N. 347 SENTENZA 22 - 26 settembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Filiazione    -    Disconoscimento    di   paternita'   -   Consenso
 all'inseminazione artificiale eterologa della  moglie  -  Esperimento
 dell'azione  da  parte del marito affetto da impotentia generandi nel
 periodo che va dal trecentesimo al centottantesimo giorno prima della
 nascita  del  figlio  concepito  durante  il  matrimonio  -   Effetti
 preclusivi  dell'azione  -  Omessa  previsione  -  Estraneita'  della
 fattispecie  oggetto  del  giudizio  alla  disciplina   censurata   -
 Inammissibilita'.
 
 (C.C., art. 235).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 29, 30 e 31).
 
(GU n.39 del 30-9-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI;
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 235 del codice
 civile, promosso con ordinanza emessa il 14 marzo 1997 dal  tribunale
 di  Napoli  nel  procedimento  civile  vertente  tra A. W. e A. T. ed
 altri, iscritta al n. 387 del registro ordinanze  1997  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  27,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1997.
   Visto l'atto di costituzione di A. T.
   Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il giudice relatore
 Fernando Santosuosso.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da A.  W.  contro
 la propria moglie A. T. ed il curatore speciale del minore A. M.  per
 il  disconoscimento  della  paternita'  nei confronti del bambino, il
 tribunale  di  Napoli  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  235 del codice civile, in riferimento agli
 artt. 2, 3, 29, 30 e 31 della Costituzione.
   Premette il giudice a quo che dalle pacifiche risultanze probatorie
 della causa emerge che l'attore e' affetto da impotentia generandi  e
 che  il  figlio  partorito  dalla  moglie e' stato concepito mediante
 inseminazione artificiale eterologa; ritiene altresi' dimostrato che,
 quantunque il matrimonio tra i due  sia  successivamente  entrato  in
 crisi  (tanto  da essere in corso il giudizio di separazione legale),
 il marito aveva a suo tempo prestato il proprio  consenso  a  che  la
 moglie  venisse fecondata artificialmente per concepire detto figlio,
 cosi'  come  era  avvenuto   anche   per   un   altro   figlio   nato
 precedentemente.
   Sulla  base  di questi elementi il tribunale osserva che nel nostro
 ordinamento il consenso prestato dal marito (cosciente della  propria
 impotenza)  all'inseminazione  artificiale eterologa della moglie non
 puo' ritenersi idoneo ad  escludere  l'esperibilita'  dell'azione  di
 disconoscimento  di  paternita'  prevista  dall'art.  235, n. 2), del
 codice civile. A tale conclusione si perviene perche'  non  sussiste,
 nel  caso  specifico,  alcun  rapporto  biologico  di  sangue,  ed il
 consenso non puo' valutarsi alla  stregua  di  un'implicita  rinunzia
 all'azione,    rinunzia    inammissibile   trattandosi   di   diritti
 indisponibili.
   Il  tribunale  di  Napoli  da'  conto  del  fatto  che  una  simile
 interpretazione delle norme e' stata contraddetta da molte autorevoli
 voci  dottrinali,  secondo  le  quali  il consenso prestato dal padre
 all'inseminazione  eterologa  dovrebbe  tradursi  nella   conseguente
 improponibilita'  dell'azione  di  disconoscimento;  soluzione questa
 gia' recepita anche nella legislazione  positiva  di  diversi  Stati.
 Tuttavia  il  giudice a quo ribadisce che, quando dalla lettera della
 norma traspare la volonta' del  legislatore,  non  e'  possibile  far
 prevalere   l'interpretazione   teleologica   su   quella  letterale.
 Pertanto,  poiche'  la  norma  positiva   individua   nell'impotentia
 generandi   una   delle   cause   legittimanti   per     l'azione  di
 disconoscimento, la medesima non puo'  essere  esclusa  nel  caso  in
 esame.
   Dopo aver interpretato le norme nei predetti termini, il rimettente
 osserva  che  da  una  simile lettura deriva la palese violazione dei
 principi di cui agli artt. 2, 3, 29,  30  e  31  della  Costituzione.
 Anche  la Corte costituzionale (sentenze n. 341 del 1990 e n. 429 del
 1991),  del  resto,  ha  riconosciuto   la   preminente   centralita'
 dell'interesse del minore in tema di dichiarazione della paternita' o
 maternita' naturale e di adozione.
   Nel  caso  dell'inseminazione  eterologa e' evidente che consentire
 l'azione di disconoscimento viene a ledere in modo  irreversibile  le
 prerogative   del   figlio.   Nessun  rapporto,  infatti,  egli  puo'
 ragionevolmente stabilire con chi (peraltro anonimo) si e' limitato a
 donare il seme senza assunzione di alcuna responsabilita'; per cui il
 minore viene ad essere  per  sempre  privato  della  figura  paterna,
 perdendo  il  diritto  alla  propria  identita' ed al proprio nome ed
 assumendo uno status simile a quello dei figli di genitori ignoti. La
 palese gravita' di siffatte conseguenze - neppure eliminabili tramite
 un  eventuale  risarcimento  dei  danni,   stante   la   natura   non
 monetizzabile del bene perduto - rende del tutto irrazionale la norma
 impugnata, che dovrebbe pertanto essere dichiarata costituzionalmente
 illegittima   nella  parte  in  cui  non  preclude  l'azione  per  il
 disconoscimento di paternita' al padre legittimo che  abbia  prestato
 il proprio consenso all'inseminazione eterologa della moglie.
   2.   -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituita A. T., convenuta nel giudizio  a  quo,  associandosi  alla
 richiesta di accoglimento della sollevata questione.
   La  parte privata, nel fare proprie le argomentazioni del tribunale
 di Napoli, evidenzia soprattutto come l'ammissibilita' dell'azione di
 disconoscimento - azione che dimostra una totale violazione da  parte
 del  padre  dei  doveri  di  genitore  - si traduca in una gravissima
 lesione dei diritti della madre e del minore. La prima, infatti,  pur
 essendo  coniugata,  si  vede ridotta al rango di ragazza-madre di un
 figlio, pur ottenuto col consenso del marito, mentre il piccolo perde
 il nome, l'identita' personale e  la  serenita'  necessaria  per  una
 crescita equilibrata.
                        Considerato in diritto
   1.   -   Il   tribunale   di   Napoli   dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 235, cod. civ., in relazione agli  artt.  2,
 3,  29,  30  e 31 della Costituzione, in quanto il primo comma, n. 2,
 consentirebbe  di  esperire  l'azione  per  il   disconoscimento   di
 paternita' al marito che, affetto da impotenza nel periodo che va dal
 trecentesimo al centottantesimo giorno prima della nascita del figlio
 concepito  durante  il  matrimonio,  abbia  dato  il proprio consenso
 all'inseminazione artificiale eterologa della moglie.  Il  giudice  a
 quo  presuppone  che nell'attuale sistema, stante il tenore letterale
 della  disposizione  in  esame,  al  consenso  prestato  dal   marito
 all'inseminazione  eterologa  della moglie non possa essere collegato
 alcun effetto preclusivo dell'azione di disconoscimento, ove  ricorra
 una  delle  ipotesi  (nel  caso, impotenza a generare) previste dalla
 legge.
   Ad avviso del giudice rimettente  la  norma  anzidetta  sarebbe  in
 contrasto con gli evocati parametri costituzionali, in quanto:
     e'   interesse   del   minore   non  vedersi  privato  del  nome,
 dell'identita' personale e della  stessa  possibilita'  di  avere  un
 padre;
     risponde  a fondamentali princi'pi costituzionali che ogni figlio
 abbia diritto ad essere mantenuto, istruito  ed  educato  dai  propri
 genitori,  tali  dovendosi  considerare  quelli  che  hanno  preso la
 decisione  della  sua  procreazione;  mentre   nessun   rapporto   di
 paternita' potrebbe essere instaurato col padre biologico.
   2. - La questione e' inammissibile.
   Il  giudice  rimettente - pur rilevando la mancanza di una puntuale
 disciplina legislativa che stabilisca la legittimita'  o  meno  ed  i
 limiti della fecondazione assistita, regolando inoltre i rapporti fra
 i soggetti coinvolti nelle relative vicende, tra cui la posizione del
 minore  -  parte dal presupposto che il caso particolare sul quale e'
 chiamato a decidere (nascita  di  un  bambino  mediante  fecondazione
 assistita  eterologa,  in  costanza  di  matrimonio,  col consenso di
 entrambi i coniugi) rientri nella portata dell'art. 235, primo comma,
 n. 2, cod. civ., ma solleva  dubbi  di  legittimita'  costituzionale,
 considerate le conseguenze che egli ritiene di dover trarre da questa
 disposizione.
   Sennonche'  questa norma riguarda esclusivamente la generazione che
 segua ad un rapporto adulterino, ammettendo il disconoscimento  della
 paternita'  in  tassative ipotesi, quando le circostanze indicate dal
 legislatore facciano presumere che la gravidanza  sia  riconducibile,
 in  violazione  del  dovere  di  reciproca  fedelta',  ad un rapporto
 sessuale con persona diversa dal coniuge.
   La  possibilita'  che  ipotesi  nuove,  non   previste   al   tempo
 dell'approvazione  di  una norma, siano disciplinate dalla stessa non
 e'  da  escludersi  in  generale.  Ma   tale   possibilita'   implica
 un'omogeneita' di elementi essenziali e  un'identita' di ratio; nella
 cui  carenza  l'estensione  della  portata  normativa  della legge si
 risolverebbe in un arbitrio.
   E' quanto accadrebbe una  volta  che,  ai  fini  dell'esperibilita'
 dell'azione  di  disconoscimento  di  paternita',  l'ipotesi in esame
 fosse equiparata a quelle, tanto dissimili,  previste  dall'art.  235
 del codice civile.
   3.  -  L'estraneita'  della  fattispecie  oggetto del giudizio alla
 disciplina  censurata  comporta  l'inammissibilita'  della  sollevata
 questione;  dalla  quale  tuttavia  emerge  una situazione di carenza
 dell'attuale ordinamento, con implicazioni costituzionali.
   Non si tratta in alcun modo, in  questa  occasione,  di  esprimersi
 sulla  legittimita'  dell'inseminazione artificiale eterologa, ne' di
 mettere in discussione il principio di indisponibilita' degli  status
 nel  rapporto di filiazione, principio sul quale sono suscettibili di
 incidere le varie possibilita' di fatto oggi offerte  dalle  tecniche
 applicate  alla  procreazione.  Tutto  cio'  resta fuori dal presente
 giudizio di costituzionalita'. Si tratta invece di tutelare anche  la
 persona   nata   a   seguito   di   fecondazione  assistita,  venendo
 inevitabilmente in gioco plurime esigenze costituzionali.
   Preminenti in proposito sono le garanzie per il nuovo nato (v.   le
 sentenze  n. 10 del 1998; n. 303 del 1996; n. 148 del 1992; nn.  27 e
 429 del 1991; e nn. 44 e 341 del 1990),  non  solo  in  relazione  ai
 diritti  e  ai  doveri previsti per la sua formazione, in particolare
 dagli artt. 30 e 31 della Costituzione, ma  ancor  prima  -  in  base
 all'art.  2 della Costituzione - ai suoi diritti nei confronti di chi
 si sia liberamente impegnato ad accoglierlo assumendone  le  relative
 responsabilita': diritti che e' compito del legislatore specificare.
   4.  -  L'individuazione di un ragionevole punto di equilibrio tra i
 diversi beni costituzionali coinvolti, nel  rispetto  della  dignita'
 della  persona  umana,  appartiene primariamente alla valutazione del
 legislatore.   Tuttavia,   nell'attuale   situazione    di    carenza
 legislativa,  spetta  al  giudice  ricercare  nel complessivo sistema
 normativo l'interpretazione idonea ad assicurare la protezione  degli
 anzidetti beni costituzionali.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 235 del codice civile sollevata, in riferimento agli  artt.
 2,  3,  29,  30  e 31 della Costituzione, dal tribunale di Napoli con
 l'ordinanza di cui in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 settembre 1998.
                         Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Santosuosso
                        Il cancelliere: Di Paola
 Depositato in cancelleria il 26 settembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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