N. 572 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 1998

                                N. 572
  Ordinanza  emessa il 21 maggio 1998 dal pretore di Montepulciano nel
 procedimento penale a carico di Benenati Carlo
 Processo penale - Procedimento per decreto - Decreto che  dispone  il
    giudizio  emesso  dal  g.i.p.,  ai  sensi  dell'art. 565, comma 2,
    c.p.p.  - Presupposti - Interrogatorio  dell'indagato  o  notifica
    dell'invito  a  presentarsi per rendere l'interrogatorio - Mancata
    previsione - Disparita' di trattamento  rispetto  all'ipotesi  del
    decreto  di  citazione a giudizio emesso nella forma ordinaria dal
    p.m.
 (C.P.P. 1988, art. 555, comma 2).
 (Cost., art. 3).
(GU n.36 del 9-9-1998 )
                              IL PRETORE
   Visti gli atti  del  procedimento  n.  105/1998  r.g.  pretura  nei
 confronti  di  Benenati Carlo, nato a Roma il 13 marzo 1960, imputato
 del reato di cui agli articoli 81, 646, 61 n. 11 codice penale.
                           Premesso in fatto
   Con decreto penale n.  119/1997,  dell'11  ottobre  1997,  Benenati
 Carlo  veniva condannato dal g.i.p. di questa pretura per il reato di
 cui in rubrica alla pena di L. 2.500.000 di multa, oltre le spese del
 procedimento.  Avverso  tale  decreto  l'imputato  proponeva  rituale
 opposizione,  chiedendo  la  celebrazione  del rito ordinario, che si
 instaurava a  seguito  di  emanazione  del  decreto  che  dispone  il
 giudizio del 3 dicembre 1997 da parte del g.i.p.
   Al  dibattimento,  revocato il decreto penale opposto, il difensore
 di  fiducia  dell'imputato  sollevava  preliminarmente  eccezione  di
 nullita'  del  decreto  di citazione a giudizio poiche' non preceduto
 dall'invito a  presentarsi  per  rendere  l'interrogatorio  ai  sensi
 dell'art.   375,   comma  3,  codice  di  procedura  penale;  in  via
 subordinata, qualora l'eccezione di nullita'  fosse  stata  respinta,
 chiedeva venisse sollevata questione di illegittimita' costituzionale
 degli  articoli  459 e 555, comma 2, codice di procedura penale nella
 parte in cui non  prevedono  a  pena  di  nullita'  che  il  pubblico
 ministero   debba   emettere   l'invito  a  presentarsi  per  rendere
 l'interrogatorio ai sensi dell'art.  375,  comma  3,  del  codice  di
 procedura penale.
                          Ritenuto in diritto
   Con  riferimento alla rilevanza, ai sensi dell'art. 23, della legge
 n. 87, dell'11 marzo 1953,  la  questione  e'  considerata  rilevante
 qualora   il   giudizio   in   corso   "non   possa  essere  definito
 indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
 costituzionale"   in  via  incidentale.  Nel  caso  in  oggetto  deve
 ritenersi che la questione sia  rilevante,  in  quanto  la  decisione
 sull'opposizione  non  puo'  prescindere  dalla  previa  decisione in
 ordine alla lamentata nullita' del decreto  che  dispone  a  giudizio
 emesso  dal g.i.p., con la conseguente applicazione dell'art. 555 del
 codice di procedura penale, del quale, appunto, si assume  il  dubbio
 circa la legittimita' costituzionale.
   In  ordine  al merito della questione, ritiene il giudicante che la
 stessa, seppure nei  termini  che  seguono,  non  sia  manifestamente
 infondata.
   Con  la  novella introdotta dalla legge n. 234, del 16 luglio 1997,
 il  legislatore  ha,  tra  l'altro,   stabilito   in   via   generale
 l'obbligatorieta'   per  il  pubblico  ministero  procedente  in  via
 ordinaria  di  invitare  nella  fase   delle   indagini   preliminari
 l'indagato  a  rendere  l'interrogatorio, trasformando quella che nel
 precedente regime era una mera modalita' di espletamento di  un  atto
 tipico  della  fase  procedimentale  - l'interrogatorio della persona
 sottoposta alle indagini appunto  -  in  un  requisito  di  legalita'
 dell'iter  processuale  il  cui  mancato rispetto genera una nullita'
 relativa. Piu'  precisamente,  con  riferimento  al  procedimento  in
 tribunale,  il  comma  2,  dell'art.  2,  della legge n. 234/1997, ha
 aggiunto un ulteriore periodo al comma 1, dell'art.  416,  codice  di
 procedura  penale  in  base  al  quale  "... La richiesta di rinvio a
 giudizio e' nulla se non e' preceduta dall'invito a  presentarsi  per
 rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375, comma 3"; per quanto
 riguarda  il  rito pretorile, il comma 3, dell'art. 2, della legge n.
 234/1997, ha inserito nel corpo del comma 2, dell'art. 555, codice di
 procedura penale le parole "... se non  e'  preceduto  dall'invito  a
 presentarsi  per  rendere  l'interrogatorio  ai  sensi dell'art. 375,
 comma 3, ..."   ricollegando alla  mancata  notifica  dell'invito  la
 nullita' del decreto di citazione a giudizio.
   La riforma indicata non si e' preoccupata peraltro di coordinare la
 nuova  normativa  con le disposizioni codicistiche che disciplinano i
 riti cosiddetti speciali, in particolare con le  norme  di  cui  agli
 artt.  459  e  ss.  del  codice  di  procedura penale che regolano il
 procedimento per decreto. L'assenza di  qualunque  riferimento  nella
 novella  del '97 al sopra indicato rito alternativo induce a ritenere
 che la disciplina di tale procedimento sia rimasta  invariata  e  che
 quindi  l'eventuale  omissione dell'invito a presentarsi da parte del
 pubblico ministero deciso a  richiedere  al  g.i.p.  l'emissione  del
 decreto  penale di condanna non costituisca causa di nullita', e cio'
 in  considerazione  della  circostanza  che  la  normativa  novellata
 sanziona  due  atti,  la  richiesta  di  rinvio  a  giudizio nel rito
 tribunalizio  ed  il  decreto  di  citazione  a  giudizio  in  quello
 pretorile,  che  sono  assenti nel procedimento speciale per decreto,
 almeno nella sua fase per cosi' dire necessaria.
   Tale esclusione e' foriera di notevoli dubbi  in  ordine  alla  sua
 conformita'  alla Costituzione (in particolare agli articoli 3 e 24),
 culminati con la recente ordinanza del g.i.p. del tribunale di Milano
 del 21 gennaio 1998, con la quale si e' affermata  la  non  manifesta
 infondatezza  della  questione di costituzionalita' dell'art. 459 del
 codice di procedura penale nella parte in cui  non  contempla  tra  i
 presupposti   della   richiesta   di   decreto   penale  di  condanna
 l'interrogatorio dell'indagato o la notifica al medesimo  dell'invito
 a  presentarsi  per renderlo e cio' per l'assorbente rilievo in forza
 del quale con la legge n. 234 del 1997, sarebbe  radicalmente  mutato
 l'assetto  dell'ordinamento,  che originariamente prevedeva l'obbligo
 di interrogatorio come eccezione, registrandosi la chiara  intenzione
 del  legislatore  di impedire l'esercizio dell'azione penale inaudita
 altera parte, nel tentativo  di  dare  piu'  concreta  attuazione  al
 diritto di difesa costituzionalmente garantito.
   A  parere  di  questo giudicante, al di la' delle censure mosse dal
 g.i.p. del tribunale di Milano, la  mancata  previsione  dell'obbligo
 per   il   pubblico   ministero  di  invitare  l'indagato  a  rendere
 l'interrogatorio nel procedimento di cui agli artt.  459  e  ss.  del
 codice   di   procedura   penale,   suscita   serie  perplessita'  di
 compatibilita' con l'art. 3 della Costituzione  nella  parte  in  cui
 enuncia   il   principio  di  uguaglianza,  inteso  nel  senso  ormai
 consolidato di obbligo per il legislatore  di  disciplinare  in  modo
 uguale   situazioni   uguali,  potendo  differenziare  la  disciplina
 applicabile soltanto laddove le situazioni oggetto della stessa siano
 ragionevolmente  diverse.  Detta   mancata   previsione   assume   un
 particolare rilievo dato il pregiudizio della posizione dell'imputato
 all'interno  del  procedimento  per  decreto  rispetto alla posizione
 dell'imputato che si trovi, invece, a subire un  procedimento  penale
 ordinario:  piu'  in particolare, deve prendersi in considerazione il
 caso in cui l'imputato destinatario di un decreto penale di  condanna
 abbia  esercitato  la  facolta' attribuitagli dall'art. 461 codice di
 procedura penale  di  proporre  opposizione  avverso  il  decreto  e,
 trattandosi  di  rito  pretorile, abbia chiesto al g.i.p. l'emissione
 del decreto che dispone il  giudizio,  come  indicato  nel  comma  2,
 dell'art.    565,  codice di procedura penale. In simili fattispecie,
 infatti,  si  verifica  l'iniqua  disparita'   di   trattamento   tra
 l'imputato  che  perviene  al dibattimento a seguito di opposizione a
 decreto penale senza che gli sia stato  notificato  l'invito  di  cui
 all'art. 375, comma 3, codice di procedura penale -  e che non potra'
 processualmente  far  rilevare  in  alcun  modo  l'eventuale  mancata
 notificazione dell'invito a rendere l'interrogatorio -  e  l'imputato
 citato a giudizio secondo le forme ordinarie il quale, invece, potra'
 eccepire  la  nullita'  del  procedimento in caso di mancato rispetto
 della norma di cui al  novellato  art.    555,  comma  2,  codice  di
 procedura penale.
   Le due fattispecie indicate, in sostanza, pur avendo come risultato
 finale  identico  la celebrazione del dibattimento, sono disciplinate
 in modo differente dalla  normativa  vigente.  L'irragionevolezza  di
 tale  disparita'  di  trattamento  appare  ancor  piu' evidente se si
 osserva come la  diversita'  dell'iter  processuale  che  conduce  in
 entrambe  le  ipotesi  alla  instaurazione  della fase dibattimentale
 (procedimento  per  decreto  in  un   caso   e   giudizio   ordinario
 nell'altro),   dipenda   esclusivamente  dalla  discrezionalita'  del
 pubblico ministero che  in  relazione  ai  reati  per  i  quali  (nel
 concorso  degli  altri  presupposti stabiliti dall'art. 459 codice di
 procedura penale) risulti applicabile una pena  pecuniaria  anche  in
 sostituzione  di  una  pena detentiva, puo' liberamente optare per il
 rito speciale senza che l'indagato abbia facolta' alcuna di  incidere
 sul  contenuto  di  tale  decisione.    Ne'  d'altra  parte  esistono
 particolari tipi di reati che il legislatore abbia ritenuto di  dover
 perseguire  esclusivamente  attraverso  le forme del procedimento per
 decreto, ben potendo, infatti, in ogni  caso  il  pubblico  ministero
 scegliere di esercitare l'azione penale nelle forme ordinarie.
   Se  peraltro  al  legislatore  ordinario  puo' ritenersi consentito
 prevedere tipologie di  procedimenti  speciali  che  per  ragioni  di
 politica  criminale  (principalmente  la  celerita'  del  rito  e  la
 finalita' deflattiva) sono strutturati con modalita'  tali  da  poter
 pervenire   ad   una   condanna  anche  inaudita  altera  parte,  non
 altrettanto puo' dirsi qualora il rito speciale riprenda il  percorso
 ordinario  come  puo'  accadere  a  seguito  di opposizione a decreto
 penale di condanna; se e quando si giunga al dibattimento, l'imputato
 deve   aver   avuto  la  possibilita'  di  rendere  l'interrogatorio,
 qualunque sia la strategia di indagine prescelta dall'accusa.
   In tal senso allora, i dubbi di costituzionalita', piu' che  l'art.
 459  codice di procedura penale riguardano il comma 2, dell'art. 555,
 codice di procedura penale in qualita' di tertium  comparationis,  in
 quanto   non   prevede  la  nullita'  in  caso  di  mancata  notifica
 dell'invito a  presentarsi  non  solo  del  decreto  di  citazione  a
 giudizio  emesso  nelle  forme  ordinarie  dal pubblico ministero, ma
 anche del decreto che dispone il giudizio emesso dal g.i.p.  ex  art.
 565, comma 2, codice di procedura penale.
   Non  appare possibile, del resto, interpretare la dizione "decreto"
 contenuta all'inizio del  comma 2, dell'art. 555, codice di procedura
 penale nel senso che ricomprenda anche il decreto di citazione emesso
 dal g.i.p., cio' che renderebbe chiaramente infondata la questione di
 costituzionalita' proposta ed accoglibile l'eccezione di nullita' del
 decreto di citazione sollevata dalla difesa  dell'imputato.  Infatti,
 anche a prescindere dalla diversa qualificazione giuridica attribuita
 dal  legislatore  ai  due  atti,  decreto  di  citazione a giudizio e
 decreto che dispone  il  giudizio,  da  un  esame  sistematico  della
 riforma  del  luglio del 1997 appare chiara l'intentio legis di voler
 riferire la nullita' a due atti la cui  emanazione  e'  di  esclusiva
 competenza  al pubblico ministero, vale a dire la richiesta di rinvio
 a giudizio regolata dall'art. 416 codice di procedura  penale  ed  il
 decreto  di citazione a giudizio disciplinato dall'art. 555 codice di
 procedura penale.
   Per i motivi esposti la questione di costituzionalita' espressa nei
 termini sopra indicati deve ritenersi rilevante e non  manifestamente
 infondata,   prospettandosi   la   violazione   dell'art.   3   della
 Costituzione.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 1, della legge costituzionale n. 1, del 9  febbraio
 1948,  e  23,  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  non
 manifestamente infondata la questione di costituzionalita', ai  sensi
 dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 555, comma 2, del codice di
 procedura penale, nella parte in cui non prevede che anche il decreto
 che  dispone  il  giudizio  emesso dal g.i.p. ai sensi dell'art. 565,
 comma 2, del codice di procedura penale sia nullo ove  non  preceduto
 dall'invito  a  presentarsi  per  rendere  l'interrogatorio  ai sensi
 dell'art. 375, comma 3, del codice procedura penale;
   Dispone  la  sospensione  del  procedimento  in   epigrafe   e   la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica.
     Montepulciano, addi' 21 maggio 1998
                           Il pretore: Lesti
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