N. 247 ORDINANZA 30 giugno - 3 luglio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Processi  pendenti  nello  stesso  stato e grado
 davanti a  giudici  diversi  -  Ascrizione  agli  imputati  di  reati
 commessi nelle stesse circostanze di tempo e luogo in danno reciproco
 -  Riunione  dei  procedimenti  -  Omessa previsione - Erroneita' dei
 presupposti interpretativi da parte del giudice  rimettente  circa  i
 presupposti per la riunione - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 17).
 
 (Cost., artt. 3 e 24, secondo comma).
 
(GU n.27 del 8-7-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof. Cesare MIRABELLI,   prof.
 Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,    dott.  Cesare  RUPERTO,
 dott.  Riccardo  CHIEPPA,   prof. Gustavo ZAGREBELSKY,  prof. Valerio
 ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,   prof.  Guido
 NEPPI  MODONA,      prof.  Piero  Alberto CAPOTOSTI,   prof. Annibale
 MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17  del  codice
 di  procedura  penale, promosso con ordinanza emessa l'11 giugno 1997
 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di  Rimini  nel
 procedimento  penale  a  carico di P. F. ed altro, iscritta al n. 834
 del registro ordinanze 1997 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  3  giugno  1998  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto  che  il giudice per le indagini preliminari del tribunale
 di Rimini  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.    17  del  codice di procedura penale, in riferimento agli
 artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, nella parte  in  cui
 non  consente  la  riunione di processi pendenti nello stesso stato e
 grado davanti a giudici diversi, nel caso in cui "agli imputati siano
 ascritti reati commessi nelle stesse circostanze di tempo e di  luogo
 in danno reciproco";
     che il giudice rimettente espone di procedere nei confronti di un
 imputato  per il delitto di lesioni personali gravissime, commesso in
 danno della medesima persona nei cui confronti e' pendente avanti  al
 pretore  di  Rimini procedimento per lesioni personali non aggravate,
 commesse nelle stesse circostanze  di  tempo  e  di  luogo  in  danno
 dell'attuale imputato;
     che, ad avviso del rimettente, appare evidente la connessione tra
 i  due  processi,  a  norma degli artt. 12, comma 1, lettera c) e 17,
 comma 1, lettere c) e d), cod. proc. pen.,  cosi'  come  e'  evidente
 l'interesse   della  giustizia,  e  dello  stesso  imputato,  ad  una
 trattazione unitaria dell'intera vicenda, caratterizzata da  condotte
 poste  in  essere  in  "danno reciproco" e comunque "in occasione del
 medesimo conflitto interpersonale";
     che   la   riunione   dei  due  processi  sarebbe  peraltro  resa
 impossibile da quanto disposto dall'art.  17  cod.  proc.  pen.,  che
 consente  la  riunione  di  processi connessi solo se i medesimi sono
 pendenti davanti allo stesso giudice;
     che  l'impossibilita'  di  disporre  la  riunione  sarebbe  stata
 determinata,   ad  avviso  del  giudice  rimettente,  da  circostanze
 puramente casuali, in  quanto  i  due  procedimenti,  originariamente
 iscritti  nel  registro  delle  notizie  di  reato  dell'ufficio  del
 pubblico ministero presso la pretura circondariale di Rimini (facente
 parte dell'unica  Procura  della  Repubblica  promiscua  esistente  a
 Rimini),  non  furono  riuniti,  e  quello per il reato di competenza
 superiore fu trasmesso all'ufficio del pubblico ministero  presso  il
 tribunale;
     che  la  norma  impugnata  si  porrebbe  in  contrasto sia con il
 principio di eguaglianza tra gli imputati e  comunque  tra  le  parti
 private,  sia con il diritto di difesa, in quanto l'impossibilita' di
 riunire i processi  deriverebbe  da  ragioni  del  tutto  casuali,  e
 comprometterebbe   inoltre  il  diritto  degli  imputati  a  chiedere
 l'ammissione ai riti alternativi,  essendo  il  materiale  probatorio
 frazionato  tra  piu'  processi, la cui definizione non consentirebbe
 mai quella "definizione  globale"  alla  quale  ciascun  imputato  ha
 interesse quando chiede un rito alternativo;
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
     che   l'Avvocatura  rileva,  in  particolare,  che  estendere  la
 possibilita' di riunione anche quando i processi  pendono  davanti  a
 giudici diversi significherebbe trasformare l'istituto della riunione
 da   criterio  di  mera  organizzazione  dei  processi  in  strumento
 attributivo di competenza, in contrasto  con  l'art.  12  cod.  proc.
 pen.,  che  non  prevede  tra  i  casi  di competenza per connessione
 l'ipotesi, compresa tra i casi di riunione,  a  cui  si  richiama  il
 giudice rimettente.
   Considerato  che,  come  e'  stato messo in rilievo dall'Avvocatura
 dello Stato, il giudice rimettente sovrappone i  due  istituti  della
 competenza per connessione e della riunione dei processi: il primo e'
 strumento  attributivo  in  via originaria della competenza, operante
 nelle ipotesi tassativamente descritte dall'art. 12 cod.  proc.  pen;
 il  secondo,  previsto nei casi indicati dall'art. 17 cod. proc. pen.
 (tra cui rientrano le ipotesi  di  connessione,  nonche'  quelle  dei
 reati  commessi da piu' persone in danno reciproco le une delle altre
 e del collegamento probatorio tra i vari reati), e' invece  destinato
 ad  operare  solo  quando  i processi sono gia' pendenti davanti allo
 stesso giudice,
 essendo criterio  di  mera  organizzazione  del  lavoro  giudiziario,
 subordinato  alla  condizione  che  la  celebrazione  cumulativa  dei
 processi non ne pregiudichi la rapida definizione;
     che,  in  conseguenza  di  tale  impropria   sovrapposizione   di
 istituti,  il  giudice rimettente, nell'impugnare   la disciplina che
 limita la riunione ai processi  gia'  pendenti  davanti  al  medesimo
 giudice,  chiede  alla  Corte    una  pronuncia  che  gli consenta di
 utilizzare detto istituto alla stregua delle  ipotesi  che,  a  norma
 dell'art.  12    cod.  proc.    pen.,  determinano  la competenza per
 connessione;
     che, per contro, il giudice a quo - il quale espressamente assume
 essere  sussistente  la  connessione  fra  i  reati per cui procede e
 quelli per i quali e' pendente  il  processo  davanti  al  pretore  -
 avrebbe  dovuto  verificare  in  via preliminare se e quali strumenti
 l'ordinamento  prevede  per  fare  dichiarare  l'incompetenza  -  per
 ragioni  di connessione dell'altro giudice, e solo quando fosse stata
 riconosciuta  la  propria  competenza  avrebbe  potuto  eventualmente
 accertare l'esistenza dei presupposti per la riunione dei processi;
     che  pertanto  la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata,  in   quanto   basata   su   un      erroneo   presupposto
 interpretativo.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.   17   del  codice  di  procedura  penale,
 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  dal giudice per le indagini  preliminari del tribunale
 di Rimini, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1998.
                        Il Presidente: Vassalli
                       Il redattore: Neppi Modona
                         Il cancelliere: Milana
   Depositata in cancelleria il 3 luglio 1998.
                         Il cancelliere: Milana
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