N. 342 SENTENZA 14 - 24 luglio 1998

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
 
 Costituzione  della  Repubblica  italiana  -  Tribunale  di Palermo e
 Senato della Repubblica -  Sen.  Carmine  Mancuso  -  Insidacabilita'
 delle  opinioni  espresse  nell'esercizio  di funzioni parlamentari -
 Deposito del ricorso dopo la scadenza del  termine  di  venti  giorni
 come per legge - Improcedibilita' del conflitto.
 
(GU n.35 del 2-9-1998 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
 Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.
 Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,
 avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
  ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio promosso con ricorso del Tribunale di Palermo notificato
 il  2  febbraio  1998, depositato in cancelleria il 2 maggio 1998 per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera con la quale
 il Senato della Repubblica in data 20 settembre  1995  ha  dichiarato
 l'insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  dal  senatore  Carmine
 Mancuso ed iscritto al n. 11 del registro conflitti 1998.
   Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  1  luglio 1998 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il Tribunale di Palermo ha  proposto,  con  ordinanza  del  13
 maggio  1997, ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti del
 Senato della Repubblica, in relazione alla deliberazione adottata  il
 20 settembre 1997 con la quale l'Assemblea parlamentare ha dichiarato
 che  i  fatti per i quali il senatore Carmine Mancuso e' sottoposto a
 procedimento  penale  innanzi  al  Tribunale  ricorrente   concernono
 opinioni  espresse  nell'esercizio  delle funzioni di parlamentare ai
 sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
   Il conflitto trae origine da una complessa vicenda, compendiata nei
 seguenti termini.
   Nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda il 5 maggio
 1993, dedicata a gravi delitti di mafia, il senatore Carmine Mancuso,
 riferendosi a  suo  padre,  il  maresciallo  Lenin  Mancuso,  rimasto
 mortalmente  ferito  nell'agguato  teso  al giudice Cesare Terranova,
 pronunciava espressioni ritenute offensive, e quindi veniva querelato
 dal dott.  Contrada per il reato di diffamazione aggravata  ai  sensi
 dell'art.  595, secondo comma, cod. pen.
   Con  ordinanza  del  10  maggio  1994  il  giudice  per le indagini
 preliminari presso il Tribunale di Palermo  dichiaro'  manifestamente
 infondata  l'eccezione  di  applicabilita' dell'art. 68, primo comma,
 della   Costituzione,   sul   riflesso    che    l'offesa    consiste
 nell'attribuzione  di  un  fatto determinato, non semplicemente nella
 manifestazione  di  un'opinione.      Conseguentemente   ordino'   la
 restituzione  degli  atti al pubblico ministero per l'ulteriore corso
 del  processo.
   Ai sensi dell'allora vigente art. 3 del d.-l. 16  maggio  1994,  n.
 291,  copia  dell'ordinanza  fu inviata, in data 25 novembre 1994, al
 Presidente del Senato, che la trasmise  al  Presidente  della  Giunta
 delle elezioni e delle immunita' parlamentari.
   In  data  21  luglio  1995  il  Presidente  del Senato comunico' al
 Presidente della Sezione dei GIP di Palermo la delibera della  Giunta
 di  richiedere  copia degli atti processuali ai sensi dell'art. 3 del
 decreto-legge, nel frattempo piu' volte reiterato  fino  al  d.-l.  7
 luglio  1995,  n.   276, in vigore a quella data. Nella seduta del 20
 settembre 1995 il Senato delibero' di  dichiarare  insindacabili,  ai
 sensi  dell'art.    68,  primo comma, della Costituzione, le opinioni
 espresse dal senatore Mancuso,  e  il  Presidente  ne  informo',  con
 lettera  di  pari  data,  il  Presidente  della Sezione II penale del
 Tribunale di Palermo.
   Con ordinanza in data 16 ottobre 1995, il Tribunale  di  Palermo  -
 ritenuto  che l'art. 68, primo comma, della Costituzione, prevede una
 condizione di non punibilita', e non semplicemente di procedibilita',
 con conseguente inapplicabilita' del combinato disposto  degli  artt.
 129,  comma  2, e 469 cod. proc. pen., i quali non contemplano tra le
 ipotesi di proscioglimento prima del dibattimento la non  punibilita'
 dell'imputato  -  ha  disposto  "procedersi  al dibattimento, dovendo
 peraltro trovare tutela  l'interesse  dell'imputato  all'accertamento
 della sua totale estraneita' ai fatti di reato".
   A  seguito  di  tale  provvedimento  il  Senato, nella seduta del 9
 novembre 1995, deliberava di sollevare conflitto di attribuzione  nei
 confronti del Tribunale di Palermo.
   La  Corte  costituzionale,  ritenuta l'ammissibilita' del conflitto
 con ordinanza n. 6 del 1996, successivamente, con sentenza n. 129 del
 1996 ha dichiarato che non spettava al Tribunale di Palermo  ordinare
 la  celebrazione  del  dibattimento  nel  processo  penale pendente a
 carico del senatore Carmine Mancuso  per  diffamazione  aggravata  in
 danno  del  dott.  Bruno  Contrada,  annullando, percio', l'ordinanza
 emessa da detto Tribunale in data 26 ottobre 1995.
   Quest'ultimo, con il ricorso all'esame, ha, a sua volta,  sollevato
 conflitto  di  attribuzione  nei  confronti  del Senato ritenendo che
 l'Assemblea parlamentare non abbia fatto  corretto  uso  del  proprio
 potere,  illegittimamente  comprimendo  le competenze riservate dalla
 legge all'organo giurisdizionale. Al riguardo, il Tribunale  ritiene,
 infatti,  che  il  comportamento addebitato al Mancuso non rientrasse
 nell'esercizio delle funzioni parlamentari, e che, al contrario, esso
 fosse attinente a vicende personali ed ai rapporti  tra  il  senatore
 stesso, il proprio genitore ed il querelante.
   Con ordinanza n. 469 del 10-16 dicembre 1997, il conflitto e' stato
 dichiarato  ammissibile,  disponendosi  che,  a cura del Tribunale di
 Palermo, il ricorso e  l'ordinanza  venissero  notificati  al  Senato
 entro trenta giorni dalla comunicazione al ricorrente.
   Il   Tribunale   di   Palermo   ha   provveduto   alla   prescritta
 notificazione, effettuata  il  2  febbraio  1998,  ed  al  successivo
 deposito a mezzo posta avvenuto il 2 maggio 1998.
   Si  e' costituito in giudizio il Senato della Repubblica, chiedendo
 che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
   L'omessa specifica indicazione da parte  del  Tribunale  ricorrente
 dei motivi per i quali ritiene lesa la propria competenza, articolati
 nella  puntuale  precisazione  degli  argomenti  tesi a dimostrare la
 scorrettezza o l'irragionevolezza delle valutazioni del Senato, rende
 a giudizio di quest'ultimo il ricorso inammissibile per  difetto  del
 presupposto oggettivo del conflitto.
   In  prossimita' dell'udienza il Senato della Repubblica ha eccepito
 altresi' l'improcedibilita'  del  ricorso,  per  essere  il  deposito
 avvenuto  il  2  maggio  1998,  oltre  il  termine  di  venti  giorni
 dall'ultima  notifica  di  data  2  febbraio  1998,  richiamando   la
 giurisprudenza  della  Corte  (sentenze  n.  87 del 1977 e n. 449 del
 1997) che ha confermato una rigida griglia di termini  e  preclusioni
 diretta  a  garantire  che  l'interesse  costituzionalmente rilevante
 fatto valere con il conflitto sia soddisfatto nel piu' breve  termine
 possibile.  Da  cio' conseguirebbe, oltre l'improcedibilita' ai sensi
 dell'art. 26, terzo comma, delle  norme  integrative  per  i  giudizi
 davanti  alla  Corte  costituzionale, il venir meno dell'interesse al
 giudizio con la conseguente declaratoria di estinzione.
                         Considerato in diritto
   Il conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato, sollevato  dal
 Tribunale di Palermo, investe la deliberazione del 20 settembre 1997,
 con   la   quale  il  Senato  della  Repubblica,  in  riferimento  al
 procedimento penale nei confronti del senatore  Carmine  Mancuso,  ha
 ritenuto  che  i  fatti  per  i quali e' in corso procedimento penale
 concernono  opinioni   espresse   nell'esercizio   di   funzioni   di
 parlamentare, insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della
 Costituzione.
   Il  Tribunale di Palermo ritiene che il comportamento del querelato
 senatore Mancuso non fosse in alcun modo riconducibile  all'esercizio
 delle  funzioni  di  parlamentare, dovendosi, viceversa, ascriversi a
 vicende e rapporti personali, per nulla afferenti  all'esercizio  del
 mandato di senatore.
   Il  ricorso,  unitamente  all'ordinanza  n.  469 del 1997 che lo ha
 dichiarato ammissibile, e' stato notificato, a cura del Tribunale  di
 Palermo,  al Senato della Repubblica il 2 febbraio 1998, e depositato
 a mezzo posta presso la cancelleria della Corte il 2 maggio 1998.
   Il Senato della Repubblica, costituitosi nei termini,  ha  eccepito
 in  limine  oltre l'estinzione del giudizio per carenza d'interesse e
 l'inammissibilita'    per    difetto     di     motivi     specifici,
 l'improcedibilita'   del  conflitto,  per  essere  stato  il  ricorso
 depositato dopo la scadenza del termine di venti  giorni  di  cui  al
 combinato  disposto  degli  artt.   22, 25, secondo comma, e 37 della
 legge 11 marzo 1953, n. 87: adempimento -  da  effettuarsi  entro  il
 detto termine di venti giorni necessario - alla rituale instaurazione
 della  seconda  fase,  destinata  alla decisione di merito, in cui si
 articola il giudizio  sul  conflitto,  come  espressamente  affermato
 dalla Corte con le sentenze n. 87 del 1977 e n. 449 del 1997.
   Ha  carattere  pregiudiziale  l'eccezione  di  improcedibilita' che
 attiene alla corretta e rituale instaurazione del giudizio.
   L'eccezione e' fondata.
   La giurisprudenza costituzionale ha gia' affermato  che,  affinche'
 si   apra   ritualmente  la  seconda  fase  successiva  a  quella  di
 ammissibilita' del conflitto, e' necessario (art.  26,  terzo  comma,
 delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale) che il ricorrente notifichi il ricorso e  l'ordinanza
 di  ammissibilita'  agli  organi  interessati,  ed entro venti giorni
 dall'ultima notificazione depositi presso la cancelleria della  Corte
 il ricorso stesso con la prova delle notificazioni eseguite (sentenze
 n.  87  del 1977 e n. 449 del 1997). Nell'attuale regolamentazione si
 tratta di un adempimento necessario, che  deve  essere  compiuto  nel
 termine   previsto,   entro   il  quale  deve  aver  luogo  anche  la
 costituzione delle parti; dal  medesimo  termine  decorre  infine  la
 intera sequenza di ulteriori termini previsti per la prosecuzione del
 giudizio (art. 26, quarto comma, delle norme integrative).
   A  tale  adempimento  non ha provveduto il Tribunale di Palermo. Ne
 segue che non puo' procedersi alla ulteriore fase del giudizio.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara improcedibile il  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri
 dello  Stato  proposto  dal  Tribunale  di  Palermo nei confronti del
 Senato della Repubblica con il ricorso indicato in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
                        Il Presidente: Vassalli
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
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