N. 501 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 aprile 1998
N. 501 Ordinanza emessa il 30 aprile 1998 dal tribunale di Ravenna nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Enichem S.p.a., quale incorporante della Frene S.r.l., ed altri e Billi Giacomo ed altri Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali da esposizione all'amianto - Previsione, in caso di esposizione dei lavoratori all'amianto per oltre dieci anni, della moltiplicazione dell'intero periodo soggetto ad assicurazione obbligatoria per il coefficiente di 1,5 - Lamentata assenza di standard di esposizione, di categorie di lavorazioni e di tipo di contatto con le fibre, con conseguente indeterminabilita' dei potenziali destinatari del beneficio - Incidenza sul principio di uguaglianza e di copertura finanziaria. (Legge 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, modificato dal d.-l. 5 giugno 1993, n. 169, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271). (Cost., artt. 3 e 81, comma quarto).(GU n.28 del 15-7-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di lavoro n. 86/1998 r.g. (portante riunita la n. 87/1998 r.g.) promossa da Enichem S.p.a. quale incorporante della Frene S.r.l., I.N.A.I.L., I.N.P.S. contro Billi Giacomo, Cornacchia Claudio, Gambaccini Domenico, Gianelli Cesare, Gaudenzi Gilberto, Lanzoni Maurizio, Palmucci Piergiorgio, Salimbeni Elio, Zerbini Graziano. I. - Con ricorso depositato il 18 giugno 1996 Billi Giacomo, Cornacchia Claudio, Gambaccini Domenico, Gianelli Cesare, Gaudenzi Gilberto, Lanzoni Maurizio, Palmucci Piergiorgio, Rolfini Lilio, Salimbeni Elio e Zerbini Graziano ricorrevano al pretore di Ravenna in funzione di giudice del lavoro, domandando, nei confronti della Frene S.r.l., "1) Accertarsi che presso la Centrale termoelettrica dello stabilimento Enichem di Ravenna vengono svolte dal 1960 attivita' che comportano l'uso di amianto e la diffusione delle relative fibre negli ambienti di lavoro; 2) Accertarsi che tutti i ricorrenti sono stati esposti a lavorazioni comportanti l'uso dell'amianto o hanno comunque lavorato in ambienti ove erano presenti fibre di amianto per tutto il periodo del loro rapporto di lavoro o per un periodo superiore a 10 anni o per il periodo che risultera' in corso di causa; b) nei confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale; 3) Accertarsi che i ricorrenti hanno diritto all'applicazione dei benefici di cui all'art. 13, comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257 e conseguentemente dichiararsi il diritto degli stessi di vedersi riconosciuti i corrispettivi accrediti contributivi, moltiplicando per il coefficiente di 1,5 i periodi lavorativi di cui al punto 2) con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa". A sostegno della domanda i ricorrenti deducevano che all'interno della centrale l'amianto era presente in grandi quantita' (svariate migliaia di metri quadrati) su tubazioni che si estendono per chilometri, apparecchiature (caldaie, turbine, ecc.), materiali utilizzati nell'epletamento delle mansioni (cordini, baderne, teli, guanti ecc.) ed era soggetto a facile dispersione nell'ambiente ove e' localizzata la CTE; cio' accadeva sia per ragioni collegate al ciclo produttivo (che espone le strutture a continue sollecitazioni e vibrazioni, fino a produrre vere e proprie esplosioni che vanno sotto il nome di "colpi d'ariete"), sia per ragioni collegate al normale processo di usura e degrado implicante screpolature e rotture con dispersione delle fibre d'amianto nell'ambiente circostante. Deducevano inoltre di aver iniziato la procedura prevista dalla legge per ottenere la rivalutazione contributiva; che alcuni di loro avevano presentato domanda all'INPS il quale aveva motivato il diniego del beneficio in quanto risultavano tuttora lavoratori dipendenti; cosicche' anche gli altri vedevano prospettarsi con certezza un diniego fondato sulla base dello stesso motivo; che peraltro lo stesso INAIL non sembrava riconoscere valore ai curricula rilasciati dalla Frene ai suoi dipendenti. I ricorrenti deducevano inoltre che secondo la piu' corretta interpretazione della normativa il riconoscimento del beneficio previsto nel comma 8 dell'art. 13 non poteva considerarsi subordinato all'accertamento delle condizioni previste dalla legge per la sussistenza in capo all'impresa dell'obbligo del pagamento del premio supplementare per il rischio asbestosi (ai sensi dell'art. 153, t.u. n. 1153/1965), essendo stato invece collegato dal legislatore alla sola esposizione ambientale all'amianto, nel luogo di lavoro, per un periodo maggiore di dieci anni. Costituitosi in giudizio, l'INPS sosteneva che per ottenere il beneficio previsto dall'art. 13, comma 8 cit. i lavoratori interessati erano tenuti a produrre all'atto della domanda una apposita certificazione rilasciata dall'INAIL cui era affidato l'accertamento del rischio di esposizione all'amianto per ogni lavoratore interessato,nonche' dei relativi periodi di esposizione secondo uno schema concordato col Ministero del lavoro (Circ. INPS n. 129/1994; messaggio INPS n. 22759 del 20 aprile 1996); faceva rilevare inoltre che siccome nessuno dei richiedenti aveva provveduto a documentare nei modi previsti la richiesta, e che tutti risultavano figurare altresi' come lavoratori dipendenti, l'Istituto aveva respinto le domande; la difesa dell'INPS contestava comunque la sussistenza in capo ai ricorrenti dei requisiti per l'applicabilita' del beneficio di cui all'art. 13, comma 8 cit. e chiedeva il rigetto integrale del ricorso. Costituitasi in giudizio, anche la Frene S.r.l. resisteva alla domanda, mettendo fra l'altro in rilievo che ai fini di una corretta, razionale e legittima interpretazione della norma non si poteva prescindere da un accertamento concreto dei livelli di esposizione all'amianto, i quali avrebbero dovuto essere tali da integrare le condizioni previste dal t.u. n. 1124/1965 ai fini del pagamento del premio supplementare per l'asbestosi; una diversa interpretazione, quale quella patrocinata dai ricorrenti, sarebbe stata infatti destinata a configgere con diversi parametri costituzionali (art. 81, quarto comma, artt. 3 e 41 Cost.) in quanto finiva per incidere sullo svolgimento della economia privata, non consentiva alcuna determinazione dei mezzi finanziari per far fronte ai rilevanti oneri a carico dello Stato, affidava al solo intervento del giudice una pesante incidenza sulla gestione dell'impresa, con il rischio di soluzioni diverse per casi identici non essendo stato stabilito dal legislatore alcun criterio per la effettuazione di tale intervento. Disposta, per comunanza di causa, la chiamata in giudizio dell'INAIL, l'Istituto, costituitosi in giudizio, dava atto delle proprie competenze in materia, sostenendo che la CON.TA.R.P. Regionale aveva ritenuto non sussistente in capo ai lavoratori ricorrenti il rischio di esposizione all'amianto di cui all'art. 13, comma 8 legge n. 271/1993, avendo concluso dopo attente indagini ambientali che detto rischio doveva essere escluso "per la semplice presenza all'interno dello stabilimento"; mentre una concentrazione di fibre superiore poteva essere ritenuta presente solo nell'attivita' di applicazione di materiali in amianto e nei piccoli interventi di manutenzione delle coibentazioni, operazioni peraltro saltuarie se non occasionali; concludeva pertanto contestando la fondatezza del ricorso, ed in via preliminare la stessa sussistenza della propria legittimazione passiva in quanto all'INAIL sarebbe stato affidato in questa materia unicamente un compito di consulenza a favore dell'INPS. Con sentenza 8 ottobre/4 dicembre 1997 il pretore, a conclusione di una complessa istruttoria dalla quale, accertata l'utilizzazione su larga scala dell'amianto nei macchinari e nelle condutture della centrale termoelettrica e l'esposizione ultradecennale dei ricorrenti (meno uno) alle polveri e alle fibre che si disperdevano nelle piu' svariate occasioni, accoglieva la domanda di nove dei dieci ricorrenti dando, dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 un'interpretazione che prescindeva dalla rilevanza di ogni soglia minima legale di esposizione all'amianto e che disattendeva le valutazioni all'uopo espresse dall'INAIL. Contro la sentenza hanno proposto appello l'Enichem (incorporante la Frene), l'INPS, e l'INAIL, ribadendo sostanzialmente la linea di difesa gia' esposta in primo grado. II. 1. - Cio' premesso, il problema che si ripropone al collegio e' quello dell'individuazione dei destinatari del beneficio, che il comma 8 riserva "ai lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni". Tre sono le interpretazioni che, sul punto, sono state fatte della norma: in sede amministrativa, Ministero del lavoro e INPS hanno ritenuto di affidare all'INAIL e alla sua struttura tecnica CON.T.A.R.P. (Consulenza tecnica per l'accertamento del Rischio Professionale) "l'incarico dell'accertamento del rischio di esposizione all'amianto per ogni lavoratore che ne faccia motivata richiesta nonche' del rilascio dell'attestazione dei periodi di esposizione". L'INAIL, con circolare 23 novembre 1995, "considerata la volonta' del legislatore di riconoscere i benefici pensionistici a tutti i lavoratori esposti al rischio determinato dall'amianto (per un periodo superiore a dieci anni) e non solo a quelli esposti al rischio di asbestosi" ha elaborato una procedura differenziata a seconda che il beneficio sia chiesto da lavoratori per i quali le aziende hanno pagato il premio supplementare per l'asbestosi o da lavoratori per i quali detto premio supplementare non sia stato pagato; l'organo tecnico CON.T.A.R.P., a sua volta, con nota tecnica del 26 settembre 1995, ha distinto fra lavorazioni che comportano l'impiego dell'amianto come materia prima e attivita' diverse da queste, con esposizioni, anche saltuarie, all'amianto, "sempre che si possa orientativamente ritenere che la concentrazione media annuale sia stata superiore a 0,1 fibre/cm cubo come valore medio su otto ore al giorno, mutuando tali "criteri di giudizio dai precetti contenuti nell'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 277/1991"; in giurisprudenza, alcuni giudici hanno ritenuto, sulla base del riferimento che la norma fa all'"assicurazione contro le malattie professionali derivanti dall'amianto" che, al di la' della sua formulazione generale, essa si riferisca ai lavoratori per i quali era d'obbligo il pagamento del premio supplementare previsto per l'asbestosi, che all'epoca era (con la silicosi) l'unica malattia professionale per la quale poteva configurarsi una assicurazione obbligatoria specifica (connessa alla maggiorazione del premio) essendo tutte le altre possibili malattie professionali (tabellate o no) indennizzabili ma non anche specificamente previste in "polizze" tipicamente individuate; altri giudici hanno invece ritenuto, sulla base della formulazione letterale della norma e in coerenza con lo stato delle conoscenze scientifiche in materia (e segnatamente con l'eziologia del mesotelioma pleurico, che sembra prescindere da ogni soglia di esposizione) che essa si riferisca a tutti i lavoratori dei quali sia stata provata una qualunque esposizione ultradecennale alla fibre di amianto. 2.a. - L'interpretazione data in sede amministrativa alla norma ruota intorno all'applicazione di una soglia di esposizione tratta dall'art. 24 del d.lgs 15 agosto 1991, n. 277 che ne' la legge 257 ne' il decreto-legge 169 ne' la legge di conversione n. 271/1993 e neppure i lavori parlamentari menzionano minimamente. Tale soglia, inoltre, e' stata individuata dal legislatore del '91 in funzione dichiaratamente preventiva e nulla induce a ritenere che quanto previsto in sede di politica preventiva debba valere in sede di politica risarcitoria. Quello utilizzato dall'INPS e dall'INAIL e' un parametro legale, ma non per questo e' anche sistematico, posto che mette insieme dati destinati a servire scopi diversi. 2.b. - L'interpretazione data in sede giudiziaria e tendente ad individuare i soggetti beneficiari con riferimento all'obbligo del pagamento del premio supplementare previsto per l'asbestosi, a parte quanto appresso si dira' sulla discussione parlamentare che precedette la formazione della norma, e' palesemente riduttiva. Se il riferimento all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, avesse la funzione di individuare i soggetti destinatari del beneficio, il riferimento ai lavoratori esposti all'amianto, col quale la norma esordisce, sarebbe stato del tutto pleonastico, essendo gia' quei lavoratori, assicurati contro l'asbestosi, esposti all'amianto. Sarebbe stato allora piu' semplice dire: "Per i lavoratori soggetti per un periodo superiore a dieci anni all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, lo stesso periodo e' moltiplicato ecc". Ermeneuticamente, il riferimento altro non e' che un incongruo retaggio dei successivi emendamenti apposti alla struttura originaria della norma. Questa, nel testo originario della legge 27 marzo 1992, n. 257, era cosi' formulata: "Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche i periodi di lavoro soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto gestita dall'INAIL quando superano i dieci anni sono moltiplicati per il coefficiente di 1,5". Qui certamente la locuzione "periodi di lavoro soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto", aveva anche una funzione selettiva dei beneficiari in quanto serviva sia a delimitare temporalmente il periodo di lavoro oggetto della moltiplicazione contributiva (non qualunque periodo lavorativo assicurato presso l'INAIL, ma solo quello assicurato contro le "malattie professionali") sia a individuare i soggetti interessati al beneficio negli "aventi diritto" all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto (non tutti i lavoratori, ma solo quelli addetti a lavorazioni per i quali era obbligatoria l'assicurazione professionale derivante dall'esposizione all'amianto): tanto che il decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 intendeva superare i problemi interpretativi riguardanti l'estensione temporale dei benefici, se riguardanti i soli periodi assicurativi eccedenti il decennio o comprensivi del decennio, ma non era stato sollecitato da problemi di individuazione dei beneficiari. Poiche' pero', come risulta dalla relazione alla Camera (seduta del 12 luglio 1993), si trattava di sancire, sul piano della portata temporale del beneficio e "sulla base anche di confronti fra Governo e organizzazioni di lavoratori", l'interpretazione estensiva, "che appariva maggiormente rispondente, se non alla lettera, certamente allo spirito della legge 257" - il Governo, nel reiterare il decreto-legge n. 95 del 5 aprile 1993, recepi "alcune modifiche introdotte dal Senato, tendenti a limitare l'applicazione delle disposizioni prima richiamate ai lavoratori dipendenti da imprese che estraggono l'amianto o lo utilizzano come materia prima". La norma trovo' quindi la seguente formulazione: "Per i lavoratori dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedura fallimentari o fallite o dismesse, che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, e' moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente 1,5". Formula che, se da un lato estendeva il beneficio all'intero periodo lavorativo, dall'altro intendeva limitarlo: a) oltre che ai dipendenti che risultassero essere stati effettivamente esposti al minerale per un periodo superiore a dieci anni - come nella formulazione originaria - b) anche ai dipendenti di particolari categorie di imprese ("che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, ..."). Caduta, con la legge di conversione, la limitazione soggettiva derivante dall'appartenenza del dipendente a particolari categorie di imprese (nell'intento di non discriminare i beneficiari sulla base di un dato che in molti casi poteva risolversi in una mera formalita') nella definitiva formulazione della norma ("Per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, e' moltiplicato, ai fini della prestazioni pensionistiche, per il coefficiente 1,5") il riferimento all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali divenne un non senso, posto che il rischio di esposizione all'amianto puo' verificarsi anche in imprese talmente diverse da quelle previste dalla tabella 8 allegata al t.u. n. 1124/1965 che per esse il problema dell'esistenza di un "periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL" non si pone neppure. Sotto questo profilo non e' senza significato il fatto che nella circolare 23 novembre 1995 l'INAIL ha rassicurato i datori di lavori deputati a rilasciare le certificazioni attestanti l'esposizione all'amianto precisando che dette certificazioni hanno solo lo scopo di far conseguire i benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8 della legge n. 257/1992 e non hanno valore ne' di riconoscimento di debito contributivo ne' di atto interruttivo della relativa prescrizione. 3. - Ad avviso di questo collegio l'unica interpretazione tecnicamente corretta della norma e' quella che attribuisce il beneficio a tutti i lavoratori dei quali sia stata provata una qualunque esposizione ultradecennale all'amianto, a prescindere dal grado di essa. Lo inducono a ritenere: il tenore letterale della disposizione, che fa riferimento ad una pluralita' di malattie, che nei lavori preparatori sono infatti menzionate; il contesto nel quale la norma si inserisce, che e' sistema misto di assicurazione delle malattie professionali, fondato sulla tabellazione (ad es. l'asbestosi) e sulla prova della derivazione di qualsiasi altra malattia da una causa lavorativa (ad es. il mesotelioma o il cancro polmonare): un intervento normativo limitato ai soli dipendenti esposti al rischio di asbestosi (per la quale il livello di esposizione previsto e' maggiore) sarebbe stato un anacronismo giuridico e palesemente in contrasto col principio costituzionale di razionalita' e di uguaglianza, escludendo dal beneficio soggetti che, pur essendo stati sottoposti ad un'esposizione minore, hanno comunque corso il rischio di contrarre una malattia ancora piu' pericolosa (cancro al polmone, mesotelioma pleurico); i lavori preparatori, posto che nel corso della discussione della legge si parlo' indifferentemente di asbestosi, cancro e mesotelioma pleurico; il percorso parlamentare della legge di conversione 4 agosto 1993, n. 271, che modificando il testo previsto dal d.-l. 5 giugno 1993, n. 169 - dove, come si e' detto, i lavoratori beneficiati erano individuati, fra l'altro, come "dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse" - indico' i beneficiari semplicemente nei "lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni", dando cosi' modo di accogliere le istanze che da piu' parti provenivano e che portavano ad escludere che il beneficio potesse accordarsi a speciali categorie di lavoratori; i tentativi in atto di apportare modifiche alla norma per introdurre delle limitazioni nella platea dei potenziali destinatari dei benefici previdenziali, come il disegno di legge n. 2553/1997 che, con portata chiaramente innovativa, intende rimettere al Ministro del lavoro l'individuazione dei destinatari. 4. - Se questa e' la portata della norma, i dubbi sulla sua costituzionalita' che gli appellanti hanno sollevato sono rilevanti e non manifestamente infondati, quanto meno con riferimento ai parametri di cui agli arrt. 3 e 81, quarto comma della Costituzione. Sono rilevanti in quanto nel giudizio de quo la domanda di applicazione dei benefici previsti dall'art. 13, comma 8, della legge, n. 257/1992 e successive modificazioni e' stata proposta da dipendenti assicurati INAIL per i quali: a) la maggiorazione del premio assicurativo prevista dal t.u. n. 1124/1965 non e' incontestatamente dovuta; b) la speciale procedura posta in essere dall'INPS-INAIL tramite CON.T.A.R.P. si e' conclusa per tutti con esito negativo, non essendo stata riscontrata la soglia minima di esposizione determinata a norma del d.lgs. n. 277/1991; c) ciononostante, il pretore, con la sentenza impugnata, ritenendo illegittima qualunque procedura o valutazione avente a base una soglia minima di esposizione, ha, sulla base di risultanze processuale testimoniali e documentali riguardanti l'esposizione dei ricorrenti a polveri di amianto, ha accolto la loro domanda. Non e' manifestamente infondata la questione in quanto la norma, svincolata nei suoi presupposti applicativi da qualunque parametro predeterminato, puo' essere applicata o disapplicata sulla base di un solo dato - l'esposizione ultradecennale all'amianto - che senza alcun altra specificazione tecnica puo' essere, in sede giudiziaria, affidata a valutazioni, sensibilita', risultati probatori, conformazioni culturali del tutto liberi e avulsi da standard di riferimento, tali da consentire uguali decisioni per casi di diversa pericolosita' o decisioni diverse per casi sostanzialmente uguali. In sede amministrativa, poi, affida la sua esecuzione alla mera discrezionalita' della p.a., con potenziale lesione del principio di imparzialita'. D'altra parte, sul piano sistematico, sia il t.u. n. 1124/1965 (art. 173), sia il d.lgs. n. 277/1991 (art. 24) delegano o direttamente pongono standard di esposizione alle fibre di amianto, e non si vede come potrebbe trovare attuazione una normativa come quella che qui si denuncia che, quantunque con finalita' diverse, presuppone un'esperienza lavorativa a rischio effettivo di esposizione all'amianto. L'assenza poi di ogni riferimento a categorie di lavorazioni e di ogni specificazione al tipo di contatto con le fibre (per inalazione o per ingestione) allarga a dismisura la possibile platea degli interessati, cosicche' potenziali destinatari dei benefici potranno rinvenirsi fra i lavoratori edili e fra quelli degli impianti idraulici, fra lavoratori direttamente interessati a lavorazioni comportanti dispersioni aeree delle fibre del minerale e lavoratori esposti per fattori meramente ambientali, ecc., secondo una casistica che puo' divenire infinita. A causa dell'indeterminabilita' di tutti i possibili destinatari del beneficio, che comporta per la comunita' oneri stimati in cinquecentomilioni pro-capite (secondo le valutazioni dell'INPS riportate dalla relazione al disegno di legge 25 giugno 1997, che intende promuovere "Nuove norme in materia previdenziale per i lavoratori soggetti al rischio per la salute derivante dall'esposizione all'amianto), viene meno la possibilita' stessa di indicare la copertura finanziaria della legge, imposta dall'art. 81, quarto comma, della Costituzione. La conferma indiscutibile si rinviene nella relazione sopra citata, dove si legge che la "platea dei destinatari" era stata prevista, all'atto dell'approvazione della legge n. 257/1992 (per uno stanziamento di centodieci miliardi per il triennio 92-94, elevato per altri settantadue miliardi per il biennio 94-95) in circa duemila unita', mentre il calcolo potenziale degli effettivi beneficiari e', secondo l'INAIL di ben diciottomilanovecento unita', con un onere di spesa pari a diecimila miliardi.
P. Q. M. Il tribunale, visti l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 e l'art. 295 c.p.c.; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, come modificato dal d.-l. 5 giugno 1993, n. 169, convertito, con modificazioni, con legge 4 agosto 1993, n. 271; Sospende il giudizio in corso; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ravenna, addi' 30 aprile 1998 Il presidente rel.: Gilotta 98C0778