N. 737 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 aprile 1997- 21 settembre 1998
N. 737 Ordinanza emessa il 18 aprile 1997 (pervenuta alla Corte costituzionale il 21 settembre 1998) dalla Commissione tributaria regionale di Roma sul ricorso proposto dall'ufficio I.V.A. di Frosinone contro Frasca Franco Contenzioso tributario - Procedimento innanzi la Commissione tributaria - Pendenza di causa pregiudiziale innanzi ad altro organo giurisdizionale (tributario, civile, amministrativo o penale) dalla cui definizione dipenda la decisione del ricorso - Possibilita' di sospendere il procedimento fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza - Mancata previsione - Lesione del principio di eguaglianza - Violazione del diritto di difesa. (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 39). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.41 del 14-10-1998 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente sentenza-ordinanza, sull'appello r.g. appelli 4702/1996, depositato il 29 giugno 1995, avverso la sentenza n. 12/3/1995, emessa dalla commissione tributaria provinciale di Frosinone dall'ufficio I.V.A. di Frosinone; controparti: Frasca Franco, residente a Trevi nel Lazio (Frosinone), in via Suria n. 7, assistito da: avv. di rett. n. 603717, I.V.A., 1988. Svolgimento del processo Con avviso n. 603717 notificato il 10 novembre 1993, l'ufficio I.V.A. di Frosinone informava il signor Frasca Franco, esercente l'attivita' di commercialista e di agente immobiliare in Cisterna di Latina, di aver recepito l'accertamento per il 1988 espletato a carico del professionista dall'ufficio II.DD. di Frosinone e di aver conseguentemente rettificato la dichiarazione annuale, dallo stesso inoltrata, contestando ricavi per L. 45.000.000. Impugnava l'atto il Frasca dinanzi alla commissione tributaria di 1 grado di Frosinone, deducendo che l'accertamento induttivo dell'ufficio II.DD. era stato gia' oggetto di ricorso e, nel merito, la carenza dei presupposti per l'applicazione della disciplina di cui al primo comma dell'art. 39 del d.P.R. n. 600/1973 nonche' la eccessivita' dell'addebito, atteso che l'attivita' di fiscalista era espletata nel tempo libero residuato dallo svolgimento di attivita' subordinata. Con decisione n. 12/3/95 del 2-13 maggio 1995 la commissione adita ha accolto il ricorso, ritenendo illegittimo l'accertamento operato dall'ufficio II.DD. ai sensi degli artt. 54 e 55 d.P.R. n. 633/1972 e, peraltro, sottolineando l'intervenuto annullamento dello stesso da parte di altra sezione della stessa commissione. Entrambe le decisioni sono state impugnate dagli uffici soccombenti della amministrazione finanziaria. In attuazione della nuova disciplina del contenzioso tributario di cui all'art. 72 del decreto legislativo n. 546/1992, i ricorsi sono stati assegnati rispettivamente, quello relativo all'accertamento II.DD., alla sesta sezione e, quello inerente la rettifica ai fini I.V.A., a questa sezione che, accertata la ritualita' delle comunicazioni ex art. 17 del richiamato decreto legislativo n. 546/1992, lo ha trattenuto in decisione all'udienza pubblica del 18 aprile 1997, nel mentre l'altro giudizio e' in attesa di fissazione. Il collegio, ritenendo condizionata la decisione della impugnazione della rettifica I.V.A. dall'esito del giudizio sulla legittimita' dell'accertamento compiuto dall'ufficio II.DD., intende sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto legislativo n. 546/1992. Motivi della decisione Per il richiamato art. 39, "il processo e' sospeso quando e' presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacita' delle persone". La circolare n. 98/E del 1996, commentando la norma, precisa e sottolinea che "con il nuovo rito si e' avvertita la esigenza di prevedere ipotesi tassative in quanto l'istituto della sospensione del processo tributario puo' verificarsi solo quando ricorrano, alternativamente o cumulativamente, le ipotesi" innanzi segnalate. Considerato che il comma 2, dell'art. 1 del decreto legislativo n. 546/1992 statuisce che "i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto ..., le norme del codice di procedura civile", nessun riferimento a detta ultima disciplina sul tema e' possibile e nessuna integrazione da parte della stessa e' consentita. In particolare, inapplicabile deve considerarsi l'art. 295 del codice di procedura civile, secondo cui la sospensione del processo puo' essere disposta "in ogni caso in cui egli stesso (id est: il giudice della causa) o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa". E' questa una disposizione di carattere generale rispondente ad un sistema non esclusivo del rito civilistico, ma rientrante in un sistema di coordinamento logico esulante dal campo ristretto di un singolo ordinamento per assumere il valore di principio fondamentale dell'intero ordinamento. Per detto principio la causa dipendente va sospesa in attesa della definizione di quella principale o pregiudiziale, onde armonizzare la decisione della prima a quella della seconda. La validita' delle svolte argomentazioni e' confortata dalla circostanza che la pregiudizialita' non va riferita solo a giudizi pendenti dinanzi allo stesso organo giurisdizionale, bensi' anche a giudizi pendenti dinanzi a giudici ordinari ed amministrativi od anche penali. Ovviamente la menzionata armonizzazione esige che la sospensione persista sino al passaggio in giudicato della sentenza nella causa pregiudiziale. La disposizione dell'art. 39 del decreto legislativo n. 546 del 1992 sembra, pertanto, ledere precetti costituzionali: innanzitutto l'art. 3 della Costituzione, per l'ingiustificato trattamento differenziato che ne discende dalla applicazione delle norme richiamate; l'art. 24 della Costituzione, per le limitazioni che inevitabilmente subisce l'esercizio della difesa del ricorrente, non sempre in grado di approntare le proprie difese efficacemente al pari di quelle relative al ricorso pregiudiziale. E' ovvio, infatti, che la decisione della causa pregiudiziale, pur nella sua non definitivita', esercitera' una efficacia preclusiva di ogni altra difesa.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto legislativo n. 546/1992 con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la sospensione del processo tributario ove altro giudice debba procedere alla definizione di una controversia dalla quale dipende la decisione del ricorso; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina altresi' che a cura della segreteria sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata alle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 18 aprile 1997 Il presidente: (firma illeggibile) 98C1144