N. 821 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 1998

                                N.  821
  Ordinanza emessa il 18 giugno 1998 dalla Corte d'appello di  Venezia
 nel procedimento penale a carico di Bandel Alberto ed altro
 Processo  penale  - Richiesta di applicazione della pena - Ipotesi di
    rinnovazione del dibattimento da parte del giudice di appello (per
    avere il giudice di primo grado erroneamente pronunciato  sentenza
    di   non   doversi  procedere)  -  Esclusione  dal  beneficio  per
    superamento  del  termine  previsto  per  la  formulazione   della
    richiesta  (dichiarazione  di  apertura  del dibattimento di primo
    grado) - Disparita' di trattamento tra imputati, con incidenza sul
    diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 446, comma 1).
 (Cost., artt. 3 e 24, secondo comma).
(GU n.45 del 11-11-1998 )
                          LA CORTE D'APPELLO
   Ha emesso la seguente ordinanza;
   Vista  l'eccezione  di  legittimita  costituzionale sollevata dalla
 difesa dell'imputato Bandel Alberto in relazione all'art. 446 c.p.p.,
 nella parte in  cui  non  prevede  la  possibilita'  di  applicazione
 dell'art.    444 c.p.p. anche al giudizio in sede di rinnovazione del
 dibattimento ex art. 604, comma 6,  c.p.c.,  per  pretesa  violazione
 degli  artt.  3 e 24 della Costituzione per disparita' di trattamento
 e violazione del diritto di difesa;
   Sentite le parti;
   Esaminati gli atti;
                      Osserva in fatto e diritto
   In data 9 febbraio 1996, a seguito di querela presentata  da  Bassi
 Carlo,   legale  rappresentante  della  ditta  "National  Starch  end
 Chemical S.p.a." con sede in Mezzago (Milano),  venivano  rinviati  a
 giudizio   avanti  al  pretore  di  Treviso,  sezione  distaccata  di
 Conegliano, i sigg. Bandel Alberto, Mattiuzzi Giampietro  e  Ceriotti
 Daniele,   per  rispondere,  in  concorso  tra  loro,  del  reato  di
 rivelazione di segreti scientifici o industriali  previsto  e  punito
 dall'art. 623 c.p., meglio specificato in rubrica.
   All'udienza   del   15  novembre  1996  il  pretore  dichiarava  la
 contumacia di  Bandel  Alberto  ed,  in  accoglimento  dell'eccezione
 preliminare  della  difesa dell'imputato Ceriotti, alla quale aderiva
 la difesa del Bandel, pronunciava sentenza di non  doversi  procedere
 ex artt.  529-129 c.p.c., per mancanza di valida querela.
   Avverso  la  sentenza  proponeva appello il p.m. e questa Corte con
 ordinanza in data 12 febbraio 1998, ritenuta la  validita'  dell'atto
 di  querela, si riservava di disporre la rinnovazione dell'istruzione
 dibattimentale ai sensi dell'art. 604, comma 6, c.p.p., previo  esame
 delle eccezioni preliminari delle parti.
   All'udienza  del  23  aprile  1998  la difesa del Bandel depositava
 procura speciale con richiesta di patteggiamento ai  sensi  dell'art.
 444 c.p.p., sulla quale il p.g. esprimeva il consenso, mentre la p.c.
 si   opponeva,   ritenendo  l'imputato  decaduto  dalla  facolta'  di
 patteggiare, in quanto l'art. 446, comma  1  ne  prevede  l'esercizio
 "fino  alla  dichiarazione  di  apertura  del  dibattitnento di primo
 grado".
   Il  difensore  dell'imputato,  allora,  sollevava  l'eccezione   di
 incostituzionalita' della norma per gli accennati motivi.
   La  questione  appare  non  manifestamente infondata e rilevante ai
 fini del decidere nel presente processo.
   Ritiene anzitutto la Corte che la formulazione letterale  dell'art.
 446,  comma  1,  non consenta diverse interpretazioni in relazione al
 momento  preclusivo  per  proporre   il   patteggiamento,   dovendosi
 considerare preclusa la facolta' di chiedere l'applicazione dell'art.
 444  c.p.p.,  nella  fase del giudizio d'appello, ancorche' si svolga
 l'istruzione dibattimentale per la prima  volta  ai  sensi  dell'art.
 604, comma 6, c.p.p.
   Va  inoltre  osservato  che  nel  caso  di  specie  la  sentenza di
 improcedibilita' e' stata  emessa  in  limine  litis,  dopo  la  fase
 prodromica  di  trattazione delle questioni preliminari, e che la sua
 soluzione   ha   impedito   la   successiva   apertura   della   fase
 dibattimentale,  trattandosi  appunto di condizione di procedibilita'
 dell'azione.
   La ratio della norma di cui all'art. 446, comma 1,  c.p.p.  risulta
 ontologicamente  connessa  alle  finalita'  deflattive perseguite dal
 legislatore  con  l'introduzione  dei  riti  alternativi,   come   ha
 chiaramente  ribadito  la  Corte  costituzionale: "... il termine per
 avanzare  la  domanda  di  applicazione della pena su richiesta delle
 parti e' logicamente individuato nella dichiarazione di apertura  del
 dibattimento  di  primo  grado,  dopo  la  quale  non  sarebbero piu'
 giustificati i benefici concessi all'imputato, ne' dallo scopo, ormai
 impossibile, di eliminare il dibattimento,  ne'  dalle  scelte  fatte
 dall'imputato,   e   non   risulterebbe   realizzata   la   finalita'
 dell'istituto di assicurare la rapida definizione del maggior  numero
 di processi ..." (Corte costituzionale 11 maggio 1992, n. 123).
   Ora  l'art. 446, comma 1, impedendo all'imputato, nei confronti del
 quale il giudice di primo grado abbia  erroneamente  ritenuto,  prima
 dell'apertura  del  dibattimento,  la  sussistenza  di  una  causa di
 procedibilita', di avvalersi della facolta' di chiedere, nel giudizio
 di appello, l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444  c.p.p.,
 (e   di   conseguenza  di  godere  dei  rilevanti  vantaggi  connessi
 all'istituto  processuale  in  ordine  alla  riduzione  della   pena,
 all'esclusione delle spese processuali, delle pene accessorie e delle
 misure di sicurezza, nonche' alla successiva estinzione del reato nei
 ternimi  previsti  dall'art.  445,  comma  2), crea una situazione di
 evidente  disparita'  e  di  sostanziale  e  sostanzioso   svantaggio
 difensivo.
   Sul  piano  obiettivo  poi viene ulteriormente frustrata l'esigenza
 deflattiva, in  funzione  della  quale  il  legislatore  ha  previsto
 l'istituto,  in  quanto  la cosiddetta rinnovazione del dibattimento,
 prevista dall'art.    604,  comma  6,  coincide  necessariamente  con
 l'apertura   per   la   prima   volta   della  fase  dell'istruttoria
 dibattimentale.
   Va infine sottolineato che  il  mancato  esercizio  della  facolta'
 processuale  di  cui  all'art.  444,  quando, come nel caso in esame,
 dipenda da errata decisione del giudice, emessa nella fase degli atti
 preliminari al giudizio, non puo' in alcun modo essere addebitato  ad
 errata  scelta  processuale  dell'imputato  o  a sua colposa inerzia,
 avendo lo stesso diritto di proporre questioni preliminari  circa  la
 procedibilita'  dell'azione  penale,  prima  di  proporre  istanza di
 applicazione di pena.
   Ne consegue che la compressione  del  diritto  di  difesa  viene  a
 dipendere  da  un  evento  non evitabile ed esterno alla volonta' del
 prevenuto.
   La Corte  costituzionale,  chiamata  piu'  volte  e  sotto  diversi
 profili,   a  decidere  sulle  numerose  questioni  di  legitttimita'
 costituzionale relative all'art. 446 c.p.p., ha statuito,  incidenter
 tantum,  che:  "... almeno nei casi in cui risulti che l'inosservanza
 del termine per formulare - anche ovviamente a mezzo  di  procuratore
 speciale  -  la  richiesta  di  applicazione  di  una  pena sia stata
 determinata da un  evento  non  evitabile  dall'interessato,  sarebbe
 molto  difficile  negare  che l'impossibilita' di ottenere i relativi
 benefici concreti una  ingiustificata  compressione  del  diritto  di
 difesa."  (Corte costituzionale 19 marzo 1993, n. 101), enunciando un
 principio che doverosamente deve essere recepito.
   In sintesi: ritiene questa Corte che l'applicazione dell'art.  446,
 comma 1, c.p.p., il cui tenore letterale non permette interpretazioni
 estensive  in  relazione al grado di giudizio, crei una situazione di
 disparita' per quei soggetti imputati, nei confronti  dei  quali  sia
 stata  erroneamente  pronunciata  una  sentenza  di improcedibilita',
 senza  che sia stato aperto il dibattimento di primo grado, e che non
 possono  ottenere  in  appello,  a  seguito   di   rinnovazione   del
 dibattimento  ex  art.  604,  comma 6, i benefici del patteggiamento,
 dalla quale consegue una ingiustificata compressione del  diritto  di
 difesa, in violazione dei principi di eguaglianza e di inviolabilita'
 del  diritto  di  difesa, sanciti dagli artt. 3 e 24, secondo comma ,
 della Carta fondamentale.
   S'impone  dunque  un  giudizio  di  legittimita'  della  norma   in
 questione  da  parte  della  Corte  costituzionale,  alla quale vanno
 immediatamente rimessi gli atti, previa sospensione del  giudizio  in
 corso, secondo quanto dispone l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.
 87, con le ulteriori incombenze di legge.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  rilevante  e  non manifestamente infondata l'eccezione di
 legittimita'  costituzionale,  sollevata  dalla  difesa   di   Bandel
 Alberto,  dell'art.  446,  comma  1,  c.p.p.,  nella parte in cui non
 prevede la possibilita' di applicazione della pena a richiesta  delle
 parti  ai  sensi  dell'art. 444 c.p.p., anche nel giudizio di secondo
 grado ai sensi dell'art. 604, comma 6, c.p.p., per pretesa violazione
 degli artt. 3 e 24, secondo comma della Costituzione;
   Sospende il giudizio in corso;
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale;
   Ordina  che  a cura della cancelleria il presente provvedimento sia
 notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicato  ai
 Presidenti dei due rami del Parlamento.
     Venezia, addi' 18 giugno 1998
                         Il presidente: Giorgio
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