N. 267 SENTENZA 7 - 17 luglio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sanita' pubblica - Regione Piemonte - Prestazioni sanitarie ricevute
 presso case di cura private - Rimborso delle spese - Condizione della
 preventiva   autorizzazione   U.S.L.   anche  quando  gravita'  delle
 condizioni dell'assistito ed  indifferibilita'  dell'intervento,  non
 fruibile  presso  strutture  sanitarie  pubbliche,  non permettono di
 richiederla in tempo - Mancata  assicurazione  dell'effettiva  tutela
 della salute - Irragionevolezza - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge  regione  Piemonte  23  aprile  1990,  n.  37, paragrafo 8.6.,
 dell'allegato 1).
 
(GU n.29 del 22-7-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici: prof. Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,    prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'allegato  I,  punto
 8.6,  della legge della regione Piemonte 23 aprile 1990, n. 37 (Norme
 per la  programmazione  socio-sanitaria  regionale  e  per  il  Piano
 socio-sanitario  regionale  per  il  triennio  1990-92), promosso con
 ordinanza  emessa  il  21 maggio 1997 dal pretore di Alba sul ricorso
 proposto da Severina Boschis contro Unita' sanitaria locale (Usl)  n.
 18  di  Alba,  iscritta  al  n.  721  del  registro  ordinanze 1997 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  43,  prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto l'atto di intervento della regione Piemonte;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  25  marzo 1998 il giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il pretore del lavoro  di  Alba,  nel  corso  di  un  processo
 instaurato   da  una  assistita  del  servizio  sanitario  nazionale,
 proseguito dai suoi eredi, nei confronti dell'Unita' sanitaria locale
 (Usl) n.18 di detto centro, onde ottenerne la  condanna  al  rimborso
 delle  spese  sostenute  per  un intervento chirurgico in una casa di
 cura privata,  con  ordinanza  del  21  maggio  1997,  ha  sollevato,
 d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale del paragrafo 8.6
 dell'allegato I della legge della regione Piemonte 23 aprile 1990, n.
 37  (Norme  per  la programmazione socio-sanitaria regionale e per il
 Piano  socio-sanitario  regionale  per  il  triennio   1990-92),   in
 riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.
   2.  -  La  ricorrente,  a  conforto  della  domanda, aveva eccepito
 l'illegittimita' del provvedimento  di  diniego  del  rimborso  delle
 spese, in quanto l'assoluta urgenza dell'intervento non le aveva reso
 possibile   richiedere   la   preventiva  autorizzazione  al  ricorso
 all'assistenza indiretta.
   La convenuta, costituitasi in giudizio, aveva eccepito  il  difetto
 di  giurisdizione,  in  quanto era stata richiesta la liquidazione di
 una somma eccedente il limite massimo stabilito per il rimborso;  nel
 merito,  aveva  dedotto  che  il provvedimento censurato era conforme
 alle disposizioni che disciplinano  le  modalita'  dell'accesso  alla
 assistenza indiretta.
   Il  pretore,  rigettata  l'eccezione  di difetto di giurisdizione a
 seguito della riduzione della domanda di rimborso, ha  denunziato  la
 norma regionale dianzi indicata.
   3. - Il giudice a quo premette che l'art. 3, secondo e terzo comma,
 della  legge  n.  595  del  1985,  attribuisce  alle  regioni ed alle
 province autonome il potere di stabilire anzitutto quali  prestazioni
 sanitarie   sono  fruibili  anche  in  forma  indiretta,  qualora  le
 strutture  pubbliche  o  convenzionate  non  possano  garantirne   la
 tempestiva  prestazione, ed inoltre di disciplinare le modalita' "per
 ottenere il concorso nella spesa sostenuta". L'allegato I,  paragrafo
 8.6,  della  legge  della  regione  Piemonte  23  aprile 1990, n. 37,
 condiziona il rimborso, totale o parziale, delle  spese  erogate  per
 fruire  di  tale tipo di assistenza alla preventiva autorizzazione da
 parte dei sanitari della Usl, rilasciata su proposta  del  medico  di
 base  prescelto  ovvero  dello  specialista  ospedaliero  nel caso di
 pazienti trasferiti direttamente da ospedali pubblici.
   La Usl convenuta in  giudizio,  ad  avviso  del  pretore,  ha  dato
 corretta applicazione alla norma che, pero', vulnera gli artt. 2, 3 e
 32 della Costituzione.
   3.1  -  Secondo  il  giudice a quo, la disposizione regionale viola
 anzitutto  l'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto  realizza  una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento tra coloro che versano in
 imminente pericolo di vita non eliminabile presso strutture pubbliche
 e  coloro  i  quali necessitano, invece, di una prestazione sanitaria
 non urgente. Infatti, soltanto i primi, pur in presenza di  tutte  le
 condizioni  previste  per  beneficiare dell'assistenza indiretta, non
 possono  ottenere  il  rimborso  delle  spese,  dato  che   l'urgenza
 dell'intervento   non   consente  di  dar  corso  alla  procedura  di
 autorizzazione. La disparita' sarebbe tanto piu'  ingiustificata,  in
 quanto  un  trattamento deteriore e' previsto proprio per quei casi i
 quali, per la gravita' della patologia, richiedono una  piu'  intensa
 tutela.
   La  norma,  prosegue il pretore di Alba, vulnera altresi' gli artt.
 2 e 32 della Costituzione, dato che impedisce, nei casi di necessita'
 ed urgenza, la tutela del bene primario della vita. Inoltre,  fa  si'
 che  colui  il  quale  e'  privo  dei  mezzi  economici  per accedere
 all'assistenza  indiretta,  e  non  puo'  richiedere  preventivamente
 l'autorizzazione,     versa     nell'impossibilita'    di    ottenere
 tempestivamente le cure indispensabili, con rischio per la sua stessa
 vita.
   4. -  Nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
 presidente della regione Piemonte, che ha eccepito l'inammissibilita'
 e comunque l'infondatezza della questione.
   L'interveniente sostiene preliminarmente che l'art. 8, commi 5 e 7,
 del  d.lgs.  30  dicembre  1992,  n.  502,  stabilisce  che le Unita'
 sanitarie locali devono assicurare ai  cittadini  l'erogazione  delle
 prestazioni  specialistiche,  avvalendosi,  tra  l'altro, anche delle
 strutture private sulla base di rapporti fondati  sull'erogazione  di
 un  corrispettivo  predeterminato, ed ha fissato al 30 giugno 1994 il
 termine entro il quale le  regioni  e  le  province  autonome  devono
 adottare   i   provvedimenti  necessari  per  l'accreditamento  delle
 strutture.  Per tale disposizione, il  servizio  sanitario  nazionale
 eroga  l'assistenza  avvalendosi  anche  di soggetti privati, purche'
 accreditati dall'amministrazione e le prestazioni fruite presso  case
 di   cura  private  sono  rimborsabili  soltanto  qualora  non  siano
 erogabili  presso  tutte   le   strutture,   pubbliche   o   private,
 accredidate.  Pertanto,  a  suo  avviso,  il  pretore  avrebbe dovuto
 anzitutto  chiarire  se  la  prestazione  in  oggetto  fosse  o  meno
 tempestivamente erogabile da una struttura convenzionata.
   4.1  - Nel merito, la regione deduce che, secondo la giurisprudenza
 costituzionale, il diritto alla salute e' pieno ed incondizionato nei
 limiti in cui il legislatore, attraverso un ragionevole bilanciamento
 fra i valori costituzionali e la commisurazione degli obiettivi  alle
 risorse  disponibili,  predisponga adeguate possibilita' di fruizione
 delle prestazioni sanitarie.
   Le norme che disciplinano la materia attuano appunto  il  principio
 del  concorso  dello Stato nella spesa per le prestazioni sanitarie e
 consentono  di   fruirne   anche   presso   strutture   private   ma,
 ragionevolmente,    condizionano    tale   facolta'   alla   verifica
 dell'impossibilita'  della  loro  erogazione  da  parte   di   quelle
 pubbliche    o    convenzionate.   E'   inesatto,   conclude   infine
 l'interveniente,  che  l'autorizzazione   preventiva   realizzi   una
 disparita'  di  trattamento,  in  quanto  non permetterebbe l'accesso
 all'assistenza indiretta da parte  degli  assistiti  che  versano  in
 situazione  di  difficolta'  economica.  Infatti,  il rimborso non e'
 erogato  anticipatamente,  ma  soltanto  dopo  la   fruizione   della
 prestazione,  cosicche'  l'autorizzazione  preventiva  e'  inidonea a
 determinare ex se la disparita' eccepita dal giudice a quo.
                        Considerato in diritto
   1. -   La questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
 pretore  di  Alba  con  l'ordinanza  indicata in epigrafe riguarda il
 paragrafo 8.6 dell'allegato I della legge della regione  Piemonte  23
 aprile  1990,  n.  37  (Norme  per  la programmazione socio-sanitaria
 regionale e per il Piano socio-sanitario regionale  per  il  triennio
 1990-92),  nella  parte in cui stabilisce che il rimborso delle spese
 erogate per le prestazioni sanitarie ricevute  presso  case  di  cura
 private  e'  condizionato  dalla  preventiva autorizzazione della Usl
 competente anche nei casi nei  quali  la  gravita'  delle  condizioni
 dell'assistito  e  l'indifferibilita'  dell'intervento,  non fruibile
 presso strutture sanitarie pubbliche, non permettono  di  richiederla
 in tempo.
   Il giudice a quo dubita che tale disposizione violi, innanzi tutto,
 l'art.  3  della  Costituzione,  poiche'  determina un'ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  tra  coloro  che  versano  in  imminente
 pericolo  di vita e non possono ottenere le cure necessarie presso le
 strutture pubbliche e coloro che necessitano di analoghe cure, ma non
 con carattere  di  urgenza,  dato  che  soltanto  ai  primi,  benche'
 meritevoli  di  piu'  intensa  tutela, non e' accordato il diritto al
 rimborso delle spese sostenute, anche se sussistono  tutte  le  altre
 condizioni previste dalla norma.
   Secondo  il  giudice a quo, la disposizione in esame viola altresi'
 gli  artt.  2  e  32  della  Costituzione,  dato  che  l'onere  della
 preventiva  autorizzazione,  anche  nei casi di necessita' ed urgenza
 della prestazione sanitaria, lede il diritto alla tutela della salute
 e, in certi casi, addirittura il  diritto  alla  vita,  con  evidente
 disparita'   di  trattamento  "con  i  cittadini  piu'  abbienti  che
 potrebbero comunque far  fronte  alla  spesa  sanitaria  in  caso  di
 mancato rimborso da parte dello Stato".
   2.   -   In   via   preliminare   va   esaminata   l'eccezione   di
 inammissibilita' della questione, per difetto  di  motivazione  sulla
 rilevanza, sollevata dalla regione Piemonte.
   L'eccezione  non  puo' essere accolta, giacche' il pretore di Alba,
 nel  libero  apprezzamento  dei  fatti  oggetto  del   giudizio,   ha
 congruamente  indicato, nell'ordinanza di rimessione, i termini della
 fattispecie, precisando, in particolare, che l'assistita  versava  in
 condizioni  di  salute  tali  da  rendere  indifferibile l'intervento
 chirurgico,  che  peraltro  poteva  essere  effettuato   solo   nella
 struttura  sanitaria,  in  cui fu appunto eseguito. Le considerazioni
 del  giudice  rimettente  appaiono  dunque  sufficienti   a   rendere
 ammissibile,  sotto  il  profilo  della rilevanza della questione, il
 presente  giudizio  di  costituzionalita',  tanto   piu'   che,   per
 consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la valutazione sulla
 rilevanza compiuta dal giudice  a  quo  puo'  essere  disattesa  solo
 quando  appaia  del tutto implausibile (tra le tante, sentenza n. 286
 del 1997).
   3. - Nel merito, la questione e' fondata.
   Va  preliminarmente  rilevato  che  la  disposizione  espressamente
 censurata - e sulla quale pertanto si deve esercitare lo scrutinio da
 parte  di  questa  Corte  - e' quella della legge regionale n. 37 del
 1990, la quale da' attuazione all'art.  3,  secondo  e  terzo  comma,
 della  legge  23  ottobre  1985,  n. 595 (Norme per la programmazione
 sanitaria e per il piano sanitario triennale 1986-88). Questa  ultima
 norma dispone che le leggi regionali e provinciali stabiliscono quali
 prestazioni   sanitarie   possono  "essere  erogate  anche  in  forma
 indiretta nel caso in cui  le  strutture  pubbliche  o  convenzionate
 siano   nell'impossibilita'  di  erogarle  tempestivamente  in  forma
 diretta", nonche' le modalita' per accedere alle prestazioni  e  "per
 ottenere il concorso nella spesa sostenuta".
   Si  tratta  dunque  di  una  norma  che  non  da' luogo, secondo la
 giurisprudenza costituzionale, ad una soluzione univoca in ordine  ai
 modi,  ai  tempi,  alla  misura ed ai controlli relativi ai rimborsi.
 Essa prevede, invero, la  possibilita'  di  soluzioni  differenziate,
 riservate  alla  discrezionalita'  del  legislatore regionale, le cui
 scelte sono peraltro soggette allo  scrutinio  di  ragionevolezza  da
 parte  della  Corte  costituzionale  in  riferimento  alla tutela del
 diritto alla salute, compatibilmente con la protezione  da  accordare
 agli  altri  valori  costituzionali  rilevanti  (sentenza  n. 304 del
 1994).
   4. - Il paragrafo 8.6 dell'allegato I  della  legge  della  regione
 Piemonte  n.  37  del  1990, nel disciplinare le modalita' di accesso
 all'assistenza indiretta, dispone che, al  fine  del  concorso  nella
 spesa   sostenuta   dall'assistito,  "la  prestazione  dovra'  essere
 preventivamente autorizzata". La chiara lettera della disposizione  e
 la    mancata    previsione    di    qualunque    deroga   confortano
 l'interpretazione del giudice rimettente, secondo cui e' proprio tale
 disposizione, per il suo carattere di assolutezza,  e  non  gia'  gli
 atti  regionali amministrativi attuativi, a fare escludere il diritto
 al rimborso delle spese, anche nei casi  nei  quali  l'assistito  non
 abbia  potuto  richiedere  preventivamente l'autorizzazione stessa, a
 causa dell'urgenza ed indifferibilita' della  prestazione  sanitaria,
 pur sussistendo tutti i presupposti sostanziali richiesti.
   Cosi'  interpretata,  la  disposizione  denunciata appare, in parte
 qua, lesiva degli artt. 3 e 32 della Costituzione. Questa Corte,  con
 giurisprudenza consolidata, ha infatti ripetutamente affermato che il
 diritto  alla  salute,  previsto  dall'art. 32, implica il diritto ai
 trattamenti sanitari necessari per la sua tutela ed e' "garantito  ad
 ogni   persona   come   un  diritto  costituzionalmente  condizionato
 all'attuazione che il legislatore ne da' attraverso il  bilanciamento
 dell'interesse  tutelato  da  quel  diritto  con  gli altri interessi
 costituzionalmente protetti" (ex plurimis, sentenze n. 304 del  1994,
 n. 218 del 1994, n. 247 del 1992, n. 455 del 1990). In questa ottica,
 l'ammissione  all'assistenza  indiretta - come il diritto alla scelta
 del medico e del luogo di cura - deve essere quindi contemperata  con
 gli  altri  interessi  costituzionalmente  protetti, tenuto conto dei
 limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra in relazione alle
 risorse organizzative e finanziarie, di cui dispone (sentenza n.  247
 del 1992).
   Nel   quadro   di   tali  principi,  il  bilanciamento  tra  valori
 costituzionalmente rilevanti ha indotto questa Corte ad affermare  in
 particolare  che  il  nucleo  essenziale del diritto alla salute deve
 ritenersi salvaguardato da quelle disposizioni di legge - come l'art.
 3 della legge n. 595 del 1985 - che legittimano il ricorso a forme di
 assistenza indiretta nelle ipotesi in cui le strutture  del  servizio
 sanitario - incluse quelle convenzionate ed oggi quelle accreditate -
 non   fossero   in  grado  di  assicurare  un  tempestivo  intervento
 sanitario, reso peraltro indifferibile  dalle  condizioni  di  salute
 della  persona  bisognosa di prestazioni di cura (sentenza n. 304 del
 1994). Ed e' proprio il citato art. 3, della legge n. 595 del 1985  a
 demandare, nella specie, al legislatore regionale di stabilire i casi
 di  ammissione,  con  certe  modalita', a questa particolare forma di
 assistenza e di stabilire altresi' il relativo concorso nella  spesa,
 quando  le  strutture  sanitarie,  attraverso  le  quali  e'  erogata
 l'assistenza diretta, non siano in grado di assicurare la  tempestiva
 prestazione   delle   cure  necessarie,  impedendo  cosi'  che  siano
 configurabili situazioni prive di tutela e garantendo in tal modo  la
 compiuta attuazione del diritto alla salute.
   La norma legislativa regionale censurata, invece, escludendo, senza
 giustificazione,  in  modo  assoluto  ed indifferenziato ogni ristoro
 delle  spese  in  tutti  i  casi  nei  quali  l'assistito  non  abbia
 preventivamente  chiesto l'autorizzazione per accedere all'assistenza
 indiretta, senza contemplare alcuna deroga, neppure qualora ricorrano
 particolari condizioni di indispensabilita', di gravita'  ed  urgenza
 non  altrimenti  sopperibili,  non  assicura l'effettiva tutela della
 salute  e  vulnera  la  garanzia  dell'art.  32  della  Costituzione,
 ponendosi  altresi'  in  contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione,
 perche' realizza una soluzione intrinsecamente  non  ragionevole.  La
 previsione  legislativa  del  sistema autorizzatorio attua infatti un
 equilibrato contemperamento tra le esigenze di natura finanziaria  ed
 organizzativa   -   che   giustificano   il   carattere   eccezionale
 dell'assistenza indiretta - e la necessita' di  assicurare  piena  ed
 effettiva  tutela  della  salute  nei  casi  nei  quali  le strutture
 sanitarie preposte all'assistenza  diretta  non  siano  in  grado  di
 erogare  le  cure  indispensabili.  Ma  l'assolutezza  del  carattere
 preventivo del provvedimento autorizzatorio  determina  un  vuoto  di
 tutela  proprio  nei  casi  nei  quali  la  gravita' delle condizioni
 dell'assistito non consente di adempiere a tale  modalita'  temporale
 di  espletamento  della domanda di autorizzazione, senza peraltro che
 la soluzione legislativamente prescritta appaia  imposta  da  ragioni
 plausibili.
   In  effetti, la soluzione costituzionalmente corretta e' quella che
 prevede,  limitatamente  a  queste  ipotesi,  il  differimento  della
 verifica  sui presupposti sostanziali, nonche' di gravita' ed urgenza
 che hanno impedito la preventiva  richiesta  di  autorizzazione  alla
 prestazione  sanitaria, ad un momento successivo all'erogazione della
 prestazione stessa. In questo modo si permette egualmente un adeguato
 bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti,  evitando,  da  un
 lato,  carenza di tutela proprio nei casi in cui appare piu' grave il
 rischio per il bene primario della salute e non alterando, dall'altro
 lato, i criteri di fondo  che  regolano  il  riparto  tra  regime  di
 assistenza diretta e regime di assistenza indiretta.
   Va  pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma
 censurata nella parte in cui non prevede il concorso nelle spese  per
 l'assistenza  indiretta  per le prestazioni di comprovata gravita' ed
 urgenza, limitatamente a quelle ipotesi per le quali  non  sia  stato
 possibile  ottenere  la preventiva autorizzazione, ferme le ulteriori
 condizioni necessarie per il rimborso.
   Resta di conseguenza assorbito ogni altro profilo di censura.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'   costituzionale   del   paragrafo  8.6
 dell'allegato I della legge della regione Piemonte 23 aprile 1990, n.
 37 (Norme per la programmazione socio-sanitaria regionale  e  per  il
 Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1990-92), nella parte
 in cui non prevede il concorso nelle spese per l'assistenza indiretta
 per  le prestazioni di comprovata gravita' ed urgenza, quando non sia
 stato possibile ottenere la preventiva autorizzazione e sussistano le
 altre condizioni necessarie per il rimborso.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1998.
 Il Presidente: Granata
 Il redattore: Capotosti
 Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 17 luglio 1998.
 Il cancelliere: Fruscella
 98C0869