N. 501 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 aprile 1998

                                N. 501
 Ordinanza emessa il 30 aprile  1998  dal  tribunale  di  Ravenna  nei
 procedimenti  civili  riuniti  vertenti  tra  Enichem  S.p.a.,  quale
 incorporante della Frene S.r.l., ed altri e Billi Giacomo ed altri
 Infortuni  sul  lavoro  e  malattie  professionali  -   Assicurazione
    obbligatoria  contro  le  malattie  professionali  da  esposizione
    all'amianto - Previsione, in caso di  esposizione  dei  lavoratori
    all'amianto   per   oltre   dieci   anni,   della  moltiplicazione
    dell'intero periodo soggetto ad assicurazione obbligatoria per  il
    coefficiente   di   1,5   -   Lamentata  assenza  di  standard  di
    esposizione, di categorie di lavorazioni e di tipo di contatto con
    le  fibre,  con  conseguente  indeterminabilita'  dei   potenziali
    destinatari del beneficio - Incidenza sul principio di uguaglianza
    e di copertura finanziaria.
 (Legge  27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, modificato dal d.-l.
    5 giugno 1993, n. 169, convertito, con modificazioni, dalla  legge
    4 agosto 1993, n. 271).
 (Cost., artt. 3 e 81, comma quarto).
(GU n.28 del 15-7-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa di lavoro n.
 86/1998 r.g. (portante  riunita  la  n.  87/1998  r.g.)  promossa  da
 Enichem  S.p.a.    quale incorporante della Frene S.r.l., I.N.A.I.L.,
 I.N.P.S.  contro  Billi  Giacomo,  Cornacchia   Claudio,   Gambaccini
 Domenico,  Gianelli  Cesare,  Gaudenzi  Gilberto,  Lanzoni  Maurizio,
 Palmucci Piergiorgio, Salimbeni Elio, Zerbini Graziano.
   I.  -  Con  ricorso  depositato  il  18  giugno 1996 Billi Giacomo,
 Cornacchia Claudio, Gambaccini Domenico,  Gianelli  Cesare,  Gaudenzi
 Gilberto,  Lanzoni  Maurizio,  Palmucci  Piergiorgio,  Rolfini Lilio,
 Salimbeni Elio e Zerbini Graziano ricorrevano al pretore  di  Ravenna
 in  funzione  di  giudice del lavoro, domandando, nei confronti della
 Frene S.r.l., "1) Accertarsi che presso  la  Centrale  termoelettrica
 dello  stabilimento  Enichem  di  Ravenna  vengono  svolte  dal  1960
 attivita' che comportano l'uso  di  amianto  e  la  diffusione  delle
 relative  fibre  negli  ambienti di lavoro; 2) Accertarsi che tutti i
 ricorrenti  sono  stati  esposti  a  lavorazioni  comportanti   l'uso
 dell'amianto o hanno comunque lavorato in ambienti ove erano presenti
 fibre  di  amianto per tutto il periodo del loro rapporto di lavoro o
 per un periodo superiore a 10 anni o per il periodo che risultera' in
 corso di  causa;  b)  nei  confronti  dell'Istituto  nazionale  della
 previdenza  sociale;  3)  Accertarsi  che  i ricorrenti hanno diritto
 all'applicazione dei benefici di cui all'art.    13,  comma  8  della
 legge 27 marzo 1992, n. 257 e conseguentemente dichiararsi il diritto
 degli  stessi  di  vedersi  riconosciuti  i  corrispettivi  accrediti
 contributivi, moltiplicando per il  coefficiente  di  1,5  i  periodi
 lavorativi  di  cui  al  punto  2)  con vittoria di spese, diritti ed
 onorari di causa".
   A sostegno della domanda i ricorrenti  deducevano  che  all'interno
 della  centrale  l'amianto era presente in grandi quantita' (svariate
 migliaia di  metri  quadrati)  su  tubazioni  che  si  estendono  per
 chilometri,   apparecchiature  (caldaie,  turbine,  ecc.),  materiali
 utilizzati nell'epletamento delle mansioni (cordini,  baderne,  teli,
 guanti  ecc.)  ed era soggetto a facile dispersione nell'ambiente ove
 e' localizzata la CTE; cio' accadeva sia  per  ragioni  collegate  al
 ciclo produttivo (che espone le strutture a continue sollecitazioni e
 vibrazioni, fino a produrre vere e proprie esplosioni che vanno sotto
 il  nome  di  "colpi d'ariete"), sia per ragioni collegate al normale
 processo di usura e degrado implicante  screpolature  e  rotture  con
 dispersione delle fibre d'amianto nell'ambiente circostante.
   Deducevano  inoltre  di  aver  iniziato la procedura prevista dalla
 legge per ottenere la rivalutazione contributiva; che alcuni di  loro
 avevano  presentato  domanda  all'INPS  il  quale  aveva  motivato il
 diniego  del  beneficio  in  quanto  risultavano  tuttora  lavoratori
 dipendenti;  cosicche'  anche  gli  altri  vedevano  prospettarsi con
 certezza un diniego fondato  sulla  base  dello  stesso  motivo;  che
 peraltro lo stesso INAIL non sembrava riconoscere valore ai curricula
 rilasciati  dalla  Frene ai suoi dipendenti.  I ricorrenti deducevano
 inoltre che secondo la piu' corretta interpretazione della  normativa
 il riconoscimento del beneficio previsto nel comma 8 dell'art. 13 non
 poteva  considerarsi  subordinato  all'accertamento  delle condizioni
 previste  dalla  legge  per  la  sussistenza  in   capo   all'impresa
 dell'obbligo  del  pagamento  del premio supplementare per il rischio
 asbestosi (ai sensi dell'art. 153, t.u. n. 1153/1965), essendo  stato
 invece  collegato  dal  legislatore  alla sola esposizione ambientale
 all'amianto, nel luogo di lavoro, per un periodo  maggiore  di  dieci
 anni.  Costituitosi in giudizio, l'INPS sosteneva che per ottenere il
 beneficio   previsto   dall'art.   13,  comma  8  cit.  i  lavoratori
 interessati erano  tenuti  a  produrre  all'atto  della  domanda  una
 apposita   certificazione  rilasciata  dall'INAIL  cui  era  affidato
 l'accertamento  del  rischio  di  esposizione  all'amianto  per  ogni
 lavoratore  interessato,nonche'  dei  relativi periodi di esposizione
 secondo uno schema concordato col Ministero del lavoro (Circ. INPS n.
 129/1994; messaggio  INPS  n.  22759  del  20  aprile  1996);  faceva
 rilevare inoltre che siccome nessuno dei richiedenti aveva provveduto
 a documentare nei modi previsti la richiesta, e che tutti risultavano
 figurare   altresi'  come  lavoratori  dipendenti,  l'Istituto  aveva
 respinto le domande;  la  difesa  dell'INPS  contestava  comunque  la
 sussistenza  in capo ai ricorrenti dei requisiti per l'applicabilita'
 del beneficio di cui all'art. 13, comma 8 cit.  e chiedeva il rigetto
 integrale del ricorso.   Costituitasi in  giudizio,  anche  la  Frene
 S.r.l. resisteva alla domanda, mettendo fra l'altro in rilievo che ai
 fini  di  una  corretta,  razionale e legittima interpretazione della
 norma non si poteva  prescindere  da  un  accertamento  concreto  dei
 livelli  di  esposizione all'amianto, i quali avrebbero dovuto essere
 tali da integrare le condizioni previste dal  t.u.  n.  1124/1965  ai
 fini  del  pagamento  del  premio  supplementare per l'asbestosi; una
 diversa interpretazione, quale  quella  patrocinata  dai  ricorrenti,
 sarebbe  stata  infatti  destinata a configgere con diversi parametri
 costituzionali (art. 81, quarto comma, artt. 3 e 41 Cost.) in  quanto
 finiva  per  incidere  sullo  svolgimento della economia privata, non
 consentiva alcuna determinazione dei mezzi finanziari per far  fronte
 ai  rilevanti oneri a carico dello Stato, affidava al solo intervento
 del giudice una pesante incidenza sulla gestione dell'impresa, con il
 rischio di soluzioni diverse per  casi  identici  non  essendo  stato
 stabilito dal legislatore alcun criterio per la effettuazione di tale
 intervento.    Disposta,  per  comunanza  di  causa,  la  chiamata in
 giudizio dell'INAIL, l'Istituto, costituitosi in giudizio, dava  atto
 delle  proprie  competenze  in materia, sostenendo che la CON.TA.R.P.
 Regionale aveva  ritenuto  non  sussistente  in  capo  ai  lavoratori
 ricorrenti  il rischio di esposizione all'amianto di cui all'art. 13,
 comma 8 legge n. 271/1993,  avendo  concluso  dopo  attente  indagini
 ambientali  che  detto rischio doveva essere escluso "per la semplice
 presenza all'interno dello stabilimento"; mentre  una  concentrazione
 di   fibre   superiore   poteva   essere   ritenuta   presente   solo
 nell'attivita' di applicazione di materiali in amianto e nei  piccoli
 interventi  di  manutenzione delle coibentazioni, operazioni peraltro
 saltuarie se non  occasionali;  concludeva  pertanto  contestando  la
 fondatezza  del  ricorso, ed in via preliminare la stessa sussistenza
 della propria legittimazione  passiva  in  quanto  all'INAIL  sarebbe
 stato  affidato in questa materia unicamente un compito di consulenza
 a favore dell'INPS.
   Con sentenza 8 ottobre/4 dicembre 1997 il pretore, a conclusione di
 una complessa istruttoria dalla quale, accertata  l'utilizzazione  su
 larga  scala  dell'amianto  nei  macchinari  e nelle condutture della
 centrale termoelettrica e l'esposizione ultradecennale dei ricorrenti
 (meno uno) alle polveri e alle fibre che si disperdevano  nelle  piu'
 svariate   occasioni,   accoglieva  la  domanda  di  nove  dei  dieci
 ricorrenti dando, dell'art. 13, comma 8, della legge 27  marzo  1992,
 n.  257  un'interpretazione  che  prescindeva dalla rilevanza di ogni
 soglia minima legale di esposizione all'amianto e che disattendeva le
 valutazioni all'uopo espresse dall'INAIL.
   Contro la sentenza hanno proposto appello  l'Enichem  (incorporante
 la  Frene),  l'INPS, e l'INAIL, ribadendo sostanzialmente la linea di
 difesa gia' esposta in primo grado.
   II. 1. - Cio' premesso, il problema che si ripropone al collegio e'
 quello  dell'individuazione  dei  destinatari  del  beneficio, che il
 comma 8 riserva "ai lavoratori che siano  stati  esposti  all'amianto
 per un periodo superiore a dieci anni".
   Tre  sono le interpretazioni che, sul punto, sono state fatte della
 norma:
     in  sede  amministrativa,  Ministero  del  lavoro  e  INPS  hanno
 ritenuto   di   affidare  all'INAIL  e  alla  sua  struttura  tecnica
 CON.T.A.R.P.  (Consulenza  tecnica  per  l'accertamento  del  Rischio
 Professionale)   "l'incarico   dell'accertamento   del   rischio   di
 esposizione all'amianto per ogni lavoratore che  ne  faccia  motivata
 richiesta  nonche'  del  rilascio  dell'attestazione  dei  periodi di
 esposizione". L'INAIL, con circolare 23 novembre  1995,  "considerata
 la volonta' del legislatore di riconoscere i benefici pensionistici a
 tutti  i  lavoratori esposti al rischio determinato dall'amianto (per
 un periodo superiore a dieci anni) e non solo  a  quelli  esposti  al
 rischio  di  asbestosi"  ha  elaborato  una procedura differenziata a
 seconda che il beneficio sia chiesto da lavoratori  per  i  quali  le
 aziende  hanno  pagato  il  premio supplementare per l'asbestosi o da
 lavoratori per i quali  detto  premio  supplementare  non  sia  stato
 pagato;  l'organo tecnico CON.T.A.R.P., a sua volta, con nota tecnica
 del 26 settembre 1995, ha distinto  fra  lavorazioni  che  comportano
 l'impiego  dell'amianto  come  materia  prima  e attivita' diverse da
 queste, con esposizioni, anche saltuarie, all'amianto, "sempre che si
 possa orientativamente ritenere che la concentrazione  media  annuale
 sia stata superiore a 0,1 fibre/cm cubo come valore medio su otto ore
 al  giorno, mutuando tali "criteri di giudizio dai precetti contenuti
 nell'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 277/1991";
     in giurisprudenza, alcuni giudici hanno ritenuto, sulla base  del
 riferimento  che  la  norma  fa all'"assicurazione contro le malattie
 professionali derivanti  dall'amianto"  che,  al  di  la'  della  sua
 formulazione  generale,  essa  si riferisca ai lavoratori per i quali
 era d'obbligo il pagamento  del  premio  supplementare  previsto  per
 l'asbestosi,  che  all'epoca  era  (con la silicosi) l'unica malattia
 professionale per la  quale  poteva  configurarsi  una  assicurazione
 obbligatoria  specifica  (connessa  alla  maggiorazione  del  premio)
 essendo tutte le altre possibili malattie professionali (tabellate  o
 no)  indennizzabili ma non anche specificamente previste in "polizze"
 tipicamente individuate;
     altri  giudici  hanno   invece   ritenuto,   sulla   base   della
 formulazione  letterale  della norma e in coerenza con lo stato delle
 conoscenze scientifiche in materia (e  segnatamente  con  l'eziologia
 del  mesotelioma  pleurico,  che sembra prescindere da ogni soglia di
 esposizione) che essa si riferisca a tutti i lavoratori dei quali sia
 stata provata una qualunque esposizione ultradecennale alla fibre  di
 amianto.
   2.a.  -  L'interpretazione  data  in sede amministrativa alla norma
 ruota intorno all'applicazione di una soglia  di  esposizione  tratta
 dall'art.  24  del  d.lgs 15 agosto 1991, n. 277 che ne' la legge 257
 ne' il decreto-legge 169 ne' la legge di conversione  n.  271/1993  e
 neppure i lavori parlamentari menzionano minimamente.
   Tale  soglia, inoltre, e' stata individuata dal legislatore del '91
 in funzione dichiaratamente preventiva e nulla induce a ritenere  che
 quanto  previsto  in sede di politica preventiva debba valere in sede
 di politica risarcitoria. Quello utilizzato dall'INPS e dall'INAIL e'
 un  parametro  legale,  ma non per questo e' anche sistematico, posto
 che mette insieme dati destinati a servire scopi diversi.
   2.b. - L'interpretazione data in sede  giudiziaria  e  tendente  ad
 individuare  i  soggetti  beneficiari con riferimento all'obbligo del
 pagamento del premio supplementare previsto per l'asbestosi, a  parte
 quanto   appresso   si   dira'  sulla  discussione  parlamentare  che
 precedette la formazione della norma, e' palesemente riduttiva. Se il
 riferimento  all'assicurazione  obbligatoria   contro   le   malattie
 professionali   derivanti   dall'esposizione   all'amianto,   gestita
 dall'INAIL, avesse la funzione di individuare i soggetti  destinatari
 del  beneficio, il riferimento ai lavoratori esposti all'amianto, col
 quale la  norma  esordisce,  sarebbe  stato  del  tutto  pleonastico,
 essendo  gia' quei lavoratori, assicurati contro l'asbestosi, esposti
 all'amianto.  Sarebbe  stato  allora  piu'  semplice  dire:  "Per   i
 lavoratori   soggetti     per  un  periodo  superiore  a  dieci  anni
 all'assicurazione  obbligatoria  contro  le  malattie   professionali
 derivanti    dall'esposizione  all'amianto,  gestita  dall'INAIL,  lo
 stesso periodo e' moltiplicato ecc".
   Ermeneuticamente, il riferimento altro  non  e'  che  un  incongruo
 retaggio dei successivi emendamenti apposti alla struttura originaria
 della norma.  Questa, nel testo originario della legge 27 marzo 1992,
 n.  257,  era  cosi'  formulata:  "Ai  fini  del  conseguimento delle
 prestazioni   pensionistiche   i   periodi   di    lavoro    soggetti
 all'assicurazione   obbligatoria  contro  le  malattie  professionali
 derivanti  dall'esposizione  all'amianto  gestita  dall'INAIL  quando
 superano  i dieci anni sono moltiplicati per il coefficiente di 1,5".
 Qui   certamente   la   locuzione   "periodi   di   lavoro   soggetti
 all'assicurazione   obbligatoria  contro  le  malattie  professionali
 derivanti dall'esposizione all'amianto",  aveva  anche  una  funzione
 selettiva   dei  beneficiari  in  quanto  serviva  sia  a  delimitare
 temporalmente il periodo  di  lavoro  oggetto  della  moltiplicazione
 contributiva  (non  qualunque  periodo  lavorativo  assicurato presso
 l'INAIL,   ma   solo   quello   assicurato   contro   le    "malattie
 professionali") sia a individuare i soggetti interessati al beneficio
 negli  "aventi  diritto"  all'assicurazione  obbligatoria  contro  le
 malattie professionali derivanti  dall'esposizione  all'amianto  (non
 tutti  i lavoratori, ma solo quelli addetti a lavorazioni per i quali
 era    obbligatoria    l'assicurazione    professionale     derivante
 dall'esposizione  all'amianto):  tanto  che il decreto-legge 5 giugno
 1993, n. 169 intendeva superare i problemi interpretativi riguardanti
 l'estensione temporale dei benefici, se riguardanti  i  soli  periodi
 assicurativi eccedenti il decennio o comprensivi del decennio, ma non
 era  stato sollecitato da problemi di individuazione dei beneficiari.
 Poiche' pero', come risulta dalla relazione alla Camera  (seduta  del
 12  luglio  1993),  si  trattava  di sancire, sul piano della portata
 temporale del beneficio e "sulla base anche di confronti fra  Governo
 e  organizzazioni  di  lavoratori", l'interpretazione estensiva, "che
 appariva maggiormente rispondente, se non  alla  lettera,  certamente
 allo  spirito  della  legge  257"  -  il  Governo,  nel  reiterare il
 decreto-legge n. 95 del  5  aprile  1993,  recepi  "alcune  modifiche
 introdotte  dal  Senato,  tendenti  a  limitare  l'applicazione delle
 disposizioni prima richiamate ai lavoratori dipendenti da imprese che
 estraggono l'amianto o lo utilizzano come materia  prima".  La  norma
 trovo'  quindi la seguente formulazione: "Per i lavoratori dipendenti
 dalle imprese  che  estraggono  amianto  o  utilizzano  amianto  come
 materia  prima,  anche  se  in  corso  di  dismissione o sottoposte a
 procedura fallimentari o fallite o dismesse, che siano stati  esposti
 all'amianto  per  un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo
 lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie
 professionali   derivanti   dall'esposizione   all'amianto,   gestita
 dall'INAIL,    e'    moltiplicato,    ai   fini   delle   prestazioni
 pensionistiche, per il coefficiente 1,5". Formula che, se da un  lato
 estendeva  il  beneficio  all'intero  periodo  lavorativo, dall'altro
 intendeva limitarlo: a) oltre  che  ai  dipendenti  che  risultassero
 essere  stati  effettivamente  esposti  al  minerale  per  un periodo
 superiore a dieci anni - come  nella  formulazione  originaria  -  b)
 anche  ai  dipendenti  di  particolari  categorie  di  imprese  ("che
 estraggono amianto o utilizzano amianto come  materia  prima,  ...").
 Caduta,  con  la  legge  di  conversione,  la  limitazione soggettiva
 derivante dall'appartenenza del dipendente a particolari categorie di
 imprese (nell'intento di non discriminare i beneficiari sulla base di
 un dato che in molti casi poteva risolversi in una  mera  formalita')
 nella  definitiva  formulazione  della  norma  ("Per i lavoratori che
 siano stati esposti all'amianto per  un  periodo  superiore  a  dieci
 anni,   l'intero   periodo   lavorativo   soggetto  all'assicurazione
 obbligatoria   contro    le    malattie    professionali    derivanti
 dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, e' moltiplicato, ai
 fini  della  prestazioni pensionistiche, per il coefficiente 1,5") il
 riferimento  all'assicurazione  obbligatoria   contro   le   malattie
 professionali   divenne  un  non  senso,  posto  che  il  rischio  di
 esposizione all'amianto puo' verificarsi anche  in  imprese  talmente
 diverse  da  quelle  previste  dalla  tabella 8 allegata al t.u.   n.
 1124/1965 che per esse il  problema  dell'esistenza  di  un  "periodo
 lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie
 professionali   derivanti   dall'esposizione   all'amianto,   gestita
 dall'INAIL" non si pone neppure.  Sotto questo profilo non  e'  senza
 significato  il fatto che nella circolare 23 novembre 1995 l'INAIL ha
 rassicurato  i  datori   di   lavori   deputati   a   rilasciare   le
 certificazioni  attestanti  l'esposizione  all'amianto precisando che
 dette certificazioni hanno solo lo scopo di far conseguire i benefici
 previdenziali di cui all'art. 13, comma 8 della legge n.  257/1992  e
 non  hanno valore ne' di riconoscimento di debito contributivo ne' di
 atto interruttivo della relativa prescrizione.
   3.  -  Ad  avviso  di  questo  collegio   l'unica   interpretazione
 tecnicamente  corretta  della  norma  e'  quella  che  attribuisce il
 beneficio a tutti i  lavoratori  dei  quali  sia  stata  provata  una
 qualunque  esposizione  ultradecennale all'amianto, a prescindere dal
 grado di essa. Lo inducono a ritenere:
     il tenore letterale della disposizione, che fa riferimento ad una
 pluralita' di malattie,  che  nei  lavori  preparatori  sono  infatti
 menzionate;  il  contesto  nel  quale  la  norma si inserisce, che e'
 sistema misto di assicurazione delle malattie professionali,  fondato
 sulla   tabellazione   (ad  es.  l'asbestosi)  e  sulla  prova  della
 derivazione di qualsiasi altra malattia da una causa  lavorativa  (ad
 es.  il  mesotelioma  o il cancro polmonare): un intervento normativo
 limitato ai soli dipendenti esposti al rischio di asbestosi  (per  la
 quale  il  livello di esposizione previsto e' maggiore) sarebbe stato
 un  anacronismo  giuridico  e  palesemente in contrasto col principio
 costituzionale di  razionalita'  e  di  uguaglianza,  escludendo  dal
 beneficio   soggetti   che,   pur   essendo   stati   sottoposti   ad
 un'esposizione minore, hanno comunque corso il rischio  di  contrarre
 una  malattia  ancora piu' pericolosa (cancro al polmone, mesotelioma
 pleurico);  i  lavori  preparatori,  posto  che   nel   corso   della
 discussione  della  legge  si parlo' indifferentemente di  asbestosi,
 cancro e mesotelioma pleurico; il percorso parlamentare  della  legge
 di  conversione  4  agosto  1993,  n.  271,  che modificando il testo
 previsto dal d.-l. 5 giugno 1993, n. 169 - dove, come si e' detto,  i
 lavoratori   beneficiati   erano   individuati,   fra  l'altro,  come
 "dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto
 come materia prima, anche se in corso di dismissione o  sottoposte  a
 procedure  fallimentari o fallite o dismesse" - indico' i beneficiari
 semplicemente nei "lavoratori che siano stati esposti all'amianto per
 un periodo superiore a dieci anni", dando cosi' modo di accogliere le
 istanze che da piu' parti provenivano e che  portavano  ad  escludere
 che   il   beneficio  potesse  accordarsi  a  speciali  categorie  di
 lavoratori;
     i tentativi  in  atto  di  apportare  modifiche  alla  norma  per
 introdurre  delle limitazioni nella platea dei potenziali destinatari
 dei benefici previdenziali, come il disegno  di  legge  n.  2553/1997
 che,   con  portata  chiaramente  innovativa,  intende  rimettere  al
 Ministro del lavoro l'individuazione dei destinatari.
   4. - Se questa e'  la  portata  della  norma,  i  dubbi  sulla  sua
 costituzionalita' che gli appellanti hanno sollevato sono rilevanti e
 non   manifestamente   infondati,  quanto  meno  con  riferimento  ai
 parametri di cui agli arrt.  3 e 81, quarto comma della Costituzione.
   Sono rilevanti  in  quanto  nel  giudizio  de  quo  la  domanda  di
 applicazione  dei  benefici  previsti  dall'art.  13,  comma 8, della
 legge, n. 257/1992 e successive modificazioni e'  stata  proposta  da
 dipendenti  assicurati  INAIL  per  i  quali: a) la maggiorazione del
 premio  assicurativo  prevista  dal  t.u.   n.   1124/1965   non   e'
 incontestatamente  dovuta;  b)  la speciale procedura posta in essere
 dall'INPS-INAIL tramite CON.T.A.R.P. si e'  conclusa  per  tutti  con
 esito  negativo,  non  essendo  stata riscontrata la soglia minima di
 esposizione  determinata  a  norma  del  d.lgs.  n.    277/1991;   c)
 ciononostante,  il  pretore,  con  la  sentenza  impugnata, ritenendo
 illegittima qualunque procedura  o  valutazione  avente  a  base  una
 soglia   minima   di   esposizione,  ha,  sulla  base  di  risultanze
 processuale testimoniali e documentali riguardanti l'esposizione  dei
 ricorrenti a polveri di amianto, ha accolto la loro domanda.
   Non  e'  manifestamente  infondata la questione in quanto la norma,
 svincolata nei suoi presupposti applicativi  da  qualunque  parametro
 predeterminato, puo' essere applicata o disapplicata sulla base di un
 solo  dato  -  l'esposizione  ultradecennale  all'amianto - che senza
 alcun altra specificazione tecnica puo' essere, in sede  giudiziaria,
 affidata    a   valutazioni,   sensibilita',   risultati   probatori,
 conformazioni culturali del tutto liberi  e  avulsi  da  standard  di
 riferimento,  tali da consentire uguali decisioni per casi di diversa
 pericolosita' o decisioni diverse per casi sostanzialmente uguali. In
 sede  amministrativa,  poi,  affida  la  sua  esecuzione  alla   mera
 discrezionalita'  della p.a., con potenziale lesione del principio di
 imparzialita'.  D'altra parte, sul piano sistematico, sia il t.u.  n.
 1124/1965  (art. 173), sia il d.lgs. n. 277/1991 (art. 24) delegano o
 direttamente pongono standard di esposizione alle fibre di amianto, e
 non si vede come  potrebbe  trovare  attuazione  una  normativa  come
 quella  che  qui  si  denuncia che, quantunque con finalita' diverse,
 presuppone  un'esperienza   lavorativa   a   rischio   effettivo   di
 esposizione  all'amianto.    L'assenza  poi  di  ogni  riferimento  a
 categorie di lavorazioni e di ogni specificazione al tipo di contatto
 con le fibre (per inalazione o per ingestione) allarga a dismisura la
 possibile platea degli interessati, cosicche' potenziali  destinatari
 dei  benefici potranno rinvenirsi fra i lavoratori edili e fra quelli
 degli impianti idraulici, fra lavoratori direttamente  interessati  a
 lavorazioni  comportanti dispersioni aeree delle fibre del minerale e
 lavoratori esposti per fattori meramente  ambientali,  ecc.,  secondo
 una    casistica    che    puo'   divenire   infinita.      A   causa
 dell'indeterminabilita'  di  tutti  i   possibili   destinatari   del
 beneficio,   che   comporta   per   la  comunita'  oneri  stimati  in
 cinquecentomilioni  pro-capite  (secondo  le  valutazioni   dell'INPS
 riportate  dalla  relazione  al  disegno di legge 25 giugno 1997, che
 intende promuovere  "Nuove  norme  in  materia  previdenziale  per  i
 lavoratori    soggetti   al   rischio   per   la   salute   derivante
 dall'esposizione all'amianto), viene meno la possibilita'  stessa  di
 indicare  la copertura finanziaria della legge, imposta dall'art. 81,
 quarto  comma,  della  Costituzione.  La  conferma  indiscutibile  si
 rinviene  nella  relazione sopra citata, dove si legge che la "platea
 dei destinatari" era stata prevista, all'atto dell'approvazione della
 legge n. 257/1992 (per uno stanziamento di centodieci miliardi per il
 triennio 92-94, elevato per altri settantadue miliardi per il biennio
 94-95) in circa duemila unita', mentre il  calcolo  potenziale  degli
 effettivi     beneficiari     e',     secondo    l'INAIL    di    ben
 diciottomilanovecento unita', con un onere di spesa pari a  diecimila
 miliardi.
                                P. Q. M.
   Il  tribunale, visti l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 e l'art.
 295 c.p.c.;
   Dichiara rilevante e non manifestamente  infondata,  per  contrasto
 con  gli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 8, della legge  27
 marzo 1992, n. 257, come modificato dal d.-l. 5 giugno 1993, n.  169,
 convertito, con modificazioni, con legge 4 agosto 1993, n. 271;
   Sospende il giudizio in corso;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Ravenna, addi' 30 aprile 1998
                      Il presidente rel.: Gilotta
 98C0778