N. 712 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 giugno 1998
N. 712 Ordinanza emessa il 1 giugno 1998 dal tribunale di Pescara nel procedimento penale a carico di Tabossi Riccardo ed altri Processo penale - Dibattimento - Valutazione delle prove - Modifiche normative - Disciplina transitoria - Esame di imputato in procedimento connesso - Utilizzabilita' seppure limitata delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari di cui sia stata gia' data lettura - Inapplicabilita' del regime transitorio alle dichiarazioni di cui non sia stata disposta la lettura - Disparita' di trattamento tra imputati - Violazione del principio del libero convincimento del giudice. (Legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, commi 2, 3, 4 e 5; c.p.p. 1998, art. 513, comma 2). (Cost., artt. 3, 101, 111 e 112).(GU n.41 del 14-10-1998 )
IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva espressa nella odierna pubblica udienza, ha emesso la seguente ordinanza sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge 7 agosto 1997, n. 267, in relazione all'art. 513, comma 2 c.p.p., come modificato dall'art. 1, della legge 7 agosto 1997, n. 267, con riferimento agli artt. 3, 101, 111 e 112 della Carta costituzionale, nel procedimento penale n. 445/1995 iscritto a carico di Tabossi Riccardo, ed altri, imputati, come da rubrica, dei reati di truffa aggravata, abuso di ufficio, corruzione, falso ideologico ed altro. Premessa Gli imputati sono stati rinviati a giudizio con decreto del g.u.p. del tribunale di Pescara del 27 ottobre 1995. All'udienza del 30 gennaio 1996 venivano costituite le parti, quindi il processo veniva rinviato all'udienza del 10 maggio 1996 allorche' veniva dichiarato aperto il dibattimento. Nel corso delle udienze del 10, 22, 23 maggio 1996 e 20 giugno 1996, venivano espletati in buona parte i mezzi di prova richiesti dal p.m., quindi, all'udienza del 1 giugno 1998, cui si perveniva a seguito di plurimi rinvii chiesti dal p.m. e dai difensori per i legittimi motivi specificati nei rispettivi verbali di udienza (non ultimo quello determinato dalla diversa composizione del Collegio giudicante per la cessazione della applicazione presso il tribunale di Pescara del dott. Giuseppe Cassano), il teste Dattoli Armando, indicato nella lista del p.m. ed imputato in procedimento connesso, dichiarava di avvalersi della facolta' di non rispondere a norma dell'art. 210, comma 4 c.p.p. Sul mancato consenso dei difensori degli imputati alla lettura, ed acquisizione al fascicolo dibattimentale con utilizzazione contra alios, del verbale delle dichiarazioni rese dal Dattoli al p.m. nel corso delle indagini preliminari, il p.m. prospettava la questione di legittimita' costituzionale in epigrafe indicata. Il tribunale, nella stessa udienza, decidendo immediatamente sulla questione di costituzionalita', sentiti i difensori degli imputati ed il difensore della parte civile, O s s e rv a Ritiene il collegio che, nel caso di specie, ricorrano le condizioni della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale prospettata dal p.m. Sulla rilevanza I n f a t t o La questione e' rilevante ai fini della decisione in quanto le dichiarazioni rese da chi sia stato gia' imputato di concorso negli stessi reati per i quali si procede, ineriscono ai fatti che costituiscono oggetto della imputazione ed, inoltre, provengono da persona che, avendo ricoperto, all'epoca dei fatti, il ruolo di dirigente del Settore tecnologico della USL di Pescara, si e' trovato nelle condizioni di conoscere, direttamente, la natura e la consistenza delle pretese attivita' illecite (attualmente sub iudice) che sarebbero state da lui compiute in concorso con gli odierni imputati. I n d i r i t t o La norma sospettata di incostituzionalita', allo stato, impedisce l'ingresso nel fascicolo del dibattimento del verbale predibattimentale dell'imputato in procedimento connesso che si e' avvalso della facolta' di non rispondere. Infatti, alla data di entrata in vigore della legge n. 267/1997, il giudizio de quo era in corso, essendo state gia' costituite pubblicamente le parti del rapporto processuale ed essendo stata svolta ampia attivita' istruttoria, senza pero', che a quella data, fosse stata gia' data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dal Dattoli nel corso delle indagini preliminari. Risulta, percio', di immediata applicazione la nuova disposizione processuale contenuta nell'art. 513, comma 2 c.p.p., non essendo possibile, ne' il ricorso al regime transitorio regolato dall'art. 6, commi 2-5 della citata legge - regime riservato al caso in cui, nel giudizio in corso, sia stata gia' disposta la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dalle persone indicate nell'art. 513 c.p.p. al p.m. o alla p.g. da questi delegata o al g.i.p. o al g.u.p. - ne' il ricorso alla norma di salvaguardia, contenuta nel comma 1 del citato art. 6, con cui viene consentito al p.m., allo scopo di recuperare le dichiarazioni dell'imputato in procedimento connesso nel contraddittorio delle parti, di chiedere l'incidente probatorio anche dopo l'esercizio dell'azione penale (che, come e' noto, si perfeziona con la chiusura delle indagini preliminari e con la richiesta di rinvio a giudizio), e quindi, non oltre la emissione del decreto che dispone il giudizio. A tutto concedere, pur aderendo alla interpretazione meno restrittiva, secondo cui il ricorso del p.m. all'incidente probatorio sarebbe stato possibile, con la preclusione di ogni utilizzazione successiva del verbale di interrogatorio, anche dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio (e cio' alla luce della decisione della Corte costituzionale del 10 marzo 1994, n. 779, con cui e' stata ritenuta la ammissibilita' dell'incidente probatorio anche durante la fase dell'udienza preliminare), e' ragionevole ritenere che una competenza funzionale del g.i.p. non sia certamente piu' consentita dopo che il procedimento penale e' approdato al dibattimento. Resta fermo che, in questa sede, non risultano essere immediatamente rilevanti, ai fini della decisione da assumere, tutti gli altri profili di incostituzionalita' dell'art. 513 c.p.p., posto che la rilevanza della questione di costituzionalita' da sottoporre al vaglio del giudice delle leggi, e' limitata alla portata delle disposizioni contenute nella norma transitoria (art. 6). Sulla non manifesta infondatezza Il regime transitorio disciplinato dall'art. 6, commi 2-5 della legge n. 267/1997 non e' esente da specifici profili di incostituzionalita', quando, per i giudizi in corso, il legislatore, al palese scopo di recuperare l'oralita' e il contraddittorio nella formazione della prova, e quindi di consentire una graduale sostituzione della vecchia normativa, limita la parziale retroattivita' della nuova norma processuale, attraverso il nuovo esame dell'imputato in procedimento connesso, al solo caso in cui, al momento della entrata in vigore della legge n. 267, sia stata gia' disposta la lettura delle dichiarazioni predibattimentali. Giova sottolineare, a questo punto, che, in un recente passato, la Corte costituzionale ha piu' volte ribadito che i principi fondanti del nuovo processo penale, di tipo accusatorio, sono non soltanto quelli della pubblicita' e oralita' del processo, ma anche quello della ricerca della verita', cui e' legato, come corollario, quello della non dispersione della prova necessario per pervenire ad una giusta decisione (ex plurimis Corte costituzionale n. 255/1992 in tema di illegittimita' costituzionale dell'art. 500, commi 3 e 4 c.p.p. - vecchia formula -; n. 241/1994 in tema di ragionevolezza della codificazione di un criterio logico-argomentativo da parte del legislatore nella sua discrezionalita', sia in raffronto ad ipotesi analoghe, per le quali valga l'opposto principio di utilizzabilita' probatoria, sia anche e soprattutto, in termini assoluti, con riguardo alla funzione stessa della giurisdizione penale"; n. 179/1994 in tema di lettura di dichiarazioni rese da prossimi congiunti che si avvalgano, in dibattimento, della facolta' di non rispondere - verbale che viene considerato come atto irripetibile). Ed ancora vanno ricordati i principi, di rango costituzionale, della obbligatorieta' della azione penale e della uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, principi entrambi in conflitto con la concezione di un modello processuale penale che dovesse ammettere il principio dispositivo della prova (v. Corte cost. n. 111/1993). Tutti i suesposti principi fondamentali, riconducibili ai parametri di rilievo costituzionale di cui agli artt. 3, 101, 111 e 112 della Carta costituzionale, risultano indubbiamente vulnerati dalla nuova disciplina processuale regolata dagli articoli di legge da sottoporre a scrutinio di legittimita'. E' irragionevole, infatti, la scelta di un meccanismo processuale di recupero della prova che, in regime transitorio, tratti situazioni identiche in maniera diversa, consentendo l'acquisizione del verbale di interrogatorio, sia pure con ridotta efficacia probatoria, quando sia stata gia' disposta la lettura, ed escludendola quando tale lettura, per un mero fatto accidentale o casuale, non sia ancora avvenuta (come, nel caso di specie, a motivo di contestazioni suppletive ad opera del p.m. ovvero della cessazione del termine di applicazione del Presidente del collegio giudicante). La irragionevolezza di un simile sistema processuale, imputabile probabilmente a mera dimenticanza del legislatore, e' ancora piu' vistosa nel caso in cui la lettura sia stata fissata nel dibattimento, nel quadro della consueta gradazione delle attivita' istruttorie, in una data che e' successiva di appena un giorno a quella di entrata in vigore della Nuova legge processuale. Il sospetto di incostituzionalita' della norma in rassegna, e' quindi fondato, specie ove si consideri la patente violazione dell'art 3 della Carta costituzionale che si consuma ogni volta che, anche nell'ambito di uno stesso processo che contasse numerosi imputati in procedimento connesso, alcuni siano stati esaminati prima della entrata in vigore della legge n. 267, ed altri dopo (ipotesi di dipendenza della prova da fattori oggettivamente temporali), ovvero quando una parte degli imputati in procedimento connesso abbia accordato il consenso alla lettura, mentre altri lo abbiano negato (ipotesi di dipendenza della prova da fattori meramente soggettivi), con il conseguente irrimediabile pregiudizio dell 'esercizio della giurisdizione, della esigenza di accertamento della verita' (valida per un imputato e non per un altro) e del principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Non ignora il tribunale che le norme transitorie sono espressione di discrezionalita' legislativa (Corte cost. 27 settembre 1990, n. 419, in Cass. pen. 1991, II, 72). Nella parte motiva della citata decisione della Consulta, tuttavia, e' stata anche sottolineata la necessita' che il legislatore stabilisca "un criterio atto ad assicurare la graduale sostituzione della nuova alla vecchia disciplina, senza individuare particolari situazioni nell'ambito di una medesima categoria di soggetti, bensi' facendo riferimento ad inevitabili fattori naturali esterni, quale l'iter temporale dei procedimenti penali". Orbene, nel caso della norma transitoria sottoposta a scrutinio di legittimita' costituzionale, norma con la quale, indubbiamente, e' stato fissato un criterio oggettivo di diritto intertemporale con effetti capaci di incidere sul meccanismo di acquisizione delle prove, non puo' certo essere ritenuta ragionevole una evidente disparita' di trattamento rispetto a situazioni identiche che stazionano nell'ambito dello stesso processo e nella medesima fase processuale. E' appena il caso di sottolineare, infine, che non e' in discussione, in questa sede, la ragionevolezza della applicabilita' o inapplicabilita' della norma transitoria tout court in un grado di giudizio piuttosto che in un altro (questione sulla quale la giurisprudenza di legittimita' e' rimasta divisa fino alla discussa sentenza delle sezioni unite del 25 febbraio 1998 che ha risolto il contrasto nel senso della applicabilita' della nuova disciplina anche nel giudizio di Cassazione). La questione, invece, e' quella di stabilire se, nel quadro dei principi suesposti, sia ragionevole la previsione normativa di una parziale retroattivita' del riformato art. 513 c.p.p., nel medesimo "giudizio di merito in corso", riconosciuta a taluni imputati nei confronti dei quali, irrazionalmente, si applica la speciale disciplina transitoria che, invece, e' negata ad altri che versano nelle medesime condizioni processuali.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva per la violazione degli artt. 3, 101, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 2-5 della legge 7 agosto 1997, n. 267, in relazione all'art. 513, comma 2 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, nei giudizi in corso, debba trovare applicazione il regime transitorio disciplinato dal comma 2 e ss. dello stesso articolo anche quando, al momento della entrata in vigore della legge n. 267/1997, non sia stata ancora disposta la lettura, nei confronti di altri senza il loro consenso, dei verbali delle dichiarazioni rese dalle persone indicate dall'art 513 c.p.p. al p.m., alla p.g. da questi delegata, al g.i.p. o al g.u.p.; Dispone la trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione dell'ordinanza al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' per la comunicazione ai sigg. Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Sospende il dibattimento fino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; La lettura integrale della ordinanza nella odierna udienza in presenza di tutte le parti regolarmente costituite, sostituisce a norma dell'art. 148 c.p.p., le prescritte notificazioni formali. Pescara, addi' 1 giugno 1998 Il presidente: Spinaci I giudici: Del Boccio - De Santis 98C1117