N. 295 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 1997

                                N. 295
 Ordinanza   emessa  9  dicembre  1997  dalla  commissione  tributaria
 provinciale di Modena sul ricorso  proposto  da  Ceramic  Instruments
 S.r.l. contro l'ufficio del registro di Sassuolo
 Contenzioso   tributario   -   Procedimento  innanzi  le  commissioni
    tributarie - Pronuncia di cessazione della materia del contendere,
    a  seguito  della  proposizione,  da  parte   dell'amministrazione
    finanziaria,  di  atto  di  "autotutela"  -  Spese  processuali  -
    Imposizione a carico della parte che le ha anticipate -  Deteriore
    trattamento    del    contribuente,    rispetto    alla   pubblica
    amministrazione - Violazione del diritto di azione -  Lesione  del
    principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
 (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46).
 (Cost., artt. 24, primo e terzo comma, e 97, primo comma).
(GU n.28 del 15-7-1998 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 582/1996 spedito il
 15 febbraio 1996 - avverso proc. verb. accert. n. 95000132 - registro
 contro registro di Sassuolo, da: Ceramic Instruments  S.r.l.,  legale
 rappresentante  Franzoi  residente  a Sassuolo (Modena) in via Regina
 Pacis 20/26, difeso da: Rebottini dott. Marco  residente  a  Sassuolo
 (Modena), via Mazzini, 152.
   L'ufficio del registro di Sassuolo notificava, il 28 dicembre 1995,
 alla ditta Ceramic Instruments S.r.l., corrente in Sassuolo (Modena),
 processo  verbale  di accertamento n. 95000132 in materia di "Imposta
 straordinaria su particolari beni" introdotta  dal  decreto-legge  n.
 384/1992  convertito  nella  legge n. 438/1992. La societa' risultava
 proprietaria, alla data del 19 settembre  1992,  di  autoveicolo  per
 trasporto promiscuo persone/cose avente le caratteristiche tecniche e
 di    immatricolazione   necessarie   e   sufficienti,   a   giudizio
 dell'ufficio, a far scattare l'obbligo, da parte della proprieta' del
 pagamento dell'imposta in questione.
   L'ufficio  chiedeva  il pagamento di L. 1.298.148 per tributo evaso
 oltre  a  L.  4.005.295  per  accessori  di   legge.      Il   legale
 rappresentante della societa', sig.ra Valentina Franzoi, si appellava
 a  questa  commissione  contro  il detto processo verbale a mezzo del
 difensore tecnico dott. Marco Rebottini,  dottore  commercialista  in
 Sassuolo.  L'istante  deduce  che  l'autovettura  in  oggetto  veniva
 utilizzata  esclusivamente  come   bene   stumentale   nell'esercizio
 dell'attivita'  propria  dell'impresa.   Ella chiedeva l'annullamento
 dell'atto impugnato "in quanto mancante dei presupposti  per  la  sua
 emissione".  Chiedeva  inoltre  la  liquidazione  delle spese come da
 depositata nota.
   Si   costituiva   l'ufficio    controdeducendo    inafferenza    ed
 inaccoglibilita'  delle  eccezioni  di  parte e chiedendo la conferma
 dell'atto di accertamento.
   Depositava indi l'ufficio un  atto  di  autotutela,  ai  sensi  del
 d.P.R.    27  marzo  1992,  n.  287,  dell'art. 2-quater del d.-l. n.
 564/1994 conv.  nella legge n. 656/1994 e del decreto Min. finanze 11
 febbraio 1997, n. 37, nel quale  annullava  per  infondatezza  l'atto
 contestato.  Tale istanza veniva comunicata alla commissione ai sensi
 dell'art. 4, comma 2, del detto decreto ministeriale.
   La commissione, osserva quanto segue.
   Vista l'istanza del  resistente  ufficio,  la  commissione  ritiene
 ricorrano  gli  estremi dell'art. 46, comma 1, d.P.R. n. 546/1992 per
 dichiarare cessata la materia del contendere.
   Rimane tuttavia in sospeso il  problema  della  liquidazione  delle
 spese  al  difensore  tecnico  del  ricorrente che chiede la condanna
 dell'ufficio al pagamento di L. 1.190.000.  Tale  pronunciamento  non
 pare pero' fattibile alla luce del comma 3, del suddetto articolo del
 decreto n. 546/1992.
   Opina  la  commissione  che,  se vi e' stata rinuncia di parte alla
 pretesa tutelata in giudizio per ritenuta infondatezza della  stessa,
 debba  essere la parte stessa a farsi carico delle spese sostenute da
 controparte. Ove cio' non possa avvenire e' manifesto il  pregiudizio
 posto  dalla  legge  a carico di colui che, vedendosi riconosciuta da
 controparte la legittimita' e fondatezza del proprio ricorso e  senza
 che sia richiesta la sua accettazione, debba poi sostenere in proprio
 le spese avute per vedere affermata la sua pretesa.
   Il  problema  non  puo' risolversi nemmeno rimandando alle norme di
 rito civile. In esse infatti  vengono  conosciute  solo  la  rinuncia
 consensuale su inizativa di parte con accollo delle spese alla stessa
 rinunciante   (306  del  c.p.c.)  e  l'inattivita'  delle  parti  con
 compensazione delle spese (307 c.p.c.).
   Sembra alla commissione di intravedere, nel richiamato comma 3,
  dell'art. 46 d.P.R. n.  546/1992,  un  irragionevole  disparita'  di
 trattamento   a   svantaggio  del  contribuente  ed  un  favor  verso
 l'amminsitrazione.  La commissione, giudica tale stato di cose  privo
 di  valido  fondamento  e  quindi  idoneo  a violare, senza limiti di
 tempo, i diritti dei  contribuenti  in  trasgressione  dell'art.  97,
 primo  comma,  della Carta costituzionale laddove si statuisce che la
 legge debba garantire  l'imparzialita'  dell'amministrazione  nonche'
 dell'art.  3  che  garantisce  il pari trattamento davanti alla legge
 anche nei confronti  della  pubblica  amministrazione  quando  questa
 agisce   nel   contesto  di  una  sua  soggettivita'  sostanzialmente
 privatistica e cio' in linea con l'orientamento normativo volto  alla
 omologazione   del   "pubblico"   nel   piu'   ampio  concetto  della
 "privatizzazione".
   Pregevole,  al  fine   dell'accertamento   dell'esistenza   di   un
 trattamento di favore verso l'a.f., puo' essere la considerazione che
 nel   decreto   Min.  finanze  suddetto,  all'art.  7  -  Criteri  di
 economicita' per l'inizio e l'abbandono dell'attivita' contenziosa  -
 si  investono  le  direzioni  dipartimentali del compito di impartire
 direttive per l'abbandono delle liti  gia'  avviate  sulla  base  del
 "criterio  della  probabilita'  della soccombenza e della conseguente
 condanna dell'a.f. al rimborso delle spese di giudizio".
   E' lapalissiana la  coerente  realizzazione,  da  parte  dell'a.f.,
 della  scoperta  di  un  rimedio - o meglio scappatoia - al pagamento
 delle spese di una lite giusta ma innescata da un suo atto impositivo
 rivelatosi ingiusto o illegittimo.
   Ancora  in  tema  di  imparzialita'  della  legge  verso  le  parti
 costituite,  la  commissione  osserva come, ai sensi dell'art. 44 del
 decreto del  d.P.R.  n.  546/1992,  il  contribuente  ricorrente  che
 intenda  riunciare  al  ricorso debba, oltre che ottenere il consenso
 dell'a.f., farsi carico delle spese di giudizio.  La  norma  pare  in
 linea   con   i   principi   ritualistici   generali  e  trova  piena
 costituzionalita'  in  quanto  applicabile  anche  alla   controparte
 amministrazione  finanziaria. Ma con la successiva entrata "a regime"
 dell'istituto   dell'autotutela  riservato  all'a.f.,  si  e'  dotata
 quest'ultima di uno specialissimo potere di ritiro dal  processo.  Il
 conseguente  effetto di scudo contro le spese dato dal preesistente e
 piu'  volte  mentovato  comma  3,  art.  46,  non  pare,   a   questa
 commissione,  essere  effetto  voluto  dal  legislatore  ma  solo  il
 prodotto di mancato coordinamento normativo in grado di  generare  la
 denunciata possibile incostituzionalita'.
   Infatti  solo  ove l'autotutela scaturisse da una precisa richiesta
 del contribuente ricorrente si  puo'  ragionevolmente  ipotizzare  la
 compensazione  delle spese. Infatti, in questo caso, nell'istanza del
 ricorrente-contribuente, si puo' delineare un interesse di parte alla
 chiusura della lite che giustificherebbe ampiamente il  ricorso  alla
 compensazione delle spese.
   Ma,  come  nel caso di specie, l'autotutela non sia stata richiesta
 dal contribuente bensi', al contrario, gli  sia  stata  imposta,  non
 vede, la commissione, come non possa coagularsi un chiaro trattamento
 di  favore  verso  l'a.f.  con  conseguente  parzialita' del comma 3,
 dell'art.  46 del d.P.R. n. 546/1992 che qui si espone al  dubbio  di
 costituzionalita'.
   Non   meno  manifesta  pare  poi  la  fondatezza  della  violazione
 dell'art.  24, primo comma, della  Carta  fondamentale  che  sancisce
 l'intangibilita' della tutela giurisdizionale di ogni soggetto. Detta
 tutela  deve  essere  totale  non  potendosi  accettare zone franche.
 Quindi essa non puo' che estendersi  anche  al  diritto  al  rimborso
 delle  spese  di giudizio quando la parte ricorrente, senza che possa
 interloquire, vede sottrarsi  la  possibilita'  di  ristorarsi  delle
 spese  sostenute  per  far  fronte  ad una pretesa fiscale rivelatasi
 infondata. La circostanza che l'infondatezza non venga dichiarata dal
 giudice ma riconosciuta da controparte non deve privare il ricorrente
 del diritto al risarcimento, pena una evidente  ingiusta  mutilazione
 del suo buon diritto costituzionalmente protetto.
   La  mancanza  di  declaratoria  di  legittimita'  su  quest'ultima,
 conseguente alla sopravvenuta impossibilita' del  decisum,  non  puo'
 essergli  addebitata  quando,  a  forziori,  essa  mancanza  non  sia
 assolutamente a lui addebitabile.
   Non  possono  ammettersi  nell'ordinamento  giuridico   norme   che
 regolando la soccombenza delle spese, di fatto scoraggino l'accesso a
 qualunque  forma  di giustizia. In tal senso preclaro e' l'intervento
 del legislatore costituzionale nello stesso art. 24 laddove  assicura
 ai  non  abbienti  i  mezzi  per  agire  e  difendersi avanti ad ogni
 giurisdizione.
   Visti gli artt. 134 della Costituzione  e  23,  terzo  comma  della
 legge  11  mazo 1953, n. 87, la commissione tributaria provinciale di
 Modena, sez. VII,
                                P. Q. M.
   Giudica rilevante e non manifestamente infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale del comma 3, dell'art. 46 del d.P.R.  31
 dicembre 1992 n. 546 in riferimento agli artt. 3, 24, primo  e  terzo
 comma e 97, primo comma della Costituzione della Repubblica;
   Sospende  il giudizio, si riserva ogni altra pronuncia in rito e in
 merito  e   dispone   la   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti ed al Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri
 nonche'  comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della
 Camera dei deputati.
   Cosi' deciso in Modena, il 9 dicembre 1997.
                         Il presidente: Tardino
                                                 Il relatore: Roteglia
 Avvertenza - L'ordinanza n. 295 reg. ord. 1998,  sopra  riprodotta  e
 gia'  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale 1 serie speciale - n.  18
 del 6 maggio 1998, viene ripubblicata, su  richiesta  del  Presidente
 della  Corte  costituzione,  a  seguito  della  correzione  di errore
 materiale disposta dal giudice a quo.
 98C0851