N. 576 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1998

                                N. 576
  Ordinanza emessa il 29 gennaio 1998 dal Consiglio nazionale  forense
 sul ricorso proposto da Lambertini Paolo
 Avvocato e procuratore - Iscrizione all'albo - Divieto per i pubblici
    dipendenti - Previsione, con norma autoqualificata interpretativa,
    dell'inapplicabilita'  agli impiegati di pubbliche amministrazioni
    con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa
    non  superiore  al  cinquanta  per cento di quella a tempo pieno -
    Irragionevolezza - Introduzione di norma innovativa  celata  sotto
    veste  interpretativa  -  Incidenza  sul  diritto  di difesa e sui
    principi di  indipendenza  ed  autonomia  della  magistratura,  di
    fedelta'  alla  Repubblica  e servizio esclusivo della Nazione dei
    pubblici impiegati, di imparzialita' e buon andamento della p.a.
 Avvocato e procuratore -  Iscrizione  all'albo  -  Abrogazione  delle
    disposizioni  che  vietano  l'iscrizione  all'albo  per i pubblici
    dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione
    lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a  tempo
    pieno  -  Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa e sui
    principi di  autonomia  ed  indipendenza  della  magistratura,  di
    fedelta'  alla  Repubblica  e servizio esclusivo della Nazione dei
    pubblici impiegati, di imparzialita' e buon andamento della p.a.
 (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma  56;  d.-l.  28  marzo
    1997, n. 79, art. 6, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140).
 (Cost., artt. 3, 24, 54, 70, 97, 98, 101 e 104).
(GU n.36 del 9-9-1998 )
                    IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza;
   Visto  il  ricorso  n.  190/1997  r.g.  proposto  dal  dott.  Paolo
 Lambertini, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Mancini,  avverso
 la  decisione  in  data  14  luglio  1997  con  la quale il Consiglio
 dell'ordine degli avvocati di Ferrara rigettava  la  sua  domanda  di
 iscrizione all'albo degli avvocati per incompatibilita' - part-time;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti gli atti di causa;
   Relatore  alla  pubblica udienza del 29 gennaio 1998 il consigliere
 Piero Guido Alpa;
   E udito il  sostituto  procuratore  generale  presso  la  Corte  di
 cassazione Domenico Iannelli;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F a t t o
   1.  -  Con  concorso  del  25  luglio 1997, depositato in pari data
 presso la segreteria del  Consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  di
 Ferrara,  il dott. Paolo Lambertini, rappresentato e difeso dall'avv.
 Andrea Mancini, del foro di Roma, presso il  quale  e'  elettivamente
 domiciliato in Viale delle Milizie, 38, ha impugnato il provvedimento
 del suddetto Ordine, assunto in data 14 luglio 1997, notificatogli in
 data  18  luglio  1997,  con  il  quale  l'Ordine ha rigettato la sua
 domanda di iscrizione all'albo degli avvocati di Ferrara.
   2. - La domanda, presentata il 21 aprile  1997,  precisava  che  il
 dott.  Lambertini  e'  iscritto nell'elenco speciale annesso all'Albo
 quale dipendente del comune di Ferrara addetto all'ufficio legale del
 comune stesso; l'istante richiedeva,  ai  sensi  dell'art.  1,  commi
 56-65  del  d.lgs.  n. 662/1996 e dell'art. 6 d.-l. 28 marzo 1997, n.
 79, l'ammissione all'albo e la contestuale cancellazione  dall'elenco
 speciale,   essendo   stato  autorizzato  dal  comune  del  quale  e'
 dipendente a modificare il proprio rapporto di lavoro da tempo  pieno
 a tempo parziale.
   Con  lettera  del  19  maggio  1997  l'istante  veniva invitato dal
 consiglio ad esporre le proprie ragioni  all'udienza  del  23  maggio
 1997, e quivi depositava memoria a sostegno della propria richiesta e
 in replica al parere reso da questo consiglio in data 11 aprile 1997.
   Il  consiglio,  atteso  il  parere  sopra richiamato, e altresi' il
 successivo parere del 20 giugno 1997, precisato il significato  delle
 disposizioni  invocate  dall'istante,  e  richiamati  i  principi  di
 indipendenza e di autonomia degli esercenti la  professione  forense,
 ai  quali  si  contrappone l'interpretazione delle disposizioni sopra
 richiamate proposta dal  richiedente,  ha  rigettato  la  domanda  di
 iscrizione dell'avvocato Lambertini per ragioni di incompatibilita' e
 ha  disposto  la cancellazione a richiesta dall'elenco speciale degli
 avvocati addetti agli uffici legali conservato dall'Ordine.
   3. - Nell'atto di impugnazione  il  ricorrente  sottolinea  che  il
 comma  56-bis del decreto citato ha chiarito il significato del comma
 56,  dell'art.  1,  prec.  introdotto  il  quale   ha   abrogato   le
 disposizioni  che  vietano  l'iscrizione  ad  albi  e  l'esercizio di
 attivita' professionali per i soggetti di cui al comma 56, ed esclude
 che tale normativa possa ritenersi applicabile  a  tutti  gli  ordini
 professionali  con  eccezione di quello forense. Esclude altresi' che
 sia  fondata  la  distinzione,  effettuata   dall'Ordine   ferrarese,
 seguendo  in  cio' il parere di questo consiglio, secondo la quale le
 disposizioni citate sono a tutela del pubblico impiego, mentre l'art.
 3 del r.d.-l. n.  1578 del 1933 sarebbe posto a tutela dell'autonomia
 e dell'indipendenza della avvocatura. Cio' perche':
     le  disposizioni  invocate,  abrogando  i  divieti  di  esercizio
 dell'attivita'   professionale,   non   possono  che  riferirsi  alla
 normativa disciplinante gli albi medesimi e quindi  non  possono  che
 abrogare  quelle  disposizioni riguardanti gli albi che fanno divieto
 di iscrizione ai dipendenti;
     l'interpretazione   sostenuta   dal   consiglio   ferrarese    si
 risolverebbe o nella disapplicazione della legge finanziaria, venendo
 meno  l'incentivo  alla  richiesta  di part-time, con riduzione della
 retribuzione e della spesa delle amministrazioni, o in una violazione
 del principio di eguaglianza, dovendosi ritenere che  la  professione
 forense abbia valenza diversa rispetto alle altre professioni;
     la   disciplina   invocata  vieta  il  patrocinio  ai  dipendenti
 part-time dove sia parte una pubblica amministrazione;
     la disciplina invocata ha introdotto ulteriori eccezioni a quelle
 gia' previste dall'art. 3 L.O.F.
   Il ricorrente impugna il  provvedimento  altresi'  per  motivazione
 erronea e insufficiente, in quanto non e' esatto quanto sostenuto dal
 consiglio  ferrarese  in  ordine  alla  autonomia  e indipendenza dei
 pubblici impiegati, come emerge per contro dalla disciplina del  t.u.
 sul  pubblico  impiego  del  1957,  e  in  quanto  la motivazione del
 provvedimento consiste  nell'integrale  riproduzione  del  testo  del
 parere di questo Consiglio.
   4.  -  All'udienza  del  29  gennaio  1997  e'  comparso  il  dott.
 Lambertini, assistito dall'avv. Mancini.
   Il consigliere relatore avv. Guido Alpa effettua la relazione.
   Il p.g. Iannelli conclude per l'accoglimento del ricorso.
   Il dott. Lambertini, invitato dal  presidente  ad  esporre  la  sua
 posizione giuridica, risponde: "sono impiegato del comune di Ferrara,
 addetto all'ufficio tributi, quale responsabile delle imposte locali,
 nonche'  quale  addetto  al  contenzioso  tributario.  Ho  chiesto la
 cancellazione dall'albo speciale". L'avv.  Mancini  perora  l'istanza
 del ricorrente ed insiste per l'accoglimento del ricorso.
                             D i r i t t o
   5.  -  La disposizione in virtu' della quale il ricorrente, in data
 17  aprile  1997,  ha  proposto  all'Ordine  di  Ferrara  istanza  di
 iscrizione all'albo degli avvocati e' l'art. 6, comma 2, del d.-l. 28
 marzo   1997,   n.   79,  entrato  in  vigore  il  giorno  della  sua
 pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale cioe' il  29  marzo  1997,  il
 quale  recita:    "56-bis.  Sono abrogate le disposizioni che vietano
 l'iscrizione ad albi e l'esercizio di attivita' professionali  per  i
 soggetti  di  cui al comma 56. Restano ferme le altre disposizioni in
 materia di requisiti per l'iscrizione ad  albi  professionali  e  per
 l'esercizio delle relative attivita', ai dipendenti pubblici iscritti
 ad  albi  professionali  e che esercitano attivita' professionale non
 possono essere conferiti incarichi professionali dall'amministrazione
 di appartenenza".
   Pendente tempore, prima che l'Ordine  di  Ferrara  si  pronunciasse
 sull'istanza,  la disposizione e' stata modificata in senso additivo,
 ma senza modificare i  presupposti  sui  quali  era  stata  formulata
 l'istanza,  dalla legge di conversione del 28 maggio 1997, n. 140, in
 cui il testo dell'art. 6, coordinato con il testo  del  decreto-legge
 menzionato, ora recita:
     "2)  Dopo  il comma 56, dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996,
 n. 662, e' inserito il seguente:
     56-bis. Sono abrogate le disposizioni che vietano l'iscrizione ad
 albi e l'esercizio di attivita' professionali per i soggetti  di  cui
 al  comma  56.  Restano  ferme  le  altre  disposizioni in materia di
 requisiti per l'iscrizione ad albi professionali  e  per  l'esercizio
 delle  relative  attivita'.  Ai  dipendenti pubblici iscritti ad albi
 professionali e che esercitino attivita'  professionale  non  possono
 essere   conferiti   incarichi  professionali  dalle  amministrazioni
 pubbliche; gli stessi dipendenti non possono assumere  il  patrocinio
 in  controversie  nelle  quali  sia  quali  sia  parte  una  pubblica
 amministrazione".
   Questo consiglio ritiene - come  precedentemente  ribadito  in  due
 precedenti  pareri  resi  per  ragioni  d'ufficio - che la disciplina
 invocata  dal  ricorrente   sia   in   contrasto   con   il   dettato
 costituzionale   e   non   sia  possibile  risolvere  il  profilo  di
 incostituzionalita'      con       interpretazione       adeguatrice.
 L'interpretazione  adeguatrice  porterebbe  alla  disapplicazione del
 testo vigente, e si porrebbe in contrasto con l'interpretazione delle
 disposizioni sopra riportate offerta dalla circ. del 18 luglio  1997,
 n.  6/1997  della  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale del 22 luglio 1997.   In tale  circolare  si
 precisa infatti al par. 3 che:
     "la  precedente  circolare  ha  chiarito che i dipendenti a tempo
 parziale, con orario non superiore alla  meta'  di  quello  ordinato,
 possono  iscriversi  agli albi professionali. La relativa norma (art.
 1, comma 56, della legge n. 662/1996) aveva, infatti, disposto la non
 applicabilita' ai dipendenti a tempo parziale di tutte le  precedenti
 disposizioni che vietavano l'iscrizione in albi.
   Sono  state  pero'  sollevate  alcune obiezioni circa la permanenza
 delle norme di legge che stabiliscono l'incompatibilita' dello status
 di dipendente pubblico con l'esercizio di attivita' professionali.
   La  questione  e'  stata  chiarita  dal citato decreto-legge n. 79,
 convertito dalla legge n. 140/1997. La  legge  aggiunge,  all'art.  1
 della  legge  n.  662,  un  comma 56-bis, (art. 6, comma 2, del testo
 modificato   in    sede    parlamentare),    il    quale    chiarisce
 inequivocabilmente  che  l'iscrizione  del personale a tempo parziale
 negli   albi   professionali   da'   titolo    all'esercizio    della
 corrispondente   attivita'  professionale.    Qualsiasi  disposizione
 normativa che esclude i dipendenti pubblici dall'iscrizione ad albi e
 dall'esercizio della relativa professione, e'  percio'  abrogata  con
 riferimento al personale a tempo parziale.
   Sono   stati,  pero',  posti  limiti  precisi  all'esercizio  delle
 professioni.   Le amministrazioni  pubbliche  non  possono  conferire
 direttamente  incarichi  esterni  di  natura  professionale  a chi e'
 dipendente anche di  un'altra  amministrazione  e  che  eserciti,  in
 quanto a tempo parziale, una libera professione. Inoltre, l'esercizio
 della professione legale non puo' riguardare controversie nelle quali
 sia  parte  una  pubblica  amministrazione.   Tutto cio' non preclude
 completamente il conferimento di incarichi di natura professionale  a
 dipendenti   pubblici.   Questa   possibilita',   per   esempio,   e'
 esercitabile quando l'appartenenza ad  una  pubblica  amministrazione
 sia   l'elemento   necessario   e   peculiare   per   lo  svolgimento
 dell'incarico  stesso,   oppure   quando   l'amministrazione   adotti
 procedure  concorsuali  di  scelta,  dalle  quali  sarebbe  improprio
 escludere a priori una categoria di partecipanti.
   La possibilita' di  esercizio  di  una  professione  non  preclude,
 ovviamente,  il  potere  degli  ordini  professionali  di valutare il
 possesso  degli  ulteriori  requisiti  per  l'iscrizione,  quali   il
 superamento  degli  esami  di abilitazione o il godimento dei diritti
 civili.
   Chiariti i limiti per l'esercizio delle libere professioni da parte
 del personale a tempo parziale, si  precisa  che  restano  fermi  gli
 ordinamenti di settore per determinare categorie professionali aventi
 un regime particolare per le attivita' extraistituzionali consentite.
 Resta  ferma, naturalmente, anche la possibilita', per il personale a
 tempo pieno, di  iscrizione  in  albi  o  elenchi  quando  questa  e'
 consentita  dagli  Ordini rispettivi, pur se con il divieto - sancito
 dall'art.   1, comma 60, della legge  n.  662/1996  -  di  esercitare
 qualsiasi  attivita'  di  lavoro subordinato o autonomo tranne che la
 legge o altra fonte normativa ne prevedano l'autorizzazione da  parte
 dell'amministrazione  di  appartenenza  e che l'autorizzazione stessa
 sia stata concessa.".
   6. - I profili di incostituzionalita' delle disposizioni riportate,
 come intese nel loro  tenore  letterale  e  come  interpretate  dalla
 Circolare presidenziale sono molteplici. Essi riguardano:
     A)  il  contrasto  con  l'art.  3 della Costituzione in quanto le
 disposizioni impugnate non operano distinzioni  tra  le  professioni,
 unificandole   nel  loro  trattamento  giuridico  con  riguardo  alla
 possibilita' da parte degli impiegati pubblici che abbiano optato per
 il part-time di iscriversi a qualsiasi  albo  professionale,  essendo
 abrogate  tutte  le disposizioni relative agli albi professionali che
 ne limitino l'accesso; per contro, la professione di avvocato, per la
 sua intrinseca natura e per le funzioni pubbliche da essa assolte non
 e' equiparabile  alle  altre  professioni;    l'equiparazione  appare
 dunque  irragionevole.    Come ha avuto modo di sottolineare la Corte
 costituzionale  con la sentenza del 27 maggio 1996, n. 171 (in Giust.
 civ., 1996, I, 2181)  l'avvocatura  presenta  "indubbie  peculiarita'
 (...) considerata in piu' parti della Carta costituzionale: nell'art.
 24,  che garantisce la difesa tecnica a supporto del diritto di agire
 in  giudizio;  negli  artt.  104,  comma  4  e  135,  comma  2,   che
 conferiscono  agli  avvocati  la legittimazione sia per l'elezione al
 Consiglio superiore della magistratura per la nomina o elezione  alla
 Corte  costituzionale;  e  infine nell'art. 106, comma 3, che prevede
 per  loro  la  possibilita'  di  essere   chiamati   all'ufficio   di
 consigliere di cassazione";
     B)  sempre  il  contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione nella
 parte in cui le disposizioni impugnate ignorano che gli esercenti  la
 professione  forense  sono  obbligati  alla  iscrizione alla Cassa di
 previdenza forense, ai sensi dell'art. 2 della legge 8 gennaio  1952,
 n. 6, secondo il quale "sono iscritti di ufficio alla Cassa (...) gli
 avvocati e i procuratori che esercitino la libera professione forense
 con  caratteri  di  continuita'". Ora, il requisito della continuita'
 non e' riscontrabile in chi svolga un lavoro  professionale  a  tempo
 limitato,  cioe'  nelle  ore  libere dall'esercizio dell'attivita' di
 pubblico impiegato;
     C) con l'art. 24 della Costituzione in virtu' del quale la figura
 del difensore nel nostro ordinamento  ha  diretto  radicamento  nella
 norma  costituzionale  (art. 24), e la incompatibilita' e' di diretta
 derivazione da principi di civilta' giuridica, atti ad assicurare  la
 indipendenza (in senso ampio e tecnico di mancanza di subordinazione)
 del   difensore,   e   la   inviolabilita'  del  diritto  di  difesa,
 nell'interesse generale del cittadino ad  essere  difeso  con  quelle
 garanzie  di  autonomia,  liberta'  e indipendenza, e cio' sulla base
 anche di un particolare rapporto fiduciario, implicante  fra  l'altro
 doveri di segretezza.
   Il  diritto  di difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione si
 estrinseca nella difesa tecnica esercitata  dall'avvocato,  strumento
 di  mediazione fra cittadino e Stato. La norma costituzionale postula
 i principi di assoluta indipendenza ed autonomia del difensore,  che,
 senza  condizionamenti  di qualsivoglia natura, deve poter effettuare
 le migliori opzioni, nell'interesse esclusivo  del  proprio  cliente.
 Il  dipendente pubblico, che scelga il tempo determinato, conserva un
 rapporto organico, addirittura di  immedesimazione  con  la  pubblica
 amministrazione   di  appartenenza,  il  che  costituisce  una  grave
 limitazione sotto il profilo generale, al principio di  autonomia  ed
 indipendenza   del  difensore.  Ne'  vale  ad  esorcizzare  un  grave
 inquinamento della professione forense e delle garanzie di  autonomia
 e  delle  garanzie  e  indipendenza  della stessa, la norma dell'art.
 56-bis che ha ritenuto di limitare la possibilita' di esercizio della
 libera professione nei procedimenti nei quali sia parte  la  pubblica
 amministrazione,  in quanto si puo' verificare spesso che la pubblica
 amministrazione non sia parte in  senso  formale  o  processuale,  ma
 resti   parte  in  senso  sostanziale,  o  sia  comunque  interessata
 all'esito della controversia.  E' dunque evidente il grave  attentato
 che  le norme di cui all'art.  1, commi 56 e 56-bis arrecano all'art.
 24 della Costituzione, non garantendo, come deve essere (Corte  cost.
 255/1974;  100/1987;  517/1990;  37  e  38 del 1988)   la difesa, coi
 rilevati caratteri della autonomia e della indipendenza;
     D) il contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione in quanto
 la  disciplina  impugnata  impone  la  prevalenza dell'interesse alla
 utilizzazione temporanea del dipendente pubblico  (con  risparmio  di
 spesa  per  lo  Stato)  sul  valore  della  difesa, in modo del tutto
 irragionevole, perche' antepone interessi  economici  agli  interessi
 inerenti alla garanzia di diritti inviolabili del cittadino;
     E)  il  contrasto  con l'art. 97 della Costituzione inerente alla
 imparzialita' e al buon andamento della pubblica amministrazione;  ai
 sensi  di  tale disposizione la p.a. e' organizzata secondo la legge,
 in modo che siano assicurati il buon funzionamento e la imparzialita'
 dell'amministrazione medesima. Questa garanzia di imparzialita' viene
 meno  allorquando,  in   deroga   al   fondamentale   principio   del
 ricollegamento  solo all'amministrazione della posizione del pubblico
 dipendente,  a  questo  si  consente  lo  svolgimento  di   attivita'
 professionale  che  potrebbero legarlo ad altri interessi di rilievo,
 condizionanti la sua attivita'  di  pubblico  funzionario.  Ed  anche
 l'esigenza  del buon andamento risulta incisa da un sistema, quale il
 part-time  da   cui   consegue   una   sola   limitata   destinazione
 dell'attivita' lavorativa alle esigenze della amministrazione.
   Le  disposizioni  in questione contrastano, e per piu' aspetti, col
 principio di buon andamento della pubblica amministrazione:  a)  esse
 pongono  un  conflitto  tra  doveri:  quello  del  professionista  di
 osservare il segreto professionale e  il  dovere  del  dipendente  di
 osservare  il  segreto di ufficio;   b) altro conflitto e' quello tra
 diritti:  il diritto inviolabile alla difesa e i doveri del  servizio
 (ad  esempio  della  segretezza per il difensore e' l'opposto obbligo
 dei pubblici dipendenti di informare la p.a. (artt. 331, c.p.c. e 358
 c.p.); c) il conflitto e' poi tra autorita'  a  cui  il  part-timista
 sarebbe soggetto.  Si pensi allo sciopero, egli sarebbe soggetto alla
 commissione  di  vigilanza,  ai  consigli dell'Ordine e alla p.a.; d)
 infine resterebbe violato l'art. 54 della Costituzione per  i  doveri
 di fedelta' alla Repubblica degli impiegati pubblici, che confliggono
 con  i  doveri  del  difensore, e l'art. 98 con i doveri del pubblico
 impiego.
   Per tali  ragioni,  poiche'  la  questione  non  e'  manifestamente
 infondata,  appare  opportuno che essa sia sottoposta all'esame della
 Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
   Ritenuta  la  non  manifesta  infondatezza   della   questione   di
 incostituzionalita'  dell'art.  1,  comma 56, della legge 23 dicembre
 1996, n. 662 e art.  6 d.-l. 28 marzo 1997, n. 79,  convertito  nella
 legge  28  maggio  1997, n. 140, che ha aggiunto all'art. 1, comma 56
 sopra richiamato il comma 56-bis, per contrasto  con  gli  artt.  70,
 101,   104 (legge innovativa celata sotto veste interpretativa); art.
 3, per irragionevolezza discriminazione, artt. 24, 54, 97 e 98  della
 Costituzione,
   Dispone   la   immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
 costituzionale;
   Ordina che a  cura  della  segreteria  la  presente  ordinanza  sai
 notificata  alle parti del processo e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e sia comunicata al Presidente del Senato ed  al  Presidente
 della Camera dei deputati;
   Sospende il processo in corso.
     Roma, addi' 29 gennaio 1998
                         Il presidente: Buccico
                                                     L'estensore: Alpa
 98C0941