N. 515 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1998

                                N. 515
 Ordinanza  emessa  il  29  gennaio  1998 dal tribunale amministrativo
 regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Zago  Elio  contro
 il Ministero dell'interno ed altra
 Circolazione   stradale  -  Soggetto  gia'  sottoposto  a  misura  di
 sicurezza personale,  poi  revocata,  nei  cui  confronti  non  siano
 intervenuti  provvedimenti  riabilitativi  -  Prevista  revoca  della
 patente di giuda - Lesione del principio di eguaglianza, in relazione
 a soggetti sottoposti, in  atto,  a  tali  misure  -  Violazione  del
 diritto al lavoro.
 (C.S.N.  art.  120, comma 1, sostituito dal d.P.R. 19 aprile 1994, n.
 575, art. 5).
 (Cost., artt. 3 e 4).
(GU n.29 del 22-7-1998 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4274  del  1997
 proposto da Zago Elio, rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Bono
 e dall'avv. Antonio Toffoletto ed elettivamente domiciliato presso lo
 studio di quest'ultimo in Milano, via Marcona n. 26;
   Contro  il  Ministero  dell'interno,  in  persona  del  Ministro in
 carica,  e  la  prefettura  di  Milano,  in  persona   del   prefetto
 pro-tempore,   costituitosi   in  giudizio,  rappresentati  e  difesi
 dall'Avvocatura distrettuale dello Stato  di  Milano,  presso  i  cui
 uffici sono domiciliati in via Freguglia n. 1;
   Per l'annullamento, previa sospensione, del provvedimento di revoca
 della patente di guida prot. n. 4159/1996 U.P. emesso dal prefetto di
 Milano in data 25 giugno 1997 nei confronti del ricorrente;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 intimata;
   Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno  delle  rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito  alla  pubblica udienza del 29 gennaio 1998 il relatore dott.
 Carlo Testori;
   Uditi, altresi', i procuratori delle parti;
   Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue;
                               F a t t o
   Con sentenza della Corte d'appello di Milano del 24  febbraio  1969
 il  sig. Elio Zago, condannato per reati connessi alla prostituzione,
 fu sottoposto alla misura di sicurezza della assegnazione a  casa  di
 lavoro per anni uno; detta misura fu revocata con decreto del giudice
 di sorveglianza di Venezia in data 8 gennaio 1974.
   Con  atto  n.  4159/1996  U.P. del 25 giugno 1997 il prefetto della
 provincia   di   Milano,    facendo    riferimento    all'intervenuta
 sottoposizione  del  sig. Zago alla citata misura ed alla circostanza
 che non era intervenuto provvedimento di riabilitazione, ha disposto,
 ai sensi dell'art. 120 del codice della strada approvato  con  d.lgs.
 30 aprile 1992 n. 285, la revoca della patente di guida rilasciata al
 ricorrente  nel  1981  ed  in seguito regolarmente rinnovata. Avverso
 tale  determinazione il sig. Zago ha proposto il ricorso in epigrafe,
 deducendo:
     1) incompetenza assoluta per straripamento di potere  (la  revoca
 della  patente  prevista  dall'art.  120  C.d.S.  si  configura quale
 sanzione amministrativa interdittiva  e  come  tale  e'  soggetta  ai
 principi  di  cui  alla  legge  n.  689/1981  e,  in  particolare, al
 principio di irretroattivita' delle norme sanzionatorie;  poiche'  la
 sanzione  della  revoca  della patente anche nei confronti di chi sia
 stato sottoposto  a  misura  di  sicurezza  gia'  eseguita  e'  stata
 introdotta  dal  nuovo  codice  della strada, mentre il precedente la
 prevedeva solo in relazione a misure in corso di esecuzione, essa non
 puo'  operare  in  relazione  ad  una  misura  revocata   ben   prima
 dell'entrata in vigore della disposizione che la prevede);
     2)  violazione  di legge (la legge n. 241/1990 e' stata disattesa
 sotto molteplici profili: perche' il provvedimento impugnato  difetta
 di  adeguata motivazione in ordine alle ragioni della revoca, perche'
 non e' stato individuato il responsabile del procedimento e,  quindi,
 non  ne e' stato comunicato il nominativo al ricorrente, perche' sono
 stati  omessi  gli  adempimenti   finalizzati   alla   partecipazione
 dell'interessato  al  procedimento;  sono stati violati, altresi', il
 principio di buona amministrazione, ex art. 97 della Costituzione  ed
 il  principio  dell'affidamento  in  buona  fede, atteso che non sono
 stati adeguatamente comparati gli interessi in gioco ne' si e' tenuto
 conto che il ricorrente ha fruito della patente dal 1981 in poi);
     3) eccesso  di  potere  per  sviamento  dalla  causa  tipica  (il
 ricorrente lavora come autista ed ha quindi necessita' della patente;
 la    revoca   impugnata   pregiudica   tale   attivita',   incidendo
 negativamente, e senza il supporto di una ponderata valutazione,  sul
 diritto  al lavoro del predetto, costituzionalmente garantito; in tal
 modo la revoca assume un carattere persecutorio);
     4) eccesso di potere  per  contraddittorieta'  (in  relazione  ai
 precedenti  rinnovi  della patente, l'ultimo dei quali risalente al 1
 aprile 1996).
   Si e' costituita  l'amministrazione  intimata,  insistendo  per  il
 rigetto del ricorso.
   Nella  camera  di  consiglio  del 16 ottobre 1997 questa sezione ha
 accolto, con ordinanza n. 3476, la domanda incidentale di sospensione
 del provvedimento impugnato.
   In vista dell'udienza del 29 gennaio 1998 entrambe le  parti  hanno
 depositato  memorie;  in  particolare,  la  difesa  del ricorrente ha
 provveduto a cio' quando era ormai scaduto il termine  perentorio  di
 cui  all'art.    23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; in udienza,
 peraltro, la difesa erariale ha dichiarato a verbale di  non  opporsi
 all'acquisizione  di tale memoria agli atti del giudizio. La causa e'
 quindi passata in decisione.
                             D i r i t t o
   1. -  L'art. 82 del codice della strada  approvato  con  d.P.R.  15
 giugno  1959,  n.  393, nel definire i requisiti morali necessari per
 ottenere la patente di  guida,  stabiliva  al  primo  comma  che  non
 potevano   essere  ammessi  al  relativo  esame  "...  i  delinquenti
 abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono sottoposti a
 misure  amministrative  di  sicurezza  personali  o  alle  misure  di
 prevenzione  previste  dall'art.   3 della legge 27 dicembre 1956, n.
 1423". Il successivo art. 91, prevedeva al tredicesimo comma, che  la
 patente  era  revocata  dal prefetto (tra le altre ipotesi) quando il
 titolare non era piu'  in  possesso  dei  requisiti  morali  indicati
 all'art.  82  primo  comma.  In  sostanza  il previgente codice della
 strada, per  la  parte  che  qui  interessa,  escludeva  che  potesse
 ottenere  la  patente chi fosse sottoposto, in atto, ad una misura di
 sicurezza personale;  ed  in  caso  di  patente  gia'  rilasciata  ne
 prescriveva la revoca, ove ricorresse il medesimo presupposto.
    La  materia e' stata sensibilmente modificata, in senso rigorista,
 dal nuovo codice della strada, approvato con d.lgs. 30  aprile  1992,
 n.   285,   ed  in  particolare  dall'art.  120,  primo  comma,  come
 successivamente sostituito dall'art. 5 del d.P.R. 19 aprile 1994,  n.
 575. Tale disposizione stabilisce:
     "La  patente  di  guida  e'  revocata dal prefetto ai delinquenti
 abituali, professionali o per tendenza e a coloro  che  sono  o  sono
 stati  sottoposti  a  misure  di sicurezza personali o alle misure di
 prevenzione previste dalla legge 27  dicembre  1956,  n.  1423,  come
 sostituita  dalla legge 3 agosto 1988, n. 327 e dalla legge 31 maggio
 1965 n. 575, cosi' come successivamente modificata e integrata, fatti
 salvi  gli  effetti  di  provvedimenti  riabilitativi,  nonche'  alle
 persone condannate a pena detentiva, non inferiore a tre anni, quando
 l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione
 di reati della stessa natura".
   Per  cio'  che  riguarda  il  presente  giudizio  va immediatamente
 sottolineato che il nuovo codice della strada dispone la revoca della
 patente non piu' solo a carico di chi  sia  sottoposto  a  misura  di
 sicurezza  personale  (la  cui  esecuzione,  cioe', non si sia ancora
 esaurita), come era previsto  dal  C.d.S.  del  1959,  ma  anche  nei
 confronti di chi sia stato sottoposto in passato ad una misura di tal
 genere, ormai cessata, sempre che non siano intervenuti provvedimenti
 riabilitativi.   Quest'ultimo e', appunto, il caso di cui si discute,
 atteso che il ricorrente e' stato sottoposto a  misura  di  sicurezza
 disposta  nel  1969, revocata nel 1974 ed in relazione alla quale non
 e' intervenuta riabilitazione.
   Il tenore delle citate disposizioni  in  materia  di  revoca  della
 patente,  contenute  sia  nel  previgente, sia nel nuovo codice della
 strada, induce ad  affermare  che  il  provvedimento  prefettizio  in
 questione,  laddove  trovi il suo fondamento nella sottoposizione del
 titolare ad una misura  di  sicurezza,  e'  espressivo  di  attivita'
 vincolata:    il prefetto, in altre parole, era ed e' tenuto in detta
 ipotesi a procedere alla revoca della patente al solo verificarsi del
 presupposto normativamente indicato,  senza  poter  esprimere  alcuna
 valutazione   discrezionale   sull'an  del  provvedimento  (in  senso
 conforme t.a.r.  Napoli III sez. 7 agosto 1996, n.  635  e  8  luglio
 1996,  n.  580;  t.a.r.    Reggio  Calabria 13 febbraio 1995, n. 281;
 t.a.r. Milano I sez. 1 aprile 1993, n. 259). Depone in tal senso,  in
 primo  luogo,  la formulazione letterale delle disposizioni in parola
 (sia il previgente art. 91, comma tredicesimo, sia l'attuale art. 120
 statuiscono:  "...  la  patente  e'  revocata...");  in  piu'   nella
 disciplina  vigente  in tema di revoca si distingue tra le ipotesi in
 cui  la  revoca  dipende  esclusivamente  dal  verificarsi  di   date
 circostanze   obiettive   (tra   le   quali   figura,   appunto,   la
 sottoposizione a misura di sicurezza)  e  quella  in  cui  la  revoca
 consegue  non  solo  al  verificarsi di una data circostanza di fatto
 (condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni), ma anche ad una
 ulteriore  fase  valutativa (circa la strumentalita' della patente ai
 fini della commissione di reati della stessa natura).
   2. - Chiarito il significato  e  la  portata  della  norma  che  ha
 trovato  applicazione  nel  caso di specie, occorre soffermarsi sulla
 natura del provvedimento di revoca  della  patente  di  guida,  quale
 configurato  dall'art.  120,  comma  1, del nuovo C.d.S. La questione
 assume particolare rilievo nel presente giudizio  in  relazione  alla
 prima  censura  proposta nel ricorso. Il sig. Zago sostiene, infatti,
 che l'atto impugnato e' viziato da incompetenza assoluta, non  avendo
 il  prefetto  di  Milano  il  potere  di adottarlo; cio' in quanto la
 revoca, disposta ex art.  120 nei confronti di un soggetto in passato
 sottoposto a misura  di  sicurezza,  si  configurerebbe  come  tipica
 sanzione  amministrativa  interdittiva  e  sarebbe quindi soggetta ai
 principi  enunciati  dalla  legge  24  novembre  1981,  n.  689,   in
 particolare  al  principio  di  irretroattivita'  di  cui all'art. 1;
 pertanto non poteva essere disposta nei confronti del  ricorrente  in
 relazione  ad una misura revocata ben prima che entrasse in vigore la
 disposizione citata, che ha innovato la previgente disciplina proprio
 per il profilo che qui interessa.
   Il collegio ritiene infondata la censura,  in  quanto  appare  piu'
 convincente la qualificazione della revoca della patente disciplinata
 dall'art.  120  citato  non come sanzione amministrativa, bensi' come
 misura cautelare. Se  si  parte,  infatti,  dal  presupposto  che  la
 sanzione    amministrativa    presenta,    in   generale,   carattere
 eminentemente e tipicamente afflittivo e consegue, in via immediata e
 diretta, ad un comportamento costituente violazione di una norma o di
 un provvedimento amministrativo,  risulta  difficile  ravvisare  tali
 elementi  caratterizzanti  nel  provvedimento  revocatorio  di cui si
 discute;  da  un  lato  appare  assai  sfumato  il  collegamento  con
 comportamenti  antigiuridici  i  cui effetti immediati e diretti sono
 altri (la dichiarazione di abitualita', professionalita' e tendenza a
 delinquere,  ovvero  l'applicazione  di  misure  di  sicurezza  o  di
 prevenzione)  e  rispetto  ai  quali  la revoca della patente assume,
 semmai,  la   veste   di   conseguenza   ulteriore;   dall'altro,   e
 correlativamente,  il  carattere afflittivo appare di gran lunga meno
 rilevante (se non addirittura del tutto estraneo alle finalita' della
 misura)  rispetto  al  palese  intento  preventivo,  a  tutela  della
 sicurezza  pubblica.    E'  chiaro,  infatti,  che a fondamento della
 revoca ex art. 120 sta una valutazione operata in via generale, circa
 la  pericolosita'  di  determinate  categorie  di  soggetti,  che  il
 legislatore  ha  ritenuto sufficiente a giustificare l'imposizione di
 una misura cautelare limitativa della liberta' di circolazione, priva
 di valenza sanzionatoria.   A conforto di tale  conclusione  si  puo'
 richiamare  anche  il dato testuale dell'art. 219, del vigente codice
 della strada che, riferendosi distintamente ai casi in cui la  revoca
 costituisce  sanzione  amministrativa accessoria ed a quelli previsti
 dall'art. 120,  sembra  voler  implicitamente  riconoscere  a  questi
 ultimi una natura non sanzionatoria.
   Ne'  rileva,  in  senso  contrario, la disposizione, richiamata dal
 ricorrente, di cui all'art. 237, comma secondo, C.d.S.; tale norma e'
 infatti inserita tra quelle transitorie relative al titolo V,  mentre
 l'art.   120,   rientra   nel  titolo  IV  e  riguarda  espressamente
 "violazioni", tra le quali risulta difficile inserire concettualmente
 le situazioni  costituenti  presupposto  per  la  revoca  di  cui  si
 discute.
   3.   -   Neppure   le   ulteriori   censure  prospettate  nell'atto
 introduttivo  del  presente  giudizio   meritano   accoglimento.   In
 particolare   non   sussiste   il  denunciato  vizio  di  difetto  di
 motivazione, ne' l'asserita violazione del legittimo affidamento  del
 ricorrente,   e   neppure   i   pretesi   vizi   di  sviamento  e  di
 contraddittorieta', tenuto conto che il  provvedimento  impugnato  ha
 natura  vincolata  e  che  il  prefetto  di Milano, in osservanza del
 dettato normativo, era obbligato a disporre la revoca  della  patente
 del  ricorrente,  una  volta  riscontrata  la  sussistenza  nel  caso
 concreto, peraltro indiscussa, dei presupposti di legge.
   Anche le censure relative ad asserite  violazioni  della  legge  n.
 241/1990, in tema di individuazione del responsabile del procedimento
 e  di  partecipazione  allo  stesso,  risultano infondate; da un lato
 perche' secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale (cfr.
 da ultimo Cons. Stato, V sez., 11 ottobre 1996, n. 1223)  i  principi
 partecipativi   di   cui  sopra  hanno  un  senso  solo  in  caso  di
 procedimenti   che   implichino   il   compimento   di    valutazioni
 discrezionali   o  almeno  l'accertamento  di  circostanze  di  fatto
 suscettibili di vario apprezzamento; dall'altro perche' il ricorrente
 si limita a denunciare la  violazione  formale  della  legge  citata,
 senza evidenziare quali concreti effetti pregiudizievoli gliene siano
 derivati.
   4.1.  -  Sulla  base  delle considerazioni che precedono il ricorso
 dovrebbe essere respinto.  Il  collegio  ritiene  tuttavia  di  dover
 sottoporre   alla  Corte  costituzionale,  perche'  rilevante  e  non
 manifestamente   infondata,   la   questione    della    legittimita'
 costituzionale dell'art.  120, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1992, n.
 285,  come  successivamente  sostituito  dall'art.  5,  del d.P.R. 19
 aprile 1994, n. 575, nella parte  in  cui  prevede  la  revoca  della
 patente  anche  nei  confronti  di coloro che sono stati sottoposti a
 misure  di  sicurezza  personali,   senza   che   siano   intervenuti
 provvedimenti riabilitativi...
   La  questione e' rilevante perche' nella specie la revoca impugnata
 e' stata disposta  nei  confronti  del  ricorrente;  appunto  perche'
 sottoposto  in  passato  a  misura  di sicurezza personale in seguito
 revocata, senza che peraltro sia poi intervenuta la riabilitazione.
   Essa non appare, d'altro canto, manifestamente  infondata  sotto  i
 profili di seguito illustrati.
   4.2.  - In primo luogo appare dubbia la legittimita' costituzionale
 della norma citata in relazione ai principi di cui all'art.  3  della
 Costituzione,  perche'  la  disposizione  relativa  a coloro che sono
 stati sottoposti  a  misure  di  sicurezza  personali  determina  una
 equiparazione  che sembra ingiustificata ed irragionevole tra chi, in
 passato, e' stato assoggettato a tali misure,  poi  revocate,  e  chi
 invece vi e' in atto sottoposto.
   E'  noto  che  le  misure  di  sicurezza  personali  possono essere
 applicate, ex art.  202  c.p.,  soltanto  alle  persone  riconosciute
 socialmente  pericolose,  cioe'  a  chi  ha commesso taluno dei fatti
 indicati dal citato art. 202 ed e' probabile che commetta nuovi reati
 (art. 203).    Esse  hanno  finalita'  essenzialmente  preventive  e,
 pertanto,  una  durata non predeterminata, se non nel minimo; decorso
 tale  periodo  minimo  il   giudice   rivaluta   il   profilo   della
 pericolosita'  sociale  del  soggetto  (art.  208):  nel  caso questi
 risulti  ancora  pericoloso  si  provvede  a successivi accertamenti;
 perche' la misura di sicurezza possa essere  revocata  e'  necessario
 che  la  persona  sottoposta  abbia  cessato  di  essere  socialmente
 pericolosa (art. 207), cioe' si possa prevedere che  non  commettera'
 nuovi reati.
   Risulta  quindi  chiaro  che,  se  la  cessazione  della  misura di
 sicurezza, mediante la revoca della  stessa,  presuppone  l'accertato
 venir  meno  della  pericolosita'  sociale  del  soggetto  che vi era
 sottoposto, la differenza tra chi e' in atto assoggettato a misura di
 sicurezza personale e chi non lo e' piu' sta nel fatto  che  solo  il
 primo,  e  non  piu'  il  secondo,  e'  ancora  ritenuto  socialmente
 pericoloso.
   Non  si  comprende  allora  il  perche'  della   censurata   scelta
 legislativa espressa nell'art. 120, comma 1, del vigente codice della
 strada;  se  la  revoca  della patente ha, come gia' detto, finalita'
 eminentemente cautelare, volta  ad  evitare  il  pericolo  che  detto
 documento  sia  strumentalmente utilizzato per delinquere, non appare
 ragionevole porre a tal fine sul medesimo piano,  cioe'  assoggettare
 al  medesimo  trattamento,  chi  sia  tuttora  giudicato  socialmente
 pericoloso (in quanto e' probabile che commetta nuovi  reati)  e  chi
 non  sia  piu'  considerato  tale. In altri termini, rispetto al fine
 perseguito la disposizione della cui legittimita'  costituzionale  si
 dubita  appare  sproporzionata,  perche' estende l'applicazione della
 misura cautelare a tutti coloro che siano o siano stati sottoposti  a
 misure   di   sicurezza   personali,   senza  differenziare  in  base
 all'attuale  pericolosita'  dei  soggetti  interessati;  ed  anche  a
 ritenere legittima la scelta legislativa di prescindere, nel disporre
 la  revoca  della  patente,  dalla  valutazione  della  pericolosita'
 sociale operata ai sensi degli artt. 199  ss.    del  codice  penale,
 appare  comunque  irragionevole  e sproporzionata un'applicazione del
 provvedimento in questione estesa anche a chi in  passato  sia  stato
 sottoposto  a  misure  di  sicurezza, sulla base di una generalizzata
 presunzione di pericolosita', non verificata in concreto.
   L'irragionevolezza della  scelta  legislativa  di  cui  si  discute
 emerge  anche  dal  confronto  tra  il trattamento riservato, ai fini
 della revoca della patente, a coloro  che  sono  stati  sottoposti  a
 misure di sicurezza personali e quello previsto nell'ultima parte del
 primo  comma  dell'art.    120  C.d.S.  nei  confronti  delle persone
 condannate a pena detentiva non inferiore a tre anni; in tale  ultimo
 caso  la  revoca e' disposta dal prefetto "... quando l'utilizzazione
 del documento di guida possa agevolare la commissione di reati  della
 stessa natura". Nell'ipotesi considerata l'adozione del provvedimento
 in  questione  e' quindi subordinata ad una valutazione, in concreto,
 della attuale  sussistenza  di  un  rapporto  tra  titolarita'  della
 patente   e   pericolosita'  del  soggetto,  intesa  quantomeno  come
 possibilita' che lo stesso, in relazione alla  specifica  natura  dei
 reati gia' commessi, si avvalga del documento di guida per delinquere
 nuovamente.  L'attribuzione  al prefetto di tale potere valutativo va
 collegata alla circostanza che il soggetto, benche' gia' condannato a
 pena di non lieve entita', non e' per cio'  solo  qualificabile  come
 socialmente   pericoloso   e   pertanto,   ai   fini   dell'eventuale
 applicazione di una misura che incide in modo non  irrilevante  sulla
 sfera  di  liberta'  dell'interessato,  occorre  che la pericolosita'
 dello stesso sia accertata in  concreto.  Premesso  che  le  evidenti
 differenze  esistenti  tra le situazioni di chi e' stato condannato a
 pena detentiva e di chi e' stato sottoposto  a  misura  di  sicurezza
 impediscono  di  ravvisare profili di irragionevolezza dell'art. 120,
 comma 1, per avere diversamente disciplinato le ipotesi  considerate,
 il  raffronto  tra  le  scelte  operate  in proposito dal legislatore
 appare  comunque  utile.  Esso  consente  infatti  di  rilevare   che
 l'applicazione del provvedimento di revoca della patente e' correlata
 in  generale  (e  trova  la  sua  giustificazione)  alla riconosciuta
 possibilita'  che  il  documento  di  guida  sia  strumento  per   la
 commissione  di  reati, possibilita' che a sua volta si riconnette ad
 una valutazione di pericolosita' del  titolare  della  patente;  tale
 valutazione   e'   espressa  dall'autorita'  giudiziaria  (attraverso
 determinati provvedimenti di piu' ampia portata, la cui  adozione  si
 riflette  anche  ai  fini che qui interessano), oppure dall'autorita'
 amministrativa (nell'ambito  dello  stesso  procedimento  finalizzato
 alla  revoca); in ogni caso non manca una previa fase di accertamento
 e riconoscimento della pericolosita' del soggetto  interessato.  Alla
 regola    generale    fa    eccezione   (ad   avviso   del   collegio
 ingiustificatamente ed irragionevolmente) il caso di coloro che  sono
 stati  sottoposti  a  misura  di  sicurezza,  cioe'  a  misura la cui
 esecuzione e' cessata per revoca. A carico di costoro la revoca viene
 infatti disposta obbligatoriamente dal prefetto benche'  sia  cessata
 la  pericolosita'  sociale  che  aveva  giustificato l'adozione della
 misura di sicurezza e senza che sia stato in seguito svolto nei  loro
 confronti  alcun  ulteriore  accertamento  al  riguardo  e  sia stata
 espressa una successiva valutazione di pericolosita'.  Cio' induce  a
 ritenere  che  nel quadro complessivo delineato dall'art.  120, comma
 1, il richiamo a "coloro che... sono stati  sottoposti  a  misure  di
 sicurezza  personali"  costituisce  un  elemento non omogeneo ed anzi
 disorganico.
   4.3. - La legittimita' costituzionale della norma di cui si discute
 appare dubbia anche in relazione all'art. 4 della  Costituzione,  che
 contiene il riconoscimento del diritto al lavoro in favore di tutti i
 cittadini  e  vincola  l'ordinamento  a  promuovere le condizioni che
 rendano effettivo tale diritto.
   E' superfluo sottolineare quanto sia  importante  in  una  societa'
 complessa  la  disponibilita' di un automezzo e, quindi, del relativo
 permesso di guida.
   Anche ai fini dell'attivita' lavorativa essa e' spesso  essenziale.
 La  revoca  della  patente  nei  confronti di chi in passato e' stato
 sottoposto ad una misura di sicurezza personale, poi revocata per  la
 riconosciuta  cessazione  della  pericolosita'  sociale del soggetto,
 appare confliggente con  i  richiamati  principi  ex  art.  4  Cost.,
 perche' puo' pregiudicare ogni possibilita' di effettivo e definitivo
 recupero,  attraverso  una  regolare  attivita' lavorativa, di chi in
 atto non e' piu' ritenuto pericoloso per la compagine sociale. Non e'
 dunque  ravvisabile  in  tale  ipotesi  alcuna   ragione   idonea   a
 giustificare l'imposizione attraverso la revoca della patente, di una
 limitazione della sfera di liberta' dell'individuo che puo' rivelarsi
 estremamente  grave,  come  e'  nel caso dell'odierno ricorrente, che
 opera come autista alle dipendenze di una societa' di  trasporti.  In
 un  caso  del  genere  la  revoca  della  patente  puo' compromettere
 qualsiasi sforzo di recupero individuale,  senza  che  il  sacrificio
 imposto  risulti giustificato con l'esigenza, verificata in concreto,
 di tutelare interessi preminenti.
   5. - Cio' premesso, attesa la rilevanza delle questioni prospettate
 e ritenuta la loro non manifesta infondatezza, si dispone l'immediata
 trasmissione  alla  Corte  costituzionale degli atti del giudizio, di
 cui si ordina, nelle more, la sospensione.
                               P. Q. M.
   Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  delle
 prospettate  questioni  di  legittimita' costituzionale, in relazione
 agli artt.  3 e 4 della Costituzione, dell'art.  120,  comma  1,  del
 d.lgs.  30  aprile  1992,  n.  285,  come sostituito dall'art. 5, del
 d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575, nella parte in cui prevede  la  revoca
 della patente anche nei confronti di coloro che sono stati sottoposti
 a   misure  di  sicurezza  personali,  senza  che  siano  intervenuti
 provvedimenti riabilitativi, sospende il giudizio sul ricorso n. 4274
 del 1997 e ordina l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale;
   Dispone  che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
   Cosi' deciso in Milano nella camera di  consiglio  del  29  gennaio
 1998.
 Il presidente: Mariuzzo
 Il primo referendario est.: Testori
 98C0794