N. 362 SENTENZA 28 ottobre - 6 novembre 1998
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Turismo - Regione Lombardia - Agenzie di viaggio e turismo - Attivita' delle filiali delle agenzie di viaggio - Sottoposizione ad autorizzazione regionale - Domanda per l'autorizzazione - Requisito della specificazione della qualita' di agenzia principale ovvero di filiale - Annotazione nella autorizzazione del carattere di agenzia principale ovvero di filiale - Esercizio delle attivita' in sedi diverse - Sottoposizione ad autorizzazioni distinte con l'indicazione della sede e della filiale - Autorizzazione soggetta al pagamento della tassa di concessione regionale - Prestazione della cauzione anche a cura della filiale - Direttore tecnico di una filiale di una agenzia di viaggio e turismo - Obbligo di prestazione della propria attivita' con carattere di esclusivita' - Violazione del principio di liberta' di impresa - Irragionevolezza - Illegittimita' costituzionale - Non fondatezza. (Legge regione Lombardia 16 settembre 1996, n. 27, artt. 3, comma 3, secondo periodo, 4, comma 1, 5, comma 1, lettera f), 7, commi 2 e 6, 11, comma 1, 13, comma 1, 14, comma 4, 4, commi 6 e 20). (Cost., artt. 3, 41, 97 e 117).(GU n.45 del 11-11-1998 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 3, 4, commi 1 e 6, 5, comma 1, lettera f) 7, commi 2 e 6, 11, comma 1, 13, comma 1, 14, comma 4, 17, commi 1 e 2, e 20 della legge della Regione Lombardia del 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attivita' e dei servizi concernenti viaggi e soggiorni. Ordinamento amministrativo delle agenzie di viaggio e turismo e delega alle Province), promosso con ordinanza emessa il 16 gennaio 1997 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sul ricorso proposto da Ferti Viaggi s.r.l. ed altre contro la Regione Lombardia ed altra, iscritta al n. 412 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visti gli atti di costituzione della Ferti Viaggi s.r.l. ed altre e della Regione Lombardia; Udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 1998 il giudice relatore Carlo Mezzanotte; Uditi gli avvocati Massimo Burghignoli e Guido Romanelli per la Ferti Viaggi s.r.l. ed altre e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia. Ritenuto in fatto 1. - Nel corso del giudizio proposto da otto agenzie di viaggi nei confronti della Regione Lombardia, per ottenere l'annullamento, previa sospensione della esecuzione, della deliberazione 18 ottobre 1996 della Giunta regionale avente ad oggetto "Criteri operativi per la gestione amministrativa delle istanze di nuova apertura nonche' delle autorizzazioni regionali per l'esercizio di attivita' di agenzia di viaggio e turismo, di cui alla legge regionale 16 settembre 1996, n. 27", il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, dopo aver disposto, in via interinale e sino alla restituzione degli atti a seguito del giudizio di questa Corte, la sospensione della esecuzione della delibera impugnata, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 3, 4, commi 1 e 6, 5, comma 1, lettera f), 7, commi 2 e 6, 11, comma 1, 13, comma 1, 14, comma 4, 17, commi 1 e 2, e 20 della legge della Regione Lombardia 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attivita' e dei servizi concernenti viaggi e soggiorni. Ordinamento amministrativo delle agenzie di viaggio e turismo e delega alle Province), deducendone il contrasto con gli articoli 117, 120, 41, 3 e 97 della Costituzione. Il giudice a quo prospetta la illegittimita' costituzionale delle disposizioni della legge regionale che impongono la autorizzazione non solo per lo svolgimento della attivita' della agenzia, ma anche per l'apertura di eventuali filiali (art. 4, comma 1, e 7, comma 6); delle connesse disposizioni concernenti la indicazione della qualita' di agenzia principale o di filiale sia nella domanda volta ad ottenere l'autorizzazione (art. 5, comma 1, lettera f), sia nel provvedimento di autorizzazione (art. 7, comma 2); di quelle che impongono la necessaria presenza del direttore tecnico (art. 14, comma 4), il pagamento della tassa regionale (art. 11, comma 1) e il versamento della cauzione non solo per la sede principale ma anche per le filiali (art. 13, comma 1); di quella che consente l'installazione di terminali remoti presso strutture o locali diversi da quelli dell'agenzia, precludendo, peraltro, la possibilita' di distaccare presso tali strutture personale dipendente dall'agenzia stessa (art. 3, comma 3); di quella che richiede il requisito della indipendenza dei locali per le agenzie che svolgano la propria attivita' presso strutture pubbliche o private (art. 4, comma 6). Le disposizioni relative alla prescrizione dell'autorizzazione anche per le filiali sarebbero illegittime, ad avviso del giudice a quo per violazione: dell'articolo 117 della Costituzione, come attuato dall'art. 9 della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica), in quanto contrasterebbero con il principio della legge statale, secondo il quale l'agenzia di viaggi costituisce una impresa destinata ad essere considerata unitariamente; dell'articolo 41 della Costituzione, in quanto limiterebbero il nucleo essenziale della liberta' di impresa economica; dell'articolo 120 della Costituzione, in quanto irragionevolmente richiederebbero il rilascio di un'autorizzazione anche per le agenzie che gia' siano state autorizzate da altre Regioni e che intendano operare nella Regione Lombardia, cosi' limitando il diritto delle agenzie stesse di esercitare la propria attivita' in qualunque parte del territorio nazionale. Le disposizioni che prescrivono il pagamento della tassa regionale (art. 11, comma 1) e il deposito cauzionale per ogni filiale (art. 13, comma 1) sarebbero poi illegittime, sempre ad avviso del giudice a quo, per contrasto con l'articolo 41 della Costituzione, in quanto creerebbero ostacoli all'attivita' dell'agenzia, mentre la disposizione che prescrive la necessaria presenza del direttore tecnico presso ogni filiale sarebbe illegittima anche per violazione dell'articolo 117 della Costituzione, nell'attuazione ad esso data dall'articolo 9 della legge quadro, secondo il quale l'agenzia dovrebbe essere considerata come una unica impresa, a prescindere dalle sue articolazioni territoriali. La disposizione concernente la disciplina dei terminali remoti (art. 3, comma 3) sarebbe a sua volta contrastante con l'articolo 41 della Costituzione, in quanto inciderebbe sulla autonomia imprenditoriale in ordine alla scelta sulla opportunita' o meno di attrezzare la dislocazione dell'agenzia con proprio personale ed in quanto imporrebbe di considerare i distaccamenti presso i clienti come filiali con i conseguenti obblighi di munirsi della relativa autorizzazione, di pagare la tassa regionale, di versare il deposito cauzionale e di dotarsi di un direttore tecnico, determinando cosi' una lesione del principio della concorrenza, tanto piu' evidente dal momento che l'articolo 17 della legge regionale, oggetto di autonoma censura, esclude le imprese esercenti il servizio pubblico di trasporto dalla disciplina della legge regionale nel caso in cui intendano svolgere la prenotazione e la vendita dei propri biglietti presso strutture pubbliche o private. Un'ultima censura e' rivolta dal giudice a quo alla disposizione di cui all'articolo 20 della legge regionale, sotto il profilo che il riparto di competenze ivi stabilito tra Regione e Province sarebbe lesivo del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. 2. - Si sono costituite nel presente giudizio le parti private del giudizio principale, insistendo per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate. Nella loro memoria, le parti private, tutte agenzie di viaggi particolarmente impegnate nella organizzazione di viaggi di affari, ivi compreso il relativo servizio di prenotazione e biglietteria, dopo aver illustrato le caratteristiche di tale settore di attivita', rilevano che le disposizioni impugnate contrasterebbero con il principio della unitaria considerazione dell'agenzia come impresa, risultante dalla normativa statale di attuazione dell'articolo 117 della Costituzione in materia. Le medesime disposizioni, ad avviso delle parti private, contrasterebbero ad un tempo anche con l'articolo 120 della Costituzione, dal momento che costituirebbero un evidente ostacolo al libero esercizio di una professione, e con l'articolo 41 della Costituzione, perche' impedirebbero all'agente di viaggi di estendere sul territorio la propria organizzazione. In particolare, quanto al dedotto contrasto delle disposizioni impugnate con l'art. 41 della Costituzione, la difesa delle parti private ricorda che, con segnalazione del 30 giugno 1995, l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, sul presupposto che nel settore delle agenzie di viaggio la tutela del pubblico interesse, assicurata dalla verifica della idoneita' tecnica, della correttezza professionale e della solidita' finanziaria degli operatori del settore, costituisce l'unica esigenza che possa giustificare un intervento regolativo, ha censurato le normative regionali allora vigenti basate sul sistema del contingentamento, in quanto limitative della possibilita' di entrata di nuovi operatori nel mercato stesso. Le disposizioni censurate sarebbero lesive, per le parti private, anche dell'art. 3 della Costituzione, dal momento che dalla applicazione della legge regionale discenderebbe un risultato irragionevole, non potendosi limitare in una sola Regione la liberta' di impresa se non per fondatissime ragioni inerenti a particolarita' del singolo territorio, ragioni nel caso insussistenti. Contraddittoriamente, poi, la legge consentirebbe la installazione presso la clientela di macchine emettitrici di biglietti, vietando pero' la permanenza di personale sul posto. Irrazionale sarebbe anche, ad avviso delle parti private, la pretesa che il distaccamento trasformato in filiale ottemperi al requisito di indipendenza dei locali da altre attivita', trattandosi di requisito impossibile perche' in contrasto con l'interesse del cliente. Ma irrazionalita' e diseguaglianze sarebbero amplificate, sempre ad avviso delle parti private, dal mancato assoggettamento delle imprese esercenti servizi pubblici di trasporto, la cui attivita' si limiti esclusivamente alla prenotazione e vendita dei propri biglietti, ai vincoli autorizzativi ed operativi imposti invece alle agenzie di viaggi. Secondo le parti private, la normativa sui terminali remoti contrasterebbe anche con l'articolo 97 della Costituzione, dal momento che il divieto di permanenza dei dipendenti potrebbe essere giustificato solo nel caso in cui costoro si fossero resi responsabili di condotte non regolamentari; ma, in questo caso, il loro allontanamento non potrebbe non costituire una sanzione amministrativa, che potrebbe essere applicata solo all'esito di un procedimento disciplinare. Quanto, infine, alla questione concernente l'articolo 20, le parti private rilevano che la frammentazione delle competenze tra Regione e Province non costituirebbe certo il miglior modo di coniugare i controlli amministrativi che precedono l'applicazione delle sanzioni con le informazioni che sono istituzionalmente disponibili a chi ha effettuato le istruttorie ed emesso le autorizzazioni. 3. - Si e' costituita anche la Regione Lombardia, la quale, rinviando ad una successiva memoria lo svolgimento delle proprie difese, ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque non fondate. Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, la Regione ha poi illustrato le ragioni della inammissibilita' delle questioni, le quali sarebbero costituite, in via generale, dall'assoluto difetto di motivazione della ordinanza di remissione in ordine alla rilevanza delle questioni e dalla errata individuazione delle disposizioni impugnate. Dalla lettura degli atti di causa, resa necessaria, ad avviso della Regione, dalla laconicita' della ordinanza quanto alla rilevanza (di per se' sintomo della inammissibilita' delle questioni), sembrerebbe, infatti, potersi desumere che la delibera della Giunta regionale e' stata impugnata esclusivamente per la questione dei terminali remoti; tuttavia, l'articolo 3, comma 3, che disciplina appunto i terminali remoti, non risulta incluso, nel dispositivo dell'ordinanza, tra le disposizioni per le quali e' sollevata questione di legittimita' costituzionale. In ogni caso, a prescindere dalla mancanza della motivazione, difetterebbe, ad avviso della Regione, la rilevanza delle questioni sollevate ai fini della definizione del giudizio principale, dal momento che non risulterebbe in atto ne' una controversia circa il rilascio o il mancato rilascio di un'autorizzazione per una filiale, ne' una controversia sul requisito della presenza del direttore tecnico in ogni filiale, ne', infine, una controversia circa la indipendenza dei locali della agenzia o della filiale. Del tutto estranea all'oggetto del giudizio principale sarebbe poi la disposizione dell'art. 20, in relazione alla quale la questione sarebbe comunque proposta in termini ipotetici e dubbiosi. In sostanza, conclude la Regione, sarebbe del tutto evidente il carattere astratto delle questioni, le quali celerebbero una sorta di inammissibile impugnazione diretta della legge. Le questioni sarebbero, ad avviso della Regione, in ogni caso non fondate. La Regione osserva che la legge quadro, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo, porrebbe il principio secondo il quale, a tutela del pubblico, ogni struttura dotata di autonomia deve essere diretta da un soggetto adeguato e preparato; quindi, il principio della unicita', ma in senso diverso da quello sostenuto dal giudice a quo: una sede, un soggetto autorizzato. La legge regionale non limiterebbe in alcun modo l'articolazione organizzativa delle agenzie sul territorio regionale e anzi la consentirebbe, ma nel rispetto dell'esigenza che il titolare o il direttore tecnico siano sempre in possesso dei requisiti minimi di professionalita' previsti dalla legge. Del resto, la stessa legge quadro stabilisce che il titolare debba prestare la propria attivita' con carattere di continuita' ed esclusivita' nella agenzia e che se il titolare e' impedito (il che si verificherebbe anche in caso di pluralita' di sedi) deve esserci un direttore tecnico munito dei medesimi requisiti professionali del titolare. Cio' renderebbe manifesto, ad avviso della Regione, che mentre l'attivita' di direzione e di organizzazione spettante all'imprenditore rimane inscindibile e unitaria, gli specifici requisiti possono essere posseduti da altri soggetti che svolgano con continuita' ed esclusivita' la loro opera nella sede alla quale sono preposti sotto la direzione dell'imprenditore. Del tutto infondato, poi, sarebbe il rilievo secondo il quale il regime dell'autorizzazione mirerebbe ad una regolamentazione dirigistica e contraria alla liberta' di impresa, dal momento che esso costituirebbe estrinsecazione del principio di tutela degli utenti fatto proprio dalla legge. Inoltre, poiche' l'autorizzazione e' legata a parametri predeterminati, con esclusione di ogni discrezionalita', e risponde all'esigenza della tutela dei consumatori, dovrebbe escludersi ogni violazione dell'articolo 41 della Costituzione. Cosi' come dovrebbe escludersi ogni violazione dell'articolo 120 della Costituzione, dal momento che sarebbe la legge statale ad esigere la presenza in ogni unita' operativa di un soggetto dotato di alcuni requisiti tecnici e quindi la relativa verifica da effettuarsi in sede di rilascio dell'autorizzazione ad opera della singola Regione. Quanto infine alla questione relativa alla situazione dei terminali remoti, la Regione rileva che e' la descrizione dell'attivita' di tali strutture contenuta nel ricorso al tribunale amministrativo regionale a suggerire la necessita' che l'attivita' stessa si svolga sotto la vigilanza di un soggetto qualificato. 4. - Anche le parti private hanno depositato una memoria, nella quale contestano le eccezioni di inammissibilita' formulate dalla Regione, rilevando che la delibera impugnata nel giudizio principale ha una sua autonoma efficacia prescrittiva ed e' idonea, comunque, a ledere le posizioni soggettive delle agenzie. Quanto al merito delle questioni, le parti private sottolineano che l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, con segnalazione in data 30 ottobre 1997, ha ritenuto che varie disposizioni delle leggi delle Regioni Lombardia, Liguria e Marche, e tra queste quelle della Regione Lombardia oggetto di censura, determinano distorsioni della concorrenza che non sono giustificate da un interesse generale. Le parti private osservano sul punto che l'Autorita' ha ritenuto anticoncorrenziali e, quindi, illegittimi: il non riconoscimento dell'efficacia ultraregionale dell'autorizzazione conseguita presso una singola Regione; l'imposizione dell'autorizzazione per ogni articolazione territoriale dell'agenzia di viaggio; il divieto di distaccare personale dipendente dell'agenzia presso la clientela d'affari. Le ultime due prescrizioni, sottolineano le parti private, prefigurano una struttura obbligata dell'agenzia di viaggi, la quale viene regolata come un esercizio commerciale, in contrasto con l'articolo 9 della legge quadro. Le parti private rilevano, poi, che la pretesa di sottoporre a controllo l'organizzazione interna delle agenzie di viaggi sarebbe irragionevole anche in considerazione del fatto che il mercato della mobilita' sta subendo rilevanti trasformazioni e che, secondo autorevoli stime, nei prossimi cinque anni, il 35 per cento di tale mercato verra' gestito da agenzie multimediali o da operatori che utilizzano canali innovativi o nuove tecnologie o servizi, e che solo il 45 per cento sara' intermediato dalle agenzie tradizionali. In un contesto in cui le agenzie di viaggi, sia grandi che piccole, debbono competere con i nuovi operatori in un momento di profonda trasformazione del mercato, solo le agenzie di viaggi, quindi, e non anche gli altri operatori del medesimo mercato, si troverebbero sottoposte ad un regime autorizzatorio e ai connessi costi aggiuntivi. Paradossalmente, proseguono le parti private, proprio la Lombardia, che e' l'unica Regione che sembra tenere conto delle nuove forme di distribuzione telematica dei servizi di viaggio, non considera affatto l'esigenza di tutelare la concorrenza in modo paritario tra tutti i competitori. Le parti private, oltre a ribadire le argomentazioni gia' svolte all'atto della costituzione nel presente giudizio, prospettano poi una nuova questione di legittimita' costituzionale, chiedendo alla Corte di sollevarla dinanzi a se'. Muovendo dalla premessa che gli articoli 52 e 59 del trattato dell'Unione europea, nel garantire la liberta' di circolazione e di stabilimento, non ostano a che la normativa di uno Stato membro preveda la necessita' di un'autorizzazione amministrativa, le parti private rilevano che la previsione dell'autorizzazione anche per le filiali delle agenzie di viaggio da parte della legge regionale difetterebbe dei requisiti di legittimita' richiesti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, ponendosi cosi' in contrasto con gli articoli del trattato e, quindi, indirettamente, con gli articoli 11 e 117 della Costituzione. Considerato in diritto 1. - Oggetto del presente giudizio di legittimita' costituzionale sono numerose disposizioni della legge della Regione Lombardia 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attivita' e dei servizi concernenti viaggi e soggiorni. Ordinamento amministrativo delle agenzie di viaggio e turismo e delega alle Province), della legittimita' costituzionale delle quali il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia dubita in riferimento agli articoli 117, 120, 41, 3 e 97 della Costituzione. In particolare, oggetto di censura sono sia la disposizione che stabilisce che l'esercizio dell'attivita' delle filiali delle agenzie di viaggio sia sottoposto ad autorizzazione regionale (articolo 4, comma 1), sia le altre disposizioni che presuppongono la distinzione delle agenzie di viaggio e turismo in relazione alla natura principale o secondaria della loro sede e che, sulla base di tale distinzione, impongono determinati oneri: l'articolo 5, comma 1, lettera f), il quale impone di specificare, nella domanda volta ad ottenere l'autorizzazione, la qualita' di agenzia principale ovvero di filiale alla quale si riferisce la richiesta; l'articolo 7, comma 2, il quale dispone che nell'autorizzazione venga annotato il carattere di agenzia principale ovvero di filiale, e comma 6, il quale prevede che l'esercizio dell'attivita' in sedi diverse, fermo l'obbligo del pagamento di una sola tassa di concessione, comporta autorizzazioni distinte con l'indicazione della sede e della filiale; l'articolo 11, comma 2, il quale subordina al pagamento della tassa di concessione regionale l'apertura dell'agenzia di viaggio e turismo, principale e/o filiale; l'articolo 13, comma 1, secondo il quale la cauzione deve essere prestata dall'agenzia, sia essa sede o filiale; l'articolo 14, comma 4, il quale dispone che il direttore tecnico deve prestare la propria attivita' in una sola agenzia, o filiale, a tempo pieno e con carattere di esclusivita'. Ad avviso del remittente, tutte queste disposizioni sarebbero illegittime per violazione: a) dell'articolo 117 della Costituzione, come attuato dall'articolo 9 della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica), in quanto contrasterebbero con il principio fondamentale della materia, secondo il quale l'agenzia di viaggio e turismo costituisce una impresa destinata ad essere considerata unitariamente; b) dell'articolo 41 della Costituzione, in quanto limiterebbero il nucleo essenziale della liberta' di iniziativa economica; c) dell'articolo 120 della Costituzione, in quanto irragionevolmente assoggetterebbero alla medesima disciplina agenzie gia' autorizzate da altre Regioni che intendano operare nel territorio della Regione Lombardia. Il remittente dubita, poi, della legittimita' costituzionale della disciplina posta dall'articolo 3, comma 3, della legge regionale, secondo il quale l'attivita' delle agenzie di viaggio esercitate presso i locali dei propri clienti puo' essere svolta solo se e' supportata esclusivamente da sistemi e mezzi informatizzati, con esclusione di personale dipendente dell'agenzia stessa. La questione e' prospettata sia in riferimento all'articolo 41 della Costituzione, sotto il profilo della indebita compressione dell'autonomia imprenditoriale, sia in relazione all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della diversita' di trattamento riservata alle imprese esercenti servizi pubblici di trasporto, alle quali non si applicano le disposizioni della legge regionale. Censure piu' particolari riguardano, inoltre, l'articolo 4, comma 6, che prevede per le agenzie che svolgono la propria attivita' all'interno di strutture pubbliche o private, il requisito della indipendenza dei locali da altre attivita', della legittimita' costituzionale del quale il giudice remittente dubita in riferimento agli articoli 117 e 41 della Costituzione, e l'articolo 20, il quale attribuisce alla Regione, in via esclusiva, le funzioni di vigilanza e controllo sulle agenzie di viaggio, della cui legittimita' costituzionale il giudice remittente dubita in riferimento all'articolo 97 della Costituzione. Un'ultima questione e' prospettata, ma solo nel dispositivo della ordinanza di remissione, in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 17, commi 1 e 2, della legge regionale, il quale esclude dall'ambito di applicazione della legge stessa le imprese di viaggio esercenti servizi pubblici di trasporto la cui attivita' si limiti esclusivamente alla prenotazione e vendita dei propri biglietti mediante l'apertura di propri uffici. 2. - Vanno preliminarmente respinte le eccezioni di inammissibilita' sollevate, sotto piu' profili, dalla Regione Lombardia. Privo di fondamento e', in primo luogo, l'addebito mosso all'ordinanza di remissione circa l'assenza di qualsiasi motivazione sulla rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale. Seppure in maniera succinta, nella ordinanza si da' atto della posizione delle ricorrenti quali imprese aventi sede anche in Regioni diverse dalla Lombardia e dei motivi per i quali esse ritengono lesive del loro interesse le varie prescrizioni contenute nella delibera della Giunta regionale del 18 ottobre 1996, impugnata nel giudizio a quo, concernente le modalita' di presentazione delle istanze di apertura e di estensione delle attivita' delle agenzie di viaggio, nonche' di variazione delle condizioni originali dell'autorizzazione. La rilevanza e' motivata, in termini generali, allorche' nella ordinanza si riferisce che i vizi denunciati nei confronti della deliberazione regionale riguardano l'illegittimita' derivata, per contrasto con parametri costituzionali puntualmente indicati, delle disposizioni della legge regionale, della quale la deliberazione della Giunta costituisce attuazione. Non puo' essere condiviso neppure il rilievo secondo il quale la disposizione che disciplina i terminali remoti, e cioe' l'articolo 3, comma 3, della legge regionale, non e' ricompresa tra quelle per le quali e' sollevata questione di legittimita' costituzionale. Anche se non specificamente indicato nel dispositivo dell'ordinanza, una corretta interpretazione di questa induce a ritenere che la censura sia stata estesa all'articolo 3, la' dove (a pagina 7, punto 3) si prospetta una violazione della "autonomia imprenditoriale di ciascun singolo operatore turistico autorizzato, al quale soltanto compete, fermo il riscontro della conformita' della stessa attivita' alle diverse prescrizioni stabilite dall'articolo 3, di valutare se sia opportuno o meno attrezzare la indicata dislocazione remota con proprio personale". Quanto, poi, alla eccezione secondo la quale dall'ordinanza di remissione non risulterebbe l'esistenza di controversie concrete tra le agenzie ricorrenti e la Regione a seguito della applicazione delle singole disposizioni oggetto di censura, si deve osservare che la natura dell'atto impugnato, che e' atto generale, rende vana la ricerca di controversie sugli eventuali atti applicativi. Il solo problema che avrebbe potuto essere posto, nel giudizio a quo era se, di fronte a un atto generale, la lesione lamentata dalle ricorrenti, alla stregua dei criteri elaborati dal giudice amministrativo, potesse dirsi attuale e non meramente ipotetica o se, al contrario, perche' sorgesse un interesse a ricorrere, fosse necessario attendere l'adozione di un provvedimento applicativo. Ma si tratta di una questione che non puo' essere affrontata da questa Corte, non apparendo manifestamente implausibile che la delibera della Giunta regionale, per il contenuto proprio delle sue prescrizioni, fosse suscettibile di ledere immediatamente le posizioni soggettive dei destinatari imponendo vincoli e divieti incidenti direttamente sulla loro attivita'. 3. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge regionale lombarda e' fondata. Correttamente il giudice remittente rileva una contraddizione tra l'articolo 3 della stessa legge regionale che definisce le agenzie di viaggio e turismo come "imprese che esercitano attivita' di produzione, organizzazione, prenotazione e vendita biglietti di viaggi e soggiorni", e il successivo articolo 4 che assoggetta ad autorizzazione le eventuali filiali, che non sono autonome imprese, comprendendovi anche le agenzie che hanno la loro sede principale in altre Regioni. In quest'ultima previsione e' effettivamente ravvisabile una violazione degli articoli 41, 117 e 120 della Costituzione. La definizione delle agenzie di viaggio e turismo e' contenuta nell'articolo 9 della legge 17 marzo 1983, n. 217. Da questa disposizione, che funge da principio al quale la legislazione regionale, in forza dell'articolo 117 della Costituzione, e' vincolata ad attenersi, emerge una configurazione unitaria delle agenzie. Queste sono definite, testualmente, imprese, termine dotato di una attitudine qualificatoria non equivoca, che rimanda, per l'ovvia esigenza di lettura sistematica della disposizione, alla nozione di impresa desumibile dagli articoli 2082 e 2555 del codice civile, riguardanti, rispettivamente, l'imprenditore e l'azienda: il primo e' colui che esercita professionalmente una attivita' economica per la produzione o lo scambio di beni o servizi; la seconda e' il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. Le filiali, le sedi secondarie, o le altre articolazioni territoriali della attivita' produttiva (uffici, punti vendita, ecc.) non costituiscono, nel nostro ordinamento, entita' separate dall'azienda, ne' centro autonomo di imputazione di interessi economici distinti da quelli che fanno capo all'imprenditore. Non si vuol dire che sarebbe inibito al legislatore nazionale stabilire, avuto riguardo alle caratteristiche peculiari dell'attivita' produttiva nei diversi settori economici e degli interessi pubblici che siano in essi coinvolti, oneri o limitazioni suscettibili di attenuare la configurazione unitaria dell'impresa quale scaturisce dal diritto comune, ed attribuire autonoma rilevanza, a determinati fini, alle singole unita' produttive nelle quali l'impresa sia strutturata. Ma non vi e' alcun elemento nell'articolo 9 della legge quadro che consenta di ritenere che il legislatore statale, nel porre con esso un principio fondamentale della materia del turismo, abbia inteso discostarsi, agli effetti della definizione di impresa, dalle risapute nozioni del diritto commerciale e che abbia voluto permettere che nelle singole legislazioni regionali divenisse impresa una realta' piu' circoscritta, diversa da quella prevista e regolata nell'ordinamento generale. L'autorizzazione all'esercizio delle attivita' di produzione e di intermediazione nei servizi turistici riguarda, nell'articolo 9, l'impresa come entita' unitaria e non le filiali o le sedi secondarie che l'imprenditore abbia istituito o intenda istituire. 4. - Non viene una indicazione contraria alla conclusione appena raggiunta dal rilievo che, nel ripartire la competenza tra lo Stato e le Regioni, in attuazione dell'art. 117 della Costituzione, il legislatore abbia attribuito a queste la competenza a rilasciare, previo accertamento del possesso dei requisiti professionali stabiliti, l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' produttiva. Dal carattere regionale dell'autorizzazione non puo' argomentarsi un intento del legislatore di imporre alle agenzie una limitazione territoriale di attivita', nel senso che esse possano dedicarsi soltanto alla erogazione di servizi turistici locali e sia loro precluso l'accesso ad un mercato piu' ampio. Piu' di un elemento nella legge quadro induce a ritenere che le agenzie, sebbene autorizzate dalla Regione nella quale hanno sede, siano legittimate ad operare sull'intero territorio della Repubblica. Non e' puro accidente che proprio in tale legge sia assente la distinzione tra agenzie locali e agenzie nazionali, non sia contemplata alcuna forma di autorizzazione statale e siano previste soltanto agenzie autorizzate dalla Regione. Cio' non puo' evidentemente significare che, nella visione del legislatore del 1983, il mercato delle agenzie turistiche sia popolato di sole imprese operanti localmente e sia escluso un livello nazionale di attivita'. Significa invece che l'ambito territoriale delle agenzie di viaggio non e' dirigisticamente imposto dallo Stato, ma e' interamente affidato alla capacita' delle singole imprese di diffondersi e di estendere la propria attivita'. Ne e' indiretta conferma il fatto che l'apposito elenco, tenuto e aggiornato dallo Stato "sulla base delle comunicazioni relative alle autorizzazioni rilasciate dalle Regioni", e' definito, nel sesto comma dell'art. 9, "elenco nazionale delle agenzie di viaggio"; e il fatto che allo Stato, al quale appartiene la tutela dell'interesse nazionale, spetti aggiornare annualmente l'anzidetto elenco e pubblicarlo nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica; e, ancora, il fatto che tale elenco venga inserito in una apposita pubblicazione dell'ENIT da diffondere in Italia e all'estero, come prevede il successivo comma. Non e' infine priva di rilievo la circostanza che, in occasione del rilascio delle autorizzazioni, le Regioni siano tenute ad accertare l'inesistenza di agenzie con denominazione uguale o simile gia' operanti sul territorio nazionale. La ditta, quale segno distintivo dell'impresa, deve essere non confondibile non solo con ditte locali, ma con ogni altra ditta del settore esistente in Italia. E' questa la dimostrazione di quanto pregnante sia, nella legge quadro, l'istanza di conformazione del mercato in senso unitario. Secondo le regole del diritto comune, un obbligo di modificare o integrare la ditta con indicazioni idonee a differenziarla dalla ditta uguale o simile di altro imprenditore sussiste solo se l'impresa possa creare confusione, oltre che per il suo oggetto, "per il luogo in cui questa e' esercitata" (art. 2564 cod. civ.): la confondibilita' deve essere effettiva e concreta e un obbligo di differenziarsi non grava sull'imprenditore se di fatto le imprese svolgano la rispettiva attivita' in ambiti territoriali diversi. Non cosi' per le agenzie di viaggio. Il tipo di servizio che esse erogano (intermediazione nei viaggi e nel turismo) genera sempre, nella valutazione del legislatore nazionale, potenziale confondibilita' delle imprese che abbiano una identica ditta ovunque sia ubicata la rispettiva sede, poiche' la clientela a cui le imprese si rivolgono e', potenzialmente, clientela non locale, cosi' come non locali sono i servizi ai quali le agenzie di viaggio, in forza del provvedimento autorizzatorio, sono abilitate. 5. - Una diversa interpretazione della legge quadro, che affermasse per le agenzie di viaggio una limitazione territoriale allo svolgimento dell'attivita' di impresa, si porrebbe oltretutto in contrasto con gli articoli 41 e 120 della Costituzione, dai quali emerge una nozione unitaria di mercato che non consente la creazione di artificiose barriere territoriali all'espandersi dell'impresa e al diritto di questa di calibrare le proprie strutture organizzative sulla propria capacita' produttiva. Entrambi gli anzidetti parametri, nel fungere da criterio interpretativo della legge quadro, esplicano poi, unitamente all'articolo 117 della Costituzione, una efficacia invalidante sull'articolo 4, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 27 del 1996, che subordina ad autorizzazione regionale l'apertura di semplici filiali. L'articolo 120 della Costituzione impedisce, infatti, alle Regioni di porre ostacoli allo svolgimento delle attivita' professionali e vieta alle Regioni stesse di negare alle agenzie di viaggio che abbiano ottenuto l'autorizzazione in altre Regioni la natura di imprese e la loro vocazione ad intrattenere rapporti con una utenza non territorialmente limitata. In base all'articolo 41 della Costituzione, la decisione se mantenere l'attivita' di impresa circoscritta all'ambito territoriale in cui e' sorta o se estenderla ed articolarla in un territorio piu' vasto, all'interno di una stessa Regione o anche oltre i confini di questa, e' espressione della liberta' organizzativa dell'imprenditore ed e' affidata esclusivamente alle sue valutazioni. 6. - Una volta dichiarata fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 4, comma 1, nella parte in cui prevede l'obbligo dell'autorizzazione per le filiali o sedi secondarie, si devono dichiarare altresi' fondate le questioni che hanno ad oggetto disposizioni che tale obbligo di autorizzazione presuppongono: l'articolo 5, comma 1, lettera f), il quale dispone che la domanda per ottenere l'autorizzazione deve contenere l'indicazione della qualita' della agenzia, se principale o filiale; l'articolo 7, comma 2, il quale stabilisce che nell'autorizzazione viene annotato il carattere di agenzia principale ovvero di filiale; l'articolo 7, comma 6, in base al quale, fermo restando l'obbligo del pagamento di una sola tassa di concessione nella misura prevista dalla legislazione statale vigente, qualora si determini la necessita' di esercitare l'attivita' in sedi diverse, questa comporta autorizzazioni distinte con l'indicazione della sede e della filiale; l'articolo 11, comma 1, che assoggetta al pagamento della tassa di concessione regionale prevista dalla legislazione vigente anche l'apertura di filiali di agenzie di viaggio e turismo gia' autorizzate; l'articolo 13, comma 1, il quale prevede che la cauzione, in misura pari al doppio dell'entita' della sanzione amministrativa massima (40 milioni), deve essere prestata anche dalla filiale. 7. - La illegittimita' costituzionale, per violazione dell'articolo 117 della Costituzione, colpisce anche l'articolo 14, comma 4, della legge regionale lombarda, il quale stabilisce che il direttore tecnico deve prestare la propria attivita' in una sola agenzia o filiale, a tempo pieno e con carattere di continuita' ed esclusivita'. Che il legislatore regionale fosse legittimato ad imporre alle agenzie la presenza di un direttore tecnico per ciascuna filiale o sede secondaria e' da escludere in base all'interpretazione testuale e logica del piu' volte citato articolo 9 della legge n. 217 del 1983, contenente i principi fondamentali della materia: questo dispone al quarto comma che, qualora la persona fisica titolare dell'autorizzazione non presti con carattere di continuita' ed esclusivita' la propria opera nell'agenzia, i requisiti previsti nel secondo comma (conoscenza dell'amministrazione e dell'organizzazione delle agenzie di viaggio, conoscenza della tecnica, della legislazione e della geografia turistica, conoscenza di almeno due lingue straniere) dovranno essere posseduti dal direttore tecnico. Il termine "agenzia" che compare in questa disposizione non puo' non essere inteso nel significato corrispondente alla definizione di "agenzia di viaggio" contenuta nel primo comma: non quindi punto vendita o sede secondaria o filiale ma, come si e' gia' detto, impresa in senso unitario, qualunque ne sia l'articolazione sul territorio; sicche' l'onere di nominare un direttore tecnico sussiste, in base alla legge quadro, oltre che per le agenzie persone giuridiche, per le persone fisiche che non esercitino l'attivita' di agenzia (ossia di impresa) con carattere di continuita' ed esclusivita'. In altre parole, la scelta del legislatore nazionale e' di non gravare l'impresa di vincoli organizzativi cosi' penetranti quale indubbiamente sarebbe l'onere di assumere un direttore tecnico per ciascuna sede secondaria, ma di lasciare le agenzie turistiche libere di giovarsi, nella direzione e nel coordinamento dell'attivita' dei commessi, dei molteplici mezzi di comunicazione a distanza che la tecnologia moderna puo' offrire. L'implicita premessa dalla quale tale scelta procede e' che, per lo svolgimento di un'attivita' lavorativa che non richiede la frequentazione di corsi d'istruzione superiore ne' il possesso di una cultura di livello accademico, le regole economiche della concorrenza, integrate dalla prescrizione giuridica di nominare un institore (il direttore tecnico) con funzioni di coordinamento nei casi in cui se ne appalesa effettivamente la necessita' (persone giuridiche o persone fisiche dedite anche ad altre attivita'), valgano ad orientare l'imprenditore verso l'impiego di mezzi tecnici e di personale piu' confacente alla propria posizione di mercato e alle aspettative dei consumatori. In definitiva, l'ordine di idee sotteso alla disciplina posta dalla legge quadro e' che gli ampi margini di autonomia di organizzazione che l'art. 9, quarto comma, lascia alle agenzie turistiche, non collidano con l'esigenza di tutelare i consumatori o con altre preminenti istanze di pubblico interesse, e che, semmai, oneri ulteriori o limitazioni piu' pervasive, come quelli contenuti nel censurato articolo 14 della legge regionale, comportino un sacrificio inutile e comunque sproporzionato dell'interesse delle agenzie. Se questa e' la ponderazione che fa da sfondo alla scelta compiuta dalla legge quadro, essa non appare irragionevole e non puo' pertanto indurre ad una interpretazione diversa, non confacente al testo dell'articolo 9. Non e' infatti cosi' evidente che il punto di possibile frizione tra l'interesse delle agenzie e quello degli utenti sia rinvenibile sul piano della ampiezza della liberta' di organizzazione delle prime e non piuttosto su quello della adeguatezza delle garanzie patrimoniali che - in base peraltro alla normativa di derivazione comunitaria - le agenzie turistiche devono offrire al cliente per i casi di inadempienza ad esse imputabili. 8. - Illegittima, per violazione dell'articolo 41 della Costituzione, e' la disposizione dell'articolo 3, comma 3, della legge regionale lombarda la quale impone alle agenzie di viaggio, che abbiano propri terminali remoti presso clienti con esse convenzionati, di avvalersi esclusivamente di sistemi informatizzati ed automatizzati, con esclusione di personale dipendente dall'agenzia medesima. Con tale vessatorio divieto, e' ancora la liberta' di organizzazione dell'impresa ad essere colpita. Peraltro, una volta venuta meno la necessita' dell'autorizzazione per l'apertura delle sedi secondarie, la disciplina dei terminali remoti e del personale ad essi addetto, risulta equiparata a quella delle altre articolazioni territoriali dell'impresa, libera quest'ultima di stabilire se adibire ad esse personale o avvalersi unicamente di strumenti informatici. Resta assorbita la censura, proposta solo nel dispositivo della ordinanza di remissione, relativa all'articolo 17, commi 1 e 2, della legge regionale n. 27 del 1996, che esonera dall'osservanza di tutte le disposizioni della legge medesima le imprese esercenti servizi pubblici di trasporto ferroviario, automobilistico, di navigazione aerea, marittima, lacuale, fluviale, la cui attivita' si limiti esclusivamente alla prenotazione e vendita di propri biglietti di trasporto mediante l'apertura di propri uffici. La caducazione del regime autorizzatorio delle sedi secondarie e delle prescrizioni ad esso connesse, nonche' della limitazione imposta alla installazione di terminali remoti, determina il superamento della dedotta disparita' di trattamento. 9. - Non fondate sono, viceversa, le questioni di legittimita' costituzionale che investono, in riferimento agli articoli 41 e 117 della Costituzione, l'articolo 4, comma 6, e, in riferimento all'articolo 97 della Costituzione, l'articolo 20 della legge della Regione Lombardia n. 27 del 1996. Per quanto riguarda l'articolo 4, il quale impone alle agenzie di viaggio, che svolgano la loro attivita' all'interno di strutture pubbliche o private alle quali il pubblico non abbia libero accesso, il requisito di indipendenza dei locali da altre attivita', la previsione, lungi dal comportare una violazione della liberta' di impresa, appare non irragionevolmente preordinata alla salvaguardia dell'affidamento dell'utente e del suo interesse ad una agevole identificabilita' del soggetto con il quale si accinge a concludere un contratto e che assume la responsabilita' del servizio offerto. Ne' dai principi della legge quadro e' desumibile un divieto a carico del legislatore regionale di ampliare la tutela del consumatore fino al punto di pretendere l'esclusivita' dei locali da adibire all'esercizio dell'attivita' di agenzia. Per quanto riguarda l'articolo 20, il quale attribuisce alla Giunta regionale le funzioni di vigilanza e di controllo sulle attivita' disciplinate dalla legge, la circostanza che l'attivita' istruttoria sia rimessa alle Province e sia invece affidata alla Regione l'attivita' di vigilanza e di controllo sulle attivita' delle agenzie non comporta sotto alcun profilo la violazione del canone del buon andamento della pubblica amministrazione, rilevando le opposte considerazioni svolte sul punto dal giudice remittente solo sul piano della opportunita' della scelta compiuta dal legislatore regionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara la illegittimita' costituzionale: dell'articolo 3, comma 3, secondo periodo, della legge della Regione Lombardia 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attivita' e dei servizi concernenti viaggi e soggiorni. Ordinamento amministrativo delle agenzie di viaggio e turismo e delega alle Province); dell'articolo 4, comma 1, della medesima legge regionale, nella parte in cui subordina al rilascio della preventiva autorizzazione l'esercizio dell'attivita' delle filiali delle agenzie di viaggio e turismo; dell'articolo 5, comma 1, lettera f), della medesima legge, nella parte in cui dispone che la domanda per ottenere l'autorizzazione di cui all'art. 4 deve contenere la specificazione della qualita' di agenzia principale ovvero di filiale; dell'articolo 7, comma 2, della medesima legge regionale, nella parte in cui prevede che nell'autorizzazione venga annotato il carattere di agenzia principale ovvero di filiale; dell'articolo 7, comma 6, della medesima legge regionale, nella parte in cui prevede che l'esercizio dell'attivita' in sedi diverse comporta autorizzazioni distinte con l'indicazione della sede e della filiale; dell'articolo 11, comma 1, della medesima legge regionale, nella parte in cui assoggetta l'autorizzazione all'apertura di una filiale di un'agenzia di viaggio e turismo al pagamento della tassa di concessione regionale; dell'articolo 13, comma 1, della medesima legge regionale, nella parte in cui prevede che la cauzione debba essere prestata anche dalla filiale; dell'articolo 14, comma 4, della medesima legge regionale, nella parte in cui prevede che nella filiale di un'agenzia di viaggio e turismo il direttore tecnico debba prestare la propria attivita' con carattere di esclusivita'; 2) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 6, e 20 della legge della Regione Lombardia 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attivita' e dei servizi concernenti viaggi e soggiorni. Ordinamento amministrativo delle agenzie di viaggio e turismo e delega alle Province), sollevate, in riferimento agli articoli 117, 41, 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Mezzanotte Il cancelliere: Di Paola Depositato in cancelleria il 6 novembre 1998. Il direttore della cancelleria: Di Paola 98C1269