N. 580 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 maggio 1998
N. 580 Ordinanza emessa il 2 maggio 1998 dal pretore di Cuneo nel procedimento civile vertente tra Banca regionale europea S.p.a. e I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Contributi previdenziali - Mancato versamento, da parte dei datori di lavoro, relativamente al periodo contributivo 1 settembre 1985-30 giugno 1991 - Obbligo di effettuare il relativo pagamento nella misura del 15 per cento - Irragionevolezza della deroga alla disciplina generale, che stabilisce termini di prescrizione per i crediti previdenziali - Lesione del principio della certezza del diritto - Elusione del giudicato della sentenza della Corte costituzionale n. 421 del 1995 - Disparita' di trattamento tra datori di lavoro, a seconda del periodo contributivo. (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 193 e 194). (Cost., artt. 3 e 136).(GU n.36 del 9-9-1998 )
IL PRETORE Sciogliendo la riserva; Letti gli atti della causa civile iscritta al n. 1112/97 ruolo contr. lavoro, promossa dalla Banca regionale europea S.p.a., contro l'I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale) in persona del legale rappresentante, O s s e r v a 1. - La ricorrente ha adito questo pretore chiedendo che, in via preliminare, vengano dichiarate non manifestamente inondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate relativamente ai commi 193 u.p e 194, dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996, n. 662, per contrasto con gli artt. 3, 38, 47, 53 e 136 della Costituzione e, di conseguenza, considerata la rilevanza delle questioni ai fini della decisione, rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. L'I.N.P.S. si e' costituito in giudizio contestando la sussistenza dei presupposti per la remissione degli atti alla Corte costituzionale, chiedendo - nel merito - il rigetto delle domande attoree. 2. - In ordine alla questione pregiudiziale di costituzionalita' sollevata, la premessa comune a tutte le eccezioni formulate in ricorso e' data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 421/1995 con la quale, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 3 Cost., del primo periodo dell'art. 9-bis, comma 1, della legge n. 166/1991 (per la parte in cui escludeva dall'imponibile di previdenza, ed assistenza sociale le contribuzioni e le somme accantonate a finanziamento di casse, fondi, gestioni o forme assicurative previsti dai contratti collettivi o da accordi o da regolamenti ospedalieri al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali od assistenziali), la stessa Corte affermava che la "sanatoria" predetta, per essere conforme a Costituzione, doveva essere accompagnata da un "contributo di solidarieta'", cosi' come veniva imposto - per il futuro - dall'art. 9-bis, comma 2. 3. - La predetta sentenza della Corte costituzionale n. 421/95 indicava pertanto gli indirizzi ed i limiti dei quali il legislatore ordinario doveva tener conto al fine di evitare di porsi nuovamente in contrasto con i principi costituzionali. Il legislatore ordinario, quindi, avrebbe dovuto perseguire lo scopo, ritenuto indilazionabile dalla stessa Corte, di riordinare la materia, riconducendone la disciplina a razionalita'. La stessa sentenza, infatti, contiene indicazioni rivolte al giudice ordinario, che costituiscono il presupposto logico-giuridico delle disposizioni di cui all'art. 1 - commi 193 e 194, dalla legge n. 662/1996. Dalla sentenza medesima risulta, anzitutto, la conformita' ai principi costituzionali di una disciplina che escluda dalla contribuzione previdenziale ordinaria i finanziamenti dei datori di lavoro verso forme di previdenza integrative, istituite a favore dei loro dipendenti. Inoltre che la norma sottoposta al vaglio della Corte (art. 9-bis, legge n. 166/1991) era incostituzionale solo perche' la sanatoria (di per se' legittima) non era accompagnata da alcuna contropartita analoga al "contributo di solidarieta'" previsto, solo per il futuro, dal comma successivo. 4. - Ed invece, il comma 193, dell'art. 1, della legge n. 662/1996, pur prevedendo l'esclusione dalla contribuzione ordinaria dei finanziamenti alla previdenza privata integrativa, prevede ancora una volta la soluti retentio a favore degli enti previdenziali per la contribuzione che gia' fosse stata versata al momento di entrata in vigore della legge. Inoltre, il comma 194 introduce l'obbligo dei datori di lavoro ad assoggettare i finanziamenti destinati alla previdenza privata integrativa ad una contribuzione di solidarieta' del 15%, e non piu' del 10%. Trattasi dunque di un contributo dovuto sulla base di una aliquota maggiore di ben il 50% di quella prevista in precedenza. Infine, esplicitamente derogando alla vigente disciplina della prescrizione dei crediti contributivi, il comma 194, dell'art. 1, legge n. 662/1996, prevede che il contributo del 15% sia dovuto - con efficacia retroattiva - sui finanziamenti fatti alla previdenza privata integrativa nel periodo 1 settembre 1985 - 30 giugno 1991. 5. - Cio' premesso, l'eccezione di incostituzionalia' sollevata dalla ricorrente appare, ad avviso di questo pretore, non manifestamente infondata, potendosi prospettare: 6) la violazione dell'art. 3 Cost. (principio di ragionevolezza e di parita' di trattamento), in quanto: a) l'art. 1, comma 194, legge n. 662/1996, prevedendo un contributo del 15%, e' palesemente irragionevole: non pare, infatti, giustificabile la disparita' di trattamento che si determina tra tale contributo previsto per i periodi contributivi del 1 settembre 1985 al 30 giugno 1991, rimasti scoperti, e il contributo di solidarieta' del 10% previsto dall'art. 9-bis, comma 2, della legge n. 166/1991, per i periodi contributivi successivi al 30 giugno 1991. Non e' dato infatti ravvisare alcuna ragionevole giustificazione della maggiore aliquota prevista, in quanto i due contributi rispondono ad una identica ratio legis. 6. - Inoltre l'ammontare del contributo (pari al 15% del finanziamento) non solo e' superiore a quello del contributo di solidarieta' di cui al comma 2, dell'art. 9-bis, legge n. 166/1991, ma e' anche superiore a tutti gli altri contributi, implicitamente previsti od espressamente qualificati come "contributi di solidarieta'", che non superano mai la soglia del 10%. Ma v'e' di piu'. Il contributo di solidarieta' previsto dalla norma impugnata non arricchisce le posizioni assicurative dei singoli lavoratori, e quindi, al suo versamento da parte dei datori di lavoro, non corrisponde l'erogazione di piu' elevati livelli di trattamento pensionistico per i lavoratori. Un ulteriore sospetto di illegittimita' costituzionale deriva dalla disposizione di cui al comma 194, dell'art. 1, della legge n. 662/1996, nella parte in cui, in esplicita deroga alla disciplina della prescrizione dei crediti contributivi (che di recente e' stata introdotta dall'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335/1995) attribuisce agli enti previdenziali il diritto di pretendere il contributo di solidarieta', con riferimento a periodi per i quali tale diritto, secondo la disciplina generale, sarebbe prescritto. Infatti, trattasi di una deroga che stabilisce una disciplina retroattiva di carattere eccezionale che non ha alcuna oggettiva giustificazione, apparendo destinata a supplire esclusivamente all'inerzia degli enti previdenziali (che avrebbero potuto, se avessero usato l'ordinaria diligenza, interrompere la prescrizione del loro credito al contributo di solidarieta'; (sia pure con riserva di quantificare l'importo dovuto). 7. - La violazione dell'art. 136 Cost., in quanto: il predetto comma 194, dell'art. 1, legge n. 662/1996, imponendo ai datori di lavoro un contributo pari al 15 % delle somme erogate per il finanziamento della previdenza privata para violare l'art. 136 della Costituzione, perche' contrastante con la sentenza di accoglimento della Corte costituzionale n. 421 del 1995. La motivazione di tale sentenza, infatti, fa ritenere che il contributo da porre a carico dei datori di lavoro per i periodi contributivi anteriori al 1 luglio 1991, perche' fosse giustificata la concessa "sanatoria", dovesse raggiungere, al massimo, un livello pari al contributo di solidarieta' previsto per il futuro (10%) e cioe' il livello, gia' ritenuto ragionevole, tanto da postularne uno "analogo". Ne deriva che l'aver fissato al 15% la misura del nuovo contributo (cioe' ad un livello superiore del 50% di quello gia' previsto) porta a dubitare che sia stata rispettata la sentenza predetta. 8. - Quanto alla rilevanza dell'eccezione di incostituzionalita' per la decisione della presente controversia basta osservare che il titolo in base al quale la S.p.a. ricorrente ha iniziato ad effettuare i versamenti di cui ora chiede la ripetizione e' costituito esclusivamente dalle disposizioni sospettate di illegittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 193 e 194, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in relazione agli artt. 3 e 136 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza, oltre che comunicata alle parti del presente giudizio, sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cuneo, addi' 2 maggio 1998 Il pretore - giudice del lavoro: Arcidiacono 98C0945