N. 334 SENTENZA 14 - 24 luglio 1998

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Regione   -  Regione  Emilia-Romagna  -  Dichiarazione  di  notevole
 interesse pubblico di alcuni centri storici a mezzo di un decreto del
 sottosegretario di  Stato  del  Ministero  per  i  beni  culturali  e
 ambientali  del 30 ottobre 1996 - Spettanza allo Stato integrare, con
 atto motivato, gli elenchi  delle  bellezze  naturali  della  regione
 Emilia  Romagna  - Non fondatezza del ricorso - Interesse dello Stato
 alla tutela del paesaggio nell'ambito  della  collaborazione  con  le
 regioni   e   nel   preminente  interesse  dell'intera  collettivita'
 nazionale.
 
(GU n.35 del 2-9-1998 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio  promosso  con  ricorso  della  Regione Emilia-Romagna,
 notificato  il  12  marzo  1997,  depositato  in  cancelleria  il  21
 successivo  per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto
 del Sottosegretario di Stato del ministero per  i  beni  culturali  e
 ambientali,  emesso  il  30  ottobre 1996, recante: "Dichiarazione di
 notevole interesse pubblico dei centri storici di Bagno e di S. Piero
 in Bagno e del rilievo sulla Vallata del Savio in zona  S.  Piero  in
 Bagno  e  Bagno di Romagna, compresa l'emergenza di Corzano ricadenti
 nel comune di Bagno di Romagna in provincia di Forli'" ed iscritto al
 n. 11 del registro conflitti 1997.
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 2 giugno 1998 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa.
   Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Fabio Dani per la  Regione
 Emilia-Romagna  e  l'Avvocato  dello  Stato Pier Giorgio Ferri per il
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso notificato il 12 marzo 1997  e  depositato  il  21
 marzo  1997,  la  Regione  Emilia-Romagna  ha  sollevato conflitto di
 attribuzione nei confronti dello  Stato  in  ordine  al  decreto  del
 sottosegretario   di   Stato  del  Ministro  per  beni  culturali  ed
 ambientali 30 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  2
 dell'11  gennaio  1997,  recante "Dichiarazione di notevole interesse
 pubblico dei centri storici di Bagno e di S. Piero  in  Bagno  e  del
 rilievo  sulla Vallata del Savio in zona S. Piero in Bagno e Bagno di
 Romagna, compresa l'emergenza di  Corzano  ricadenti  nel  comune  di
 Bagno di Romagna in provincia di Forli'".
   La  ricorrente  premette alcuni cenni di fatto sulla vicenda che ha
 dato origine al ricorso, facendo presente che nel 1977 la Commissione
 provinciale per la tutela delle bellezze  naturali  di  Forli'  aveva
 approvato un verbale con il quale si dichiarava il notevole interesse
 pubblico  di  parte  dei territori oggetto dell'attuale vincolo, cui,
 peraltro, non  era  seguito  alcun  provvedimento.  A  seguito  della
 emanazione  della  legge  regionale  n. 6 del 1995, che, all'art. 10,
 ultimo comma, disponeva che  i  procedimenti  per  l'apposizione  del
 vincolo  paesaggistico  fossero  conclusi  di diritto nel senso della
 mancata apposizione del vincolo, a decorrere dal  novantesimo  giorno
 dalla data di entrata in vigore della stessa legge, ferma restando la
 possibilita' per le commissioni provinciali di rinnovare le proposte,
 la  predetta  commissione  provinciale,  riesaminata  la  situazione,
 riteneva  la  necessita'  di  un vincolo soltanto per l'emergenza del
 Colle di  Corzano.  Nel  frattempo,  il  soprintendente  per  i  beni
 ambientali e architettonici formulava, invece, al ministero proposta,
 sulla  base della quale il sottosegretario emanava l'atto contestato,
 di vincolo per l'intera zona indicata nella  intitolazione  dell'atto
 stesso.
   Preliminarmente,  la  ricorrente  afferma la propria legittimazione
 alla proposizione del conflitto, nonostante che esso si  riferisca  a
 funzioni  delegate  alla  Regione  dall'art. 82 del d.P.R. n. 616 del
 1977. Ed infatti, la delega, ad avviso della ricorrente, sarebbe  pur
 sempre    un   istituto   giuridico   avente   un   proprio   statuto
 costituzionale, esprimendo un rapporto tra Stato e Regioni previsto e
 disciplinato nei suoi tratti fondamentali  dalla  Costituzione.  Tali
 tratti  consisterebbero anzitutto nella necessita' che l'assegnazione
 delle funzioni delegate avvenga con legge, e, quindi,  che  lo  Stato
 mantenga  sulle  funzioni  stesse  un  potere di adottare istruzioni,
 decise, secondo l'art. 121 della Costituzione, dal Governo centrale.
   Il rapporto di delega sarebbe, ancora, caratterizzato dal principio
 di leale collaborazione tra Stato e Regioni  in  quanto  soggetti  di
 rilievo costituzionale.
   Cio'  posto,  tra  le  attribuzioni  regionali  al  cui presidio e'
 rivolto il conflitto a  termini  dell'art.  134  della  Costituzione,
 dovrebbe essere incluso il diritto di esercitare le funzioni delegate
 secondo  il  regime previsto dalla Costituzione, e cio' a prescindere
 dall'ulteriore argomentazione relativa al carattere traslativo  della
 delega  nella  materia  de  qua  che si desumerebbe dalla particolare
 ampiezza e  stabilita'  del  conferimento,  dal  fatto  che  esso  e'
 disposto  con  un  atto,  il  d.P.R. n. 616 del 1977, per il quale la
 legge di delegazione prevedeva quale principio  direttivo  la  delega
 delle   funzioni  amministrative  necessarie  per  rendere  possibile
 l'esercizio organico da  parte  delle  Regioni  delle  funzioni  gia'
 trasferite o delegate (art. 1, primo comma, lettera c) della legge n.
 382  del  1975), e dalla spettanza alla Repubblica nel suo insieme, e
 non solo allo Stato, del compito di tutelare il paesaggio,  ai  sensi
 dell'art. 9 della Costituzione.
   Una  ulteriore  ragione della propria legittimazione a sollevare il
 conflitto la ricorrente  trae  dalla  interferenza  che  la  funzione
 esercitata  dal  Ministero  con  l'atto impugnato comporterebbe nella
 politica urbanistica, rientrante, ex art.  118,  primo  comma,  della
 Costituzione,  tra  le  funzioni  proprie della Regione e comprensiva
 degli aspetti paesistici. Infatti, l'inclusione  di  una  ampia  area
 negli elenchi dei beni soggetti all'autorizzazione di cui all'art.  7
 della  legge  n.  1497  del 1939 farebbe, in definitiva, dipendere da
 un'autorita' statale la realizzazione delle  previsioni  urbanistiche
 locali.
   Nel  merito,  la  Regione  lamenta che lo Stato non si sia attenuto
 alle  regole  di  comportamento  imposte  dal  principio   di   leale
 collaborazione   tra   Stato  e  Regioni.  Al  riguardo,  osserva  la
 ricorrente che l'attribuzione del potere concorrente  del  Ministero,
 previsto dall'art. 82 del d.P.R.  n. 616, di integrare l'elenco delle
 bellezze  naturali  tutelate,  la cui compilazione era stata delegata
 alle Regioni, era finalizzata al risultato che zone diverse potessero
 trovare convergente tutela, le une ad iniziativa locale, le altre  ad
 iniziativa    ministeriale,    ma    non   certamente   a   conferire
 surrettiziamente uno strumento di impugnazione concepito alla stregua
 di  ricorso  gerarchico  avverso  le  decisioni locali. Cio' sarebbe,
 invece, avvenuto nel  caso  di  specie,  in  cui  la  Soprintendenza,
 rimasta  isolata  nel ritenere la opportunita' di un vincolo su di un
 centro storico, avrebbe ottenuto la vanificazione  delle  valutazioni
 rese  in  sede locale attraverso un controllo gerarchico di merito da
 parte del Ministero, con lesione, altresi', del  principio  del  buon
 andamento  della  pubblica  amministrazione di cui all'art.  97 della
 Costituzione. L'organo centrale, ad avviso della ricorrente,  avrebbe
 dovuto  almeno rappresentare i gravi motivi di interesse pubblico che
 avrebbero  richiesto  la  statuizione  dei  vincoli   nonostante   la
 contraria  determinazione della commissione provinciale, e richiedere
 alla Regione di formulare una  propria  valutazione,  che  lo  stesso
 Ministero  avrebbe,  poi,  dovuto  tener  presente  nell'assumere  le
 valutazioni finali.
   2. - Nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituito il Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri,  con  il  patrocinio   dell'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  che ha concluso per la inammissibilita' o la
 infondatezza  del  ricorso.  Al   riguardo,   viene   richiamato   il
 consolidato  indirizzo  della  Corte  in tema di inammissibilita' del
 conflitto di attribuzione  a  tutela  di  funzioni  delegate,  e,  in
 particolare, di quelle di cui all'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977.
 Ne'  i  contenuti del presunto "statuto costituzionale della delega",
 individuati dalla ricorrente, sarebbero  pertinenti  all'oggetto  del
 presente   conflitto.   Allo   stesso   modo,  la  constatazione  che
 l'esercizio del potere statale  di  imporre,  in  via  d'integrazione
 degli elenchi, il vincolo paesistico violerebbe il potere urbanistico
 regionale  non  sarebbe  sufficiente  ad addurre una lesione di dette
 competenze da parte del provvedimento impugnato.
   Quanto  alla  lamentata   violazione   del   principio   di   leale
 collaborazione,   l'Avvocatura  osserva  che  la  integrazione  degli
 elenchi e' un potere concorrente, che esprime una piena autonomia del
 Ministero per i beni culturali ed ambientali nel valutare le esigenze
 di tutela paesistica "prescindendo del tutto da finalita' sostitutive
 o correttive degli atti regionali".
   3.   -   Nell'imminenza   dell'udienza   pubblica,    la    Regione
 Emilia-Romagna  ha  depositato  una  memoria con la quale insiste per
 l'accoglimento del ricorso, ribadendo che l'apposizione di un vincolo
 generalizzato sui centri storici incide sulle competenze regionali in
 materia di programmazione urbanistica, richiedendo  un  coordinamento
 con  esse, in ossequio al principio di leale cooperazione. Del resto,
 la tutela  del  paesaggio  e  delle  bellezze  naturali,  osserva  la
 ricorrente,  e'  affidata ad un sistema di intervento pubblico basato
 su di un concorso di competenze statali e regionali, che richiede una
 equilibrata concorrenza fra le une e le altre.
                         Considerato in diritto
   1.  -    Il  conflitto  di  attribuzione  sollevato  dalla  Regione
 Emilia-Romagna  nei  confronti  dello  Stato  riguarda il decreto del
 sottosegretario di Stato  del  Ministero  per  i  beni  culturali  ed
 ambientali  30  ottobre  1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11
 gennaio 1997, n. 2,  recante  "Dichiarazione  di  notevole  interesse
 pubblico  dei  centri  storici  di Bagno e di S. Piero in Bagno e del
 rilievo sulla Vallata del Savio in zona S. Piero in Bagno e Bagno  di
 Romagna,  compresa  l'emergenza  di  Corzano  ricadenti nel comune di
 Bagno  di  Romagna  in  provincia  di  Forli'". Secondo la Regione il
 decreto,  nel  sovrapporre  le  proprie  valutazioni   alle   diverse
 valutazioni  espresse  dalla stessa Regione in attuazione di funzioni
 delegate, provvedendo, in assenza di confronto con la Regione stessa,
 alla dichiarazione di notevole interesse pubblico di centri  storici,
 espressamente ritenuta non necessaria in sede locale, avrebbe violato
 l'art.  118,  primo  comma,  della Costituzione, con riferimento alle
 funzioni regionali proprie in materia urbanistica, comprensiva  degli
 aspetti  paesistici,  nonche' i principi costituzionali disciplinanti
 le relazioni tra Stato e Regioni nello svolgimento  del  rapporto  di
 delega,    con    particolare   riferimento   alla   necessita'   che
 l'assegnazione delle funzioni delegate avvenga con legge,  e  che  il
 potere  statuale  di  dettare  istruzioni  in  ordine  alle  funzioni
 delegate alle Regioni sia esercitato dal Governo centrale,  ai  sensi
 dell'art. 121, quarto comma, della Costituzione.
   Vi   sarebbe   inoltre   una  violazione  del  principio  di  leale
 collaborazione tra  Stato  e  Regione,  in  quanto  il  provvedimento
 impugnato  sarebbe  stato adottato senza che alla Regione interessata
 venissero rappresentati i gravi  motivi  di  interesse  pubblico  che
 avrebbero  richiesto,  ad  avviso  del  Ministero, le statuizioni dei
 vincoli nonostante  la  contraria  determinazione  della  commissione
 provinciale,  e  senza  che  venisse richiesto alla Regione stessa di
 formulare  una  propria  valutazione,  da   tenere   presente   nelle
 determinazioni finali.
   Infine,  sarebbe leso il principio di buon andamento della pubblica
 amministrazione,  in  quanto  provvedimenti  ministeriali  di   fatto
 vanificherebbero  decisioni  legittimamente  assunte  in  sede locale
 dalle autorita' regionali competenti in base a delega conferita dallo
 Stato.
   2. - L'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla  difesa  dello
 Stato,  secondo  cui  il  conflitto  sarebbe  inammissibile in quanto
 concernente una materia in relazione alla quale la Regione avrebbe la
 titolarita' di competenze soltanto delegate, e' infondata. Non  puo',
 infatti,  negarsi  che  le censure, come proposte, riguardano profili
 che attengono  ai  rapporti  tra  Regione  e  Stato  in  ordine  alla
 ripartizione  delle sfere di competenze e ai limiti degli effetti che
 un atto statale puo' produrre su funzioni  delegate  gia'  esercitate
 dalla  Regione,  cio'  indipendentemente  dalla  qualificazione della
 natura della delega nella concreta  materia,  delega  che,  tuttavia,
 assume  caratteristiche  particolari per gli indefettibili compiti di
 rilievo nazionale per la tutela dei  beni  culturali  ed  ambientali,
 unitariamente  intesi  in base all'art. 9 della Costituzione (v., tra
 le altre, sentenze n. 157 del 1998, n.  341  del  1996,  n.  302  del
 1988).
   3.  -  Nel  merito,  il ricorso e' privo di fondamento. Lo Stato ha
 delegato, tra l'altro,  le  funzioni  amministrative  concernenti  la
 individuazione  delle  bellezze  naturali,  riservandosi  tuttavia un
 potere concorrente di integrare gli elenchi delle  bellezze  naturali
 approvate  dalle  regioni,  potere che si riconnette, come precedente
 meramente storico, al potere ministeriale di modificazione  (in  sede
 di  approvazione)  dell'elenco  delle  localita' compilato secondo la
 originaria procedura prevista dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497.
   Tale    potere    di   integrazione   degli   elenchi   corrisponde
 all'interesse, tutt'altro che  secondario,  della  tutela  (garantita
 dalla  Costituzione  tra  i  principi  fondamentali  ed affidata alla
 Repubblica  nel  suo  insieme)  del  paesaggio,  da  intendersi  come
 comprensivo  dei  valori  ambientali  insiti nelle bellezze naturali:
 esso si colloca  quale  rimedio  ulteriore  rispetto  alle  procedure
 delegate  che  si  svolgono  in  sede  locale.    Le  caratteristiche
 particolari del potere statale  di  integrazione  risultano  evidenti
 dalla   circostanza   che  la  facolta'  di  modifica  degli  elenchi
 regionali, che lo Stato si e'  riservato  all'atto  del  conferimento
 della delega, e' espressamente limitato ad aggiunte di completamento,
 dovendosi escludere - nell'esercizio dell'integrazione - un potere di
 modifica   totalmente   o   parzialmente   soppressiva   del  vincolo
 precedentemente imposto dalla Regione.
   In  altri  termini,  in  base  alla  norma  di  legge,  della   cui
 applicazione si discute, lo Stato puo' introdurre aggiunte all'elenco
 senza  che  possa  al riguardo operarsi una distinzione tra localita'
 prese in considerazione o meno nel  separato  procedimento  regionale
 posto  in  essere  nell'esercizio  della  delega.  Ed  anzi,  si deve
 ritenere che la inclusione di localita' nell'elenco di individuazione
 delle bellezze naturali puo' legittimamente (sotto il  profilo  della
 ripartizione delle competenze e delle sfere di attribuzioni garantite
 allo Stato e alle Regioni) avere riguardo a localita' per le quali vi
 sia  stata  una  espressa  determinazione  negativa  da  parte  della
 Regione, oltre a quelle non incluse  per  non  essere  state  neanche
 prese in considerazione a tali fini, ovvero per difetto di iniziativa
 dei soggetti che concorrono nel procedimento regionale.
   Non  si  configura,  quindi,  una  forma di riesame caducatorio con
 rimozione di atto regionale, ma piuttosto un  esercizio  di  autonomo
 potere  dello  Stato,  che puo' portare anche a valutazione difforme,
 purche' motivata  e  con  completezza  istruttoria,  come  iniziativa
 limitata  e  diretta  alla  sola imposizione di nuovo (integrativo ed
 additivo) vincolo, che si sovrappone (in ampliamento delle  localita'
 vincolate  a  causa  della  priorita' dell'interesse tutelato e degli
 indefettibili compiti di rilievo nazionale a tutela  dell'ambiente  e
 delle   bellezze   naturali)   alla  valutazione  e  alle  precedenti
 iniziative e determinazioni positive regionali.
   L'esistenza di una precedente valutazione negativa regionale impone
 allo Stato di comportarsi secondo le regole dei procedimenti  che  si
 susseguono  nel  tempo.  Sussiste,  cioe',  in  capo  allo  Stato  un
 potere-dovere di acquisire  tutti  gli  atti  pregressi,  che  devono
 essere valutati e presi in considerazione nei diversi profili emersi.
 Vi  e',  quindi,  un obbligo di tenere conto (e quindi di motivare al
 riguardo  specificatamente)  dei  divergenti  punti  di  vista  delle
 autorita'  che  sono  precedentemente  intervenute,  obbligo non solo
 rispondente ai principi generali del procedimento amministrativo,  ma
 in particolare rafforzato dai doveri di cooperazione tra le attivita'
 del delegante e dell'organo delegato, anche quando lo Stato delegante
 si  sia  riservato  speciali  facolta' autonome e concorrenti (potere
 autonomo di imposizione del  vincolo  con  carattere  integrativo  in
 funzione   del   preminente   interesse  della  intera  collettivita'
 nazionale per la tutela dei beni ambientali e paesistici).
   La collaborazione tra Stato e Regione non  deve,  tuttavia,  essere
 spinta   fino   a   richiedere  una  rinnovata  formale  acquisizione
 dell'avviso degli organi della Regione o  una  chiamata  o  avviso  a
 partecipare,   quando   risulti   -   come   emerge   attraverso   la
 circostanziata  motivazione  contenuta nel provvedimento impugnato in
 questa sede - una presa in  considerazione  degli  atti  preesistenti
 enuncianti  il  punto di vista e le valutazioni espresse dagli organi
 regionali, peraltro in tempi  tutt'altro  che  distanziati,  tali  da
 essere  riferibili  all'attualita' delle situazioni e degli interessi
 da tutelare.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che spetta allo Stato integrare, ai  sensi  dell'art.  82,
 secondo  comma,  lettera  a),  del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con
 atto motivato (d.m. 30  ottobre  1996)  gli  elenchi  delle  bellezze
 naturali della Regione Emilia-Romagna.
   Cosi' deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
 della Consulta, il 14 luglio 1998.
                        Il Presidente: Vassalli
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
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