ma la causa veniva d'ufficio  rinviata  al  17  dicembre
 1997 perche' ancora non assegnata al magistrato istruttore.
   Alla prima udienza compariva personalmente la conduttrice, la quale
 produceva  documentazione  relativa  al  pagamento  del canone e alla
 imputazione effettuata dal locatore e  si  opponeva  alla  convalida,
 eccependo  di  avere  pagato il canone con ritardo a causa di assenza
 determinata da ragioni di salute.
   La conduttrice, inoltre, eccepiva  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 660/5 c.p.c. per violazione del diritto di difesa (art.  24
 della  Costituzione)  nella  parte  in  cui  consente  al locatore di
 costituirsi  lo  stesso  giorno   dell'udienza;   eccepiva   altresi'
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  5 della legge n. 392 del
 1978, che esclude la valutazione da parte del giudice dell'importanza
 dell'inadempimento anche quando si tratta di ritardo nel pagamento di
 una sola mensilita' di tenue importo.
   Chiedeva quindi rigettarsi la domanda e  in  subordine  termine  di
 grazia per pagare le spese processuali.
   La  difesa  del  locatore  chiedeva  l'emissione  di  ordinanza  di
 rilascio.
   Le  questioni,   proposte   dalla   conduttrice   coll'opposizione,
 costituiscono  grave  motivo  per  denegarsi  l'ordinanza di rilascio
 dell'immobile.
   Delle questioni di  legittimita'  costituzionale,  sollevate  dalla
 conduttrice,  la  prima  (riguardante  la costituzione delle parti in
 giudizio) rileva non solo per parte convenuta,  ma  anche  per  parte
 attrice, anche se questa non ha sollevato eccezioni.
   Per  quanto  riguarda  la posizione dell'attore la questione viene,
 quindi, sollevata d'ufficio.
   Mentre  nei  procedimenti  ordinari  attore  e   convenuto   devono
 costituirsi  entro termini ben precisi (cfr. artt. 165 e 166 c.p.c.),
 onde consentire all'altra parte  di  apprestare  le  proprie  difese;
 invece l'art. 660 c.p.c., cosi' come modificato dall'art. 8/ter d.-l.
 18  ottobre  1995, n. 432, conv. in legge n. 534 del 1995, consente a
 entrambe  le parti di costituirsi presentando al giudice, in udienza,
 intimazione o comparsa di risposta.
   Cio' comporta per il conduttore la necessita' di attendere  che  il
 giudice finisca l'udienza, per sapere se la causa e' stata iscritta a
 ruolo  dal  locatore, nel caso che questi non si sia costituito prima
 dell'udienza.
   Ma soprattutto comporta per entrambe le parti  la  menomazione  del
 diritto  di  difesa, in quanto nel caso che una delle parti (attore o
 convenuto) non voglia  scoprire  le  proprie  carte  anzitempo,  puo'
 ritardare  la  costituzione (e il locatore l'iscrizione a ruolo della
 causa) fino al giorno dell'udienza, costringendo cosi' l'altra  parte
 a "improvvisare" la propria difesa all'udienza.
   Cio'  e'  particolarmente grave nelle cause di sfratto, nelle quali
 gia' alla prima udienza il giudice decide sul rilascio dell'immobile.
   In tal modo la legge processuale  rende  estremamente  difficoltoso
 l'esercizio concreto del diritto di difesa, che la Costituzione (art.
 24) garantisce in ogni stato e grado del giudizio.
   Di  tale  accelerazione  processuale  non  si  riesce a cogliere la
 ragione giustificatrice, posto che il procedimento  di  convalida  e'
 speciale, ma non e' ne' cautelare ne' urgente.
   Appellarsi  alla  discrezionalita' del legislatore per escludere la
 fondatezza della questione di  legittimita'  costituzionale  vorrebbe
 dire eludere il problema che sopra abbiamo posto, perche' e' tutto da
 dimostrare  che  il  legislatore  possa  eliminare,  senza ragioni di
 urgenza, i termini di costituzione delle parti, posti  a  tutela  del
 diritto di difesa.
   Ne'   questo  puo'  rimanere  affidato  alla  discrezionalita'  del
 giudice, cioe' alla possibilita' che questi conceda (o meno)  termine
 per note o un rinvio (come si dice) con salvezza dei diritti di prima
 udienza,  in  quanto il diritto di difesa e' diritto pieno e non mero
 interesse legittimo.
   Appare,  quindi,  non  manifestamente  infondata  e  rilevante   la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  relativa  all'art. 660/5
 c.p.c. nella parte in cui consente sia al locatore intimante  sia  al
 conduttore intimato di costituirsi davanti al giudice in udienza.
   L'eventuale  dichiarazione  di  incostituzionalita'  comportera' la
 necessita' per  le  parti  di  costituirsi  almeno  il  giorno  prima
 dell'udienza; e cio' permetterebbe quel minimo lasso di tempo perche'
 le parti possano approntare le proprie difese.
   Cio' in attesa che il legislatore riveda la materia, stabilendo dei
 termini per la costituzione delle parti (come e' giusto).
   Parimenti  rilevante e non manifestamente infondata e' la questione
 di legittimita' costituzionale relativa all'art.  5  della  legge  n.
 392  del  1978,  nella parte in cui dispone che anche il mero ritardo
 (di oltre  venti  giorni)  nel  pagamento  del  canone  di  una  sola
 mensilita'   costituisce   causa  di  risoluzione  del  contratto  di
 locazione, in deroga all'art. 1455 cod. civ. e quindi  senza  che  il
 giudice possa valutare l'importanza dell'inadempimento.
   In  tal  senso  viene,  infatti,  intesa detta norma dalla costante
 giurisprudenza (cfr. da ultimo Cass. sez. III    1  giugno  1995,  n.
 6131).
   Orbene,  la  norma, cosi' intesa, rappresenta, a nostro avviso, una
 tutela eccessiva delle ragioni della proprieta', in contrasto con  la
 funzione  sociale  che  la  stessa deve avere secondo l'art. 42 della
 Costituzione.
   Funzione  sociale  che  non  puo'  prescindere dalla considerazione
 delle ragioni dei conduttori.
   Orbene, ci sembra esagerato e ingiusto che  la  legge  consenta  al
 padrone  di  casa  di  gettare  sul  lastrico l'inquilino sol perche'
 questi ha pagato in ritardo di qualche giorno il canone relativo a un
 sol mese (come nel  caso  in  esame),  senza  che  il  giudice  possa
 valutare  l'importanza  dell'inadempimento,  tenuto conto anche delle
 ragioni esposte dal conduttore.
   Il locatore e' gia' tutelato dalla legge  che  gli  attribuisce  il
 diritto  al  pagamento  degli  interessi  legali;  la risoluzione del
 contratto costituisce il classico  "troppo  che  storpia".  Ne'  puo'
 servire  ad  escludere  tale  ingiustizia  il fatto che la legge c.d.
 dell'equo canone (art.  55)  consente  al  conduttore  di  sanare  la
 morosita' nel termine assegnato dal giudice:
     1)  perche'  tale  possibilita'  e' condizionata alla prova delle
 difficolta' economiche del conduttore  (prova  che  non  sempre  puo'
 essere  data) ed e' affidata alla discrezionalita' del giudice (Cass.
 14 febbraio 1992);
     2) perche'  comporta  in  ogni  caso  il  pagamento  delle  spese
 processuali,  che  talora (come nel caso in esame) sono di gran lunga
 superiori al canone, di cui si e' ritardato il pagamento;
     3) perche', ove il conduttore chieda il termine di grazia in  via
 subordinata,  ossia  senza  recesso  dalla richiesta di rigetto della
 domanda di risoluzione, come nel caso in esame, (e la  giurisprudenza
 lo  ritiene  possibile:  cfr.  Cass.  21  agosto 1985, n. 4474; Trib.
 Bologna 22  aprile  1994,  Blaffard  c.  Mattioli)  il  giudice  deve
 comunque   applicare   l'art.   5   predetto   senza  poter  valutare
 l'importanza dell'inadempimento ex art. 1455 c.c.
   L'incostituzionalita' dell'art. 5 della legge c.d. dell'equo canone
 si puo' ritenere anche sotto altro profilo, per il quale la questione
 viene sollevata d'ufficio.
   Secondo la giurisprudenza, ormai costante da vari anni, l'art.    5
 che     stabilisce     la    "predeterminazione"    della    gravita'
 dell'inadempimento, al fine della risoluzione del  rapporto,  non  si
 applica  alle  locazioni  non  abitative,  mentre e' applicabile alle
 stesse l'art. 55 che consente di purgare la mora (cfr da ultimo Cass.
 29 novembre 1994, n. 10202; Cass. 29 maggio 1995, n. 6023;  Cass.  27
 febbraio 1995, n. 2332).
   Dovendo  tale  interpretazione  considerarsi, come si dice, diritto
 vivente, balza agli occhi in tutta la  sua  evidenza  l'irragionevole
 disparita'  di  trattamento  tra  locazioni abitative e locazioni non
 abitative, essendo solo per queste ultime consentito  al  giudice  di
 valutare l'importanza dell'inadempimento del conduttore.
   Viene  violato quindi l'art. 3 della Costituzione, oltre che l'art.
 42 sulla funzione sociale  della  proprieta',  sembrando  rispondente
 alle   esigenze   di  uguaglianza  e  di  giustizia  sociale  che  il
 legislatore non tratti i conduttori di case di abitazione peggio  dei
 conduttori di immobili ad uso diverso.
                               P. Q. M.
   Rigetta l'istanza di emissione dell'ordinanza di rilascio;
   Sospende il giudizio;
   Dispone  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale;
 immediatamente  dopo  che  la  cancelleria  avra'   provveduto   agli
 adempimenti di cui all'art. 23 della legge n. 87 del 1953.
     Acireale, addi' 30 dicembre 1997
                          Il pretore: Sturiale
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