N. 492 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 aprile 1998

                                N. 492
 Ordinanza emessa il 27 aprile 1998 dalla Corte  d'appello  di  Ancona
 nel procedimento di ricusazione proposto da Lucchi Marco
 Processo  penale  -  Dibattimento - Giudici che abbiano pronunciato o
    abbiano  concorso  a  pronunciare,  nei  confronti  dello   stesso
    imputato, provvedimento de plano in ordine alla concessione di una
    misura  cautelare  reale  (nella specie: sequestro preventivo) con
    valutazione della sua responsabilita' penale - lncompatibilita' ad
    esercitare le funzioni  giudicanti  nello  stesso  procedimento  o
    possibilita'  di  esercitare  la ricusazione - Omessa previsione -
    Violazione dei principi di ragionevolezza, di imparzialita' e  del
    giusto processo - Compressione del diritto di difesa - Richiamo ai
    principi espressi nelle sentenze nn. 371/1996 e 66/1997.
 (C.P.P.  1988,  artt.  34,  comma 2, 37, comma 1, lett. a) e b), 321,
    commi 1 e 2).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.28 del 15-7-1998 )
                          LA CORTE DI APPELLO
   Ha  pronunciato  la  seguente   ordinanza   nel   procedimento   di
 ricusazione  proposto  da  Lucchi Marco, nato a Cagliari il 25 luglio
 1950, imputato del reato di corruzione propria in concorso necessario
 con Mencarelli Giuseppe per avere ricevuto denaro dal Mencarelli  per
 compiere  atti  contrari  ai  doveri  di ufficio ex art. 319 c.p. nel
 procedimento penale n. 2/1996 r.g.n.r. a  carico  del  Lucchi  e  del
 Mencarelli pendente in fase di giudizio avanti al tribunale di Ancona
 la  cui  prima  udienza  e'  stata  celebrata il 16 febbraio 1998 con
 rinvio alle udienze  del  23  marzo  1998  e  del  30  marzo  1998  e
 successive;
    Vista  la  dichiarazione di ricusazione presentata, personalmente,
 da Lucchi Marco in data 13 marzo 1998 con cui egli, in riferimento al
 processo penale di cui sopra, ricusa i giudici  del  collegio  penale
 nelle  persone  del  dott.  Alberto  Pallucchini,  presidente,  e dei
 dottori Edi Ragaglia e Francesca Zagoreo giudici a latere  per  avere
 esssi  emesso,  con  procedimento de plano in camera di consiglio, su
 istanza del p.m. 16 febbraio 1998 pervenuta nella cancelleria  penale
 del  tribunale il successivo 17 febbraio 1998, decreto motivato il 25
 febbraio  1998  depositato  il  26   febbraio   1998   e   notificato
 all'interessato  il  10 marzo 1998 con cui essi disponevano, ai sensi
 dell'art. 321, comma 2,  c.p.p.,  sequestro  preventivo  ai  fini  di
 successiva  confisca, dei titoli di cui al dossier n. 20583 W e 19701
 O, accesi presso la B.N.A. di  Ancona  intestati  a  Lucchi  Marco  e
 Formica Mara e di quelli formati con le disponibilita' economiche dei
 primi in tempo successivo;
   Atteso   che,   a  sostegno  della  dichiarazione  di  ricusazione,
 l'istante deduce che il tribunale di Ancona, nel decreto de  quo,  ha
 compiuto  una  valutazione  di  merito  ben  piu'  approfondita sulla
 responsabilita' penale  deducendo,  sulla  base  delle  dichiarazioni
 confessorie  rese  dall'istante  nel corso delle indagini preliminari
 (utilizzate, peraltro, malgrado fosse  stata  disposta  dallo  stesso
 collegio   alla  udienza  dibattimentale  del  16  febbraio  1998  la
 restituzione del documento contenente la  confessione  al  p.m.),  la
 sussistenza  di  univoci indizi di illecita provenienza di titoli e/o
 somme per essere dette somme di denaro state  consegnate  all'istante
 dai coimputati del contestato reato di corruzione propria;
   Visto  il  parere  del  p.m.  e  ritenuto  che  la dichiarazione di
 ricusazione e' stata presentata in termini;
   Atteso che,  come  dai  documenti  in  atti,  risultano  provati  e
 documentati  i  fatti  e  le  ragioni addotti dall'istante a sostegno
 della dichiarazione di ricusazione;
   Ritenuto che gli artt. 34, comma 2 e 37, comma 1, lett. a),  b),  e
 321  commi  1  e  2  del c.p.p., pur in presenza di pronunce additive
 della Corte costituzionale, non contemplano la predetta  ipotesi  tra
 le  cause  di  incompatibilita'  del giudice del dibattimento ne' tra
 quelle di ricusazione dello stesso giudice;
   Atteso  che,  quindi,  va  sollevata  di   ufficio   questione   di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 34, comma 2 e 37, comma 1 e
 321, commi 1 e 2 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24, commi 1 e  2
 della  Costituzione, nella parte in cui le predette norme processuali
 non prevedono che non possa partecipare  al  giudizio  nei  confronti
 dell'imputato il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare,
 nei   confronti  dello  stesso  imputato,  un  decreto  di  sequestro
 preventivo ai sensi dell'art. 321, commi 1  e  2  c.p.p.,  nel  quale
 decreto  la  posizione  di  quello stesso imputato in ordine alla sua
 penale responsabilita' sia gia' stata comunque valutata;
   Considerato  che,  come  da  sentenza  n.  371/1996   della   Corte
 costituzionale, viene violato il principio di ragionevolezza (art. 3.
 Cost.)  e  quello  di imparzialita' del giudice e del giusto processo
 (art. 24, primo comma, Cost.) in relazione al diritto di difesa (art.
 24, secondo comma Cost.) per la propensione dello  stesso  giudice  a
 confermare  una  propria  precedente decisione o comunque una propria
 precedente valutazione  sulla  responsabilita'  penale  dell'imputato
 manifestate  dallo stesso giudice in altre fasi del medesimo processo
 e  addirittura  in  diverso processo, anche quando la posizione dello
 stesso imputato  sia  gia'  stata  comunque  valutata  anche  se  con
 delibazione  di  merito  superficiale e sommaria; ritenuto, tuttavia,
 che la Corte costituzionale, con la suddetta sentenza n. 371/1996, ha
 ritenuto sussistere una causa di incompatibilita'  nel  caso  che  lo
 stesso  giudice,  in  una  precedente sentenza nei confronti di altri
 soggetti, abbia incidentalmente espresso  valutazioni  di  merito  in
 ordine  alla  responsabilita' penale di un terzo non imputato in quel
 precedente processo, nulla dicendo espressamente circa il caso in cui
 lo stesso giudice abbia  valutato  la  responsabilita'  penale  dello
 stesso  imputato  con  decreto  motivato  (od ordinanza) anziche' con
 sentenza e in sede di applicazione di una misura cautelare  reale  in
 camera di consiglio inaudita altera parte durante la fase di giudizio
 del medesimo processo a carico del medesimo imputato;
   Considerato   che,   stante  la  medesima  ratio  di  tutela  della
 imparzialita' del giudice e del giusto processo, e'  irragionevole  e
 fonte  di  disparita'  di  trattamento tra situazioni sostanzialmente
 uguali, il ritenere che la dedotta situazione di  incompatilita'  e/o
 di   ricusazione   debba  ricorrere  in  capo  al  giudice  solo  con
 riferimento ad una valutazione  della  responsabilita'  penale  dello
 stesso  imputato  espressa  con  sentenza  e  non  anche  con decreto
 motivato e solo con riferimento ad altre fasi del medesimo processo e
 non  anche,  come  nel  caso  che  ne  occupa,  con  riferimento   al
 procedimento de plano in camera di consiglio inaudita altera parte di
 applicazione  di  una  misura  cautelare  reale posta in essere pero'
 durante la fase del giudizio  del  medesimo  processo  a  carico  del
 medesimo imputato, soprattutto ove si consideri che:  il procedimento
 in  camera  di  consiglio per la applicazione di una misura cautelare
 reale e' procedimento formalmente e sostanzialmente autonomo rispetto
 alla fase del giudizio del medesimo processo a  carico  del  medesimo
 imputato,  ed  e'  procedimento  solo  eventuale e non e' presupposto
 necessario, (nella sequela  procedimentale  di  tutti  gli  atti  del
 giudizio), per lo svolgimento della fase del giudizio, ed, infine, e'
 procedimento  che  comporta  istruzione  autonoma e valutazione anche
 autonoma della posizione dell'imputato e che si conclude con autonomo
 decreto motivato autonomamente e direttamente impugnabile  avanti  al
 tribunale  del  riesame  di  cui  all'art.  324 c.p.p. e davanti alla
 Cassazione (art. 325 c.p.p.):
   Atteso che,  nel  decreto  motivato  di  concessione  di  sequestro
 preventivo    sopra    identificato,    la   responsabilita'   penale
 dell'istante, in ordine al reato di corruzione propria  di  cui  egli
 deve rispondere nel processo penale in fase di giudizio di cui sopra,
 e'  stata valutata in modo particolarmente penetrante con particolare
 riferimento alla  confessione  resa  dall'imputato  nel  corso  delle
 indagini preliminari;
   Atteso,  quindi  che  la questione non e' manifestamente infondata,
 soprattutto  ove  si  consideri  che  la  Corte  costituzionale,  con
 sentenza  n.  66/1997,  aveva  respinto  analoga  (ma  non  identica)
 questione di legittimita' costituzionale deducendo  che  la  adozione
 delle misure cautelari reali "puo' prescindere da quasiasi profilo di
 colpevolezza"  cosicche'  la  stessa Corte costituzionale ha lasciato
 ancora aperta la questione di costituzionalita'  quando  la  adozione
 della   misura   cautelare   reale   si   fonda,   espressamente   ed
 articolatamente, come e' avvenuto nella fattispecie, su una "incisiva
 valutazione  prognostica  sulla responsabilita' dell'imputato, basata
 su  gravi  indizi  di  colpevolezza,  che  potrebbe  rendere,  o  far
 apparire,  condizionato  il  successivo  giudizio  di merito da parte
 dello stesso  giudice, cosi' da violare le garanzie che si  collegano
 al  principio  del giusto processo" (la frase tra virgolette e' stata
 letteralmente  trascritta  dalla  sentenza  n.  66/1997  della  Corte
 costituzionale);
   Considerato, infine, che la questione e' rilevante nel procedimento
 in   corso   in   quanto,  se  sara'  ritenuta  fondata  dalla  Corte
 costituzionale, dovra' essere accolta la dichiarazione di ricusazione
 presentata dall'istante Lucchi Marco.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante nel procedimento di ricusazione in corso  e  non
 manifestamente  infondata, in relazione agli articoli 3, primo comma,
 e 24, primo e secondo  comma  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 34, comma 2, e 37, comma 1,
 lett. a), b) e 321, commi 1 e 2, del c.p.p., nella parte  in  cui  le
 predette norme processuali non prevedono che non possa partecipare al
 giudizio,   nei   confronti   dell'imputato,  il  giudice  che  abbia
 pronunciato o concorso a  pronunciare,  nei  confronti  dello  stesso
 imputato,  nel  procedimento  di applicazione di una misura cautelare
 reale posto in essere durante  la  fase  del  giudizio  del  medesimo
 processo  a  carico  del  medesimo  imputato,  un decreto motivato di
 sequestro preventivo ai sensi dell'art.  321, commi 1  e  2,  c.p.p.,
 nel  quale decreto motivato la posizione di quello stesso imputato in
 ordine alla  sua  responsabilita'  penale  sia  gia'  stata  comunque
 valutata;
   Dispone  che  la  presente  ordinanza sia notificata alle parti, ai
 difensori dell'imputato, al presidente del tribunale  di  Ancona,  al
 procuratore  della  Repubblica  presso  il  tribunale  di  Ancona, al
 procuratore generale in sede  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  e  che  essa  sia comunicata, a cura della cancelleria, ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento della Repubblica.
     Ancona, addi' 27 aprile 1998
                       Il presidente: D'Addezio
                                                  L'estensore: Finucci
 98C0769