N. 362 SENTENZA 28 ottobre - 6 novembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Turismo - Regione Lombardia  -  Agenzie  di  viaggio  e  turismo  -
 Attivita'  delle filiali delle agenzie di viaggio - Sottoposizione ad
 autorizzazione regionale - Domanda per l'autorizzazione  -  Requisito
 della  specificazione  della qualita' di agenzia principale ovvero di
 filiale - Annotazione nella autorizzazione del carattere  di  agenzia
 principale  ovvero  di  filiale  -  Esercizio delle attivita' in sedi
 diverse - Sottoposizione ad autorizzazioni distinte con l'indicazione
 della sede e della filiale -  Autorizzazione  soggetta  al  pagamento
 della  tassa  di  concessione  regionale - Prestazione della cauzione
 anche a cura della filiale - Direttore tecnico di una filiale di  una
 agenzia  di  viaggio e turismo - Obbligo di prestazione della propria
 attivita' con carattere di esclusivita' - Violazione del principio di
 liberta'   di   impresa   -   Irragionevolezza    -    Illegittimita'
 costituzionale - Non fondatezza.
 
 (Legge  regione Lombardia 16 settembre 1996, n. 27, artt. 3, comma 3,
 secondo periodo, 4, comma 1, 5, comma 1, lettera f), 7, commi 2 e  6,
 11, comma 1, 13, comma 1, 14, comma 4, 4, commi 6 e 20).
 
 (Cost., artt. 3, 41, 97 e 117).
 
(GU n.45 del 11-11-1998 )
 LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo VARI,   dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,   avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
  Sentenza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 3,
 4, commi 1 e 6, 5, comma 1, lettera f) 7, commi 2 e 6, 11,  comma  1,
 13,  comma  1,  14,  comma 4, 17, commi 1 e 2, e 20 della legge della
 Regione  Lombardia  del  16  settembre  1996,   n.   27   (Disciplina
 dell'attivita'   e   dei  servizi  concernenti  viaggi  e  soggiorni.
 Ordinamento amministrativo delle  agenzie  di  viaggio  e  turismo  e
 delega  alle  Province),  promosso con ordinanza emessa il 16 gennaio
 1997 dal Tribunale amministrativo regionale  per  la  Lombardia,  sul
 ricorso  proposto  da  Ferti Viaggi s.r.l. ed altre contro la Regione
 Lombardia ed altra, iscritta al n. 412 del registro ordinanze 1997  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 28, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti gli atti di costituzione della Ferti Viaggi s.r.l. ed altre e
 della Regione Lombardia;
   Udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 1998 il  giudice  relatore
 Carlo Mezzanotte;
   Uditi  gli  avvocati  Massimo  Burghignoli e Guido Romanelli per la
 Ferti Viaggi s.r.l. ed  altre  e  l'avvocato  Beniamino  Caravita  di
 Toritto per la Regione Lombardia.
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Nel corso del giudizio proposto da otto agenzie di viaggi nei
 confronti  della  Regione  Lombardia,  per  ottenere  l'annullamento,
 previa  sospensione  della esecuzione, della deliberazione 18 ottobre
 1996 della Giunta regionale avente ad oggetto "Criteri operativi  per
 la  gestione  amministrativa  delle istanze di nuova apertura nonche'
 delle  autorizzazioni  regionali  per  l'esercizio  di  attivita'  di
 agenzia  di  viaggio  e  turismo,  di  cui  alla  legge  regionale 16
 settembre 1996, n. 27", il Tribunale amministrativo regionale per  la
 Lombardia,  dopo  aver  disposto,  in  via  interinale  e  sino  alla
 restituzione degli atti a seguito del giudizio di  questa  Corte,  la
 sospensione  della  esecuzione della delibera impugnata, ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma  3,  4,
 commi 1 e 6, 5, comma 1, lettera f), 7, commi 2 e 6, 11, comma 1, 13,
 comma 1, 14, comma 4, 17, commi 1 e 2, e 20 della legge della Regione
 Lombardia  16  settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attivita' e dei
 servizi concernenti viaggi e  soggiorni.  Ordinamento  amministrativo
 delle   agenzie  di  viaggio  e  turismo  e  delega  alle  Province),
 deducendone il contrasto con gli articoli 117, 120, 41, 3 e 97  della
 Costituzione.
   Il  giudice  a quo prospetta la illegittimita' costituzionale delle
 disposizioni della legge regionale che  impongono  la  autorizzazione
 non  solo  per lo svolgimento della attivita' della agenzia, ma anche
 per l'apertura di eventuali filiali (art. 4, comma 1, e 7, comma  6);
 delle connesse disposizioni concernenti la indicazione della qualita'
 di  agenzia  principale  o  di  filiale  sia  nella  domanda volta ad
 ottenere l'autorizzazione (art. 5,  comma  1,  lettera  f),  sia  nel
 provvedimento  di  autorizzazione  (art.  7,  comma 2); di quelle che
 impongono la necessaria presenza  del  direttore  tecnico  (art.  14,
 comma  4), il pagamento della tassa regionale (art. 11, comma 1) e il
 versamento della cauzione non solo per la sede  principale  ma  anche
 per   le   filiali  (art.  13,  comma  1);  di  quella  che  consente
 l'installazione di terminali remoti presso strutture o locali diversi
 da  quelli  dell'agenzia,  precludendo,  peraltro, la possibilita' di
 distaccare presso tali strutture  personale  dipendente  dall'agenzia
 stessa  (art.  3, comma 3); di quella che richiede il requisito della
 indipendenza dei locali  per  le  agenzie  che  svolgano  la  propria
 attivita' presso strutture pubbliche o private (art. 4, comma 6).
   Le  disposizioni  relative  alla  prescrizione  dell'autorizzazione
 anche per le filiali sarebbero illegittime, ad avviso del  giudice  a
 quo per violazione:
     dell'articolo  117  della Costituzione, come attuato dall'art.  9
 della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro  per  il  turismo  e
 interventi  per  il  potenziamento  e  la qualificazione dell'offerta
 turistica), in quanto contrasterebbero con il principio  della  legge
 statale, secondo il quale l'agenzia di viaggi costituisce una impresa
 destinata ad essere considerata unitariamente;
     dell'articolo  41  della Costituzione, in quanto limiterebbero il
 nucleo essenziale della liberta' di impresa economica;
     dell'articolo 120 della Costituzione, in quanto irragionevolmente
 richiederebbero il rilascio di un'autorizzazione anche per le agenzie
 che gia' siano state autorizzate da altre  Regioni  e  che  intendano
 operare  nella  Regione  Lombardia,  cosi' limitando il diritto delle
 agenzie stesse di esercitare la propria attivita' in qualunque  parte
 del territorio nazionale.
   Le  disposizioni che prescrivono il pagamento della tassa regionale
 (art. 11, comma 1) e il deposito cauzionale per  ogni  filiale  (art.
 13,  comma 1) sarebbero poi illegittime, sempre ad avviso del giudice
 a quo, per contrasto con l'articolo 41 della Costituzione, in  quanto
 creerebbero    ostacoli   all'attivita'   dell'agenzia,   mentre   la
 disposizione che  prescrive  la  necessaria  presenza  del  direttore
 tecnico  presso ogni filiale sarebbe illegittima anche per violazione
 dell'articolo 117 della Costituzione, nell'attuazione  ad  esso  data
 dall'articolo  9  della  legge  quadro,  secondo  il  quale l'agenzia
 dovrebbe essere considerata come una  unica  impresa,  a  prescindere
 dalle sue articolazioni territoriali.
   La  disposizione  concernente  la  disciplina  dei terminali remoti
 (art. 3, comma 3) sarebbe a sua volta contrastante con l'articolo  41
 della   Costituzione,   in   quanto   inciderebbe   sulla   autonomia
 imprenditoriale in ordine alla scelta sulla opportunita'  o  meno  di
 attrezzare  la  dislocazione dell'agenzia con proprio personale ed in
 quanto imporrebbe di considerare i  distaccamenti  presso  i  clienti
 come  filiali  con  i  conseguenti obblighi di munirsi della relativa
 autorizzazione, di pagare la tassa regionale, di versare il  deposito
 cauzionale  e  di dotarsi di un direttore tecnico, determinando cosi'
 una lesione del principio della concorrenza, tanto piu' evidente  dal
 momento  che l'articolo 17 della legge regionale, oggetto di autonoma
 censura,  esclude  le  imprese  esercenti  il  servizio  pubblico  di
 trasporto  dalla  disciplina  della  legge  regionale nel caso in cui
 intendano svolgere la prenotazione e la vendita dei propri  biglietti
 presso strutture pubbliche o private.
   Un'ultima censura e' rivolta dal giudice a quo alla disposizione di
 cui  all'articolo  20  della legge regionale, sotto il profilo che il
 riparto di competenze ivi stabilito tra Regione  e  Province  sarebbe
 lesivo    del    principio   di   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione.
   2.  - Si sono costituite nel presente giudizio le parti private del
 giudizio   principale,   insistendo   per   la    dichiarazione    di
 illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate.
   Nella  loro  memoria,  le  parti  private,  tutte agenzie di viaggi
 particolarmente impegnate nella organizzazione di viaggi  di  affari,
 ivi  compreso  il  relativo  servizio di prenotazione e biglietteria,
 dopo aver illustrato le caratteristiche di tale settore di attivita',
 rilevano  che  le  disposizioni  impugnate  contrasterebbero  con  il
 principio  della  unitaria  considerazione dell'agenzia come impresa,
 risultante dalla normativa statale di  attuazione  dell'articolo  117
 della Costituzione in materia.
   Le   medesime   disposizioni,   ad   avviso  delle  parti  private,
 contrasterebbero  ad  un  tempo  anche  con  l'articolo   120   della
 Costituzione, dal momento che costituirebbero un evidente ostacolo al
 libero  esercizio  di  una  professione,  e  con  l'articolo 41 della
 Costituzione, perche' impedirebbero all'agente di viaggi di estendere
 sul territorio la propria organizzazione.
   In particolare, quanto  al  dedotto  contrasto  delle  disposizioni
 impugnate  con  l'art.  41  della Costituzione, la difesa delle parti
 private ricorda che, con segnalazione del 30 giugno 1995, l'Autorita'
 garante della concorrenza e del  mercato,  sul  presupposto  che  nel
 settore  delle  agenzie  di viaggio la tutela del pubblico interesse,
 assicurata dalla verifica della idoneita' tecnica, della  correttezza
 professionale  e  della  solidita'  finanziaria  degli  operatori del
 settore, costituisce  l'unica  esigenza  che  possa  giustificare  un
 intervento  regolativo,  ha  censurato  le normative regionali allora
 vigenti basate sul sistema del contingentamento, in quanto limitative
 della possibilita' di entrata di nuovi operatori nel mercato  stesso.
 Le  disposizioni  censurate  sarebbero  lesive, per le parti private,
 anche  dell'art.  3  della  Costituzione,  dal  momento   che   dalla
 applicazione   della   legge  regionale  discenderebbe  un  risultato
 irragionevole, non potendosi limitare in una sola Regione la liberta'
 di impresa se non per fondatissime ragioni inerenti a  particolarita'
 del    singolo    territorio,   ragioni   nel   caso   insussistenti.
 Contraddittoriamente, poi, la legge  consentirebbe  la  installazione
 presso  la  clientela  di macchine emettitrici di biglietti, vietando
 pero' la permanenza  di  personale  sul  posto.  Irrazionale  sarebbe
 anche, ad avviso delle parti private, la pretesa che il distaccamento
 trasformato  in  filiale  ottemperi  al requisito di indipendenza dei
 locali da  altre  attivita',  trattandosi  di  requisito  impossibile
 perche'  in contrasto con l'interesse del cliente.  Ma irrazionalita'
 e diseguaglianze sarebbero amplificate, sempre ad avviso delle  parti
 private,  dal mancato assoggettamento delle imprese esercenti servizi
 pubblici di trasporto, la cui attivita' si limiti esclusivamente alla
 prenotazione e vendita dei propri biglietti, ai vincoli autorizzativi
 ed operativi imposti invece alle agenzie di viaggi.  Secondo le parti
 private, la normativa sui terminali remoti contrasterebbe  anche  con
 l'articolo  97  della  Costituzione,  dal  momento  che il divieto di
 permanenza dei dipendenti potrebbe essere giustificato solo nel  caso
 in   cui  costoro  si  fossero  resi  responsabili  di  condotte  non
 regolamentari;  ma,  in  questo  caso,  il  loro  allontanamento  non
 potrebbe  non  costituire  una  sanzione amministrativa, che potrebbe
 essere applicata solo  all'esito  di  un  procedimento  disciplinare.
 Quanto,  infine,  alla  questione concernente l'articolo 20, le parti
 private rilevano che la frammentazione delle competenze tra Regione e
 Province  non  costituirebbe  certo  il  miglior  modo di coniugare i
 controlli amministrativi che precedono l'applicazione delle  sanzioni
 con  le  informazioni che sono istituzionalmente disponibili a chi ha
 effettuato le istruttorie ed emesso le autorizzazioni.
   3. - Si  e'  costituita  anche  la  Regione  Lombardia,  la  quale,
 rinviando  ad  una  successiva  memoria  lo svolgimento delle proprie
 difese, ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili  e
 comunque non fondate.
   Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, la Regione ha
 poi  illustrato le ragioni della inammissibilita' delle questioni, le
 quali sarebbero costituite, in via generale, dall'assoluto difetto di
 motivazione della ordinanza di remissione in  ordine  alla  rilevanza
 delle  questioni  e  dalla  errata  individuazione delle disposizioni
 impugnate. Dalla lettura degli atti di  causa,  resa  necessaria,  ad
 avviso  della  Regione, dalla laconicita' della ordinanza quanto alla
 rilevanza  (di  per  se'   sintomo   della   inammissibilita'   delle
 questioni),  sembrerebbe,  infatti,  potersi desumere che la delibera
 della Giunta regionale  e'  stata  impugnata  esclusivamente  per  la
 questione  dei terminali remoti; tuttavia, l'articolo 3, comma 3, che
 disciplina appunto i  terminali  remoti,  non  risulta  incluso,  nel
 dispositivo  dell'ordinanza,  tra  le  disposizioni  per  le quali e'
 sollevata questione di legittimita' costituzionale.  In ogni caso,  a
 prescindere dalla mancanza della motivazione, difetterebbe, ad avviso
 della  Regione,  la rilevanza delle questioni sollevate ai fini della
 definizione del giudizio principale, dal momento che non risulterebbe
 in atto ne' una controversia circa il rilascio o il mancato  rilascio
 di  un'autorizzazione  per  una  filiale,  ne'  una  controversia sul
 requisito della presenza del direttore tecnico in ogni filiale,  ne',
 infine,  una  controversia  circa  la  indipendenza  dei locali della
 agenzia o della filiale. Del tutto estranea all'oggetto del  giudizio
 principale  sarebbe  poi  la  disposizione dell'art. 20, in relazione
 alla  quale  la  questione  sarebbe  comunque  proposta  in   termini
 ipotetici  e dubbiosi.  In sostanza, conclude la Regione, sarebbe del
 tutto evidente  il  carattere  astratto  delle  questioni,  le  quali
 celerebbero  una  sorta  di  inammissibile impugnazione diretta della
 legge.
   Le questioni sarebbero, ad avviso della Regione, in ogni  caso  non
 fondate.
   La  Regione  osserva  che  la legge quadro, contrariamente a quanto
 sostenuto dal giudice a quo, porrebbe il principio secondo il  quale,
 a tutela del pubblico, ogni struttura dotata di autonomia deve essere
 diretta  da  un  soggetto  adeguato e preparato; quindi, il principio
 della unicita', ma in senso diverso da quello sostenuto dal giudice a
 quo: una sede,  un  soggetto  autorizzato.  La  legge  regionale  non
 limiterebbe in alcun modo l'articolazione organizzativa delle agenzie
 sul  territorio  regionale  e  anzi la consentirebbe, ma nel rispetto
 dell'esigenza che il titolare o il direttore tecnico siano sempre  in
 possesso  dei  requisiti  minimi  di  professionalita' previsti dalla
 legge. Del resto, la stessa legge quadro stabilisce che  il  titolare
 debba  prestare  la propria attivita' con carattere di continuita' ed
 esclusivita' nella agenzia e che se il titolare e' impedito  (il  che
 si  verificherebbe  anche in caso di pluralita' di sedi) deve esserci
 un direttore tecnico munito dei medesimi requisiti professionali  del
 titolare.  Cio'  renderebbe  manifesto,  ad avviso della Regione, che
 mentre   l'attivita'  di  direzione  e  di  organizzazione  spettante
 all'imprenditore  rimane  inscindibile  e  unitaria,  gli   specifici
 requisiti possono essere posseduti da altri soggetti che svolgano con
 continuita'  ed esclusivita' la loro opera nella sede alla quale sono
 preposti sotto la direzione dell'imprenditore.
   Del tutto infondato, poi, sarebbe il rilievo secondo  il  quale  il
 regime   dell'autorizzazione   mirerebbe   ad   una  regolamentazione
 dirigistica e contraria alla liberta' di  impresa,  dal  momento  che
 esso  costituirebbe  estrinsecazione  del  principio  di tutela degli
 utenti fatto proprio dalla legge. Inoltre,  poiche'  l'autorizzazione
 e'   legata  a  parametri  predeterminati,  con  esclusione  di  ogni
 discrezionalita',  e   risponde   all'esigenza   della   tutela   dei
 consumatori,  dovrebbe  escludersi  ogni  violazione dell'articolo 41
 della Costituzione. Cosi' come dovrebbe  escludersi  ogni  violazione
 dell'articolo  120  della  Costituzione,  dal  momento che sarebbe la
 legge statale ad esigere la presenza in ogni unita' operativa  di  un
 soggetto  dotato  di  alcuni  requisiti  tecnici e quindi la relativa
 verifica da effettuarsi in sede di  rilascio  dell'autorizzazione  ad
 opera della singola Regione.
   Quanto infine alla questione relativa alla situazione dei terminali
 remoti,  la  Regione  rileva  che e' la descrizione dell'attivita' di
 tali strutture contenuta  nel  ricorso  al  tribunale  amministrativo
 regionale  a suggerire la necessita' che l'attivita' stessa si svolga
 sotto la vigilanza di un soggetto qualificato.
   4. - Anche le parti private hanno  depositato  una  memoria,  nella
 quale  contestano  le  eccezioni  di inammissibilita' formulate dalla
 Regione, rilevando che la delibera impugnata nel giudizio  principale
 ha  una sua autonoma efficacia prescrittiva ed e' idonea, comunque, a
 ledere le posizioni soggettive delle agenzie.
   Quanto al merito delle questioni, le parti private sottolineano che
 l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, con segnalazione
 in data 30 ottobre 1997, ha ritenuto  che  varie  disposizioni  delle
 leggi  delle Regioni Lombardia, Liguria e Marche, e tra queste quelle
 della Regione Lombardia oggetto di censura,  determinano  distorsioni
 della concorrenza che non sono giustificate da un interesse generale.
 Le  parti  private  osservano  sul  punto che l'Autorita' ha ritenuto
 anticoncorrenziali e,  quindi,  illegittimi:  il  non  riconoscimento
 dell'efficacia  ultraregionale  dell'autorizzazione conseguita presso
 una  singola  Regione;  l'imposizione  dell'autorizzazione  per  ogni
 articolazione  territoriale  dell'agenzia  di  viaggio; il divieto di
 distaccare personale  dipendente  dell'agenzia  presso  la  clientela
 d'affari.  Le ultime due prescrizioni, sottolineano le parti private,
 prefigurano una struttura obbligata dell'agenzia di viaggi, la  quale
 viene  regolata  come  un  esercizio  commerciale,  in  contrasto con
 l'articolo 9 della legge quadro.  Le parti private rilevano, poi, che
 la pretesa di sottoporre a controllo l'organizzazione  interna  delle
 agenzie  di  viaggi sarebbe irragionevole anche in considerazione del
 fatto  che  il  mercato  della  mobilita'   sta   subendo   rilevanti
 trasformazioni  e  che, secondo autorevoli stime, nei prossimi cinque
 anni, il 35 per cento di  tale  mercato  verra'  gestito  da  agenzie
 multimediali  o da operatori che utilizzano canali innovativi o nuove
 tecnologie o servizi, e che solo il 45 per cento  sara'  intermediato
 dalle  agenzie  tradizionali.  In  un  contesto  in cui le agenzie di
 viaggi, sia  grandi  che  piccole,  debbono  competere  con  i  nuovi
 operatori  in un momento di profonda trasformazione del mercato, solo
 le agenzie di viaggi, quindi, e non anche  gli  altri  operatori  del
 medesimo   mercato,   si   troverebbero   sottoposte   ad  un  regime
 autorizzatorio  e  ai  connessi  costi  aggiuntivi.  Paradossalmente,
 proseguono  le  parti  private,  proprio la Lombardia, che e' l'unica
 Regione che sembra tenere conto delle nuove  forme  di  distribuzione
 telematica  dei  servizi di viaggio, non considera affatto l'esigenza
 di tutelare la concorrenza in modo paritario tra tutti i competitori.
 Le parti private, oltre a  ribadire  le  argomentazioni  gia'  svolte
 all'atto  della  costituzione  nel presente giudizio, prospettano poi
 una nuova questione di legittimita'  costituzionale,  chiedendo  alla
 Corte  di  sollevarla  dinanzi a se'. Muovendo dalla premessa che gli
 articoli 52 e 59 del trattato dell'Unione europea, nel  garantire  la
 liberta'  di  circolazione  e  di  stabilimento,  non ostano a che la
 normativa  di   uno   Stato   membro   preveda   la   necessita'   di
 un'autorizzazione  amministrativa,  le  parti private rilevano che la
 previsione dell'autorizzazione anche per le filiali delle agenzie  di
 viaggio  da parte della legge regionale difetterebbe dei requisiti di
 legittimita' richiesti dalla giurisprudenza della Corte di  giustizia
 dell'Unione  europea,  ponendosi  cosi' in contrasto con gli articoli
 del trattato e, quindi, indirettamente, con gli  articoli  11  e  117
 della Costituzione.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Oggetto del presente giudizio di legittimita' costituzionale
 sono numerose disposizioni della legge  della  Regione  Lombardia  16
 settembre  1996,  n.  27  (Disciplina  dell'attivita'  e  dei servizi
 concernenti viaggi  e  soggiorni.  Ordinamento  amministrativo  delle
 agenzie   di  viaggio  e  turismo  e  delega  alle  Province),  della
 legittimita' costituzionale delle quali il  Tribunale  amministrativo
 regionale  per  la Lombardia dubita in riferimento agli articoli 117,
 120, 41, 3 e 97 della Costituzione.
   In particolare, oggetto di censura sono  sia  la  disposizione  che
 stabilisce che l'esercizio dell'attivita' delle filiali delle agenzie
 di  viaggio  sia  sottoposto ad autorizzazione regionale (articolo 4,
 comma 1), sia le altre disposizioni che presuppongono la  distinzione
 delle   agenzie  di  viaggio  e  turismo  in  relazione  alla  natura
 principale o secondaria della loro sede e che,  sulla  base  di  tale
 distinzione,  impongono  determinati  oneri:  l'articolo  5, comma 1,
 lettera f), il quale impone di specificare, nella  domanda  volta  ad
 ottenere  l'autorizzazione,  la qualita' di agenzia principale ovvero
 di filiale alla quale si riferisce la richiesta; l'articolo 7,  comma
 2,  il  quale  dispone  che  nell'autorizzazione  venga  annotato  il
 carattere di agenzia principale ovvero di  filiale,  e  comma  6,  il
 quale  prevede  che l'esercizio dell'attivita' in sedi diverse, fermo
 l'obbligo del pagamento di una sola tassa  di  concessione,  comporta
 autorizzazioni distinte con l'indicazione della sede e della filiale;
 l'articolo  11,  comma 2, il quale subordina al pagamento della tassa
 di  concessione  regionale  l'apertura  dell'agenzia  di  viaggio   e
 turismo,  principale  e/o filiale; l'articolo 13, comma 1, secondo il
 quale la cauzione deve essere prestata dall'agenzia, sia essa sede  o
 filiale;  l'articolo  14,  comma 4, il quale dispone che il direttore
 tecnico deve prestare la propria attivita' in  una  sola  agenzia,  o
 filiale, a tempo pieno e con carattere di esclusivita'.
   Ad  avviso  del  remittente,  tutte  queste  disposizioni sarebbero
 illegittime per violazione: a) dell'articolo 117 della  Costituzione,
 come  attuato  dall'articolo  9  della  legge  17 maggio 1983, n. 217
 (Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento  e  la
 qualificazione  dell'offerta  turistica),  in quanto contrasterebbero
 con  il  principio  fondamentale  della  materia,  secondo  il  quale
 l'agenzia  di  viaggio e turismo costituisce una impresa destinata ad
 essere  considerata  unitariamente;   b)   dell'articolo   41   della
 Costituzione,  in  quanto  limiterebbero  il  nucleo essenziale della
 liberta'  di  iniziativa  economica;  c)  dell'articolo   120   della
 Costituzione,  in  quanto  irragionevolmente  assoggetterebbero  alla
 medesima disciplina agenzie gia' autorizzate  da  altre  Regioni  che
 intendano operare nel territorio della Regione Lombardia.
   Il  remittente dubita, poi, della legittimita' costituzionale della
 disciplina posta dall'articolo 3, comma  3,  della  legge  regionale,
 secondo  il  quale  l'attivita'  delle  agenzie di viaggio esercitate
 presso i locali dei propri clienti puo'  essere  svolta  solo  se  e'
 supportata  esclusivamente  da  sistemi  e  mezzi informatizzati, con
 esclusione di personale dipendente dell'agenzia stessa. La  questione
 e' prospettata sia in riferimento all'articolo 41 della Costituzione,
 sotto   il   profilo   della   indebita  compressione  dell'autonomia
 imprenditoriale, sia in relazione all'articolo 3 della  Costituzione,
 sotto  il  profilo  della  diversita'  di  trattamento riservata alle
 imprese esercenti servizi pubblici di trasporto, alle  quali  non  si
 applicano le disposizioni della legge regionale.
   Censure  piu'  particolari riguardano, inoltre, l'articolo 4, comma
 6, che prevede per le  agenzie  che  svolgono  la  propria  attivita'
 all'interno  di  strutture  pubbliche  o  private, il requisito della
 indipendenza  dei  locali  da  altre  attivita',  della  legittimita'
 costituzionale  del quale il giudice remittente dubita in riferimento
 agli articoli 117 e 41 della Costituzione, e l'articolo 20, il  quale
 attribuisce  alla Regione, in via esclusiva, le funzioni di vigilanza
 e  controllo  sulle  agenzie  di  viaggio,  della  cui   legittimita'
 costituzionale   il   giudice   remittente   dubita   in  riferimento
 all'articolo 97 della Costituzione.
   Un'ultima questione e' prospettata, ma solo nel  dispositivo  della
 ordinanza  di  remissione,  in  relazione  alle  disposizioni  di cui
 all'articolo 17, commi 1 e 2, della legge regionale, il quale esclude
 dall'ambito di applicazione della legge stessa le imprese di  viaggio
 esercenti  servizi  pubblici  di trasporto la cui attivita' si limiti
 esclusivamente alla  prenotazione  e  vendita  dei  propri  biglietti
 mediante l'apertura di propri uffici.
   2.    -    Vanno   preliminarmente   respinte   le   eccezioni   di
 inammissibilita'  sollevate,  sotto  piu'  profili,   dalla   Regione
 Lombardia.
   Privo   di   fondamento   e',  in  primo  luogo,  l'addebito  mosso
 all'ordinanza di remissione circa l'assenza di qualsiasi  motivazione
 sulla  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale.
 Seppure in maniera  succinta,  nella  ordinanza  si  da'  atto  della
 posizione delle ricorrenti quali imprese aventi sede anche in Regioni
 diverse  dalla  Lombardia  e  dei  motivi  per i quali esse ritengono
 lesive del loro  interesse  le  varie  prescrizioni  contenute  nella
 delibera  della  Giunta  regionale del 18 ottobre 1996, impugnata nel
 giudizio a quo,  concernente  le  modalita'  di  presentazione  delle
 istanze  di apertura e di estensione delle attivita' delle agenzie di
 viaggio,   nonche'   di   variazione   delle   condizioni   originali
 dell'autorizzazione.
   La rilevanza e' motivata,  in  termini  generali,  allorche'  nella
 ordinanza  si  riferisce  che  i  vizi denunciati nei confronti della
 deliberazione regionale  riguardano  l'illegittimita'  derivata,  per
 contrasto  con  parametri costituzionali puntualmente indicati, delle
 disposizioni della legge  regionale,  della  quale  la  deliberazione
 della Giunta costituisce attuazione.
   Non  puo'  essere  condiviso neppure il rilievo secondo il quale la
 disposizione che disciplina i terminali remoti, e cioe' l'articolo 3,
 comma 3, della legge regionale, non e' ricompresa tra quelle  per  le
 quali e' sollevata questione di legittimita' costituzionale. Anche se
 non  specificamente  indicato  nel  dispositivo  dell'ordinanza,  una
 corretta interpretazione di questa induce a ritenere che  la  censura
 sia  stata  estesa  all'articolo 3, la' dove (a pagina 7, punto 3) si
 prospetta una violazione della "autonomia imprenditoriale di  ciascun
 singolo  operatore  turistico autorizzato, al quale soltanto compete,
 fermo il riscontro della  conformita'  della  stessa  attivita'  alle
 diverse  prescrizioni  stabilite  dall'articolo 3, di valutare se sia
 opportuno o meno  attrezzare  la  indicata  dislocazione  remota  con
 proprio personale".
   Quanto,  poi,  alla  eccezione  secondo  la quale dall'ordinanza di
 remissione non risulterebbe l'esistenza di controversie concrete  tra
 le agenzie ricorrenti e la Regione a seguito della applicazione delle
 singole  disposizioni  oggetto  di  censura, si deve osservare che la
 natura dell'atto impugnato, che  e'  atto  generale,  rende  vana  la
 ricerca  di  controversie  sugli  eventuali atti applicativi. Il solo
 problema che avrebbe potuto essere posto, nel giudizio a quo era  se,
 di  fronte a un atto generale, la lesione lamentata dalle ricorrenti,
 alla  stregua  dei  criteri  elaborati  dal  giudice  amministrativo,
 potesse  dirsi  attuale e non meramente ipotetica o se, al contrario,
 perche' sorgesse un interesse a ricorrere, fosse necessario attendere
 l'adozione di un provvedimento  applicativo.  Ma  si  tratta  di  una
 questione  che  non  puo'  essere  affrontata  da  questa  Corte, non
 apparendo manifestamente implausibile che la  delibera  della  Giunta
 regionale,  per  il  contenuto  proprio delle sue prescrizioni, fosse
 suscettibile di ledere immediatamente  le  posizioni  soggettive  dei
 destinatari  imponendo vincoli e divieti incidenti direttamente sulla
 loro attivita'.
   3. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma
 1, della  legge  regionale  lombarda  e'  fondata.  Correttamente  il
 giudice  remittente  rileva una contraddizione tra l'articolo 3 della
 stessa legge regionale che definisce le agenzie di viaggio e  turismo
 come "imprese che esercitano attivita' di produzione, organizzazione,
 prenotazione  e  vendita  biglietti  di  viaggi  e  soggiorni",  e il
 successivo articolo 4 che assoggetta ad autorizzazione  le  eventuali
 filiali,  che  non  sono  autonome  imprese,  comprendendovi anche le
 agenzie che hanno la  loro  sede  principale  in  altre  Regioni.  In
 quest'ultima  previsione e' effettivamente ravvisabile una violazione
 degli articoli 41, 117 e 120 della Costituzione.
   La definizione delle agenzie di  viaggio  e  turismo  e'  contenuta
 nell'articolo  9  della  legge  17  marzo  1983,  n.  217.  Da questa
 disposizione,  che  funge  da  principio  al  quale  la  legislazione
 regionale,   in   forza  dell'articolo  117  della  Costituzione,  e'
 vincolata  ad  attenersi,  emerge  una  configurazione unitaria delle
 agenzie. Queste sono definite, testualmente, imprese, termine  dotato
 di  una  attitudine  qualificatoria  non  equivoca,  che rimanda, per
 l'ovvia esigenza di  lettura  sistematica  della  disposizione,  alla
 nozione  di  impresa desumibile dagli articoli 2082 e 2555 del codice
 civile, riguardanti, rispettivamente, l'imprenditore e l'azienda:  il
 primo e' colui che esercita professionalmente una attivita' economica
 per  la  produzione  o lo scambio di beni o servizi; la seconda e' il
 complesso dei  beni  organizzati  dall'imprenditore  per  l'esercizio
 dell'impresa.   Le   filiali,   le   sedi   secondarie,  o  le  altre
 articolazioni territoriali della attivita' produttiva (uffici,  punti
 vendita,  ecc.)  non  costituiscono,  nel nostro ordinamento, entita'
 separate  dall'azienda,  ne'  centro  autonomo  di   imputazione   di
 interessi    economici    distinti   da   quelli   che   fanno   capo
 all'imprenditore.
   Non si vuol dire  che  sarebbe  inibito  al  legislatore  nazionale
 stabilire,    avuto    riguardo    alle   caratteristiche   peculiari
 dell'attivita' produttiva  nei  diversi  settori  economici  e  degli
 interessi  pubblici  che siano in essi coinvolti, oneri o limitazioni
 suscettibili di attenuare  la  configurazione  unitaria  dell'impresa
 quale   scaturisce   dal   diritto  comune,  ed  attribuire  autonoma
 rilevanza, a determinati fini, alle singole unita'  produttive  nelle
 quali  l'impresa  sia  strutturata.    Ma  non  vi  e' alcun elemento
 nell'articolo 9 della legge quadro che consenta di  ritenere  che  il
 legislatore  statale,  nel  porre  con esso un principio fondamentale
 della materia del turismo, abbia  inteso  discostarsi,  agli  effetti
 della  definizione  di  impresa,  dalle  risapute nozioni del diritto
 commerciale  e  che  abbia  voluto  permettere  che   nelle   singole
 legislazioni   regionali   divenisse   impresa   una   realta'   piu'
 circoscritta, diversa da quella prevista e regolata  nell'ordinamento
 generale.   L'autorizzazione   all'esercizio   delle   attivita'   di
 produzione e  di  intermediazione  nei  servizi  turistici  riguarda,
 nell'articolo  9,  l'impresa come entita' unitaria e non le filiali o
 le sedi secondarie  che  l'imprenditore  abbia  istituito  o  intenda
 istituire.
   4.  -  Non  viene una indicazione contraria alla conclusione appena
 raggiunta dal rilievo che, nel ripartire la competenza tra lo Stato e
 le Regioni,  in  attuazione  dell'art.  117  della  Costituzione,  il
 legislatore  abbia  attribuito  a  queste la competenza a rilasciare,
 previo  accertamento  del  possesso   dei   requisiti   professionali
 stabiliti,  l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' produttiva.
 Dal carattere regionale dell'autorizzazione non puo' argomentarsi  un
 intento  del  legislatore  di  imporre  alle  agenzie una limitazione
 territoriale di attivita',  nel  senso  che  esse  possano  dedicarsi
 soltanto  alla  erogazione  di  servizi  turistici  locali e sia loro
 precluso l'accesso ad un mercato piu' ampio.
   Piu' di un elemento nella legge quadro induce  a  ritenere  che  le
 agenzie,  sebbene  autorizzate  dalla Regione nella quale hanno sede,
 siano legittimate ad operare sull'intero territorio della Repubblica.
 Non e' puro accidente che  proprio  in  tale  legge  sia  assente  la
 distinzione   tra   agenzie  locali  e  agenzie  nazionali,  non  sia
 contemplata alcuna forma di autorizzazione statale e  siano  previste
 soltanto   agenzie   autorizzate   dalla   Regione.   Cio'  non  puo'
 evidentemente  significare  che,  nella  visione  del legislatore del
 1983, il mercato  delle  agenzie  turistiche  sia  popolato  di  sole
 imprese  operanti  localmente  e  sia escluso un livello nazionale di
 attivita'. Significa invece che l'ambito territoriale  delle  agenzie
 di  viaggio  non  e'  dirigisticamente  imposto  dallo  Stato,  ma e'
 interamente  affidato  alla  capacita'  delle  singole   imprese   di
 diffondersi  e  di  estendere  la  propria attivita'. Ne e' indiretta
 conferma il fatto che l'apposito elenco, tenuto  e  aggiornato  dallo
 Stato  "sulla  base  delle comunicazioni relative alle autorizzazioni
 rilasciate dalle Regioni", e' definito, nel sesto comma dell'art.  9,
 "elenco nazionale delle agenzie di viaggio";  e  il  fatto  che  allo
 Stato, al quale appartiene la tutela dell'interesse nazionale, spetti
 aggiornare   annualmente   l'anzidetto  elenco  e  pubblicarlo  nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica; e, ancora,  il  fatto  che  tale
 elenco  venga  inserito  in  una  apposita pubblicazione dell'ENIT da
 diffondere in Italia e all'estero, come prevede il successivo comma.
   Non e' infine priva di rilievo la circostanza che, in occasione del
 rilascio delle autorizzazioni, le Regioni siano tenute  ad  accertare
 l'inesistenza  di  agenzie  con  denominazione  uguale  o simile gia'
 operanti sul territorio nazionale. La ditta, quale  segno  distintivo
 dell'impresa, deve essere non confondibile non solo con ditte locali,
 ma con ogni altra ditta del settore esistente in Italia. E' questa la
 dimostrazione  di quanto pregnante sia, nella legge quadro, l'istanza
 di conformazione del mercato in senso unitario. Secondo le regole del
 diritto comune, un obbligo di modificare o  integrare  la  ditta  con
 indicazioni  idonee  a  differenziarla dalla ditta uguale o simile di
 altro  imprenditore  sussiste  solo   se   l'impresa   possa   creare
 confusione, oltre che per il suo oggetto, "per il luogo in cui questa
 e' esercitata" (art.  2564 cod. civ.): la confondibilita' deve essere
 effettiva  e  concreta  e  un  obbligo  di  differenziarsi  non grava
 sull'imprenditore se di  fatto  le  imprese  svolgano  la  rispettiva
 attivita' in ambiti territoriali diversi. Non cosi' per le agenzie di
 viaggio.  Il  tipo  di servizio che esse erogano (intermediazione nei
 viaggi  e  nel  turismo)  genera  sempre,   nella   valutazione   del
 legislatore  nazionale,  potenziale confondibilita' delle imprese che
 abbiano una identica ditta ovunque sia ubicata  la  rispettiva  sede,
 poiche'   la   clientela   a   cui   le   imprese  si  rivolgono  e',
 potenzialmente, clientela non locale, cosi' come non  locali  sono  i
 servizi  ai  quali  le agenzie di viaggio, in forza del provvedimento
 autorizzatorio, sono abilitate.
   5. - Una diversa interpretazione della legge quadro, che affermasse
 per  le  agenzie  di  viaggio  una  limitazione   territoriale   allo
 svolgimento  dell'attivita'  di  impresa,  si  porrebbe oltretutto in
 contrasto con gli articoli 41 e 120  della  Costituzione,  dai  quali
 emerge  una nozione unitaria di mercato che non consente la creazione
 di artificiose barriere territoriali all'espandersi dell'impresa e al
 diritto di questa di calibrare  le  proprie  strutture  organizzative
 sulla propria capacita' produttiva.
   Entrambi   gli   anzidetti   parametri,  nel  fungere  da  criterio
 interpretativo  della  legge  quadro,   esplicano   poi,   unitamente
 all'articolo   117  della  Costituzione,  una  efficacia  invalidante
 sull'articolo 4, comma 1, della legge della Regione Lombardia  n.  27
 del  1996,  che  subordina  ad autorizzazione regionale l'apertura di
 semplici  filiali.  L'articolo  120  della  Costituzione   impedisce,
 infatti,  alle  Regioni  di  porre  ostacoli  allo  svolgimento delle
 attivita' professionali e vieta alle Regioni stesse  di  negare  alle
 agenzie  di  viaggio  che  abbiano ottenuto l'autorizzazione in altre
 Regioni la natura di imprese e  la  loro  vocazione  ad  intrattenere
 rapporti  con  una  utenza  non  territorialmente  limitata.  In base
 all'articolo  41  della  Costituzione,  la  decisione  se   mantenere
 l'attivita' di impresa circoscritta all'ambito territoriale in cui e'
 sorta  o  se  estenderla  ed articolarla in un territorio piu' vasto,
 all'interno di una stessa Regione o anche oltre i confini di  questa,
 e'  espressione  della liberta' organizzativa dell'imprenditore ed e'
 affidata esclusivamente alle sue valutazioni.
   6. - Una volta dichiarata  fondata  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'articolo  4, comma 1, nella parte in cui prevede
 l'obbligo dell'autorizzazione per le filiali o  sedi  secondarie,  si
 devono  dichiarare altresi' fondate le questioni che hanno ad oggetto
 disposizioni  che  tale  obbligo  di  autorizzazione   presuppongono:
 l'articolo  5,  comma  1, lettera f), il quale dispone che la domanda
 per ottenere  l'autorizzazione  deve  contenere  l'indicazione  della
 qualita'  della agenzia, se principale o filiale; l'articolo 7, comma
 2, il quale stabilisce  che  nell'autorizzazione  viene  annotato  il
 carattere  di  agenzia  principale  ovvero  di filiale; l'articolo 7,
 comma 6, in base al quale, fermo restando l'obbligo del pagamento  di
 una   sola   tassa   di   concessione  nella  misura  prevista  dalla
 legislazione statale vigente, qualora si determini la  necessita'  di
 esercitare    l'attivita'    in   sedi   diverse,   questa   comporta
 autorizzazioni distinte con l'indicazione della sede e della filiale;
 l'articolo 11, comma 1, che assoggetta al pagamento  della  tassa  di
 concessione  regionale  prevista  dalla  legislazione  vigente  anche
 l'apertura  di  filiali  di  agenzie  di  viaggio  e   turismo   gia'
 autorizzate;  l'articolo  13,  comma  1,  il  quale  prevede  che  la
 cauzione, in  misura  pari  al  doppio  dell'entita'  della  sanzione
 amministrativa massima (40 milioni), deve essere prestata anche dalla
 filiale.
   7. - La illegittimita' costituzionale, per violazione dell'articolo
 117  della Costituzione, colpisce anche l'articolo 14, comma 4, della
 legge regionale  lombarda,  il  quale  stabilisce  che  il  direttore
 tecnico  deve  prestare  la  propria  attivita' in una sola agenzia o
 filiale,  a  tempo  pieno  e  con   carattere   di   continuita'   ed
 esclusivita'.  Che  il  legislatore  regionale  fosse  legittimato ad
 imporre alle agenzie la presenza di un direttore tecnico per ciascuna
 filiale o sede secondaria e' da escludere in base all'interpretazione
 testuale e logica del piu' volte citato articolo 9 della legge n. 217
 del 1983, contenente i principi fondamentali  della  materia:  questo
 dispone  al  quarto  comma  che,  qualora  la persona fisica titolare
 dell'autorizzazione  non  presti  con  carattere  di  continuita'  ed
 esclusivita'  la propria opera nell'agenzia, i requisiti previsti nel
 secondo comma (conoscenza dell'amministrazione e  dell'organizzazione
 delle   agenzie   di   viaggio,   conoscenza   della  tecnica,  della
 legislazione e della geografia turistica, conoscenza  di  almeno  due
 lingue straniere) dovranno essere posseduti dal direttore tecnico. Il
 termine  "agenzia"  che  compare  in questa disposizione non puo' non
 essere inteso nel  significato  corrispondente  alla  definizione  di
 "agenzia  di  viaggio"  contenuta  nel  primo comma: non quindi punto
 vendita o sede secondaria o  filiale  ma,  come  si  e'  gia'  detto,
 impresa  in  senso  unitario,  qualunque  ne  sia l'articolazione sul
 territorio;  sicche'  l'onere  di  nominare  un   direttore   tecnico
 sussiste, in base alla legge quadro, oltre che per le agenzie persone
 giuridiche,  per le persone fisiche che non esercitino l'attivita' di
 agenzia  (ossia  di  impresa)  con  carattere   di   continuita'   ed
 esclusivita'.
   In  altre  parole,  la  scelta  del legislatore nazionale e' di non
 gravare l'impresa di vincoli  organizzativi  cosi'  penetranti  quale
 indubbiamente  sarebbe  l'onere  di assumere un direttore tecnico per
 ciascuna sede secondaria, ma di lasciare le agenzie turistiche libere
 di giovarsi, nella direzione e nel coordinamento  dell'attivita'  dei
 commessi,  dei  molteplici  mezzi  di comunicazione a distanza che la
 tecnologia moderna puo' offrire.  L'implicita  premessa  dalla  quale
 tale  scelta  procede  e'  che,  per  lo  svolgimento di un'attivita'
 lavorativa che non richiede la frequentazione di  corsi  d'istruzione
 superiore  ne'  il  possesso di una cultura di livello accademico, le
 regole economiche della  concorrenza,  integrate  dalla  prescrizione
 giuridica  di  nominare  un  institore  (il  direttore  tecnico)  con
 funzioni  di  coordinamento  nei  casi  in   cui   se   ne   appalesa
 effettivamente  la  necessita'  (persone giuridiche o persone fisiche
 dedite anche ad altre attivita'), valgano ad orientare l'imprenditore
 verso l'impiego di mezzi tecnici e di personale piu' confacente  alla
 propria  posizione  di mercato e alle aspettative dei consumatori. In
 definitiva, l'ordine di idee  sotteso  alla  disciplina  posta  dalla
 legge  quadro  e' che gli ampi margini di autonomia di organizzazione
 che l'art. 9, quarto  comma,  lascia  alle  agenzie  turistiche,  non
 collidano  con  l'esigenza  di  tutelare  i  consumatori  o con altre
 preminenti istanze  di  pubblico  interesse,  e  che,  semmai,  oneri
 ulteriori  o  limitazioni  piu'  pervasive, come quelli contenuti nel
 censurato articolo 14 della legge regionale, comportino un sacrificio
 inutile e comunque sproporzionato dell'interesse  delle  agenzie.  Se
 questa e' la ponderazione che fa da sfondo alla scelta compiuta dalla
 legge  quadro,  essa  non  appare  irragionevole  e non puo' pertanto
 indurre ad una  interpretazione  diversa,  non  confacente  al  testo
 dell'articolo  9.  Non  e'  infatti  cosi'  evidente  che il punto di
 possibile frizione tra  l'interesse  delle  agenzie  e  quello  degli
 utenti  sia  rinvenibile  sul  piano della ampiezza della liberta' di
 organizzazione  delle  prime  e  non  piuttosto   su   quello   della
 adeguatezza  delle  garanzie patrimoniali che - in base peraltro alla
 normativa di derivazione comunitaria - le agenzie  turistiche  devono
 offrire al cliente per i casi di inadempienza ad esse imputabili.
   8.   -   Illegittima,   per   violazione   dell'articolo  41  della
 Costituzione, e' la disposizione  dell'articolo  3,  comma  3,  della
 legge regionale lombarda la quale impone alle agenzie di viaggio, che
 abbiano   propri   terminali   remoti   presso   clienti   con   esse
 convenzionati, di avvalersi esclusivamente di sistemi  informatizzati
 ed automatizzati, con esclusione di personale dipendente dall'agenzia
 medesima.
   Con   tale   vessatorio   divieto,   e'   ancora   la  liberta'  di
 organizzazione dell'impresa ad essere colpita.  Peraltro,  una  volta
 venuta  meno  la  necessita' dell'autorizzazione per l'apertura delle
 sedi secondarie, la disciplina dei terminali remoti e  del  personale
 ad   essi   addetto,   risulta   equiparata   a  quella  delle  altre
 articolazioni  territoriali  dell'impresa,  libera  quest'ultima   di
 stabilire  se  adibire  ad  esse  personale o avvalersi unicamente di
 strumenti informatici.
   Resta assorbita la censura, proposta  solo  nel  dispositivo  della
 ordinanza di remissione, relativa all'articolo 17, commi 1 e 2, della
 legge  regionale n. 27 del 1996, che esonera dall'osservanza di tutte
 le disposizioni della legge medesima  le  imprese  esercenti  servizi
 pubblici  di  trasporto  ferroviario, automobilistico, di navigazione
 aerea, marittima, lacuale,  fluviale,  la  cui  attivita'  si  limiti
 esclusivamente  alla  prenotazione  e  vendita di propri biglietti di
 trasporto mediante l'apertura di propri uffici.  La  caducazione  del
 regime  autorizzatorio  delle sedi secondarie e delle prescrizioni ad
 esso connesse, nonche' della limitazione imposta  alla  installazione
 di   terminali   remoti,   determina  il  superamento  della  dedotta
 disparita' di trattamento.
   9. - Non fondate sono,  viceversa,  le  questioni  di  legittimita'
 costituzionale  che  investono, in riferimento agli articoli 41 e 117
 della  Costituzione,  l'articolo  4,  comma  6,  e,  in   riferimento
 all'articolo  97  della Costituzione, l'articolo 20 della legge della
 Regione Lombardia n. 27 del 1996.
   Per quanto riguarda l'articolo 4, il quale impone alle  agenzie  di
 viaggio,  che  svolgano  la  loro  attivita' all'interno di strutture
 pubbliche o private alle quali il pubblico non abbia libero  accesso,
 il  requisito  di  indipendenza  dei  locali  da  altre attivita', la
 previsione, lungi dal comportare una  violazione  della  liberta'  di
 impresa,  appare  non irragionevolmente preordinata alla salvaguardia
 dell'affidamento dell'utente e  del  suo  interesse  ad  una  agevole
 identificabilita'  del  soggetto con il quale si accinge a concludere
 un contratto e che assume la responsabilita'  del  servizio  offerto.
 Ne' dai principi della legge quadro e' desumibile un divieto a carico
 del  legislatore regionale di ampliare la tutela del consumatore fino
 al  punto  di  pretendere  l'esclusivita'  dei  locali   da   adibire
 all'esercizio dell'attivita' di agenzia.
   Per quanto riguarda l'articolo 20, il quale attribuisce alla Giunta
 regionale  le  funzioni  di  vigilanza e di controllo sulle attivita'
 disciplinate dalla legge, la circostanza che l'attivita'  istruttoria
 sia  rimessa  alle  Province  e  sia  invece  affidata  alla  Regione
 l'attivita' di vigilanza e di controllo sulle attivita' delle agenzie
 non comporta sotto alcun profilo la violazione del  canone  del  buon
 andamento   della  pubblica  amministrazione,  rilevando  le  opposte
 considerazioni svolte sul punto dal giudice remittente solo sul piano
 della opportunita' della scelta compiuta dal legislatore regionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   1) dichiara la illegittimita' costituzionale:
     dell'articolo 3, comma 3,  secondo  periodo,  della  legge  della
 Regione Lombardia 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attivita'
 e   dei   servizi   concernenti   viaggi   e  soggiorni.  Ordinamento
 amministrativo delle agenzie di  viaggio  e  turismo  e  delega  alle
 Province);
     dell'articolo  4,  comma 1, della medesima legge regionale, nella
 parte in cui subordina al rilascio  della  preventiva  autorizzazione
 l'esercizio  dell'attivita'  delle filiali delle agenzie di viaggio e
 turismo;
     dell'articolo 5, comma 1, lettera f), della medesima legge, nella
 parte  in cui dispone che la domanda per ottenere l'autorizzazione di
 cui all'art. 4 deve contenere la  specificazione  della  qualita'  di
 agenzia principale ovvero di filiale;
     dell'articolo  7,  comma 2, della medesima legge regionale, nella
 parte in  cui  prevede  che  nell'autorizzazione  venga  annotato  il
 carattere di agenzia principale ovvero di filiale;
     dell'articolo  7,  comma 6, della medesima legge regionale, nella
 parte in cui prevede che l'esercizio dell'attivita' in  sedi  diverse
 comporta autorizzazioni distinte con l'indicazione della sede e della
 filiale;
     dell'articolo  11, comma 1, della medesima legge regionale, nella
 parte in cui assoggetta l'autorizzazione all'apertura di una  filiale
 di  un'agenzia  di  viaggio  e  turismo  al  pagamento della tassa di
 concessione regionale;
     dell'articolo 13, comma 1, della medesima legge regionale,  nella
 parte  in  cui  prevede  che  la cauzione debba essere prestata anche
 dalla filiale;
     dell'articolo 14, comma 4, della medesima legge regionale,  nella
 parte  in  cui  prevede  che nella filiale di un'agenzia di viaggio e
 turismo il direttore tecnico debba prestare la propria attivita'  con
 carattere di esclusivita';
   2) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
 degli  articoli  4, comma 6, e 20 della legge della Regione Lombardia
 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina  dell'attivita'  e  dei  servizi
 concernenti  viaggi  e  soggiorni.  Ordinamento  amministrativo delle
 agenzie di viaggio e turismo e delega alle Province),  sollevate,  in
 riferimento  agli  articoli  117,  41, 3 e 97 della Costituzione, dal
 Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia  con  l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1998.
                         Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mezzanotte
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositato in cancelleria il 6 novembre 1998.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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