N. 711 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 maggio 1998
N. 711 Ordinanza emessa il 27 maggio 1998 dal pretore di Milano nel procedimento penale a carico di De Focatiis Arturo Gratuito patrocinio - Procedimenti penali concernenti il reato di usura impropria (art. 644-bis c.p.) - Lamentata applicabilita' del patrocinio a spese dello Stato - Irragionevolezza a fronte della esclusione del beneficio nei procedimenti penali concernenti contravvenzioni o reati tributari. (Legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 1, comma 9). (Cost., art. 3).(GU n.41 del 14-10-1998 )
IL PRETORE Nel procedimento penale pendente nei confronti di De Focatiis Arturo per il reato di cui agli artt. 99, 81, 644-bis e 61, n. 7 c.p.; Rilevato che il De Focatiis ha chiesto di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ex art. 2, legge 30 luglio 1990, n. 217; Ritenuto di dover sollevare questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 9, legge n. 217/1990, per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte, in cui non esclude l'applicabilita' del patrocinio a spese dello Stato anche per il reato di cui all'art. 644-bis c.p. Ha pronunciato la seguente ordinanza; 1. - Sulla rilevanza ai fini della causa. In data 24 gennaio 1998 De Focatiis Arturo, imputato del reato di usura impropria continuata e aggravata in danno di Comuzzi Liliana e Zorzoli Fiorenzo, legali rappresentanti della s.r.l. Unifil, domandava di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Con provvedimento in pari data il pretore, rilevato che l'imputato aveva gia' allegato certificato di residenza recante l'indicazione dei componenti la famiglia anagrafica e aveva gia' dichiarato (unitamente alla moglie Mirabile Maria Antonina ed alla figlia De Focatiis Milena Monica Licia) l'ammontare dei redditi posseduti e ritenuto che tali dichiarazioni consentissero, ai sensi dell'art. 5, comma 5, legge n. 217/1990, la concessione di un termine per integrare la documentazione prescritta, ammetteva l'imputato, ex art. 5, comma 6, al patrocinio a spese dello Stato, fissando termine pe la presentazione, tra l'altro, della necessaria documentazione di natura fiscale (copia dell'ultima dichiarazione dei redditi o certificati modello 101 o 201 eventualmente presentati all'amministrazione finanziaria o, in difetto, dichiarazione dell'ufficio che attestasse la mancata presentazione, sia per il De Focatiis che per ciascuno dei componenti la famiglia anagrafica). Con missiva del 7 marzo 1998 l'imputato dimostrava di aver richiesto all'amministrazione finanziaria la documentazione sopra indicata e con successiva lettera del 23 marzo 1998 (depositata in cancelleria in data 23 aprile 1998) reiterava la propria istanza al competente ufficio della Direzione generale delle entrate per la Lombardia. A seguito di richiesta svolta anche da questo ufficio, il Primo ufficio distrettuale delle imposte dirette di Milano produceva tabulati attestanti, relativamente agli anni 1990-1994: che nessuna dichiarazione era stata mai presentata da De Focatiis Arturo; che nessuna dichiarazione era stata mai presentata da Mirabile Maria Antonina; che De Focatiis Milena aveva presentato dichiarazioni relativamente ai soli redditi 1991 (per un imponibile pari a L. 18.387.000), 1992 e 1993 (per un imponibile pari a zero, venendo dichiarato in entrambi gli anni un reddito complessivo negativo). Con successiva missiva del 21 maggio 1998, il Centro di servizio delle imposte dirette di Milano riferiva di non disporre di informazioni relative agli anni di imposta 1995 e 1996 in ordine al De Focatiis, alla moglie ed alla figlia, neppure in merito all'eventuale presentazione di dichiarazioni da parte loro. Anche l'INPS, richiesta di precisare l'ammontare delle pensioni corrisposte all'imputato ed alla Mirabile (unico reddito da entrambi dichiarato in maniera approssimativa ai fini della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato), riferiva trattarsi, per ciascuno, dell'importo mensile di L. 501.300 nell'anno 1996, di L. 516.000 nell'anno 1997 e di L. 522.650 nell'anno 1998. La questione che di seguito si solleva e' dunque rilevante ai fini del giudizio, apparendo adempiute le formalita' che consentono, ai sensi degli artt. 5 e 6, legge n. 217/1990 ed avuto riguardo alle condizioni di reddito dell'imputato, rapportate al nucleo familiare, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. 2. - Sulla non manifesta infondatezza della questione. La legge 30 luglio 1990, n. 217 esclude dal patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dei comma 8 e 9 dell'art. 1, i procedimenti penali concernenti soltanto contravvenzioni e quelli aventi ad oggetto reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Quanto alla prima esclusione, la Corte costituzionale ha gia' ritenuto, con sentenza del 9 giugno 1994, n. 243, l'infondatezza della prospettata incostituzionalita' della norma, osservando per un verso che la disciplina del gratuito patrocinio trova legittima attuazione "con varia gradualita' ed intensita', secondo scelte discrezionali del legislatore" e per altro verso che il differenziare il regime concernente i delitti da quello riguardante le contravvenzioni rispecchia il maggior disvalore dei primi rispetto alle seconde. Quanto alla seconda esclusione, gia' i lavori preparatori della legge n. 217/1990, riportavano l'intervento del Ministro di grazia e giustizia, che nella discussione alla Camera richiamava il pericolo di "essere da taluno ridicolizzati per il fatto che lo Stato paga il patrocinio a coloro che sono imputati di evasione delle imposte" (v. Camera dei deputati, sed. pomer. 13 febbraio 1990, 38638). A giudizio del pretore, il mancato inserimento del reato di usura impropria tra quelli esclusi dall'applicabilita' del patrocinio a spese dello Stato appare irragionevole e tale da porsi in contrasto con il principio di uguaglianza stabilito dall'art. 3 Cost., ove si consideri la natura del reato di usura impropria, che nella previsione di cui d.-l. n. 306/1992 mirava ad attribuire rilevanza penale anche alle situazioni in cui taluno, profittando delle condizioni di difficolta' economica o finanziaria di persona che svolgesse un'attivita' imprenditoriale o professionale, si facesse dare o promettere sotto qualsiasi forma, per se' o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, interessi o altri vantaggi usurarii. L'elemento obiettivo del nuovo reato (successivamente abrogato dalla legge 7 marzo 1996, n. 108, che ora prevede una specifica aggravante nei confronti di chi tenga la stessa condotta a danno di chi svolga attivita' imprenditoriale, professionale o artigianale, anche a prescindere dall'approfittamento) consiste dunque nel conseguimento della dazione o della promessa di interessi usurarii a fronte della prestazione di denaro o cosa mobile effettuata dall'usuraio al soggetto passivo; si e' detto in dottrina, del resto, che anche la promessa importa un'obbligazione e cagiona un onere patrimoniale al soggetto passivo, sia o meno garantita e fino a quando non venga annullata. Il reato in esame, in altri termini, consiste nel farsi dare o promettere interessi usurarii, tali cioe' da presentare (secondo quanto riteneva la dottrina prima della legge n. 108/1996) un eccesso notevole, che non rappresentasse una controprestazione, ma un lucro indebito senza legittima causa; la nuova legge, poi, al terzo comma dell'art. 644 stabilisce i casi in cui gli interessi sono sempre usurarii (quando cioe' essi sono superiori al limite fissato dalla legge, dapprima con decreto del Ministro del tesoro del 22 marzo 1997, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 aprile 1997) ed i criteri alla stregua dei quali gli interessi e gli altri vantaggi, ove conseguiti in danno di persona che si trovi in condizioni di difficolta' economica o finanziaria, possono essere comunque usurarii, anche se inferiori al limite di legge. Ne consegue che il reato in esame, per le sue stesse caratteristiche obiettive, implica un maneggio di denaro o la ricezione di una prestazione che di per se' sfuggono alle condizioni di non abbienza alle quali e' ancorato il giudizio sulla meritevolezza del beneficio del patrocinio a spese dello Stato; nel contempo, non pare ragionevole - tenuto conto della peculiarita' del reato di usura e della sua intima natura di reato di danno, che nella formulazione vigente all'epoca del fatto richiedeva quale elemento costitutivo l'abuso dello stato di bisogno della persona (quanto all'usura propria) o delle condizioni di difficolta' economica o finanziaria di persona che svolgesse un'attivita' imprenditoriale o professionale (quanto all'usura impropria) - escludere il beneficio per chi debba rispondere di mere contravvenzioni o di reati di natura tributaria e consentirlo invece per chi, secondo l'accusa, abbia conseguito un arricchimento del tutto sproporzionato alla prestazione svolta nei confronti della parte lesa.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 9, legge n. 217/1990, nella parte in cui non esclude l'applicabilita' del patrocinio a spese dello Stato anche per il reato di cui all'art. 644-bis c.p.; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il procedimento in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti interessate, al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Milano, il 27 maggio 1998. Il pretore: Caccialanza 98C1116